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Autore: Legar    25/04/2021    18 recensioni
Nonostante l'intervento di Harry, Ron e Hermione al processo, Draco Malfoy è stato condannato a sei mesi di reclusione ad Azkaban.
La prima lettera arriva mentre Draco si guarda intorno, e ancora non ha compreso che quelle quattro mura delimitano un vuoto. [...]
Lei riempie lo spazio esiguo della sua cella con carta, inchiostro e una voce che non fa rumore ma non è silenzio. Qualche volta si chiede che aspetto abbia, un’amica immaginaria di pergamena e nulla più. [...]
Gli hanno tolto la bacchetta e l’hanno privato di una definizione perché che cos’è, Draco Malfoy, se non un mago nato in una famiglia di maghi da generazioni di maghi?

[Storia vincitrice del premio per il 'Miglior primo piano' agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce la penna.]
[Storia scritta per l'iniziativa Apri le challenge indetta da Gaia Bessie su Facebook.]
[Questa storia è in nomination per il 'Miglior film' e il 'Miglior primo piano' agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce la penna.]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Carceri di parole

 

 

La prima lettera arriva mentre Draco si guarda intorno, e ancora non ha compreso che quelle quattro mura delimitano un vuoto.

Non ci sono più Dissennatori nella prigione dei maghi, e allora non ha scusanti per il freddo che sente, che gli impone un’altra giornata sotto le coperte a scrutare un soffitto incrostato di peccato.

Dalla soglia al giaciglio nell’angolo ci sono otto passi, cinque se li percorre correndo, come durante il riscaldamento di un allenamento di Quidditch. Dieci fino al piccolo bagno. Quattro per raggiungere l’unica finestra sulla parete, troppo in alto perché possa mostrare altro che un minuscolo squarcio di cielo. Non ha mai visto niente di così misero, ma la facoltà di protestare è bruciata come la pelle sotto il marchio della sua condanna, allora stringe i denti e continua a studiare l’ambiente nel quale trascorrerà sei mesi della propria vita. Lungo una parete c’è uno scrittoio, ma lui non ha pergamene né piume con cui imbrattarle di futilità; sopra di esso una mensola vuota, non ha di che riempirla se non un velo di polvere. Se si accomoda nella sedia di fronte, il volto è all’altezza di un muro spoglio.

I suoi occhi si muovono in una pigra ricerca – il tempo non gli manca –, la sua mente non si è ancora assopita, nell’interesse della scoperta. Quanto deve piovere perché quei mattoni cementati di solitudine lascino infiltrare gocce di libertà, quanto cocente deve alzarsi il sole affinché tinga di calore l’umida pietra di Azkaban. Quanto piano può permettersi di battere contro la porta il carceriere per richiamare la sua attenzione e consegnargli una busta chiusa – pianissimo.

La prima lettera arriva mentre Draco si guarda intorno, e l’unica cosa che può capire del mittente è che si tratta di una donna.

 

Ti scrivo senza firmarmi perché vorrei che il mio cognome non contasse, io non vivo per la gloria.

Ti scrivo perché non so se lo farà qualcun altro – quanto è facile ignorare un uomo a terra e ritirare la mano – e credo che nessuno meriti una condanna alla solitudine. Tu, poi, non meritavi neanche questa per crimini di guerra.

Ho seguito il tuo processo. Quella a sei mesi è stata la pena più breve uscita dal tribunale, eppure mi pare comunque troppo per un mago così giovane, con tutte le attenuanti presentate dai testimoni della difesa.

Ho capito che questo è il modo più pulito in cui sarà soddisfatta la sete di vendetta che serpeggia nella popolazione, persino in chi non ha neanche combattuto in prima linea. L’autorità sente il dovere di accontentarla, io l’obbligo morale di oppormi.

Hai stretto i denti, quando ti hanno forzato a scoprire l’avambraccio, e mi sono chiesta se la rappresentazione su carne dei tuoi obblighi facesse ancora male. Cosa senti, quando con un polpastrello tocchi i contorni così neri di un disegno che ti è costato la libertà? Proveresti dolore, se ti sfiorassero dita più delicate di una piuma? Non chiuderti a ogni contatto, non vorranno tutti sempre spiare le tue presunte colpe. Un giorno, qualcuno sarà disposto a guardare oltre.

