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Autore: eli_mination    23/04/2021    2 recensioni
[AU Distopico]
Sembrava tutto troppo perfetto per gli abitanti del Satellite. Dopo anni, finalmente si sarebbero riscattati con la costruzione del ponte che collega la zona malfamata alla grande città, Nuova Domino. Qualcosa va però storto, a qualcuno piace giocare con il tempo e inserisce un pezzo mancante nella storia che Allen, neo-diplomato nato nel Satellite che è cresciuto con i cambiamenti del suo luogo, conosce. Perché, improvvisamente, si ritrova in una guerra civile che vuole rivendicare i diritti di quell’isola? Con quale assurda coincidenza si unisce ad una banda di sciroccati del Satellite capitanati da Crow Hogan? E come mai quest’ultimo gli ride in faccia quando Allen gli racconta della lotta contro Z-ONE? In quello che sembra un assurdo sogno, Allen abbraccia la causa e darà un’importantissima mano alla rivoluzione in corso. Il tutto mentre cerca di capire come sia finito in quell’arco temporale a lui totalmente nuovo…
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Crow Hogan, Nuovo personaggio, Yusei Fudo
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Vediamo… Cosa posso raccontare di me? Da cosa è costituita la mia vita antecedente all’arrivo nella banda se non da ricordi? È arrivato il momento di espormi.

La mia storia inizia, come tutti, al Satellite. Come quasi tutti i ragazzini del Satellite, avevo due possibilità: avere un solo genitore oppure nessuno. Uno stereotipo, non trovate? Eppure, purtroppo, questo si basa sulla realtà. Crow non ha mai conosciuto i suoi veri genitori, Alyssa è cresciuta con una madre e un padre adottivi e li ha visti morire, Jasper non ha avuto nessuno nelle fasi più importanti della sua vita, Allen ha perso la sua mamma ad un certo punto della sua vita… Le uniche che si salvano sono Lucy, i cui genitori sono ancora vivi, e Ruby, di cui ignoriamo lo stato poiché non ne ha mai voluto parlare. Poi, ci sono io, Tom, che sono cresciuto con due vecchi: mio padre e mio nonno. Una famiglia di uomini.

Sin da quando ero piccolo, sono stato educato con dei sani valori che non ho mai perso… O meglio, fino ad un certo punto… Comunque, quello che facevano i miei due unici parenti era aiutare i più bisognosi. Tutti, se ne avevano modo, cercavano di dare una mano, specie se c’erano di mezzo persone che avevano meno di quello che avevamo noi. Nel nostro caso, noi tre gestivamo una mensa dei poveri. Cucinavamo per chiunque avesse fame e non potete capire quanto fosse soddisfacente vedere tutti con la pancia piena e il sorriso sulle labbra. Proprio lì, ho scoperto di saper cucinare e di essere un assoluto maldestro. Prima tenevo a mente tutte le volte in cui mi tagliavo o scottavo per sbaglio, quando facevo cadere le pentole oppure quando cadevo io nel tentativo di raccoglierle, ma con la frequenza di quelle situazioni ho smesso. Avevo anche perso il conto. L’ho detto che sono un maldestro?

Ovviamente la mia vita non girava solo attorno alla cucina. Quando non ero lì, sappiate che ero uno di quelli che se vedete per strada non sapete se menarlo oppure farvelo amico. Giovane, stupido e intraprendente. Avevo un gruppetto di amici con cui mi vedevo per andare sugli skateboard ed, essenzialmente, fare casino. Molti di loro erano stati arrestati, chi anche più volte, io invece ero il più tranquillo di tutti! Ok… Diamo una definizione di “tranquillo”: nel mio caso, non davo fastidio a nessuno, non mi mettevo nei guai con la polizia, non davo inizio a risse… Se per “tranquillo” intendete un ragazzo attento a quello che fa, che sa perfettamente come si usa uno skateboard e che sa che certi trick non li può fare altrimenti si riempie la schiena di lividi e i capelli di polvere… Beh, io ero il totale opposto. A volte mi guardavo allo specchio, notavo una nuova ferita e cercavo di ricordarmi come me la fossi procurata…

Nonostante tutto, quello era il mio mondo. Mi divertivo un sacco, ero spensierato e avevo un’ottima compagnia. Avevo anche successo con le ragazze, mi sembra che in un mese me ne feci… cinque? Sei? Chi se ne importa ormai, avevo palesemente altre priorità. Insomma, vivevo la vita di un adolescente del Satellite, tra amici, nuove esperienze, tanto divertimento e meno responsabilità.

