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Autore: coopercroft    23/04/2021    0 recensioni
Ritrovare un padre dopo anni di abbandono e adozioni, finite spesso male. Sherrinford ha un nome eccentrico, come tutti nella sua singolare famiglia. Un padre chiamato “Ice Man”, una zia Eurus rinchiusa in una fortezza e uno zio detective famoso : Sherlock Holmes. Come potrà adattarsi a vivere con loro? Dopo anni di vita fisicamente disastrosa al limite dell’autodistruzione. Ritrovare un affetto stabile lo aiuterà a superare il dolore e i torti subiti?
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Passano pochi minuti e finiamo per fronteggiarci. Lo zio che mi dà di spalle rivolto al camino, io nero di rabbia in centro alla stanza. Due pianeti simili che vanno alla deriva e John nel mezzo che non sa dove stare.

Nessuno di noi tre accenna a una parola, mentre mi sento il cuore in tumulto. Oggi devo affrontare Serge e mi sento abbandonato come se avessi un buco dentro lo stomaco, e la testa in fiamme.

Allora John, mi guarda e mi raggiunge, sa che sono agitato, perché mi conosce più di Sherlock e si rivolge a entrambi.

"Adesso, basta. Mettete da parte ogni risentimento. Ora Sherrinford ha bisogno di sostegno, e tu che sei suo zio lo aiuterai." Si è schierato, e mi sento sollevato, se non mi sono vicini, non posso farcela.

Sherlock si volta, lui non concede niente a nessuno, lui non ama nessuno tranne John e Rosie.

Mycroft è oltre. È nella sfera degli affetti familiari quelli acquisiti per nascita. Io non sono niente.

Niente d'importante se disturbo i suoi equilibri.

John lo fissa, si aspetta qualcosa, sa del perché lo ama, sa come lui è interiormente. E non sbaglia, perché il corpo sinuoso di Sherlock si avvicina a me. Sotto una cascata di riccioli neri, che fremono vinti nell'ammettere che io sia vitale e che sono una parte di suo fratello. "Mi dispiace, non sono un buon esempio per te come zio, ma tu resta quello che sei."

Lo sento vicino mentre tenta una scusa approssimativa.

"Zio, perdonami, ma non mi piace essere un motivo d'intralcio tra voi, non voglio fare del male né a papà, né a te. So quanto vi amate. Scusa le mie parole avventate." Non è tipo che si commuove, ma va via rapido mentre John mi fa segno di lasciarlo andare.

"Pranziamo ragazzo, prendi la forza di cui hai bisogno e andiamo avanti." Watson è una brava persona, lo seguo silenzioso e mangiamo tutti insieme, senza tornare sulle parole che ci siamo detti solo per amore di una persona in comune, che nemmeno lo sa: Mycroft.

Mangiamo silenziosi, poi lo zio riceve una chiamata e deve uscire, ma prima mi fissa. "Sherrinford oggi non fare di testa tua, e non reagire alle provocazioni. Scordati quello che ci siamo detti." Annuisco con la testa bassa. Mentre esce preoccupato.

Ma non riesco a togliermi di testa le sue frasi.

Mi arriva un altro messaggio di Serge, vuole vedermi tra un'ora al porticciolo.

"Devo uscire, mi dispiace." Mi alzo frettoloso, mentre John è in allarme.

"Ricordati di togliere il cerotto. E calcola i tempi d'intervento." Ma sono distratto. Mi si para davanti arrabbiato. "Hai ascoltato quello che ho detto? Non pensare alla discussione con Sherlock."

Alzo le spalle, e lui tenta di fermarmi, vado in camera a togliermi i vestiti comodi che uso per casa. Quando esco lo evito, mentre cerca di richiamarmi. Sono arrabbiato con tutti, ho dato il mio appoggio alla famiglia e proprio ora mi volta le spalle.

Sono o no, un Holmes anch'io? Possibile che ancora non mi abbiano accettato? Questo dubbio mi fa perdere la testa, se mai ne possiedo una, perché adesso non vedo che rabbia e rancore.

Credevo di contare qualcosa, di fare la cosa giusta. Se voglio sapere chi era mia madre, a loro cosa può importare? Visto che sono stato abbandonato per anni, quale può essere la mia colpa in tutto questo?

Sento il cellulare vibrare, immagino sia Anthea, lo vedo dallo schermo, ma sono così adirato che non rispondo. So esattamente di sbagliare, ma nessuno mi farà desistere dall'autodistruzione.

Urto un passante, nella fretta di arrivare da Serge. Infilo le mani in tasca mentre mi rigiro la memoria usb nella tasca.

Eccolo Serge, tozzo e palestrato, vestito di lusso, anche lui con un cappotto Crombie come quello di papà.