Mi sono iscritta a un club di lettura. Sono lontana dalla mia famiglia e dai miei migliori amici, ma dopo la guerra non voglio più guardarmi intorno e vedere null’altro che il vuoto, e allora un club di lettura, frequentato da coetanei che condividono la mia passione. Non so se ti piaccia leggere quanto a me, ma è ingiusto che tu non abbia qualcuno con cui parlare dei tuoi interessi, di qualsiasi natura siano, e allora posso essere il tuo club di lettura (anche se ho deciso che parlerò soltanto io). Tu sei da solo, che cos’è un club composto unicamente da due persone?

Il prossimo mese riceverai un libro insieme a una lettera. Io ti scriverò ancora.

 

Il mese passa e Draco si sta ancora guardando intorno, perché lei, chiunque sia, ha ragione: è solo.

Più della formica che, minuscola e inafferrabile, scivola tra le sbarre della cella – si ricongiungerà ai suoi simili, in una casa che è condivisione e comunità.

Più dell’uccello di cui ode il verso, attraverso le inferriate alla finestra – vola nella compagnia di uno stormo, sullo sfondo di un cielo grigio di nubi che promettono pioggia, del colore dei suoi occhi che non si abbandonano più alle lacrime. Ha disimparato persino a piangere, nell’intimità di una casa che non era più solo sua, dove l’avambraccio bruciava troppo spesso e apprendeva l’abitudine di non toccarlo mai.

Un club composto unicamente da due persone è un’amicizia o un amore, ma dov’è Pansy, dov’è Theo, dov’è Blaise? Non sono nelle uniche parole che ha ricevuto da quando la porta della cella è stata sbattuta davanti alla sua faccia, non c’erano nell’aula di tribunale in cui il suo destino è stato deciso. Mentre Potter, Weasley e la Granger testimoniavano in suo favore e macchine fotografiche lo ponevano su un palcoscenico indesiderato, mentre lui rinnegava pubblicamente le compagnie oscure che l’avevano carpito, loro rinnegavano la sua. Draco si è chiesto se si siano almeno informati del suo destino dai giornali affollati del suo ritratto, e poi non se l’è chiesto più. In quell’occasione ha stretto la mano al trio più famoso del Mondo Magico, in un muto ringraziamento – tollerante a stento Ron Weasley, insopportabilmente gentile Harry Potter e per la Granger non ha trovato parole adeguate.

Condannato al silenzio. Maghi e streghe nelle celle intorno a lui si lamentano, gridano, protestano, piangono e imprecano, ma non parlano con lui. Il vento impetuoso sbatte contro la prigione, ma non parla con lui: il freddo si insinua tra i mattoni e sotto la divisa che gli hanno dato, che non cambia da due – tre o quattro – giorni. La bocca si apre quando batte i denti e il ritmo gli riempie le orecchie, e per mangiare i pasti che un Auror di guardia gli consegna giornalmente, in sprezzante mutismo.

Carceri di parole non dette, per Draco che è stato troppo codardo per avere vere colpe, finito in prigione solo per qualche parola di troppo – “Sanguesporco, Sporchi Mezzosangue”. L’occasione in cui non ha parlato – “Io non… io non sono sicuro” – non è bastata a strappare la libertà di fronte a un giudice che si fa beffe dei vinti.

Le ombre delle torce gli sembrano vive quando, sospinte da un alito di firmamento, illuminano la solita faccia, sotto il cappello della solita divisa ministeriale. Un uomo di cui non conosce il nome gli consegna una busta e un pacco anonimi. Non ha nemmeno bisogno di dirgli che è stato aperto per l’ispezione, perché è evidente dal nastro tagliato e dalla carta strappata, e se non ha bisogno di dirgli qualcosa semplicemente non parla.

Così, Draco riceve una nuova massa di parole di cui districare il senso – chi mai si prenderebbe il disturbo di scrivere a un reietto –, l’unica evasione concessa.

 

La prima proposta del club è stata una biografia: “Volava come un pazzo”. Non l’ho fatta io, che non l’ho mai letto, ma qualcuno ben più appassionato di Quidditch di me. Però non mi sono tirata indietro e ho dato una possibilità a questo volume: se anche solo una persona lo trova piacevole, un libro ha compiuto la propria funzione.