Anche se ero un piccolo ribelle, ho sempre rispettato mio nonno e mio padre, anche dopo la loro morte. Morte naturale per entrambi, mio nonno era vecchio e stanco, mio padre a quanto pare aveva una malattia cronica che gli impediva di dare il massimo. Le loro scomparse sono sopraggiunte i due momenti diversi della mia vita, prima mio nonno a sedici anni, poi mio padre al sopraggiungere dei diciannove. Promisi loro di impegnarmi affinché io potessi aiutare i più bisognosi, perciò continuai la mia attività di cuoco, assumendo anche degli aiutanti per rendermi più semplice il lavoro.

Questo impegno mi costò un saluto alla mia giovinezza. Dovetti smettere di andare in skate e purtroppo col tempo mi allontanai anche dai miei vecchi amici e il resto della compagnia. Certo, quello che facevo era comunque gratificante, ma a volte mi soffermavo a guardare quel pezzo di legno con quattro ruote e un’ondata di nostalgia mi travolgeva. Chissà cosa succederebbe se adesso riprovassi ad utilizzare lo skateboard…

Quel mezzo fu sostituito, pian piano, da una moto. Ora se ne fregano, ma al tempo era illegale sfrecciare per le strade con le Duel Runner poiché molte di queste erano costruite partendo da zero, con dei rottami o materiali di dubbia qualità. Se ti beccavano, poi, eri costretto a duellare contro la polizia e perdendo finivi in carcere. Se vincevi, però, non sempre avevi la garanzia che ti lasciassero andare così facilmente. Quindi, perché io avrei dovuto avere una moto? Facile, era molto più veloce dello skate! Si, lo so, è una frase scontata, ma quella moto aveva uno scopo ben preciso. Come ho già detto, lavoravo come cuoco nella mensa dei poveri e davamo la possibilità di sfamarsi a molte persone della zona. Solo della zona? No, mi dava incredibilmente fastidio che solo chi era vicino alla mensa poteva essere servito!

Quindi diventai anche un fattorino. Già.

Se adesso Jasper mi stesse ascoltando, direbbe subito “Che noia questa storia, quand’è che diventa più interessante?”. E vi capisco, non ho avuto una vita particolarmente movimentata, non ero mica un ladro, un pilota clandestino, un combattente o un membro della polizia! Questo finché non è arrivata lei… Una ragazza veramente brutta! Si chiamava “dittatura”.

Lo ammetto, la cosa degli Immortali Terrestri mi ha spaventato, ma d’altronde non ero convinto che io interessassi a loro. Per questo, il periodo l’ho vissuto con tranquillità. Quello che successe dopo fu assurdo, accadde una serie di cose che mi fece pian piano capire che le cose non stavano andando per niente per il verso giusto.

Per primo, l’accesso a Nuova Domino, anche se era stato appena inaugurato con il Ponte, fu bloccato. A tanti abitanti del Satellite fu negato il sogno di cambiare la propria vita, mentre chi ci era già arrivato è stato costretto a tornare indietro. Riconobbi io stesso delle persone che sfamavo, su alcune barche scortate dalla polizia, ritornare su quest’isola. Quello fu il primo campanello d’allarme, a cui seguirono tanti altri.

Un altro che mi inquietò tantissimo fu la televisione. Un giorno, senza motivo, smise di funzionare. Prima di allora, le nostre antenne ricevevano tutto ciò che veniva trasmesso a Nuova Domino (io e i miei compagni seguimmo, infatti, i duelli di Yusei Fudo e Jack Atlas, come anche la Fortune Cup). L’ultimo notiziario che vidi riguardava proprio la costruzione del Ponte Dedalo e l’inaugurazione di esso. Poi qualsiasi mezzo di comunicazione per Nuova Domino sparì. Da allora, siamo completamente tagliati fuori dal resto del mondo, non abbiamo modo di informarci. L’unico mezzo che abbiamo per comunicare è il cellulare e qualche canale radio, ma sempre ristretti al Satellite.

