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Autore: Ely82    25/04/2021    2 recensioni
Alice Cooper è una ragazza molto ambiziosa che lavora da anni come pubblicitaria alla Spencer Advertising Corporation. La sua vita è interamente incentrata sul lavoro, a discapito della sua vita privata, ormai assente. L'arrivo nell'azienda del giovane e attraente Thomas Parker, fa sfumare la sua promozione tanto ambita. Alice cercherà in ogni modo di screditare il nuovo arrivato che al contrario si dimostra essere molto gentile e ben disposto nei suoi confronti. Alice sarà davvero disposta a tutto per riprendersi il suo ruolo in azienda o l'affascinante Thomas Parker riuscirà a cambiare i suoi piani e a far breccia nel suo cuore?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buongiorno a tutti e ben ritrovati.
Non credevo che sarei tornata così presto. Eppure ho pensato che fosse giusto postare questa "nuova storia".
A  10 anni esatti dalla stesura di questo racconto, il primo in assoluto che io abbia mai scritto, ho deciso di renderlo pubblico per farvelo conoscere. Chi già mi segue da tempo, sa che fino ad ora ho sempre pubblicato FF su Twilight, ma forse è il momento di voltare pagina. 
E' un azzardo pubblicare questa storia originale, soprattutto perché in 10 anni il mio stile è cambiato, si è fatto più meticoloso, ho dato molto più spazio al genere erotico, su cui riesco a districarmi con maggior facilità.
Questa è una storia semplice. Mi rendo conto che forse per alcuni di voi non sarà "all'altezza" delle altre cose che avete fino ad ora letto di me, ma vi chiedo di tenere conto che questo racconto è il mio inizio. 
Sto lavorando ad un nuovo racconto, molto più complesso, e mooooolto più lungo che non so quando potrò farvi leggere.
Per il momento ho pensato di condividere con voi "Un'altra me", un titolo legato alla storia ma anche a me stessa, perché con questa storia ho scoperto un nuovo lato di me che fino a quel momento non conoscevo. Ho sempre pensato che sarebbe rimasta una cosa solo mia, che non avrei pubblicato in rete, ma sono passati 10 anni e forse anche Alice e Thomas si meritano una chance.

Alcune info sulla storia... E' narrata in prima persona dalla protagonista Alice Cooper ed è composta da 21 capitoli, abbastanza brevi.

Mi auguro che vi piaccia.
Grazie a chiunque vorrà leggerla.
E come sempre....

BUONA LETTURA!