Ho pensato subito che almeno per te sarebbe risultato interessante. Troverai – o hai già trovato – la mia copia insieme a questa lettera. L’ho avvolto in una carta verde, perché non conosco la squadra di Quidditch per cui tifi, così ho scelto il colore di quella per cui hai giocato. Io ho terminato la lettura e resto della mia opinione sullo sport, ma spero che regali a te delle ore piacevoli, o tollerabili.

Ho sottolineato le similitudini e le metafore più belle scritte sulle sensazioni prodotte dal volo: sanno tutte di libertà e voglio che il tuo occhio beva quell’inchiostro. Non leggerle come una lacrima che scivola via, ma gustale come il cielo limpido del mattino preannuncia il sole di mezzogiorno. Ripetile a te stesso, anche a voce alta, se puoi e vuoi. Riotterrai la libertà che ti è stata tolta, e un’intera vita ti aspetta.

Aggrappati al momento in cui tornerai a camminare per spazi sconfinati e a volare su un manico di scopa. Sarà impolverato, ma non inutilizzabile. Ritroverai lo stesso sorriso delle partite di Quidditch, ritroverai tutto quello che ti piaceva fare.

Io sto riprendendo in mano le mie giornate, dopo mesi in cui non ho potuto vivere per me stessa, perché la guerra, così dinamica, è una stasi per il progresso dell’uomo, come genere e come singolo. Tu sei solo un passo indietro. Qualcuno sarà disposto ad attenderti.

 

Draco abbandona la calma ruvida delle coperte in ogni pausa che si prende dal libro. Non è mai stato un lettore vorace, ma la sua benefattrice ha ragione e le avventure di Dinamite Llewellyn gli interessano. Apprende del suo esordio nello sport come professionista, dell’episodio da cui è nato il soprannome, del festeggiamento per il primo scudetto vinto con la squadra.

Legge dei suoi allenamenti, e li mette in pratica. Le settimane di stasi forzata, in una piccola stanza in cui correre è impossibile e camminare non ha senso, gli hanno fatto perdere l’appetito e la massa muscolare. Ma se vuole vedere il giorno che lei gli ha descritto deve curarsi del proprio corpo, oppure non avrà nemmeno la forza di spingere sulle ginocchia per sollevarsi in volo. Chiede un tappeto per gli allenamenti, e lo riceve – neanche a un Mangiamorte viene negata la comodità di non poggiarsi sul pavimento duro e freddo durante l’esercizio fisico. Lo posiziona di fronte alla finestra, così che quando alza lo sguardo un angolo di cielo gli rammenta lo sfondo su cui compieva acrobazie su una scopa. All’inizio trova difficoltà nel portare a termine gli esercizi più semplici, ma migliora in fretta. Dopo qualche giorno, i piatti che manda indietro non contengono alcun residuo intatto di cibo e, dopo qualche altro, domanda porzioni più abbondanti. La divisa carceraria, che era della sua taglia quando è arrivato ad Azkaban, veste di nuovo precisamente la sua figura.

Non torna in forma come ai tempi in cui la sua unica preoccupazione era la Coppa di Quidditch, prima che una missione impossibile gli togliesse il sonno e la fame, prima che morte e distruzione danzassero intorno a lui come Bolidi stregati, allenando i suoi riflessi ad evitarle accuratamente. Però il cuore batte con uno scopo, il respiro abbandona la piatta monotonia, i muscoli si risvegliano dal torpore.

Quando una nuova consegna giunge per lui è accaldato e sudato, come è spesso ormai, ma la curiosità vince la necessità fisica di una doccia.

 

“Storia di Hogwarts”. Un classico.

Non so se l’hai mai letto, ma io sì, più volte di quanto sia socialmente accettabile ammettere. Con occhi pieni di meraviglia la prima, poi con interesse accademico, con passione, con orgoglio. Con nostalgia, quando mi sono allontanata dal castello che è stato casa per anni.

Questa è la mia copia, io non lo rileggerò.

