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Autore: PrimbloodyBlack    24/04/2021    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Skye faceva parte di una della famiglie più importanti del regno. Suo padre, braccio destro del re, l'aveva educata ad una vita di sfarzo e lusso. Tutto ciò che voleva era suo, le bastava solo chiedere. Ma l'unica cosa che lei voleva era l'unica che non gli era concessa. Essere libera.
Dopo la morte della madre Margaret, il padre sprofondato nella depressione, aveva riposto tutto il suo amore morboso verso la figlia. La teneva chiusa nell' enorme dimora impedendole di uscire e quindi di cercare marito. Aveva ormai raggiunto i diciassette anni ed ogni donna della sua società aspirava ad uno sfarzoso matrimonio. Ma a lei fu negato anche di amare. Tentò più volte di fuggire ma sempre in vano.
Solo una volta si era avvicinata alla libertà ma un incontro alquanto magico aveva cambiato tutto.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I could pull you from the fire
When you're standing in the shadows
I could open up the sky
And I could give you my devotion
Until the end of time
-Hurts

Guardava attraverso le fessure della persiana. Teneva la mani poggiate contro il davanzale mentre con lo sguardo fissava l'esterno. Il cielo era oscurato dalle nuvole e non cerano segnali che il tempo volesse migliorare. Provava una strana irrequietudine di cui non capiva la causa, forse perché ce ne erano troppe. Si trovavano in un territorio dove la legge non era proprio amata e le strade erano affollate da mercenari e schiavisti, pronti a vendere la loro merce nella parte più diroccata della città, al mercato nero. Odiava quel posto, rappresentava tutto ciò che più detestava al mondo, e adesso era bloccata lì, con tre fuggitivi che lei aveva contribuito a catturare.

"Cinatit," disse la voce dietro di lei. "La città senza regole." Talema si girò. Mug era disteso sul letto, finalmente con i vestiti asciutti, i lunghi capelli sciolti sparsi sul cuscino e le sue dita che giocherellavano con un pugnale. "Ci sei mai stata prima d'ora?"

Sì "No."

Mug la guardò confuso. Lei sapeva a cosa stava pensando. Cinatit è il posto perfetto per vendere schiavi, lui lo sapeva, lei ancora di più. Ma non voleva nutrire la sua curiosità, non voleva pensare al passato. Tutti del gruppo sapevano che era una schiava, ma non sapevano altro, non ce ne era motivo. Solo Ulrik, il loro informatore, ne era a conoscenza, era l'unico che meritava la sua totale e assoluta fiducia. L'aveva accolta senza volere nulla in cambio. Ma nonostante tutto nemmeno lui sa che è un ibrida, era un segreto troppo grande da condividere e un peso troppo forte per lui da sopportare, non glielo avrebbe mai permesso. 

"Io sì," disse sorvolando sulla questione di Talema,"non con il gruppo però."

Adesso Talema era completamente rivolta verso di lui. Seduta sul davanzale e la schiena contro la finestra. La sentiva tremare contro le sue scapole. Rivolse un ultimo sguardo tra le fessure delle tapparelle per poi chiuderle. Il vento si stava alzando ancor più del previsto.

"Dimmi di più," lo incitò per la noia.

"Perché invece non mi dici tu cosa ti turba?" disse alzando la schiena e mettendosi seduto. Talema sbuffò e fece cadere il suo sguardo a terra. "So che è stato Ulrik a convincerti."

Non sapeva come rispondergli e fece la cosa che ormai tutti i suoi compagni le vedevano fare quando non voleva rispondere a domande scomode. Alzò la manica e mostrò il tatuaggio con la letta. Mug annuì con fastidio e sconfitta. Nessuno di loro sapeva il significato di quel tatuaggio, lei non glielo aveva mai detto, neanche sotto esplicita richiesta, e loro non avevano infierito oltre. Avevano capito che il passato di Talema non poteva essere conosciuto da loro. Quel tatuaggio con il tempo però era quasi diventato una risposta, e tutti annuivano accondiscendenti alla sua vista. Solo Mug rimaneva irritato, ma non poteva di certo strapparle una vera risposta con le forze brute, ci aveva provato una volta, quando lei era appena arrivata, e aveva perso. Nessuno l'aveva mai preparato ad affrontare una Succube, anche se per metà. Sono una specie che vive isolata, in comunità proprie e lontane dalle grandi città, è raro che qualcuno riesca ad avere un contatto con loro, a meno che qualche folle non entri dentro un loro villaggio, cosa vietata.