Capitolo 1

Ero seduta, come tutti i lunedì mattina, alla scrivania del mio ufficio benché, quello, non fosse per me un giorno come gli altri: sarebbe, infatti, potuto diventare il più importante della mia vita.
Guardai l’orologio impaziente: erano appena le nove.
Iniziai a guardarmi intorno per verificare che nessuno notasse il mio stato di agitazione, ma intorno a me tutto procedeva come al solito.
Mike Ford, credo si chiamasse così, era nel corridoio a combattere come sempre con la fotocopiatrice: chissà perché sembrava che con lui si rifiutasse di funzionare. Era l’ultimo arrivato e, come tutti i neo assunti, gli toccava un po’ di gavetta; tra i suoi compiti spiccavano quelli di portare il caffè ai vari capi ufficio, andare a fare le commissioni e, ovviamente, fare le fotocopie.
Nella scrivania di fronte alla mia, Miriam era impegnata in un’intensa telefonata con la nostra sede di Parigi: sentirla parlare in francese era uno spasso, specialmente quando si arrabbiava. Si occupava principalmente di coordinare il lavoro dei vari uffici distaccati impegnati nel lancio di uno stesso prodotto: quello del giorno era un nuovo modello di lavatrice.
Mi voltai, infine, a guardare nell’ufficio adiacente al mio, separato solo da una grande vetrata.
Ed eccola lì, la mia rivale.
Intenta a controllare il suo riflesso sul monitor del computer, Sandy Carter era senza dubbio la donna più viscida e inutile che conoscessi. Ovviamente, però, al mio capo piaceva.
Tacco dodici, minigonna vertiginosa, capelli e trucco sempre perfetti. Aveva solo un difetto: di marketing non ne capiva un tubo! Eppure quel giorno qualcosa ci accomunava.
Il responsabile dell’area marketing della nostra sede, il caro vecchio Jake, era stato promosso  vice direttore generale della nostra società, la Spencer Advertising Corporation, ed io e la signorina Carter eravamo in lizza per ottenere quel posto.
Quella mattina il capo avrebbe chiamato una di noi due nel suo ufficio per comunicarci quella tanto sospirata notizia.
Non potevo credere che avesse dei dubbi tra me e lei: non avrei mai permesso a quell’insulsa donna di privarmi della cosa a cui tenevo di più in quel momento. Avevo lavorato fino allo stremo delle mie forze nell’ultimo anno, avevo perfino rischiato di dover andare in terapia per lo stress che avevo accumulato. E lei? Beh, anche lei aveva le sue preoccupazioni: del tipo "quale smalto mi metto oggi?”.
No, non poteva succedere.
Lo squillo di un telefono mi fece balzare sulla sedia e quasi caddi quando mi accorsi che non era un telefono qualsiasi a squillare, ma il suo. La vidi scattare in piedi, mi lanciò un’occhiata di sfida, ma che sapeva di vittoria, e si diresse verso l’ascensore.
«Alice, tutto bene? Che ti prende? Alice?»
Sentivo appena la voce di Miriam che mi chiamava. Ero impietrita.
Guardavo fissa l’ascensore che si chiudeva alle spalle di Sandy. Non potevo credere che il mio peggiore incubo si stesse avverando sotto i miei occhi.
Un altro squillo. Un altro sussulto. Questa volta, però, veniva da più vicino.
Alzai la cornetta con l’ultimo soffio di speranza che mi era rimasto dentro, l’ultimo prima che sprofondassi nella disperazione o, peggio ancora, che iniziassi ad urlare come una pazza.
«Signorina Cooper, sono Susan, il signor Barner la sta aspettando nel suo ufficio.»
«Come scusi?», non ero sicura di aver capito bene.
«Appena le è possibile la prego di recarsi nell’ufficio del direttore, la sta aspettando!», mi disse scandendo le parole come stesse parlando con una bambina di cinque anni.
«Arrivo subito», dissi d’un fiato, prima di lanciarmi a mia volta verso l’ascensore.
«Alice??!», mi gridò dietro Miriam.
«Poi ti spiego, promesso, ma non sono pazza ok?!»
Arrivai al quarto piano dell’edificio quasi con il fiatone, come se avessi fatto dieci di rampe di scale invece che due piani in ascensore, ma ero elettrizzata: come avevo potuto dubitare della capacità di giudizio del Signor Barner?
Passai davanti all’ufficio di Mary e senza fermarmi le sorrisi mostrandole le dita incrociate; mentre mi allontanavo, mi sembrò di sentire un “Vai Alice!!” provenire dal suo ufficio, ma forse era il mio inconscio che lo gridava!
Mary Dixon era la migliore. La migliore amica che avessi… nonché l’unica che mi fosse rimasta.
 