È passato un anno da allora e la situazione è peggiorata, sempre di più. Non credo che riusciremo mai a toccare il fondo, ogni giorno che passa diventa sempre più difficile vivere qui. Motivo per cui, come penso si sia capito, mi sono unito ad una banda.

La verità, quello di dare la mia vita a questa causa non è stata una scelta immediata. All’inizio avevo molta paura, soprattutto vedendo gli altri come reagivano a tutto questo: dove vivevo io, c’era sgomento e terrore all’ordine del giorno. C’era persino il timore di affacciarsi dalla finestra. Io assorbivo tutto come una spugna e l’incessante terrore cresceva sempre di più, paralizzandomi dal fare qualsiasi cosa, anche la più stupida, per evitare di farmi fare del male fisico. Ero costretto anche a starmi zitto e non agire quando sotto casa c’erano i soliti scontri con la polizia. Tutte le volte in cui mi accovacciavo, accanto al letto, con l’espressione persa di chi vorrebbe fare qualcosa ma è frenato dai propri sentimenti, davanti allo specchio. Un’immagine filosofica, direi… Scherzi a parte, stavo veramente male. Ero in bilico tra voglia di fare e la paura di morire.

Come ho fatto allora a prendere finalmente una decisione? Semplice, non so come io abbia fatto. Ricordo che un giorno ero sotto casa, tornavo dopo alcune commissioni, e mi sono imbattuto in alcuni criminali. Fortunatamente, non ero io quello che era stato preso di mira, bensì una ragazzina adolescente. I molestatori erano tre ragazzi molto più grandi di lei, non so nemmeno se avessero i criteri per essere definiti “ragazzi”. Lei, giustamente, spaventatissima. Cercava di scappare ma non riusciva a scrollarseli di dosso. Erano famelici come dei leoni.

Vedendo quella scena, non sono riuscito ad intervenire. Avrei voluto liberarla dalla morsa di quei bastardi ma ero sempre frenato dalla mia testa. Proprio mentre stavo guardando, sono arrivati alcuni motociclisti che, arrivati immediatamente sul posto, scesero e conciarono per le feste quei tre scimmioni che si erano permessi di toccare senza ritegno quella povera ragazza. Li picchiarono tantissimo, uno di loro li minacciò di sparare se non si fossero allontanati immediatamente. I tre scapparono, continuando ad essere inseguiti da uno dei salvatori della ragazza, mentre a quest’ultima fu chiesto se stesse bene e fu riaccompagnata a casa in moto. Dopo quell’episodio, non ho più visto nessuno di loro. Né i tre molestatori, né la ragazza, né i motociclisti. Questi ultimi non li vidi mai in faccia perché rimasero tutto il tempo con il casco, quindi non avrei potuto riconoscerli dal loro volto, eppure ricordo perfettamente i loro veicoli. Non li ho mai più riconosciuti.

Tornando a noi… Rimasi sulla soglia della porta di casa per non so quanto ad arrabbiarmi con me stesso. Perché non avevo mosso un dito? Perché devo essere sempre spaventato di tutto quando qui è guerra aperta con tutti? Perché non posso fare qualcosa per aiutare le persone?

“Ho ventidue anni e devo cagarmi sotto per tutto? Ora basta, c’è in ballo anche il mio futuro!”

Ed è stato con questo pensiero che la mia paura iniziò a sfumare sempre di più, trasformandosi in voglia di fare. Credetemi, ho avuto un cambio radicale. Da un ragazzo scemo di quartiere sono diventato una macchina da guerra… Almeno nella mia testa. A fatti, continuavo ad essere sbadato… Finché non mi sono unito ad una banda.

Ammetto che la prima cosa che penserebbe qualcuno è “Quindi hai incontrato Crow e il resto dei ragazzi dalla banda e ti sei unito a loro?”. Ebbene, la risposta è… Si e no. Io di fatto sono nella loro banda, attualmente… Ma il mio primo approccio con le gang non è stato con loro, bensì con altri.