"Ciao, ragazzino!" Già come inizio mi fa irritare. "Serge, che piacere vederti, si nota la tua eleganza."

Ride, ma a metà. "Sei arrogante come sempre, mi piacerebbe sculacciarti, ragazzino."

Lo fisso torvo. "Tu provaci e il tuo padrone non vedrà più nulla." Sento tremare la mano infilata in tasca.

Ride di nuovo agitando la testa calva. "Avanti non tirare la corda, ragazzino dammi quello che mi serve."

"La vuoi, Serge?" Agito la memoria per aria di fronte al suo naso. Mi fissa con gli occhi scuri e non si trattiene. "Imbecille, vuoi mettere un annuncio, che tutti lo sappiano?" Mi prende per il braccio e lo stringe, perdo la calma, gli piazzo un calcio e lascia la presa. Ma la reazione è rapida, forte, mi allunga uno schiaffone che fa decisamente male. "La mia pazienza è finita, piccolo cialtrone, non assomigli per niente a tuo padre, magari non sei nemmeno suo figlio." È vicino, decisamente troppo, sento il suo alito impregnato di fumo di sigaretta.

"Vattene affanculo, Serge questa la tengo io. Fa il cane da guardie ad Auberton, digli che questa gliela do di persona. Anche ora, se vuole." Serge vibra di rabbia, so che sto rischiando, ma l'auto nera di Albert arriva improvvisa e scende Anthea.

"Stavolta te la cavi, idiota, la prossima volta non arriverà papino a salvarti il culo." Si allontana con un sorriso falso, aggiustandosi il vestito.

"Serge, sarò un idiota, ma questa oggi non la porti al tuo padrone. Ora va a sbavare dal lui."

Anthea mi ha ritrovato tramite il chip, si avvicina con fare sinuoso, la conosco è preoccupata e anche furiosa, ma lo maschera bene. "Sherrinford ti ho cercato dappertutto, possibile che finisci per fare quello che vuoi? Dovevamo fare acquisti, te lo sei scordato?" La voce è calma, lo sguardo che mi restituisce potrebbe incenerirmi.

Parto con la recita, mi calmo e sono soave come un bambino distratto. "Ho incontrato un amico, facevamo due chiacchiere. Ti ricordi di Serge? Una persona squisita." Lui mi guarda trattenendo l'ira, e finisce per abbozzare, sa che possiedo la memoria con le password, fa un falso inchino ad Anthea.

"Bene signorino Holmes. Alla prossima volta, mi saluti suo padre." Ghigna mentre si gira e se ne va altezzoso.

Anthea sorride nella sua direzione, mentre mi pianta le unghie sul braccio. "Sei impazzito?" Mormora a denti stretti. "Stavi mandando tutto a puttane." Mi trascina via, fingendo di prendermi sotto braccio.

"Ti ha colpito?" Le rispondo sempre sorridendo, come se parlassimo del panorama o della giornata soleggiata.

"Si, un robusto ceffone, ma io gli ho dato un bel calcio." Lei stringe il mio braccio più forte. "L'ho visto, veramente una mossa da imbecille. Ma che cosa ti è preso oggi? Ti ho lasciato sereno e ti ritrovo arrabbiato con tutti."

Mi guarda mentre saliamo in auto. Quando è dentro alza subito la voce. "Idiota, vuoi farti ammazzare? Sono dovuta intervenire. Serge è un assassino, se non lo sai. Uccide le persone per molto meno." Non so cosa dire, mi volto dalla parte del finestrino cercando d'ignorarla. "Guardami Hayc, non fare il bambino. Hai fatto una cazzata, ma non c'è da stupirsi visto che spesso fai di testa tua. Se inaffidabile, quale Holmes si comporterebbe così?" Si zittisce, poi diventa acida. "Tuo padre non sarà fiero di questo."

Mi giro lentamente, la rabbia dentro è tanta, improvvisamente sono consapevole di non essere all'altezza. "Non sono un Holmes, è vero, non mi accetteranno mai in famiglia, certamente non Sherlock. Nessuno nemmeno io posso scalfire il loro amore fraterno." Ritorno a guardare dal finestrino, ma la voce mi ha tradito. Anthea rimane muta di colpo, forse intuisce qualcosa. "Hai discusso con Sherlock e John, dopo che sono uscita?" Si è leggermente calmata, adesso è più dolce.

Non ho voglia di dire più nulla, scusa Anthea." Le mormoro senza girarmi, guardando la strada che scorre veloce, come tutta la mia vita. "Su di una cosa hai ragione. Sono un Sinclair, non un Holmes." Mi chiudo in un mutismo feroce, so che sbaglio in continuazione e il fatto di non maturare mi rende infelice. 

 

   
 
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