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Autore: ChrisAndreini    25/04/2021    1 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Il puzzle inizia a ricomporsi

 

Lunedì 7 Ottobre

Dopo una mattinata particolarmente impegnativa in una delle prime lezioni del semestre, Denny entrò al corona stanco, pensieroso, e pronto a fare un pranzo da re insieme a Max, Clover e Amabelle, anche se era il primo dei quattro ad entrare nel locale.

Meccanicamente si avviò verso uno dei soliti tavoli del gruppo, e prese i posti ai ritardatari, che avevano annunciato che ci avrebbero messo un po’, dato che le lezioni di tutti finivano più tardi.

Denny si mise comodo in attesa e prese il telefono per giocare un po’, anche se la sua mente era molto distratta.

Per fortuna, con l’avvento delle lezioni, e la fine di Settembre, i pensieri su Mathi iniziavano ad essere sempre meno invadenti, e ciò che vagava nella mente di Denny iniziava ad essere maggiormente lo studio, la situazione di suo fratello, e dei piani su come ricominciare la sua vita ora che era fuori dall’armadio.

Per il momento non era cambiato assolutamente nulla, ed era una cosa ottima, ma poteva cominciare ad uscire con qualcuno… forse… magari… uff, era ancora troppo timido e ansioso per una cosa del genere.

Soprattutto considerando quello che era successo l’ultima (e unica) volta in cui aveva fatto la pazzia di andare da qualche parte e rimorchiare qualcuno.

Gli venivano i brividi solo a ripensare a Will.

Ugh, che inquietudine!

Però iniziare ad uscire poteva comunque essere una buona idea per dimenticare Mathi, giusto?

Anche se non era facile.

Ma era finita, Mathi era andato via! Denny doveva rassegnarsi, metterci una pietra sopra e andare avanti!

-Stai aspettando qualcuno o vuoi già ordinare?- chiese l’inconfondibile voce di Mathi alla sua destra.

Fantastico! Ora sentiva addirittura la voce di Mathi in giro. Alla faccia di essere andato avanti.

Sospirò e si girò verso quello che probabilmente era un nuovo cameriere che non aveva mai visto con un distratto -No, sto aspettando…- ma si interruppe a metà frase.

Perché davanti a lui c’era Mathi, vestito con la divisa del Corona, con occhi brillanti, e un timido ma sincero sorriso.

Denny rimase qualche istante congelato sul posto, poi si stropicciò gli occhi.

Cavolo! Era talmente fissato su Mathi che ora lo vedeva ovunque?!

Tornò a guardare il cameriere con sguardo truce, ma era ancora Mathi.

Che cosa?!

-Ciao Dan- sussurrò il ragazzo che non poteva assolutamente essere davvero Mathi, che però sembrava davvero tanto essere lui.

-…Mathi?- chiese incredulo, avvicinandosi e squadrandolo con attenzione, arrivando addirittura a punzecchiarlo per assicurarsi che non fosse un’allucinazione.

-Sì, sono io… ho tanto da dirti e spiegarti- Mathi sembrava all’erta, ma sorrideva e fissava Denny come se non potesse fare a meno di cercare di imprimere ogni dettaglio del suo volto nella mente.

-Direi proprio di sì… pensavo… pensavo fossi già andato via- Denny si ritirò, senza sapere cosa pensare, e iniziò a guardarsi attorno, preoccupato che qualcuno li stesse controllando.

-È una storia lunga- Mathi sembrava in difficoltà. Non sapeva da dove cominciare con la spiegazione.

-Ho tanto tempo libero- Denny lo incoraggiò a spiegarsi, ancora parecchio confuso dal fatto che Mathi era lì davanti a lui.

Mathi aprì la bocca, probabilmente per iniziare a spiegare, ma venne richiamato dalla voce urgente di Roelke, poco distante, che stava trasportando fin troppi piatti da sola.

-Mathi! Mi servi al tavolo 5!- lo richiamò all’ordine.

Mathi si mise sull’attenti.

-Arrivo subito!- esclamò con convinzione, prima di rivolgersi un’ultima volta verso Denny.

-Tra dieci minuti possiamo vederci sul retro?- chiese in un sussurro, ancora un po’ all’erta.

Denny annuì, incapace di far uscire qualche parola dalle sue labbra.

La sua mente era estremamente confusa.

Ancora non si capacitava di aver rivisto Mathi. Non riusciva a crederci.

Prese il telefono e controllò l’orario.

Il resto del gruppo non sarebbe arrivato prima di una mezzora, aveva tutto il tempo di parlare con Mathi e ottenere una soddisfacente spiegazione.

Si avviò sul retro quasi immediatamente, e rimase in attesa dell’arrivo dell’agente sperando che nessuno decidesse di rubargli lo zaino lasciato sul tavolo per tenere il posto.

Ma era improbabile. Lo conoscevano tutti, in quel bar, e sicuramente Roelke si sarebbe accorta se qualcuno avesse provato a prendere qualcosa. Era sempre molto attenta su queste cose.

Meno di dieci minuti dopo, Mathi uscì dal retro, e accennò un sorriso quando il suo sguardo di posò su quello di Denny.

-Dan!- lo accolse, avvicinandosi con esitazione.

-Hey!- Denny lo salutò con un cenno, cercando un modo carino per chiedere risposte senza sembrare sgarbato o invadente -Senza offesa, ma non dovevi andartene a fine Settembre?- si lasciò sfuggire infine, risultando parecchio sgarbato e invadente.

A sua discolpa, stava davvero andando nel panico.

Non credeva che avrebbe mai più rivisto Mathi, e non sapeva che aspettarsi, onestamente.

Lui gli aveva fatto ben capire che non c’erano soluzioni, quindi… cosa era successo in quelle settimane?!

Denny voleva sperare che le cose si fossero risolte, ma dare il via libera alla speranza ora che era riuscito a metterla via significava stare davvero male nell’eventualità che venisse nuovamente infranta.

Non era abbastanza forte da affrontare un nuovo cuore spezzato.

E non dava la colpa a Mathi, solo che era meglio essere cautamente pessimista e distante, per il momento.

-Nessuna offesa, so che non ti aspettavi di vedermi qui, e non ho molto tempo per spiegare dato che ho una pausa di dieci minuti e sono ancora sotto osservazione, ma Duke mi ha concesso di spiegare la situazione almeno a te, quindi cercherò di essere breve e conciso e chiaro e… sto già tergiversando parecchio, vero? Scusa sono in ansia. Meglio cominciare dall’inizio…- Mathi iniziò a straparlare senza in realtà dare granché informazioni, e Denny era sempre più confuso.

-Aspetta un momento… Duke? Duke sa qualcosa di me?- chiese Denny, iniziando a preoccuparsi.

Pensava che nessuno fosse a conoscenza di ciò che aveva scoperto. E Duke era nell’agenzia. Poteva ucciderlo? O imprigionarlo? O reclutarlo? O cancellargli la memoria? (Onestamente Denny avrebbe accettato volentieri un’amnesia se l’avesse fatto smettere di soffrire).

Iniziò ad impanicarsi, ma Mathi si affrettò a calmarlo.