"Tutti noi abbiamo avuto una vita di merda, perché nessuno con giudizio farebbe un lavoro come il nostro."

"Quindi? Non capisco perché devo essere un libro aperto, solo per te. Non voglio essere letta come una pagina. Sono una persona ed è per questo che alcune cose voglio tenerle per me. Cose preziose per me."

"Non è quello che sto dicendo. Ti abbiamo accolta senza fare domande e tu continui startene per conto tuo, anche in situazioni del genere hai altro per la testa."

"Non ho intenzione di protrarre oltre questa discussione, Mug," disse lei a braccia conserte. "Sei l'unico che ancora cerca di tirarmi fuori le parole, sai che non funziona."

Capisce che è difficile fidarsi di qualcuno il cui passato è all'oscuro, anche lei avrebbe dei dubbi e sarebbe più accorta, ma dopo più di anno credeva davvero di aver istaurato un rapporto così forte con gli altri che non ce ne sarebbe stato bisogno di raccontare più di quello che aveva già detto, si sbagliava. Ma non sentiva tristezza, e nemmeno era stupita, Mug è una testa calda a cui piace litigare, era più che altro arrabbiata con se stessa e con le suo abilità orribili di comunicare. Sapeva che c'erano cento modi migliori per far capire agli altri che lei aveva dei punti dolenti di cui non voleva parlare, e lei aveva utilizzato il peggiore, il mutismo. E questo Mug lo odiava più di ogni altra cosa. Lui era per lo scontro diretto, per le parole chiare, non sopportava tutto ciò che si trovava tra le righe, i doppi densi, i sospiri. Talema lo sapeva, ma non avrebbe di certo cambiato il suo modo di fare per qualcuno che vuole solo provare cosa significa andare a letto con una Succube, per qualcuno così spudorato con le parole, che non riesce a tenersi dentro le cose, che preferisce il litigio rispetto al confronto.

"Pensavo fossimo amici," disse in ultimo, "a quanto pare non siamo nemmeno quello." Si alzò dal letto e uscì dalla stanza sbattendo la porta. 

Talema rimase lì nell'indecisione, se fermalo e chiedere scusa o rimanere lì e fregarsene. Ormai la pioggia dirompeva, il vento sbatteva forte contro la finestra. Sì, Talema uscì da quella stanza, ma non per raggiungere Mug. La sua camera si affacciava proprio davanti alle scale che portavano alla locanda, piena di tavoli e sedie. E' lì che aveva visto Mug andare. Lei invece proseguì verso la sua sinistra e controllò i numeri sulle porte, e dopo aver passato quattro camere, si fermò davanti alla porta occupata dai suoi due compagni. Bussò non troppo forte.

Ad aprire fu Vic. "Ehi," bisbigliò il Mutaforma. "Fai piano che Frya dorme." 

Aveva un asciugamano avvolto ai fianchi e un altro poggiato sulla testa, nonostante avesse i capelli biondi rasati fino alla pelle. Talema lo scrutò, da cima a fondo. Era un suo difetto, le era da sempre piaciuto osservare i corpi altrui, le forme armoniose delle donne, la muscolatura degli uomini e tutto ciò che era nel mezzo e nell'infuori. Lei incolpava la sua natura da Succube per questo, o forse la usava solo come scusa. Notò che da quando lo conosceva, il suo fisico non era per nulla cambiato. Rimaneva il solito ragazzo pallido e scheletrico di sempre, nonostante è un portento quando si trasforma.

Quando Talema entrò vide la compagna rannicchiata su se stessa sul letto. Si era addormentata con l'accappatoio addosso e i suoi vestiti erano ancora appesi ad asciugare davanti al camino, anzi a prendere fuoco. Vic seguì lo sguardo di Talema e come se le avesse letto la mente prese e portò in salvo i vestiti dell'Oreade.

"Ti serve qualcosa?" domandò tornando da lei.

"Potresti darmi il sacco di carne, è da ieri sera che i Drake non mangiano."

"Sì!" disse agitato. "E' compito mio e mi sono scordato."