Sapevi che l’edificio è protetto alla vista dei Babbani per magia? Chiunque si trovi nelle sue vicinanze vedrebbe solo un cumulo di macerie. Ma qualche mese fa le rovine erano reali: vetri infranti, corridoi inagibili, scale pericolanti. Se crolla la scuola si demolisce il futuro della società intera; per fortuna, Hogwarts è rimasta solida sulle proprie fondamenta e il nostro mondo ha retto.

Ci troverai le mie sottolineature, i miei commenti. È la prima copia che ho comprato e la grafia delle annotazioni cambia e cresce con me. Questo volume contiene la ragazza che sono stata, non mi ci riconosco più. La donna che sono deve guardare al futuro.

Non so cosa sarò. La mia vita è stata in pausa come un ingranaggio inceppato, ora rimbalzo da un impegno all’altro per capire dove voglio andare. Ma almeno io ho luoghi da visitare e persone da frequentare, e allora non posso lamentarmi. La mia voce è su questa pergamena per ricordarti che li riavrai anche tu.

Non puoi rispondermi e non so cosa fai di queste lettere, ma mi sono ripromessa che continuerai a riceverle, ogni mese.

 

A Draco non è mai interessata la storia millenaria di Hogwarts, gli bastava sapere che quella scuola avesse un posto riservato per lui, sin dalla sua nascita, e che nessuno più di lui avesse diritto di frequentarla. Però, piuttosto che iniziare per la terza volta la biografia di un giocatore di Quidditch che ormai conosce come se fosse un amico di lunga data, si fa andare bene anche un libro di storia.

Sistema il volume terminato sulla mensola, che ora non è più completamente vuota. Lascia lì anche le lettere: lei riempie lo spazio esiguo della sua cella con carta, inchiostro e una voce che non fa rumore ma non è silenzio. Qualche volta si chiede che aspetto abbia, un’amica immaginaria di pergamena e nulla più. Se può scegliere – e può, perché la sua mente è l’unica compagnia sempre fedele – si figura capelli bruni e tortuosi come il buio in cui è piombato e occhi scuri come pozzi di verità scomode. Non c’è spazio per una luce troppo vivida, nell’anfratto di sudicia vergogna di cui le istituzioni del Mondo Magico lo hanno ritenuto degno.

Accanto al letto una candela brucia senza sosta e lui invidia l’incantesimo elementare che l’ha accesa per non spegnerla più. Continuerà a illuminare il torbido squallore di quella prigione anche quando lui l’avrà lasciato, in un tempo che appare ancora insopportabilmente lontano. Gli hanno tolto la bacchetta e l’hanno privato di una definizione perché che cos’è, Draco Malfoy, se non un mago nato in una famiglia di maghi da generazioni di maghi?

Il materasso scomodo, l’arredamento misero, la durezza degli unici sguardi di cui è destinatario gli rammentano che lui, nella sconfitta, non è più niente. Una risata beffarda, un ghigno e una voce sgarbata: se gli Auror di guardia alla prigione dei maghi rappresentano l’intero Ministero del quale sono dipendenti, Draco non è l’unico a pensare di sé che non è più niente. Un mago Purosangue, uno studente, un giocatore di Quidditch, un amico, un Mangiamorte – l’ultima definizione è la sola rimasta. Se il sangue non conta più, di qualunque colore esso sia, a un intreccio nero sulla pelle invece la società attribuisce un valore. Stabilisce chi ha il diritto di vivere e chi di sopravvivere in una squallida imitazione di un’esistenza, in un luogo in cui il cibo è imposto e i contatti controllati e l’aria misurata.

Intrappolato nelle definizioni che gli sono state insegnate prima, intrappolato nelle definizioni che gli sono state imposte ora. Mangiamorte è divenuto l’imperfetto contraltare di Sanguesporco, ma quando la persona è niente, l’offesa è zero. Adesso Sanguesporco è una parola bandita, Mangiamorte derisa e Draco non ha più termini da usare, per se stesso o per altri, perché ne aveva imparati da un dizionario senza valore. Non ha più insulti né destinatari a cui rivolgerli. Non ha neanche scuse da offrire – e a chi, ai fantasmi che tormentano il suo sonno, muti come la veglia?