-Sì, circa. Ma non dirà nulla a nessuno. Mi ha aiutato a incastrare Will, ed è stato promosso, quindi ha un debito nei nostri confronti… circa… insomma, non è un pericolo. Anzi, mi ha… fammi spiegare, okay?- Mathi si sedette sul muretto cercando le parole giuste.

Sebbene fosse ancora un po’ incerto, Denny decise di assecondarlo, e si sedette al suo fianco, con le gambe tremanti e molto in ansia, pronto ad ascoltarlo.

-Allora, da quando WIll è stato arrestato, all’agenzia hanno iniziato a pensare a chi potesse sostituirlo e prenderci sotto la sua ala “protettiva”. Ma per vari motivi, tra il processo, e altre cose che non posso dirti, ci hanno messo più del previsto e quindi qualche giorno fa hanno annunciato che Duke è stato promosso e potrà creare il suo nuovo gruppo. Un agente davvero rimarchevole, dato che è uno dei più giovani capi di sempre, ma dettagli. Lui mi ha dato la notizia, mi ha insultato perché io faccio schifo, ma mi ha anche detto che mi avrebbe preso nel suo gruppo…- cominciò a spiegare Mathi, facendo il riassunto dell’ultimo paragrafo del capitolo precedente. 

Le leggere e minuscole speranze che nonostante tutto Denny aveva iniziato a formare dentro di sé si infransero, e lui si ritirò, ferito.

-Quindi sei nel suo gruppo adesso?- chiese, sospirando.

Sapeva che non doveva pensare che fosse ormai libero.

Sicuramente lavorava lì perché era in incognito, o qualcosa del genere. Magari stava solo informando Denny che sarebbe rimasto in città un po’ di più ma che in fin dei conti non sarebbe cambiato nulla.

Denny cercò di convincersi che almeno era un tantino più al sicuro, ma non riuscì comunque a non essere estremamente deluso dal…

-No!- l’esclamazione di Mathi, però, interruppe i suoi pensieri depressi, e Denny si girò a guardarlo, sorpreso e ancora più confuso.

La sua mente era una centrifuga.

-No?- chiese, pensando di aver sentito male.

-No- ripeté Mathi, sorridendo nuovamente -Praticamente mi ha offerto un’alternativa. Will non me lo aveva mai detto, ma c’è un modo per uscire dall’agenzia, anche se è riservato solo agli agenti non ancora effettivi. Siccome non sono ancora operativo ma solo in prova, e non so tutti i segreti, Duke mi ha riferito che potevo scegliere questa strada e distanziarmi ufficialmente e definitivamente dall’agenzia. E ho scelto di farlo, quindi sono… teoricamente… libero- il discorso di Mathi era confuso e incerto, ma l’ultima parola, sebbene sussurrata con un tono di profonda incredulità, risuonò tra Denny e Mathi come un gong, che risvegliò la speranza che Denny stava inutilmente cercando di seppellire in fondo al suo cuore.

-Libero?- sussurrò, tra sé.

-Beh, non proprio libero libero libero. Sono comunque un ex-quasi-agente. Non posso lasciare lo stato, né viaggiare in aereo, non posso lavorare con i computer e devo essere tenuto sotto controllo in modo che non riveli nulla a nessuno, ma dato che metà delle persone del mondo vengono monitorare alla fine non credo che mi cambi molto la vita. Comunque sono fuori dall’agenzia, e Duke mi ha proposto di tornare a New Malfair, o di cambiare completamente identità, ma ho deciso di rimanere Mathi Yagami, qui. Perciò mi ha dato i documenti e sono ufficialmente un ragazzo normale. E dato che non ho più la protezione dell’agenzia non posso continuare l’università, e non ho molti soldi, ma sono riuscito a trovare questo lavoro e Roelke mi ha affittato la vecchia stanza di Sonja a prezzo ridotto per un po’. È una donna fantastica!- Mathi finì la spiegazione, e sebbene adesso Denny avesse le idee più chiare, la sua mente era ancora un frullatore acceso.

-Okay… quindi, per riassumere: non sei più all’agenzia e lavori al Corona? Come se… non fosse successo niente?- ricapitolò Denny, iniziando a pensare che la vittoria che sperava di ottenere quando aveva appreso che Will fosse sconfitto fosse finalmente arrivata.

Sarebbe dovuto essere elettrizzato, felice come una pasqua. Saltellare, abbracciare Mathi e baciarlo.

Ma era congelato sul posto, ancora incredulo riguardo alla situazione, e senza sapere bene come reagire.

-Più o meno sì- Mathi annuì, e lanciò a Denny un’occhiata tesa.

Probabilmente anche lui si aspettava una reazione più calorosa.

-Wow… figo. Perfetto. Grande…- Denny provò ad essere entusiasta, ma il suo tono era distratto, la sua mente ancora poco attaccata alla realtà.

Era tutto troppo bello per essere vero, ed evidentemente dopo tutto quello che era successo Denny non riusciva proprio a capacitarsi che la soluzione potesse essere così facile.

-Sei… deluso da qualcosa?- chiese Mathi, iniziando ad agitarsi.

-No! Solo… devo elaborare. Ma sono felice, davvero! Io…- Denny si girò verso di lui e lo guardò negli occhi, per cercare di trasmettergli i suoi sentimenti.

E fu solo in quel momento che la consapevolezza di quello che Mathi gli aveva detto gli raggiunse del tutto il cervello.

Mathi era lì davanti.

Era fuori dall’agenzia.

Sarebbe rimasto a Harriswood.

Era lì davanti a Denny, bello come sempre. Libero di stare con Denny.

Aveva ottenuto il suo lieto fine.

Il ragazzo che amava era lì a portata di mano.

Per la prima volta da quando aveva capito i propri sentimenti, Denny aveva finalmente la possibilità di esprimerli liberamente.

E gli prese il panico.

Le sue guance si imporporarono, il cuore batteva troppo forte per essere normale, e le sue emozioni erano più confuse di un camaleonte in una scatola di smarties.

Distolse lo sguardo da Mathi, si alzò di scatto in pedi, e borbottò un qualcosa che somigliava terribilmente a -Meglio fingere di non conoscerci per sicurezza!- prima di scappare via come un coniglio codardo (Apollo ci tiene a dire che in quanto coniglio è un esserino pieno di coraggio, a differenza di Denny).

Non aveva la più pallida idea di cosa gli avesse preso, ma posso informarvi che aveva appena avuto il momento di gay panic più forte della sua vita.

Che dire, sorprendentemente gli era molto più facile esprimere sentimenti quando era in pericolo di morte o sapeva che non avrebbero portato a nulla.

La possibilità di un futuro rendeva le conseguenze molto più spaventose. 

Mathi rimase seduto, confuso, ad occhi sgranati, e in quella che io oserei definire una perfetta imitazione del meme di Pikachu.

 

Giovedì 10 Ottobre

Clover non era del tutto certa che quella fosse una buona idea, ma erano settimane che si preparava, e non credeva che alla fine si sarebbe pentita.

E poi, poteva sempre ritornare sui suoi passi, dato che era ricca.

E un tatuaggio si può rimuovere.