Lei aspettò sulla soglia della porta. Sentì il ragazzo aprire il baule che conteneva in sacchi il cibo per i Drake. Malgrado siano creature perfettamente addestrate quando sentono l'odore di carne diventano particolarmente aggressive, quindi viene avvolta e messa dentro un baule pieno di spezie in grado di ricoprirne l'odore. Ogni due giorni e in coppia si va a caccia di bestie per sfamare quei grossi animali, perché se lasciati liberi priverebbero di fauna ogni bosco, non a caso non ce ne sono più di liberi in circolazione.

"Posso andare io, mi sbrigo a vestirmi."

"Non ce n'è bisogno," disse avvignando la mano ad uno dei sacchi da cinque chili e poi anche l'altro con evidente sforzo. 

Solitamente quando devono fermarsi in qualche osteria il baule rimane sopra sopra il carro per evitare lunghi viaggi e braccia indolenzite, ma considerato il luogo dove si trovano, una città piena di malfamati, criminali e ladri, sarebbe stato da sciocchi lasciare i propri averi a disposizione di chiunque. 

Talema scese le scale con evidente fatica, poggiando ogni tanto la carne sugli scalini facendo riposare le braccia. Poi si fece forza, con sguardo deciso e passo svelto si diresse verso l'uscita. Alla sua destra c'erano numerosi tavoli occupati da qualsiasi tipo di persona che si possa trovare in una città come quella. Sentì qualche sguardo puntato addosso e qualche bisbiglio. Quando erano arrivati la locanda era completamente vuota, ora invece metà dei tavoli erano occupati.

"Guarda là," disse qualcuno.

"Una cacciatrice di taglie?" si chiese un altro. "Chissà chi hanno catturato sta volta," aggiunse ridendo insieme all'amico.

Talema era orgogliosa della sua tunica invernale, la riteneva importante quanto un cavaliere la sua armatura. Era un segno contraddistintivo, del resto non tutti vanno in giro con un equipaggiamento costoso e armati fino al collo. Ma a differenza dei suoi compagni, lei non indossava alcun tipo di protezione, ne di metallo ne di pelle. Combatteva basandosi sulla sua agilità e non sulla forza, e del metallo addosso le avrebbe solo limitato i movimenti. Indossava, invece, un lungo cappotto cucito con un misto di nero e blu che la lasciava scoperta davanti alle gambe per permetterle movimenti veloci senza intoppi, ma la copriva dietro fino all'incavo del ginocchio. Rimaneva aderente al suo corpo grazie alla presenza di fibbie che permettevano la chiusura del cappotto lateralmente.  Stretto ai pantaloni, di un blu profondo, c'era legata una giarrettiera in pelle nera con un pugnale scoperto. E poi, anche se non aveva portato con sé le sue khopesh, indossava comunque il tahalì doppio dietro la schiena. 

A volte non riusciva a decidere se impaurire gli altri era un pregio o un difetto, ma in questo caso sperava davvero che la sua presenza fosse intimidatoria abbastanza da evitarle futuri fastidi o faide con quelli del posto. Ovviamente i cacciatori di taglie non sono ben visti in città depravate come Cinatit ma solitamente vengono ignorati dalla popolazione per evitare problemi. Non saranno guardie della regina o soldati ma hanno allo stesso modo una certa rilevanza nella stabilità e nell'ordine comune.

Con qualche occhio curioso puntato addosso o su quello che stringeva, uscì fuori dalla locanda grazie alla gentilezza di un cliente che le tenne la porta aperta. Rimase davanti all'entrata, protetta dalla pioggia dalla copertura in legno dell'osteria. Altre persone erano bloccate lì sotto a causa del temporale. La pioggia non era diminuita, ma almeno si manteneva su un ritmo stabile ancora non troppo preoccupante. Talema si tirò su il cappuccio. Le dava fastidio che si era appena lavata e aveva fatto asciugare i vestiti per poi imbrattarsi nuovamente con fango e pioggia sporca, ma sempre meglio che rimanere in camera a fissare un muro, tanto, pioggia o no, domani sarebbero comunque ripartiti. Fece un passo oltre la piattaforma in legno aspettandosi una valanga d'acqua addosso, sorprendentemente non accadde. Si voltò per capirne il motivo. Si ritrovò alle sue spalle Mug, in una mano un ombrello in legno un po' ammaccato e vecchio, e nell'altra un bicchiere in legno mezzo pieno di birra.