Un discorrere insensato gli perfora i timpani, squarcia la tenue pace che le ore di lettura riescono a ricreare. Ad Azkaban, dove sono in troppi e non c’è nessuno, è finito anche suo zio Rodolphus e il suo tormento vola sulle pareti che li dividono. Il marito di zia Bella ha labbra avide che la morte ha disidratato: di notte invoca una moglie perduta e le parla come se condividessero un talamo nuziale, di giorno pure. È imprigionato dai propri lamenti in un’ossessione e Draco deve imparare a ignorare. Sua zia non può più terrorizzare nessuno e suo zio resterà a vita con la sola compagnia di parole di gemito e sventura, e Draco si sente unicamente sollevato. Non gli è dato sapere in quale delle celle dimori, invece, la parte più importante della sua famiglia, ma è certamente lontana, perché se esclude tutto intorno a lui, resta soltanto silenzio.

Ad Azkaban Draco ha imparato che esistono carceri peggiori delle parole. La porta della sua cella si apre per lasciar passare le sole che ampliano i confini di mura divenute dolorosamente note.

 

È incredibile che ci siano ancora così tante fan di Gilderoy Allock. Non mentirò, lo sono stata anch’io; a mia discolpa posso dire che aveva uno stile accattivante e una prosa coinvolgente e un lessico ricco e io sono una lettrice debole, non resisto al fascino di parole incastrate così bene sulla carta.

“In vacanza con le streghe”, e la ragazza che l’ha proposto ha ridacchiato che a lei non sarebbe dispiaciuta una vacanza con Allock, e ora mi tocca leggere (anzi, rileggere) un cumulo di fandonie. La notizia non è circolata troppo, per interesse economico dell’editore, e forse anche tu non lo sai. Lo scrittore moderno più prolifico e redditizio è un impostore: nessuna delle esperienze che ha venduto come autobiografiche lo è, ha solo finto di averle vissute, strappando ai reali autori di quelle gesta i loro ricordi. Oltre alla scrittura, l’unico altro campo in cui eccelleva davvero era quello degli Incantesimi di Memoria, prima che uno andasse storto e gli si ritorcesse contro. Non pubblica più niente da anni, l’hai notato?

Tu forse ne apprezzerai l’ingegno, il fine e le macchinazioni per raggiungerlo. Io ne ho dedotto che l’apparenza non è sempre affidabile, e un aspetto brillante può nascondere il più patetico degli inganni. Capelli voluminosi, ampio sorriso, denti splendenti: una maschera incrinata da una bacchetta fallata.

Però se ricordo bene tu hai sempre curato il tuo, dentro una divisa scolastica ordinata. Non smettere di farlo, andrai di nuovo in giro con la tua faccia, e non sarà sempre considerata sporca, perché tu avrai la possibilità di redimerla. Conosco la tentazione di disinteressarsi di sé, quando si è da soli – soli con le solite persone o completamente soli: non lasciarti andare.

 

Succede che alcune settimane di nulla pieghino anche la più forte delle convinzioni e Draco legge un patetico romanzo per streghe. Succede che Gilderoy Allock ha davvero uno stile accattivante e una prosa coinvolgente e un lessico ricco, come ha detto lei, e lui si lascia catturare, perché non ha mai combattuto niente a mani nude e non inizierà con qualche centinaio di pagine che promettono una fuga dalle catene delle sue vuote giornate. Per qualche istante, si sorprende persino a ridere delle avventure di un personaggio fittizio con la strega Bandon.

È quando Draco si ritrova a pensare che anche lei ha una voce piacevole su carta, che capisce che esistono carceri di parole in cui non è deprimente rinchiudersi. Quel mese e nei successivi, il romanzo di Allock non lo rilegge, ma le lettere di lei sì, con occhi attenti e mente vigile, alla ricerca di ogni minimo indizio per formulare ipotesi sulla sua identità. Era da tempo che la sua testa non si concedeva il lusso di concentrarsi su un compito, di prestare attenzione all’ambiente circostante: le mura accoglienti della gabbia di parole in cui lei l’ha avviluppato sono più interessanti di quelle fisiche che non lo lasciano andare.