Perché sì, Clover aveva deciso di farsi un tatuaggio.

Quelli di voi che hanno una buona memoria, o hanno letto questa storia di seguito in pochi giorni (wow, che coraggio) si ricorderanno i dettagli del proposito di Clover che aveva annunciato nel prologo. Per le persone normali ve lo ricordo io: Clover voleva deludere suo padre, e tra i modi di farlo c’era sposare una persona che odiava, o farsi un tatuaggio.

Quindi è normale pensare che Clover fosse ancora nella mentalità di dover deludere suo padre, farsi odiare, e ribellarsi.

Ma la verità era che non aveva pensato neanche per un secondo alla reazione che l’uomo avrebbe potuto avere.

A dirla tutta, Clover voleva fare un tatuaggio semplicemente perché ne aveva il desiderio, e le parole che Diego aveva detto durante l’ultima cena con la famiglia Flores, l’ultima volta che l’aveva visto, le erano impresse nel cervello.

I suoi tatuaggi rappresentavano qualcosa di importante per lui, e per questo non si sarebbe mai pentito di averli fatti.

E Clover aveva qualcosa di molto importante che voleva tenere marchiato a fuoco sulla sua pelle per sempre.

A pensarci bene era un po’ imbarazzante…

Ma non c’era tempo per i ripensamenti! Non ora che era in fila nello studio di tatuaggi più rinomato, costoso e sicuro della zona, a New Malfair.

Anche a Harriswood c’era un posto carino, ma Clover non voleva rischiare di trovarci qualche membro della banda di Justin, quindi aveva preferito prendere appuntamento fuori città.

E poi quello studio era davvero molto rinomato.

Ed infatti la fila era parecchio lunga. Non che Clover si lamentasse. Più tempo per ripensarci, anche se era abbastanza sicura.

Solo che… un tatuaggio è un segno indelebile. E lei ne aveva già parecchi di segni indelebili.

Però almeno quello che si sarebbe fatta quel giorno era una sua scelta.

Eppure…

-Prima volta?- una voce divertita la destò dai sui pensieri, e si girò verso la fonte dalla quale proveniva: un ragazzino chiaramente più piccolo, che sembrava avere quindici anni e la guardava con un sorrisino poco rassicurante.

Clover inarcò le sopracciglia, e lo squadrò con sospetto.

-Hai l’età per farti un tatuaggio?- lo provocò.

Il ragazzino si raddrizzò, stizzito.

-Certo che ho l’età! Sto per compiere 21 anni!- affermò con sicurezza.

Clover lo guardò sorpresa. Non l’avrebbe mai detto.

-Bene- borbottò, e provò ad ignorarlo.

Il ragazzo non capì l’antifona e le si sedette accanto.

-Allora, prima volta?- ripetè, per fare conversazione.

Clover sbuffò.

-Sì, e quindi?- si mise sulla difensiva, pronta a combattere il pregiudizio che solo perché era una donna, e non era esperta di tatuaggi, allora era debole o qualcosa del genere.

-Beh, stai tranquilla, questo tizio è bravissimo. Per questo costa tanto. Ci sono stato quando ho fatto diciotto anni, ho tatuato questo, guarda, e non mi ha fatto quasi per niente male- il ragazzo però la sorprese facendosi estremamente incoraggiante, e mostrando un intricato disegno che aveva sulla parte inferiore del braccio.

-Wow, molto artistico- ammise Clover, cercando di capire il soggetto stilizzato.

-Sono un grande fan del Trono di spade- ammise il ragazzo, ridacchiando -E in generale dei draghi. Il fuoco è una gran figata… non che io sia piromane o altro, ovviamente. Solo mi piace il potere che emanano sullo schermo- spiegò lui, esaltandosi.

Clover decise che lo aveva preso in simpatia. Sorrise e annuì leggermente.

-Effettivamente è figo. Che vuoi fare adesso?- chiese poi. Se il ragazzo era lì, significava che aveva altri piani.

Magari un metalupo o un ritratto di Bloom delle Winx?

-Un simbolo LGBT sul petto, vicino al cuore- il ragazzo però puntava su qualcosa di più profondo.

Clover annuì, interessata. Il ragazzo all’improvviso si fece sospettoso.

-Qual è la tua opinione sulla comunità LGBT?- chiese in tono accusatore.

-Etero super alleata. L’unica etero del mio gruppo di amici, ora che ci penso- era felicissima che Denny fosse uscito dall’armadio, ma ora che Diego era scomparso nel nulla e Sonja neanche a parlarne, era rimasta in completa e totale minoranza.

…buono così, dai.

-Davvero?- il ragazzo non sembrava del tutto convinto, ma di certo interessato, così Clover si spiegò ancora meglio.

-Ci sono una pansessuale, due bisessuali, due omosessuali, un demisessuale e un aro-ace- elencò, sperando di non dimenticarsi nessuno.

-Sembra un gruppo fighissimo!- commentò il ragazzo, entusiasta.

-Purtroppo siamo di Harriswood- aggiunse poi Clover, rompendo le sue speranze di entrare a farvi parte.

-Mannaggia! Peccato! Io sono un New Malfairiano DOC! Infatti ho appena cominciato l’università. Il DAMS- spiegò, orgoglioso.

-Avrei dovuto immaginarlo- Clover sogghignò sotto i baffi. Il DAMS sembrava essere stato inventato appositamente per quel tipo.

-Domani mi trasferisco nel dormitorio. Spero che il mio compagno di stanza sia uno a posto- continuando a conversare, il ragazzo iniziò a stiracchiarsi, poi sembrò rendersi conto di una cosa, e si girò nuovamente verso Clover, porgendole la mano.

-Mi sono scordato… sono Kenneth, Kenneth Neri!- si presentò, con un sorriso a tutto denti.

-Clover Paik- Clover gli strinse la mano, segnandosi quel nome per il futuro.

Il suo carattere le ricordava leggermente quello di Mathi, magari poteva essere un match per Denny? Nah, Kenneth non sembrava tipo da relazioni serie. E poi Mathi era ritornato in città.

Ma comunque poteva essere una persona interessante da ricordare, in generale.

-Che vuoi tatuarti?- chiese alla ragazza, continuando la conversazione nell’attesa.

Clover si morse leggermente il labbro inferiore, un po’ a disagio, ma alla fine decise di mostrare la sua idea.

Prese il telefono e aprì l’immagine di ciò che sperava le venisse realizzato.

-Questo sulla spalla. Non troppo grande- spiegò. Kenneth prese il telefono per guardarlo meglio e annuì vistosamente.

-Davvero un bel design!- commentò incoraggiante.

-Tsk, che disegno da femminuccia- commentò una voce alle sue spalle, appartenente ad un energumeno dall’aria familiare che aveva spiato l’immagine da sopra la spalla di Kenneth.

Clover alzò gli occhi al cielo, ma si era imposta di essere pacifica, quindi ignorò il misogino e riprese il telefono dalle mani di Kenneth, che però si rivelò essere una gran testa calda.

-Ehi! Come ti permetti?! I gusti delle persone non sono sessualizzati, e non ti riguardano affatto!- si indignò, irritato, voltandosi verso di lui e fulminandolo con lo sguardo.