Dopo l’episodio di molestia a cui ho assistito, mi sono messo alla ricerca di qualcuno con cui mi potessi alleare. Le prime persone a cui chiesi furono i miei amici con cui condividevo la passione per lo skate e i pochi che erano rimasti mi dissero immediatamente di no.

“Tu sei pazzo, io col cavolo che rischio la mia vita. Piuttosto, mi sto zitto e sopravvivo.”

“Alla fine, la situazione non è poi così diversa da come lo era un tempo… Basta semplicemente farsi i cazzi propri e nessuno ti dà fastidio!”

“Io lo farei, ma devo aiutare la mia famiglia a reggersi in piedi…”

Queste sono solo alcune risposte che ottenni da loro. Sostanzialmente, anche se al tempo reagii in malo modo, allontanandomi dopo averli provati a convincere, ora li capisco. Ho fatto una richiesta troppo audace in un momento di confusione per tutti ed è anche normale che provino paura. Dopotutto, come ho già spiegato, anche io ero terrorizzato da questa faccenda.

Poi cercai di beccare delle persone che lavoravano per alcuni di questi gruppi di ribelli. Le prime mi dissero di non avere a che fare con nessuna opposizione, altre invece mi dicevano di essere già al completo, altri mi ridevano in faccia perché il pensiero di stare in combutta con una di queste gang era ilare per loro. Va bene, arriviamo al dunque… Parliamo di come ho incontrato Brad.

Chi è Brad? Brad è stato il mio primo capo. La prima persona che ha trovato me, che mi ha preso nella sua banda e che mi ha insegnato tutto quello che dovevo sapere. È stata anche la persona che mi ha permesso di avvicinarmi ad Alyssa e vivere una disavventura con lei… Tempo al tempo, vorrei non pensarci ora…

Ero, dunque, nei miei soliti giri in cerca di bande e lui mi sentì fare le solite domande di rito ad alcuni tizi sospetti (che, di norma, erano sempre quelli che mi dicevano di essere parte di bande e che erano al completo o non mi volevano).

“Ho sentito che sei in cerca di fortuna con uno di noi, vero?”

Brad, un tipo con capelli color pece che gli arrivavano alle spalle, con un piercing sul sopracciglio e occhi castani penetranti, attirò la mia attenzione. Era appoggiato ad un muro, con una sigaretta tra le labbra e la mano nella tasca del suo giubbino.

“Oh, sì… Ecco, in realtà sono abbastanza inesperto…” ammisi.

“Non importa! Sei fortunato ad avermi incontrato, avrei la pazienza di insegnarti tutto quello che ti serve…”

Per tutto il tempo della conversazione, non fece mai un sorriso. Aveva sempre un’espressione impassibile, che per certi versi rivedo in Jasper. Strano, perché dopo che entrai in quella banda notai che aveva una certa affinità con tutti i membri e scherzava spesso… Mi verrebbe da pensare che con me si è comportato così, all’inizio, per apparire più tosto di quello che non sia già…

Dopo qualche conversazione in cui sono stato convincente sui miei obiettivi, eccomi nella banda dei “Gas Masks”. Una delle poche bande che non aveva nomi legati ad archetipi di Duel Monsters. Le origini di questo nome riguardano il loro simbolo distintivo, ovvero una maschera anti-gas che indossavano per non farsi riconoscere. Nelle missioni che facevamo e nei giri di ricognizione, non ci prendevamo nessun merito proprio perché eravamo irriconoscibili con quelle cose addosso. Personalmente, le odiavo. Erano alquanto ingombranti e davano un aspetto particolarmente inquietante, però dovevo indossarle lo stesso perché, come membro, dovevo sottostare a questa regola.

Da quel momento, per quasi un anno, sono stato con loro. Di quel periodo ho dei ricordi abbastanza vaghi, poiché le giornate erano quasi tutte uguali. Mi trovavo benissimo con quel gruppo, in totale eravamo una decina (davvero tanti, eh? Vivevamo pure sotto lo stesso tetto… La nostra casa era un palazzo a più piani e noi avevamo occupato i primi due, per questo non stavamo stretti): le persone con cui ho legato di più (anche se simpatizzavo per tutti lì) sono stati Brad, Julie (una ragazza esuberante con un sacco di tatuaggi su tutto il corpo) e… Alyssa. Proprio così, anche Alyssa era coinvolta nelle nostre avventure. Sono stato io a farla entrare nei “Gas Masks”.