Lei gli ha parlato di una faccia da mostrare in pubblico, e lui la vuole ripulita delle macchie che sono sotto il suo controllo. Draco spende parte del proprio tempo – che ha smesso di essere prezioso, quando è troppo e troppo vuoto – davanti a uno specchio opaco, stringendo le palpebre per mettere a fuoco un’immagine su cui non si era più soffermato. È come prepararsi a un incontro galante.

Se l’Auror che gli consegna il suo appuntamento mensile è sorpreso, nel vederlo profumato e sbarbato, non lo dà a vedere.

 

Nessuno proporrebbe mai di leggere Beda il Bardo a un club di lettura per adulti, ma quando si parla di Bardo i Babbani, invece, intendono qualcosa di diverso.

Per un periodo ho seguito le lezioni di Babbanologia, poi ho lasciato il corso. Quelle dell’anno passato sono state una parentesi indecente in secoli di insegnamento a Hogwarts, ma ho saputo che ora il programma di studio è tornato alla normalità e la materia è vista con meno diffidenza. Sarà un processo lungo, e i maghi non conosceranno mai totalmente il mondo Babbano, ma nessuno potrà più ritenersi superiore per il solo fatto di avere una bacchetta in tasca. Non può essere un sottile pezzo di legno, fragile a una pressione appena più intensa, a fare i meriti di una persona.

Il Bardo è William Shakespeare, autore di opere teatrali e poesie, vissuto in Inghilterra tra il XVI e il XVII secolo. Tu naturalmente non lo conoscerai, ma qualunque Babbano sì, non solo nel nostro Paese. I maghi magari non invidieranno mai le limitazioni di un mondo senza magia, ma possono provare ad ammirare le meraviglie compiute senza una bacchetta, con piuma e inchiostro (per amor di precisione, nessun Babbano al giorno d’oggi usa ancora le piume per scrivere, ma ai tempi del Bardo sì). Una raccolta di sonetti di William Shakespeare, perché la prosa è stata troppo protagonista di questo club e io sostengo che la mente non debba avere limitazioni – ampliare la mente è cruciale, perlomeno se l’obiettivo di tale sforzo non è la fantomatica arte della Divinazione. Questa è la mia proposta: poesia per le giornate più aride.

Aprirai la mente alla poesia celata in ciò che non conosci?

 

A diciassette anni Draco apprende che anche i Babbani sanno usare le parole – non tutti, senza dubbio, ma un uomo che si è meritato il titolo di Bardo a quanto pare sì. Se i suoi versi sono immortali, tanto che lui si ritrova a leggerli e pronunciarli e declamarli secoli dopo la loro composizione, si può dire che almeno un Babbano abbia scoperto la vera magia che sconfigge persino la morte. E l’ha compiuta senza una bacchetta – Draco ora capisce come non mai cosa vuol dire esserne privo.

A dodici anni era facile scherzare su una minaccia ignota in una Camera dei Segreti, che sembrava colpire solo studenti dalla genealogia imperfetta, e ironizzare che avrebbe potuto attaccare la Granger. A dodici anni Draco non conosceva il tono implorante di chi invoca che gli sia risparmiata la vita e quanto acute possano divenire le grida di una strega torturata. La sua stessa casa è stata teatro di omicidi e violenze e il sangue ha macchiato i tappeti scelti con così tanta cura da sua madre.

È stata sempre Narcissa a suggerirgli i tulipani bianchi del loro giardino, quando lui ha manifestato l’intenzione di inviare un insulso mazzo di fiori e un biglietto di scuse a Hermione Granger – prima del processo, prima di sapere che anche lei sarebbe stata chiamata a testimoniare per lui. Non era più in suo potere fare nulla per la professoressa Burbage di Babbanologia – l’immagine del suo cadavere aleggerà per sempre in un salotto di Villa Malfoy. Non era nemmeno possibile, per Draco, cancellare quanto la Granger aveva subito sul pavimento dove lui aveva imparato a camminare. Sofferente, mentre lui si conficcava le unghie nel palmo e pensava che tanta bruttezza non meritasse di imbrattare il suo corpo sottile. Non riusciva a distogliere lo sguardo dallo spettacolo del suo dolore, la migliore prova di coraggio della sua vita, lui che di coraggio non ne ha mai avuto granché. In seguito ha affidato una ridicola richiesta di perdono a ridicoli fiori, che sarebbero appassiti, piuttosto che alla sua viva voce. Gliel’ha scritto, che erano i fiori del loro giardino, che “non solo male può essere generato nella mia casa. Mi dispiace che tu l’abbia vissuto sulla tua pelle”.