Bene, a questo punto a Clover quel ragazzo stava davvero tanto simpatico.

-Beh, c’è anche la libertà d’espressione, non pensi?- obiettò l’omone, gonfiando il petto per apparire duro.

Clover si ritrovò a fare altrettanto, inconsapevolmente. 

Era diventata pacifica, ma i gesti inconsci e minacciosi possono evitare gli scontri, giusto?

E poi quel tipo le stava particolarmente antipatico, a pelle.

E continuava ad essere vagamente familiare.

-E c’è anche il diritto alla privacy dato che nessuno qui ti ha interpellato o chiesto un’opinione!- Kenneth non sembrò demordere, e il suo tono si scaldò.

Era parecchio coraggioso per essere alto un metro e uno sputo. L’uomo davanti a lui era praticamente il doppio di altezza e il triplo di peso e muscoli.

-Io dico quello che mi pare e piace, finocchio!- l’uomo passò dall’essere scortese e basta ad essere omofobo, e in quel momento Clover si mise sull’attenti.

Perché le andava bene che insultassero lei, perché tanto chissene. Ma quando si trattava di difendere gli altri, Clover era sempre in prima linea.

-Vuoi risolverla fuori?!- Kenneth si alzò in piedi, con i pugni chiusi, chiaramente molto toccato dall’insulto, e Clover osservò un po’ preoccupata la reazione dell’omone, preparandosi ad intervenire se le cose fossero sfuggite di mano.

Ma lui scoppiò a ridere.

-Mi dispiace, ma non picchio le donne. Ho dei principi- lo insultò, con voce però stranamente tremante, e Clover ebbe un’illuminazione.

-Perché sai che ti farebbero il sedere a strisce?- chiese, rilassandosi leggermente, e guardando l’uomo con aria di superiorità.

-Tsk, come se una donna potesse mai…- l’uomo si girò verso di lei, per lanciarle un’occhiata provocatoria, ma una volta che la vide bene, sgranò gli occhi, e si alzò di scatto.

-Tu!- esclamò, con voce strozzata.

-Certo che il mondo è piccolo, vero? Vedo che certe cattive abitudini sono rimaste- Clover ridacchiò e si alzò in piedi, mettendosi tra un confuso Kenneth e l’uomo che aveva riconosciuto come il cosplayer del New Malfair Comic & Games. 

L’uomo impallidì, e si allontanò.

-Senti, c’è la libertà di espressione, e di opinione. E se provi ad avvicinarti ti denuncio per aggressione! Ritieniti fortunata che non l’ho ancora fatto!- provò a minacciare Clover, che però era diventata pacifica, quindi non aveva più intenzione di passare alla violenza se non per difesa.

Certo, nella sua opinione commenti omofobi e sessisti erano un buon motivo per picchiare qualcuno, soprattutto se uniti al razzismo dimostrato alla fiera, ma l’avrebbe fatta passare dalla parte del torto, lo sapeva.

Quindi si limitò a sorridere, pacifica.

-Denunciarmi? Mi sembra una parola forte da un tipo che ha violato la legge almeno una decina di volte. Dopo quello che hai inviato a Wendy Teffors starei molto attento a minacciare qualcuno di denuncia- lo provocò, citando ciò che aveva chiesto a Mathi di trovarle quando doveva fare pace con Diego.

Non credeva che le informazione le sarebbero tornate così utili.

L’uomo impallidì ulteriormente, ed indietreggiò abbastanza da finire appiccicato al muro.

Clover rimase rilassata e sicura di sé.

Kenneth era a bocca aperta e fissava Clover come se fosse un angelo sceso sulla terra.

-Come sai di Wendy?- chiese l’uomo in un sussurro strozzato.

-Non è questa la domanda che devi pormi. La domanda giusta è “Come posso farmi perdonare per i miei commenti offensivi e inappropriati?”- gli suggerì lei in tono condiscendente.

L’uomo strinse i denti, molto irritato, ma aveva troppa paura per ribattere.

-“Come… come posso farmi perdonare?”- chiese con voce roca.

Clover avrebbe voluto insistere per la frase completa, ma decise di non perderci altro tempo.

-Semplice. Sta zitto, muto e smetti di ficcare il naso nei nostri affari. Dovrebbe essere fattibile persino per una persona come te- Clover gli fece un cenno di saluto con la mano e si risedette al posto, controllandosi con nonchalance le unghie.

L’uomo borbottò qualche insulto a mezza voce, ma si allontanò andando a sedersi il più lontano possibile da lei.

Kenneth fissò i due per qualche istante, ancora sconvolto.

Poi si sedette accanto a Clover, eccitato.

-No, vabbè, sei la mia nuova eroina! Come cavolo hai fatto?!- esclamò, ammirato.

Clover non trattenne un sorrisino soddisfatto.

Clover gli raccontò la disavventura della fiera, e di come l’aveva sbattuto a terra senza ricevere neanche un graffietto.

-Okay, è ufficiale, sei la mia eroina! Grandissima! Avessi io la forza di fare una cosa del genere! Di solito nelle risse le prendo e basta- ammise Kenneth, un po’ imbarazzato -Ma mi rialzo anche, eh! Lo spirito combattivo non mi manca!- si esaltò poi, deciso.

Clover lo vedeva, quello spirito. Kenneth avrebbe fatto grandi cose.

-Comunque, cambiando argomento… Il disegno è molto bello, sai? Ti donerebbe un sacco!- Kenneth tornò poi a parlare di tatuaggi, e Clover apprezzò il complimento.

Aveva scelto qualcosa di elegante, discreto, ma visibile, che la rappresentasse pienamente.

E che rappresentasse qualcosa che avrebbe sempre voluto tenere nel cuore.

Sperava davvero di non pentirsene.

 

Sabato 12 Ottobre

Max adorava i bambini.

E probabilmente, se il suo desiderio di viaggiare non fosse stato più forte di qualsiasi altra cosa, avrebbe studiato per diventare un insegnante delle elementari, o dell’asilo.

In generale aveva sempre voluto fare il babysitter, o occuparsi dei bambini in generale, quindi era davvero entusiasta del nuovo lavoro, che, dopo qualche normale attrito iniziale, stava procedendo davvero alla grande.

I bambini erano pieni di energia, a volte un po’ chiassosi e leggermente indisciplinati, ma Max li adorava. Erano tre, due maschi e una femmina, rispettivamente di 12, 9 e 7 anni.

E al momento erano intenti a fare i compiti seduti al tavolo della cucina, sorprendentemente tranquilli dopo che Max aveva promesso loro che se si comportavano bene e finivano tutti i compiti, li avrebbe portati al parco a giocare.

Aver cucinato dei biscotti come premio era servito a motivarli ancora di più, e Max era accanto a loro, intento a lavorare a sua volta al computer, ma pronto ad aiutarli nel caso avessero avuto bisogno di qualche suggerimento.

-Max, Max… Controlli se ho fatto giusto?- come spesso era successo quel pomeriggio, Rosie, la più piccola, gli tirò la manica della maglietta, e gli porse il quaderno degli esercizi di matematica, che Max avvicinò a sé.