In quel periodo, Brad mi aveva dato un po’ di nozioni su quello che facevano insieme, sul perché lavoravano duramente per il Satellite e in che modo. La loro caratteristica era l’aggressività: attraverso minacce, risse e quant’altro, si guadagnavano il rispetto di coloro che volevano affossare noi abitanti. La verità, non sono mai stato d’accordo su questo uso eccessivo di violenza, tant’è che sono stato ripreso più volte da Brad e Julie proprio perché ero “troppo buono” nei confronti di chi non se lo meritava. Tuttavia, non ci facevo caso perché i loro erano solo dei rimproveri che duravano alcuni minuti, dopo tornava la normalità e ricominciavamo a scherzare e ridere assieme.

Tra i vari compiti che dovevo svolgere, ce n’era uno in cui eccellevo (lo facevo molto volentieri): arruolare la gente. Non sempre ci riuscivo, ma mi piaceva parlare e cercare di convincere i ragazzi ad unirsi a noi. Era la mansione più tranquilla. In totale, dunque, sono riuscito ad accogliere ben cinque tra ragazzi e ragazze, tra cui, ovviamente, Alyssa.

La prima volta che l’ho vista era completamente da sola, con un grande zaino sulle spalle. Pareva che fosse in viaggio, senza alcuna meta. Così l’ho fermata, chiamandola. Lei si è girata verso di me, con un’espressione stanca, persa e malinconica ma, al tempo stesso, altamente diffidente. Le ho spiegato chi fossi e cosa facessi. Alyssa era altamente riluttante e non voleva affatto sentire ragioni… Nemmeno io. Col cazzo che l’avrei lasciata andare. Così, dopo svariati tentativi, sono riuscito ad apparire affidabile ai suoi occhi e l’ho condotta nella nostra banda. Ci è voluto un po’ prima che si ambientasse, se ne stava sempre per le sue (non capisco se per paura di noi o altro… Sta di fatto che l’unica cosa che ci ha raccontato di lei era la sua identità da pilota clandestina e la sua famiglia… Nient’altro…), ma ci sono riuscito a cacciare fuori il suo lato pazzerello e scherzoso. Da allora, siamo stati due amici molto uniti. Passavamo un botto di tempo assieme ed è per questo che alcuni nostri compagni ci prendevano in giro definendoci “piccioncini”. Prima che ve lo chiediate, no. Ho una grande stima nei confronti di Alyssa e le voglio un mondo di bene (e lo stesso vale per lei), ma non provo alcun sentimento romantico verso di lei.

Tra missioni, avventure, ho vissuto dei mesi tranquilli, nonostante non stessi fermo un secondo. Credevo che sarei riuscito a mantenere sempre questa stabilità interiore, fatto di amicizie, impegno nel sociale e carico di speranza.

Ovviamente, il tutto non poteva durare per sempre. È bastato solo un secondo per stravolgere completamente la mia vita… ed è da allora che non vivo più allo stesso modo. Un secondo in cui non ho fatto niente, a parte premere un grilletto…

 

Angolo autrice

Toh, un altro backstory! Anche stavolta, non è stato programmato sin da subito. Diciamo che vorrei includere i backstory di tutti perché poi non ci sarà modo di scoprire i passati dei nostri OC ^^

Oggi è il turno di Tom, eh? Questa volta, rispetto a quello di Alyssa, ha avuto una collocazione nella storia abbastanza… Buona… Se così si può dire xD In questi capitoli si è parlato un po’ di Tom come tormentato da qualcosa e, anche se in questo capitolo non si è detto, almeno le basi sono state gettate! ^^

La canzone di oggi è dei Blink-182, “What’s My Age Again?”. Quel “Nobody likes you when you’re 23” è una reference all’età di Tom nel presente, LOL! Sono brava anche a fare queste correlazioni!

In ogni caso, lo so che vorreste menarmi perché lo scorso capitolo vi ho lasciato un cliffhanger! Vi dico sinceramente, però, di prepararvi psicologicamente. Da qui in poi, le cose assumeranno una certa piega… Non dico altro, ci vediamo la settimana prossima ^^

Byeeee! :D

  
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