Arrivai davanti all’ufficio del capo, salutai Susan con un sorriso imbarazzato per la figura da cretina che avevo fatto al telefono, e mi avvicinai ai divanetti, in attesa di essere chiamata.
«Tu che ci fai qui?», balbettai inorridita di fronte alla figura di Sandy Carter che mi fissava da una delle poltroncine.
«Il capo mi vuole vedere…e, a quanto vedo, non solo a me!»
Cavolo, era più perspicace di quanto pensassi.
Mi sedetti più lontano possibile da lei cercando di dare un senso a quella doppia convocazione.
Una doppia promozione? No, improbabile, sarebbe stata la prima volta e non aveva alcun senso. Voleva proporre a Sandy di farmi da assistente? Mi sembrava un’idea plausibile. L’ipotesi contraria non volli neanche prenderla in considerazione, ovviamente.
Lavoravo alla S.A.C. da otto anni e da tre ero entrata a far parte della squadra di Jake Stevens, un colosso del mondo della pubblicità che molti concorrenti c’invidiavano. Avevo ideato campagne pubblicitarie di successo in diversi settori merceologici; ero brillante, ambiziosa e completamente dedita al lavoro. Ne sapevano qualcosa i miei vecchi amici e David, il mio ex fidanzato. Dopo due anni di convivenza, di continui litigi a causa del mio lavoro e degli orari che spesso mi costringeva a fare, mi mollò un mese fa, dopo che lo lasciai ad aspettarmi per quasi due ore al ristorante per festeggiare il nostro anniversario.
Un rumore improvviso mi riportò al presente e a quella situazione surreale in cui mi trovavo. La porta dell’ufficio si aprì.
«Buongiorno signorina Cooper. Signora Carter. Vi aspettavo: prego accomodatevi.»
Avevo una specie di venerazione per quell’uomo. Non riuscivo a capacitarmi di come una persona così di successo riuscisse a conciliare, senza il minimo sforzo, moglie, figli, lavoro e il suo amore più grande, il golf.
Entrai in quell’immenso ufficio e, come mi succedeva ogni volta che lo vedevo, rimasi a bocca aperta: era un attico incredibile. Una vetrata immensa, da cui si vedeva Tower Bridge, attirava sempre la mia attenzione e la mia invidia. Nel mio ufficio non avevo nemmeno una finestra decente.
«Grazie per essere venute. Ho da darvi una notizia importante che vi riguarda da vicino. Sedetevi».
Senza guardare mai in direzione della mia nemica, mi avvicinai alle due poltrone disposte davanti alla scrivania del capo. Fu in quel momento che mi accorsi che non eravamo soli.
Seduto in una delle poltrone vi era un giovane di bell’aspetto, elegante nel suo completo blu, intento a studiare alcune carte.
Quando si accorse della mia presenza a pochi passi da lui, si alzò dalla poltrona e, sfoderando un sorriso mozzafiato, si presentò:
«Salve, mi chiamo Thomas Parker, tu devi essere Alice.»
«Salve», gli risposi spaesata. «Ci conosciamo?»
«Buongiorno, io sono Sandy. Piacere di conoscerla! E’ un nostro nuovo cliente? Deve essere importante se il signor Barner la riceve personalmente!»
Ma perché non stava zitta! In quel momento l’avrei insultata in tutte le lingue che conoscevo!
Lui le sorrise cortesemente, ma poi tornò a rivolgersi a me:
«No, non ci conosciamo, non direttamente almeno. Direi piuttosto che la tua fama ti precede. Il signor Barner mi ha parlato molto di te…e di te ovviamente!», aggiunse rivolgendosi a Sandy, cercando di riprendersi dalla gaffe.
E così il capo aveva parlato di me a questo tipo affascinate, decisamente giovane, ma affascinate: mi sembrò un inizio promettente.
«Il signor Parker, non è un nostro cliente. Bensì è colui che, spero, ci aiuterà a trovarne molti! Thomas è il nostro nuovo responsabile marketing, nonché vostro superiore. Da oggi farete parte del suo staff. Lo aiuterete ad ambientarsi, lavorerete con lui e lo affiancherete durante gli incontri con la clientela. Sono sicura che vi troverete benissimo!»
Mi accorsi che non stavo più respirando.
«Bene, signor Parker sarà un piacere lavorare con lei», cinguettò Sandy, dopo essersi ripresa dallo stupore.
La fulminai con lo sguardo e, se il cervello in quel momento non fosse stato completamente scollegato, avrei iniziato a rivolgerle le peggiori parole che conoscevo in inglese, francese, spagnolo e tedesco! Tanti anni di studi finalmente sarebbero serviti a qualcosa!
«Signor Barner, è uno scherzo vero?», trovai il coraggio di dire.
«Nessuno scherzo, signorina. Forse penserà che il signor Parker non abbia abbastanza esperienza, data la sua giovane età, ma le posso assicurare che il suo curriculum è invidiabile e gli ultimi due anni trascorsi alla Spolding, come vice direttore dell’area vendite, lo hanno reso il giovane manager più appetibile del nostro settore. A soli ventiquattro anni sa, in pratica, quasi più di me!», aggiunse dandogli una pacca sulle spalle.
«Ha detto ventiquattro anni? Affiderà la direzione del reparto marketing ad un ventiquattrenne?!» Non riuscivo a riprendere fiato e a credere alle mie orecchie.
«So che può sembrarti una scelta avventata, ma dammi fiducia e vedrai che ti dimostrerò di che pasta sono fatto!» mi disse.
«Cosa? Tu, Thomas, non devi dimostrare niente a nessuno! Sappiamo già come lavori ed il Consiglio ti ha voluto proprio per questo. Non è stato facile portarti via dai nostri concorrenti, ma ora sei qui e la signorina Cooper farà del suo meglio per aiutarti, sostenerti e, soprattutto, per attenersi alle tue direttive. Se non c’è altro, le chiedo cortesemente di accompagnare Thomas nel suo nuovo ufficio», aggiunse con tono autorevole rivolgendosi a me. «Ora potete andare.»
Lo guardai inorridita da quelle parole.
Davvero pretendeva questo? Davvero credeva che questo ragazzino potesse essere migliore di me? Beh, gli avrei dimostrato il contrario. Presto quel tipo sarebbe sparito dalla mia vita, molto presto.
Senza dire una parola, uscii dalla stanza seguita, a breve distanza, da lui.
«Non sono poi così male, davvero!», disse Thomas cercando di alleggerire l’atmosfera mentre procedevamo per il corridoio.
«Eccoci arrivati: questo è l’ufficio. Io e Sandy siamo al secondo piano. La mensa è al piano terra. E questo è tutto. Benvenuto Thomas!», conclusi nel tono più acido che mi fosse mai uscito. E mi diressi verso la porta.
«Tom! Ti prego chiamami Tom. Credo davvero che potremmo lavorare bene insieme.»
Me ne andai senza rispondere. «Tom», pensai ad alta voce mentre mi avvicinavo all’ascensore: «ok ,Tom, a noi due!»
   
 
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