-Wow, sei stata davvero velocissima!- si complimentò con un gran sorriso, prima di iniziare a controllare.

-Hai fatto quasi tutto perfetto, c’è solo qualche piccola incertezza con la tabellina del tre. Guarda…- Max si sporse verso di lei e le indicò l’esercizio sbagliato.

Rosie inarcò le sopracciglia, cercando di capire dove avesse sbagliato e molto delusa da sé stessa.

-Pensavo fosse giusto- si lamentò, mettendo il muso.

-Riprendiamo un attimo la tabella…- Max non si scompose e prese una tabella che aveva fatto appositamente per aiutare la bambina nella memorizzazione delle tabelline. Poi indicò alcuni numeri e canticchiò una canzoncina che aveva inventato per rendere l’istruzione ancora più semplice.

Aiden, il secondo più piccolo e il più birbante, si sporse verso i due approfittandone per fare un ripasso.

-Aiden, stai seduto composto o niente biscotti!- lo riprese Oliver, il fratello maggiore, che a volte si comportava come il vero babysitter della situazione.

Max ridacchiò tra sé.

-Se hai bisogno di aiuto sono subito da te, Aiden- lo rassicurò, con un sorriso incoraggiante.

-No, volevo solo vedere dove Rosie aveva sbagliato- Aiden tornò seduto composto, un po’ rosso in volto. 

-Oh! Ho capito! Grazie, Max!- Rosie ignorò la critica velata del fratello e corresse l’esercizio, entusiasta per essere arrivata da sola alla soluzione giusta.

Max adorava davvero tanto quei bambini. Porse nuovamente il quaderno verso Rosie, e si rivolse ai due fratelli, anche se il suo vero obiettivo era Aiden.

-Allora, come vanno i vostri esercizi?- chiese, cercando di non mettere loro fretta ma solo controllando la situazione.

-Ho quasi finito- rispose subito Oliver, orgoglioso.

-Bene- gli fece eco Aiden, un po’ incerto.

-Quando avete finito fatemi vedere. Poi andiamo tutti insieme al parco a giocare, va bene?- Max ricordò il premio in palio, e Aiden si mise maggiormente d’impegno a finire tutti i compiti.

-Io ho finito. Posso prendere un biscotto?- chiese Rosie, chiudendo il libro e sorridendo speranzosa.

Max valutò un attimo i pro e i contro di darle subito il premio invece di aspettare anche i fratelli, e alla fine decise che era giusto premiarla per la sua velocità.

-Certo, puoi prenderne uno. Ma per la merenda aspettiamo anche i tuoi fratelli va bene?- chiese, porgendole il vassoio.

Rosie non sembrava molto contenta, ma alla fine annuì.

Aiden sollevò lo sguardo verso i biscotti, ancora tiepidi e dall’aria davvero invitante.

-Non è giusto, però! I suoi esercizi sono più facili!- si lamentò.

-Devi considerare che Rosie è più piccola. Anche i tuoi esercizi sono più facili di quelli di Oliver- gli fece notare Max, in tono calmo.

-Ma i miei sono difficili!- Aiden iniziò a scaldarsi.

-Per Rosie lo sarebbero ancora di più. Avete età diverse, è normale- provò a spiegarsi Max, tranquillamente -Se hai bisogno posso aiutarti- si offrì poi, incoraggiante.

-No! Faccio da solo! Io sono bravo!- Aiden si allontanò da Max per impedirgli di guardare i suoi fogli, e tornò a studiare.

Almeno non si lamentò ulteriormente.

-Max, Max… posso disegnare?- Rosie, dopo aver mangiato il biscotto (wow, era davvero veloce), tornò a tirare la manica di Max, per attirare la sua attenzione.

Il ragazzo si alzò e prese i fogli bianchi, le matite e i pastelli dalla mensola che i genitori dei bambini gli avevano indicato e tornò al tavolo per porgerli a Rosie, che li prese allegra, e iniziò a disegnare con attenzione.

Per fortuna era stata la prima a finire. Le bastava disegnare per stare tranquilla, e così Max poteva continuare a lavorare e soprattutto tenere d’occhio gli altri due.

Se a finire per primo fosse stato Aiden, Max sapeva che sarebbe stato impossibile tenerlo fermo ad aspettare.

-Max, Max… non so cosa disegnare, mi fai vedere dei fiori?- Rosie ritornò a tirargli il lembo della manica, e Max si rassegnò a non continuare la sua tesi.

Va bene, tanto era ancora all’inizio, e non aveva fretta, al momento.

-Certo, c’è un blog pieno di fiori bellissimi- la assecondò, aprendo la pagina “Il Giardino Segreto”.

Ora che ci pensava, era un sacco di tempo che non entrava lì, più o meno da quando aveva scoperto la verità su Veronika, forse un po’ prima.

Ma erano stati giorni davvero intensi, e con pochi esami riguardo ai fiori, quindi non aveva avuto motivo di rientrare lì.

Aveva parecchi messaggi non letti nella posta elettronica e alcune chat, ma le ignorò per il momento, anche se si ripromise di darci un’occhiata una volta ritornato a casa. Era stato poco carino da parte sua sparire dopo che chattare con Strelitzia era diventata quasi la norma.

Era davvero pessimo. Chissà che fiore le avrebbe potuto inviare in chat per farsi perdonare.

-Guarda, c’è qualche fiore che ti piace?- chiese, indicando una vasta gamma di piante stupende.

Alla bambina si illuminarono gli occhi.

-Questo è stranissimo! Che fiore è?- chiese poi, indicando una foto che ritraeva un fiore dalla forma particolare, che sembrava quasi un insetto colorato.

Max non trattenne un sorrisino nostalgico.

-È una strelitzia. Un fiore che significa nobiltà. Perfetto per una principessina come te- la complimentò, facendola ridacchiare soddisfatta, e poi le ingrandì l’immagine in modo che fosse più semplice per lei disegnarla.

Poi, mentre prendeva il telefono per controllare eventuali messaggi, un lampo gli attraversò la mente. Troppo veloce per capire esattamente cosa avesse portato, ma lasciando un seme pronto a sbocciare.

Strelitzia: principessa.

Nah, non era niente!

Scosse la testa, e controllò i messaggi.

Clover si lamentava del tatuaggio che le bruciava. Amabelle era irritata perché Diego non rispondeva ai suoi messaggi. Denny era in gay panic da giorni. Tutto nella norma.

-Max, Max…- Rosie gli tirò nuovamente la manica per attirare la sua attenzione.

-Sì, Rosie?- Max si girò verso di lei, sorpreso che avesse ancora bisogno di lui dopo così poco tempo.

-Qualcuno ti ha scritto, non vedo bene la foto- la bambina indicò lo schermo, dove si era aperta la chat di Strelitzia, che aveva iniziato a scrivergli proprio in quel momento.

-Scusa, aspetta un secondo- Max riprese il computer con l’intenzione di scrivere un breve “Scusa, non posso rispondere adesso, ti scrivo stasera”, ma poi lesse gli ultimi messaggi che Strelitzia aveva scritto, e rimase di sasso.