Ad Azkaban, senza luce e senza concime, è appassito lui. Inchiostro come acqua per le radici che lo tengono ancorato al presente è arrivato puntuale per cinque mesi, ma il sesto lei non spedisce niente.

 

Il male generato nella tua casa è in queste pagine, insieme a tutto il resto che ho vissuto sulla mia pelle. Per te, se vuoi conoscerlo.

Hermione Granger

 

Hermione Granger ha scritto un resoconto delle sue esperienze di guerra, lei che l’ha combattuta in prima linea dalla parte che ha trionfato. Lei che non ha rimandato indietro i suoi fiori e ha testimoniato per lui e gli ha stretto la mano con un sorriso gentile e gli ha mandato in prigione una copia del volume. Draco non l’ha mai pensato prima, che l’animo di Hermione Granger fosse più bello del suo contenitore di ricci tortuosi e occhi tranquilli. Il suo è un arbusto avvizzito, la prigione di Azkaban è sempre buia e i timidi raggi di luce che passeggiano alla finestra non scaldano niente.

Draco legge con avidità ogni paragrafo e gli sembra di vivere un mondo conosciuto, anche quando lui non sa i dettagli di molti degli avvenimenti che lei racconta tra le pagine. Quattrocentocinquantasette – sa essere prolissa, la Granger, e lui lo scopre solo adesso, perché non ha mai sostenuto una conversazione abbastanza lunga con lei.

È a pagina duecentosettantatré, per la rilettura, il giorno in cui la sua condanna giunge a termine.

Finalmente gli restituiscono la bacchetta, e Draco Appella cinque lettere, cinque libri e un biglietto.

Rassetta una manica e sistema un bottone incastrato a metà nell’asola, prima che il maestoso portone d’ingresso venga aperto – per la seconda e, com’è nelle sue intenzioni, ultima volta.

C’è il sole, il giorno in cui la sua pena si esaurisce – ma il tormento persisterà ancora. I raggi feriscono le iridi chiare abituate all’oscurità. Alberi imponenti crescono rigogliosi, ai due lati del viale che conduce alla soglia della prigione; si stagliano contro il cielo limpido con la pienezza delle chiome verdi, brillanti, come se, allontanati i Dissennatori, quell’ambiente inospitale avesse ritrovato la vita. Solo chi è entrato tra le mura del carcere può sapere che il loro fetido alito di un destino peggiore della morte ancora permea qualche cella di terrore e disperazione.

Alla fine del viale c’è una giovane donna vestita di una divisa scolastica di Grifondoro. Ha tutte le direzioni dei venti nei capelli tortuosi e, tra le mani giunte, ogni colore di cui lui è stato privato in una stanza anonima e inviolabile.

Draco continua a camminare, mentre il suo sospetto trova conferma, e non può dire di esserne dispiaciuto.

Lei ha occhi limpidi che sorridono nell’oscurità, la bocca è un varco di luce accogliente. È accettazione e aspirazione.

Draco non riconosce i fiori che gli ha portato. Hermione Granger occhieggia i volumi e le carte che lui tiene stretti al cuore e accenna ai petali.

«Questi vengono da Hogwarts, che in effetti è diventata negli anni un po’ casa mia, ma li ho presi perché ce n’erano uguali nel giardino dei miei genitori. Mio padre ha una passione per il giardinaggio; io delle piante, magiche o Babbane, so solo quello che si può apprendere dai libri, ma lui mi ha raccontato del simbolismo dei fiori. E allora anche da una casa di Babbani non proviene solo male. Io vengo da lì e spero di averti fatto almeno un po’ bene, in questi mesi.»

Draco si schiarisce la gola, la voce è roca. Vorrebbe averla usata di più negli ultimi tempi, perché lei non creda che il disagio che raschia le corde vocali sia indifferenza o fastidio. Tende la mano libera.

«Ciao.»