"Prima cosa," disse lei, "dove hai preso quell'ombrello e secondo avevamo deciso niente alcol durante il giorno."

"Allora," disse già pronto a giustificarsi, "questo l'ho trovato tra gli oggetti dimenticati e pensavo sarebbe tornato utile, mentre la birra me l'ha offerta il proprietario in segno di pace, ovviamente l'ho accettata."

"Almeno qualcuno ha un po' di buon senso qui, spero tu l'abbia ringraziato."

"Non averlo insultato era già un modo per dire grazie," disse con serietà.

"Sempre il solito," disse sbuffando. Si voltò in avanti, e senza aspettarsi nulla da lui Talema proseguì per la sua strada, Mug la seguì tenendo l'ombrello per la maggior parte su di lei. "Pensavo fossi arrabbiato con me."

"Lo sono," disse, Talema era in attesa che continuasse il discorso, ma si fermò con quella mezza frase. In realtà si aspettava che le chiedesse di cedergli una delle buste, lei avrebbe immediatamente rifiutato, ma il fatto che non accadde le fece capire che la calma mostrata in quel momento era solo una facciata superficiale. Ormai lo conosceva troppo bene e forse era l'unica. Non è una cattiva persona, a volte è irruento ma non è così male una volta che lo si conosce e capisce.

Una volta raggiunto il carro i tre ragazzi si irrigidirono, ma i due cacciatori di taglie non erano lì per loro. A quel punto Talema di sua volontà diede a Mug uno dei due sacchi, lui la guardò sorpreso e poi contraddetto.

"Quei due cosi mi odiano."

Era vero, quei due Drake si facevano avvicinare solo da Vic, probabilmente perché un Mutaforma, e da lei. Avevano provato a farli abituare alla presenza degli altri, ma con scarsi risultati. Soprattutto Mug, che per i suoi modi di fare per poco non si faceva bruciare i capelli dal fuoco prodotto da quelle creature.

"Muoviti," disse tirando fuori la carne, a quella vista i Drake da sdraiati si alzarono immediatamente su quattro zampe. Erano creature appartenenti alla famiglia dei draghi, era l'ultima specie draconica ancora in circolazione nel regno, tutte le altre specie se ancora non si erano estinte si erano andate a rifugiare ad Ovest, nelle Terre dei Giganti, nemmeno la regina portava più le sue truppe in quelle parti. I due Drake avevano una muscolatura pesante, la pelle squamata e spessa e una coda lunga e appuntita che aveva lasciato molti squarci sulla parte anteriore del carro. Erano però una specie priva di ali, con zampe rettiliane ed un muso lungo ed appuntito, entrambi di un rosso scuro sfumato da nero.

"Non rimanere lì fermo," disse gettando la carne davanti alla creatura, "Gliela devi solo lanciare, mica accarezzarlo."

"Certo, certo," disse fingendo del coraggio. I Drake saranno anche alti un metro e mezzo, con costituzione davvero grossa e robusta, tanto da fare invidia ai Licantropi che sono il doppio di loro, ma rimangono comunque legati al carro. Non appena Mug tirò fuori la colazione, il Drake si voltò subito verso di lui con fare impaziente. Lui gliela lanciò a debita distanza colpendolo sul muso, ma alla creatura non sembrò importare.

"E' per questo che non ti sopportano."

"Non l'ho fatta apposta."

Rimasero lì, guardandoli mangiare con gusto. Quando Talema si accertò che tutto era a posto, decise che adesso era il suo di turno. "Torniamo dentro, ho fame anch'io."

"Sono ancora incazzato per prima." disse pensando fosse un invito.

"Non ho mai detto che dovevamo fare colazione insieme." E si allontanò, se ne sarebbe andata se non fosse stato per una voce. Quando si voltò capì che la voce proveniva dalla ragazza dentro il carro. "Cosa?" domandò infastidita.

"Noi," disse con disaggio, "dobbiamo andare al bagno."

"Oh!" esclamò con sorpresa, quello era un particolare di cui lei e gli altri si erano dimenticati. Ci pensò qualche secondo, si prese il mento tra il pollice e l'indice e quando l'idea arrivò fece un ghigno. "Ci penso io." Ritornò dentro la locanda correndo. Si rifiutò di prendere l'ombrello lasciato da Mug, lui non era l'unico ad essere arrabbiato. Si rivolse al proprietario con un sorriso gentile che lui ricambiò.