“Gelsomino, sei online! 

Pensavo mi stessi evitando.

Mi dispiace tantissimo per lo sfogo che ho fatto qualche settimana fa, non ero in me!

E avevo bisogno di qualcuno.

E forse non lo hai neanche letto, non so, non risultavi online

Ma non sei tipo da sparire quindi se ho fatto qualcosa di male mi dispiace

Dimmi solo di smettere e io smetterò”

Cavolo!

Non voleva che la sua assenza venisse recepita in questo modo.

Prese il telefono, e cercò in fretta una foto di una strelitzia da mostrare a Rosie.

-Va bene comunque? Scusa, ma devo assolutamente rispondere a questa persona- cercò di spiegarle, in tono grave.

Rosie era chiaramente delusa, ma annuì.

Per essere una bambina piccola, sapeva scendere a compromessi.

-Chi è, la tua ragazza?- chiese Aiden, più per distrarsi che per vero e proprio interesse.

-No, solo una persona che ha bisogno del mio aiuto- Max rispose distrattamente, iniziando a rispondere ad un(*) chiaramente agitat* Strelitzia.

“Mi dispiace per la mia assenza, ma non è assolutamente a causa tua. Ho avuto un periodo davvero intenso tra vita privata e lavoro, e non sono stato online per parecchio tempo, né ho letto i tuoi messaggi, ma recupero immediatamente, sperando di poterti aiutare” scrisse velocemente, prima di salire e controllare tutti i messaggi.

Il primo risaliva alla sera dell’11 Agosto, e Max si rese conto di quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva controllato i messaggi. Erano passati già due mesi.

Il tempo passava stranamente in fretta quando si soffriva e si ignoravano i propri doveri.

(Poi l’11 Agosto era anche il giorno in cui aveva scoperto l’identità di Veronika… solo a pensarci, a Max piangeva il cuore).

“Gelsomino, sei online? Che fiori consiglieresti a qualcuno che ha fatto il più grande errore della sua vita?

Oggi è stata davvero una pessima giornata, e non so proprio che fare

Fammi sapere se ti viene qualche idea, anche se dubito che un bouquet ben sentito possa davvero aiutare in questo caso.

Cavolo, non so proprio che fare…”

Mentre passava ai messaggi successivi, arrivò la risposta in live di Strelitzia.

“Mi dispiace per il periodo intenso, scusa se sembro disperata. Non sei obbligato a leggere tutti i miei messaggi, ero completamente persa questi giorni, ti giuro non è da me perdere il controllo e sfogarmi, soprattutto con sconosciuti. Ma sei la persona più fidata che mi rimane, ormai. E l’unica che non può rovinarmi la vita”

Max lesse il messaggio senza sapere bene come rispondere.

Si sentiva agitato. Cosa mai poteva aver sconvolto Strelitzia a quel punto.

E poi… non aveva usato il genere neutro negli ultimi messaggi.

Era stato un errore di correttore? O si era confus*?

Max decise di ignorare i segnali, e cominciò a scrivere la risposta più rassicurante possibile senza sapere se ci sarebbe mai riuscito, quando Strelitzia fu più veloce di lui a continuare.

“Ho sbagliato a scrivere! È colpa del correttore! Volevo scrivere che sembravo disperat*, pers* eccetera. E il fatto che è ormai l’una di notte non aiuta”

…l’una di notte?

Il cuore di Max iniziò a battere furiosamente. Il seme che era stato impiantato nel suo cervello sembrava pronto a sbocciare.

Con mani tremanti, continuò a scrivere, inibendo ogni sua possibile supposizione.

“Tranquill*, i correttori sbagliano spesso il gender. Mi dispiace tanto per il tuo periodo difficile, e non sembri disperat*. Sono ben felice di cercare di aiutarti. Anzi, mi dispiace non esserci stato prima. Ma se hai bisogno di qualsiasi cosa ora sono qui” provò a dare la sua completa e totale disponibilità, perché non poteva lasciare una persona così triste e vulnerabile, a prescindere dal suo sesso o dal luogo in cui era.

(Tra lì e la Germania c’erano nove ore di fuso orario. Esattamente la differenza di tempo che sembrava intercorrere tra Max e Strelitzia. Strano, vero?).

Tornò ai messaggi precedenti per cercare di capire meglio cosa potesse aver sconvolto Strelitzia a tal punto. I successivi risalivano al 18 Agosto, una settimana dopo.

(Il giorno in cui Max si era licenziato dal Corona e aveva chiuso ufficialmente con Veronika).

“Hey, Gelsomino. Sei online? O puoi parlare?

Va bene anche se non lo sei

Non ho nessun altro con cui sfogarmi, ma sei libero di ignorare i messaggi se vuoi, probabilmente mi pentirò di ciò che sto per scrivere

Ma sono distrutt*

È tutto il giorno che piango!

E non so più come risolvere la situazione

Non posso scendere a dettagli per privacy, ma che fiori puoi usare per dire a qualcuno che lo ami da morire anche se non potete stare insieme?

E lui ti odia

E tu hai sbagliato completamente.

Ma io lo amo! Lo amo tantissimo!

Che faccio?!

Come faccio adesso?!

Mio padre vuole farmi tornare a casa, e non ho motivo di rifiutarmi

Vorrei non essere mai venut* qui!

Scusa lo sfogo, ti prego ignoralo!

Sono ridicol*”

-Max, io ho finito- la voce di Oliver destò Max dalla stasi in cui era piombato, sconvolto e con il cuore a mille, mentre leggeva quei messaggi.

Si girò verso il bambino come svegliato da un sogno. Era pallido, con occhi sgranati, e si era dimenticato di dover fare da babysitter.

-Certo, certo. Correggo subito- provò a riprendersi, ma la sua mente era distratta.

Troppe cose coincidevano.

E ormai Max sapeva che il caso non esisteva.

Controllò in fretta i compiti del figlio più grande, un po’ distrattamente, e segnò un paio di errori grammaticali.

-Quasi perfetto, buon lavoro. Controlla un po’ meglio la coniugazione dei verbi- gli suggerì, prima di tornare al computer.

Oliver controllò il compito con sopracciglia inarcate, e si sedette per correggere.

Max tornò ai messaggi.

Strelitzia gli aveva risposto in live.

“Sei un angelo! Non dovrei proprio approfittare della tua dolcezza. Lo faccio fin troppo. Sono una persona orribile”

A Max si strinse lo stomaco a sentirl* parlare (scrivere) così. Da quelle parole evinceva chiaramente quanto distrutt* fosse da qualsiasi cosa stesse succedendo.

“Non sei una persona orribile. Non ti buttare giù così. Sono certo che troverai una soluzione, e alla fine andrà tutto bene. Sei incredibile, Strelitzia” rispose, cercando di incoraggiarl*, anche se aveva un fastidioso nodo allo stomaco.

“Se avessi letto i messaggi non la penseresti così, ma grazie di provare a rassicurarmi. Sei una brava persona”

“Pochi messaggi scritti in un momento difficile non cambieranno la mia opinione di te. Sei sempre stat* disponibile, rispettos*, gentile e d’aiuto. Tutti hanno dei momenti difficili e non definiscono completamente chi siamo” scrisse, incoraggiante.