Lei gli porge i fiori e per un momento qualche stelo strappato li congiunge in una catena sottile e fragilissima – e indissolubile, perché è impossibile condividere certe esperienze senza finire col cercarne altre, e un rapporto intimo ed epistolare è fra quelle.

«Se non l’hai capito, ti ho mandato io quelle lettere. Ti ho scritto perché non so se qualcun altro l’avrebbe fatto, non c’era nessuno al tuo fianco al processo e non meritavi di restare solo anche qui. Io sono circondata da fin troppa gente, ora, ma i ritagli di tempo che ho ricavato per scriverti erano per me. Diventa più facile parlare, se l’interlocutore è immateriale. Vedo che hai conservato tutto. Non ti ho dato la possibilità di rispondere, scusa, ma se ti va potresti farlo ora e potremmo commentare le letture e…»

Draco scopre la Granger non è prolissa solo quando scrive e ha ogni intenzione di condividere i suoi pensieri con tutte le parole necessarie, e pure molte di più. Scopre che non lo disturba, ascolta e tace. Della voce che nella sua vita ha letto molto – dense, le sue missive – e ascoltato molto poco – superficiali, i loro precedenti confronti –, nota l’intonazione dei periodi, i veloci respiri nelle pause, la cadenza che trascina le sillabe in acuti e bassi di una melodia ignota e gradevole.

Benché assente, mi sei ogni ora presente, potrebbe citare, e lei saprebbe che lui ha letto Shakespeare e ha capito che la poesia può nascondersi anche in ciò che non ha conosciuto o ha ignorato o insultato. E che lei, che pure non era con lui, è stata la sua compagnia.

Adesso Draco è libero, ma l’ha catturato lei, infilandolo in un rapporto intimo ed epistolare – e unidirezionale, ma ha anche lui qualcosa da dire, e non fuggirà dall’esplorazione di un carcere di parole.

 

 

 

 

 

Note:

Secondo dichiarazioni di J.K. Rowling, Draco Malfoy non è stato condannato dopo la guerra, anche grazie all’intervento di Harry Potter e dei suoi amici, perciò questa ff origina da un what if.

La storia è ambientata durante il settimo anno di scuola di Hermione, che lei recupera dopo la guerra mentre Harry e Ron no.

La battuta “Io non… io non sono sicuro” viene dal capitolo di Harry Potter e i Doni della Morte ambientato a Villa Malfoy, quello in cui Draco finge di non riconoscere Harry, Ron e Hermione.

Volava come un Pazzo è una biografia scritta da Kennilworthy Whisp, autore anche di Il Quidditch attraverso i secoli, sul giocatore di Quidditch "Dinamite" Dai Llewellyn.

“Quando la persona è niente, l’offesa è zero” è stata pronunciata da Anna Tatangelo. È uno dei prompt dell’iniziativa “Apri le challenge” indetta da Gaia Bessie su Facebook.

“Esistono carceri peggiori delle parole” è una citazione dal romanzo L’ombra del vento. La stessa citazione ha ispirato anche il titolo della fanfiction.

In vacanza con le streghe di Gilderoy Allock è un titolo citato in Harry Potter e la Camera dei Segreti.

Non sono esperta del simbolismo dei fiori, perciò il significato dei tulipani bianchi per chiedere perdono viene banalmente dal sito di Interflora UK.

L’idea che Hermione scriva un resoconto di guerra non trova riscontro nel canon.

“È impossibile condividere certe esperienze senza finire col cercarne altre, e un rapporto intimo ed epistolare è fra quelle” vuole richiamare la frase con cui J.K. Rowling scrive dell’inizio dell’amicizia tra Hermione e Harry e Ron in Harry Potter e la Pietra Filosofale. Si può interpretare liberamente se, da questo inizio di rapporto raccontato tra Draco e Hermione, possa nascere un’amicizia o qualcosa di più. Da Dramione shipper, io ci vedo sempre qualcosa di più!

“Benché assente, mi sei ogni ora presente” è una citazione dal sonetto 47 di William Shakespeare.

 

Questa storia ha vinto come Miglior Primo Piano agli Oscar della Penna 2022.

Grazie per aver letto, spero che la one-shot vi sia piaciuta!

Legar

   
 
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