"Cosa posso fare per te, cacciatrice?"

"Ho bisogno di brocca in metallo, non troppo piccola." Lui la guardò corrugando la fronte. "Pagherò ovviante," disse tirando fuori qualche moneta.

"Uhm, sì, certo."

Una cameriera le portò quello che aveva richiesto e l'uomo prese tutti i soldi dal bancone, Talema in quel momento capì che avrebbe prima dovuto chiedere il prezzo invece di fare l'austera. Mug comparì dietro di lei, oppure era lì da tempo, lei non ci aveva fatto caso.

"Non dirmi che è quello che penso."

"Esattamente," disse seria.

"Non ne saranno felici," disse ridendo, "soprattutto la biondina."

"Lo accatteranno perché di sicuro non li farò andare in un vero bagno."

"Ovvio, sennò te lo avrei impedito." 

"Come se ci saresti riuscito," disse con sguardo di sfida, lui sorrise.

"Ora vai, non vorrei che pisciassero nel carro," disse cercando di mascherare il rossore con la volgarità.

"Linguaggio!" lo rimproverò. "Vai in camera e controlla il camino, o moriremo di freddo."

"Va bene..." disse svogliato.

Talema trovava divertente come l'umore di Mug aveva la capacità di cambiare velocemente. Non era la prima volta che litigavano, ma nonostante è sempre lui a mettere il muso, è comunque il primo che cerca di tornare nuovamente ad un clima sereno. Non dice mai esplicitamente: "Ho sbagliato, scusami." Ma tenta di dirlo con piccoli gesti, come il coprirla con l'ombrello, cercare di scherzare e strapparle un sorriso, o semplicemente fare quello che le dice. Come le sue sfuriate nascono dal nulla, allo stesso modo il nervosismo gli passa velocemente. Talema lo trovava davvero particolare, non aveva mai conosciuto qualcuno con un emotività così incontrollata, ne era incuriosita, ma allo stesso tempo spaventata. E' capace di azzuffarsi con uno sconosciuto solo perché l'ha fissato troppo a lungo, ma allo stesso tempo è qualcuno su cui si può fare affidamento. In molte occasioni Talema aveva avuto l'impulso di dargli delle spiegazioni su quello che le era accaduto, ma la sua parte razionale l'aveva sempre fermata. Non poteva rischiare di perdere la fiducia di un compagno come lui e nemmeno quella degli altri.

Quando tornò al carro, nuovamente correndo e con il cappuccio sulla testa, il sorriso della ragazza bionda si spense davanti agli occhi di Talema. Stava guardando inorridita quello che Talema aveva tra le mani.

"Mi dispiace ma non posso fare altro," disse facendolo passare attraverso le sbarre.

"Stai scherzando vero?" domandò disgustata.

"Poi svuotate il tutto fuori," disse ignorando la ragazza. "Tanto se non avesse piovuto ci sarebbe stato comunque un rivoltante odore di escrementi animali."

"Non osare paragonarci ad degli animali!" inveì.

"Non era mia intenzione," rispose seria, "perdonami."

"Non posso crederci..." borbottò tornando dagli altri due ragazzi. Si sedette dando le spalle a Talema, mostrava tutto il suo dissenso con una grande tensione muscolare, sembrava volesse esplodere. Il ragazzo più giovane le posò una mano sul ginocchio e glielo strinse affettuosamente, invece il più grande le rivolse un sorriso gentile. A quel punto Talema decise di lasciarli da soli e tornò dentro la locanda. Nuovamente si chiese cosa li avesse portati a quel momento, quali scelte avevano fatto, quali decisioni drastiche aveva preso per farli finire dentro un carro di cacciatori di taglie. La sua curiosità, il suo domandarsi, la stavano quasi logorando da dentro con un persistente fastidio che aveva paura non se ne sarebbe mai andato. Voleva conoscere di più quei volti che si guardavano gentili l'uno con l'altro, ma che quando si perdevano di vista si trasformavano in abbattimento. Lo stesso sguardo che lei aveva sempre rivolto ad Emily.

 

   
 
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