Ma decise comunque che doveva necessariamente leggere i messaggi, perché erano la risposta al tremendo dubbio che iniziava a sbocciare in lui. A scapito delle sue parole, infatti, aveva parecchio timore di ciò che avrebbe potuto scoprire.

La sequenza successiva era stata scritta il 2 Settembre.

“Hey, Gelsomino. Sto scrivendo una lettera molto molto importante, ci lavoro da giorni. Pensi che dovrei accompagnarla a dei fiori? Probabilmente non leggerai il messaggio ma voglio sperare che magari sarai online prima che io debba spedirla. È una cosa troppo personale per scriverla nel blog. Deve essere una lettera d’addio, ma forse dei fiori potrebbero essere troppo. Non voglio creargli problemi.

E l’unico fiore che mi viene in mente è la camelia. Ma non posso usare una camelia.

Forse è meglio scrivere solo la lettera, ignora la domanda”

Max andò direttamente ai messaggi seguenti, la sera del 7 Settembre, il giorno dopo il suo compleanno.

(Il giorno in cui aveva visto Veronika per l’ultima volta).

“Gelsomino non c’entra niente con i fiori, ma ho un mal di testa terribile, e devo sfogarmi. 

L’ho visto

Da lontano.

Era venuto per me, e sono felice come non mai e allo stesso tempo non mi sono mai sentita così vuota.

Perché non lo rivedrò mai più. 

Ed è tutta colpa mia!

Devo rinunciare a tutto per lui?! È questo che si aspetta?! 

Io lo avrei fatto! Ma lui è così responsabile, non credo che si sarebbe mai perdonato per la  mia scelta!

E forse non mi sarei perdonata neanche io

Non lo so, sento che qualsiasi fosse stata la mia decisione, avrei sbagliato.

Perché il vero errore è stato all’origine.

Ho sbagliato ad avvicinarmi, ad innamorarmi, a mettere tutto al rischio per un attimo di felicità che sapevo non avrebbe avuto futuro.

Vorrei non averlo mai conosciuto!

Ora staremmo entrambi meglio!

Si soffre molto di più per qualcosa che hai assaporato ma non puoi avere che per qualcosa che non hai mai tenuto tra le braccia.

…o qualcosa del genere.

La testa mi sta esplodendo, non ha senso quello che scrivo.

Se leggerai questo messaggio avrai davvero una bassa opinione di me, sono un disastro.

Mi dispiace

Non dovrei trascinare anche te nella mia ordalia

Ma sei così gentile, e disponibile, e ogni volta che chatto con te è sempre una boccata d’aria fresca.

Mi ricordi tantissimo Max

No, aspetta, cancella! 

Dimentica quel nome!

Mi sto esponendo troppo.

Perché non si possono cancellare i messaggi in questa app.

Ti prego, ignorami

Meglio andare a dormire”

Max era congelato sul posto.

Incapace di pensare, riflettere o elaborare completamente ciò che aveva letto.

Ma non era abbastanza stupido da non capire la ormai evidente realtà.

Strelitzia era Veronika.

E lui era completamente fregato!

Si sbloccò quando gli arrivò un nuovo messaggio.

“Grazie davvero, Gelsomino. Hai davvero calmato il battito del mio cuore. Dovrei andare a dormire e spegnere il computer. Scusa ancora per il disturbo”.

“Buonanotte!” Max scrisse in tutta fretta, prima di chiudere il portatile e allontanarlo da sé come se fosse avvelenato.

Il suo gesto inconsulto attirò l’attenzione dei bambini, che alzarono di scatto la testa dai propri compiti e lo guardarono come se fosse impazzito.

-La tua ragazza ti ha lasciato?- chiese Aiden, insistendo sulla teoria di poco prima e inconsapevole di quanto effettivamente avesse ragione.

Perché quella era davvero la sua ragazza.

O meglio, ex ragazza.

O meglio, ex ragazzo che si era rivelato una principessa in incognito.

E ora scopriva che ci aveva anche chattato per mesi senza che nessuno dei due si accorgesse che fossero l’un l’altro?!

Ma quante doppie, triple… quadruple vite aveva Veronika?!

E come aveva fatto Max a non accorgersi mai di nulla?!

…beh, in quel caso era più scusabile, dato che lui e Strelitzia non avevano mai condiviso moltissimi fatti personali. Parlavano di fiori, ogni tanto dicevano qualcosa di molto generico che poteva riferirsi a chiunque, e quante probabilità c’erano che tra miliardi di persone su internet si trovassero proprio loro due?!

Si prese il volto tra le mani, cercando di riordinare le idee.

Alla fine la cosa più sconvolgente non era tanto la consapevolezza di aver chattato con Veronika per tutto quel tempo, ma quello che gli aveva scritto in quei messaggi.

Max sapeva che Veronika lo amava. La lettera che gli aveva consegnato il giorno del suo compleanno era stata una grande prova.

Ma non aveva idea di quanto effettivamente avesse sofferto per la situazione, quanto fosse crollata. Al punto da rivolgersi ad uno sconosciuto su internet perché non aveva nessun altro accanto a lei.

Si sentiva in colpa per aver letto messaggi che sicuramente Veronika non aveva inteso per lui, ma allo stesso tempo era in un certo senso sollevato di essere quello con una chiara visione della situazione.

Per la prima volta, era lui a sapere qualcosa che Veronika non conosceva.

…e iniziava a capire il dramma in cui si era trovata la ragazza per quei mesi, perché neanche lui aveva la più pallida idea di come comportarsi.

Doveva dirglielo? Era meglio tenere il segreto per non spaventarla troppo per essersi esposta? Doveva ignorarla completamente e non rispondere più ai suoi messaggi? O continuare a fingere di non sapere nulla e rispondere con frasi di cortesia che però non sarebbero mai state del tutto autentiche?

La situazione era drammatica.

-Max, Max...- Rosie gli tirò il lembo della manica per attirare la sua attenzione, ricordandogli che era ancora impegnato a fare da babysitter.

I suoi drammi personali dovevano aspettare.

-Sì, Rosie? Scusa, ero un attimo… pensieroso- cercò di sorridere, ma la difficoltà era chiara nel suo sguardo.

-Cosa è successo?- chiese la bambina.

Anche Oliver e Aiden si sporsero verso di lui, curiosi.

Max esitò.

Non è che potesse spiegare tutta la sua complicata situazione a dei bambini, ma non voleva neanche mentire o surclassare la situazione per non rischiare che loro si sentissero trattati con condiscendenza.

-Niente di grave. Questa mia amica ha avuto un piccolo problema con un ragazzo e non so bene cosa consigliarle- spiegò brevemente, prendendo poi il quaderno che Oliver gli aveva lasciato vicino per correggere i compiti. Questa volta era tutto perfetto.

-Perché, ti piace?- chiese Aiden interessato al gossip.

Non era lontano dalla realtà, ma non sapeva come spiegare di essere lui il ragazzo che le piaceva ma che lei non fosse a conoscenza della sua identità.

Avrebbe normalizzato il catfish, che non era quello che stava succedendo, ma lo sembrava.

-Beh… non potremmo stare insieme, in ogni caso- provò ad evitare la domanda, consegnando i compiti a Oliver e un biscotto come premio per averli finiti.

-Perché no?- chiese Rosie, esageratamente triste per la notizia.

-Lei vive lontana, ed è già fidanzata. Ma comunque è una situazione complicata, non voglio annoiarvi con tutta la storia- Max provò a cambiare argomento e si rivolse ad Aiden, l’unico che non aveva ancora finito i compiti -Come procede, hai bisogno di aiuto?- chiese, controllando i calcoli matematici.

-No!- Aiden nascose quanto scritto fino a quel momento, arrossendo imbarazzato.

-Sei l’ultimo. Non possiamo aspettare te per andare al parco!- si lamentò Oliver, irritato.

-Perché la ragazza è già fidanzata?- Rosie era ancora decisa ad indagare sulla vita romantica di Max, che cercò di riordinare le idee per accontentare un po’ tutti.

-Allora, che ne dite di andare al parco, e mentre Aiden finisce i compiti all’aria aperta voi giocate un po’?- propose infine. Sapeva che non era giusto punire i due studenti diligenti solo perché l’ultimo non aveva ancora finito, e allo stesso tempo non poteva dividersi in tre per dare a tutti lo stesso tempo.

-E i biscotti?- chiese Oliver, pratico, e con sguardo furbetto.

In effetti erano il premio da mangiare prima di andare al parco.

-Non puoi trasferirti da lei per stare insieme?- Rosie continuava a pensare solo all’amore.

Max sospirò.

-Voi potete già fare merenda e quando Aiden finisce i compiti potrà farla anche lui- provò a suggerire, sperando di riuscire a distrarre Rosie.

-Ehi, non è giusto! Li finiscono tutti loro!- si lamentò Aiden, iniziando a scrivere forsennatamente.

-Potremmo dividerli?- rifletté Oliver, pratico.

-Io posso prendere quelli con gli smarties?- Rosie finalmente abbandonò la questione romantica per concentrarsi sul cibo, e Max tirò un sospiro di sollievo.

Certo che era stato davvero fortunato a trovare dei bambini così tranquilli.

Perché sennò, a quell’ora, con il suo attacco di panico, avrebbe sicuramente subito un ammutinamento.

Cercò di concentrarsi su di loro e ignorare i suoi problemi, anche se sapeva che non poteva scappare per sempre.

Ma poteva comunque provarci, giusto?

Almeno per un po’.

 

Lunedì 14 Ottobre

Diego era all’università, in pausa pranzo, con Juanita, che aveva appena cominciato a frequentare la facoltà di lettere, e si era trasferita nel dormitorio.

Al momento i due ragazzi erano nascosti nei cespugli perché il primo di loro aveva notato una chioma scura davvero tanto simile a quella di una certa ragazza coreana di loro conoscenza, e Juanita guardava il fratello con espressione di giudizio piuttosto chiara.

-Non guardarmi così! Da lontano sembrava Clover!- provò a giustificarsi Diego, arrossendo appena per la pessima figura che stava facendo con la sorella minore.

-Siamo nell’edificio di medicina! Perché Clover dovrebbe venire qui?!- gli fece notare Juanita, esasperata.

Era da quando era tornato a Harriswood, che Diego si comportava come un pazzo.

-Magari ti ha seguito dall’indirizzo di lettere- suggerì infatti, paranoico.

-Senza offesa, Diego, ma dubito che Clover abbia interesse nel vederti. E se lo avesse non avrebbe problemi a trovarti anche se ti nascondi, quindi smetti di comportarti così- lo rimproverò Juanita, irritata, e uscendo dai cespugli. Non vedeva l’ora di farsi degli amici e smettere di pranzare con suo fratello.

Non perché non le facesse piacere passare del tempo con lui, ma quando si comportava così le dava fastidio.

-…non mi fa sentire meglio- borbottò il ragazzo a sua volta, decidendo comunque di uscire dai cespugli e seguire la sorella verso una panchina libera per mangiare un panino precedentemente acquistato.

-Senti, Diego. Cerca di andare avanti! Ormai sono passati due mesi!- Juanita gli diede una pacca sulla schiena per incoraggiarlo. Diego sospirò.

Sapeva che ormai era finita, e non era neanche finita nel peggiore dei modi, dato che comunque i suoi genitori l’avevano perdonato, e la sua vita era tornata pressappoco normale.

Però non riusciva a togliersi Clover dalla testa, soprattutto dopo la conversazione che aveva avuto con Blossom.

E parte di lui, a dirla tutta, voleva davvero tanto parlare con Clover, ma allo stesso tempo ne aveva grande paura.

Che situazione complicata.

-Piuttosto, ancora nessuna notizia sulla tua compagna di stanza?- Diego decise di cambiare argomento e passare ad uno più familiare.

Juanita si era trasferita da poco, ma sebbene fosse in una camera doppia, non le avevano ancora assegnato una coinquilina.

-Non ancora, e dubito me ne assegneranno una- Juanita sbuffò, delusa.

-Dai, hai la camera tutta per te, è una fortuna!- Diego provò a vedere il lato positivo.

Non che si lamentasse, dato che il suo compagno di stanza era più fuori dalla stanza che dentro, ma era sempre meglio avere un po’ di privacy.

-È una fortuna per te che sei asociale, ma io voglio farmi delle amiche! Non posso mica passare la mia università attaccata a mio fratello. È una tristezza infinita! Senza offesa- dopo averlo massacrato, Juanita mise le mani avanti.

Diego la capiva benissimo, ma in quanto fratello maggiore non poteva di certo fargliela passare liscia per quel commento.

-Sono molto offeso, invece! E poi chi ti dice che una coinquilina potrebbe essere tua amica? Magari è una ragazza insopportabile maniaca dell’ordine o che non accetta nessuno in camera, o che porta sempre il suo ragazzo in camera. Che ne sai- la prese in giro, con una linguaccia.

Juanita non trattenne il disgusto all’idea, ma cercò di non farsi scoraggiare.

-O magari diventerà la mia migliore amica per la vita! O qualcosa di più, chi lo sa. Non ci sarebbero problemi con la regola di portare ragazzi in camera- era il suo turno di di far rabbrividire per il disgusto Diego all’immagine.

-Ti prego! Sei mia sorella! Non voglio immaginarti in modi strani!- esclamò mettendosi le mani sulle orecchie.

-Non lamentarti con me se hai una fervida immaginazione, comunque spero che la mia nuova coinquilina arriverà presto, anche se a questo punto, dato che il semestre è già iniziato, posso sperare solo in persone che hanno richiesto la stanza all’ultimo secondo o non sono ancora convinte di…- mentre Juanita diceva quella frase, accaddero due fatti molto singolari.

Per prima cosa Diego vide poco distante Norman intento a camminare nel cortile parlando al telefono, pertanto tornò a tuffarsi dietro i cespugli.

E nello stesso istante, sul telefono di Juanita arrivò un messaggio.

Interrotta dai due eventi, Juanita prese il cellulare e guardò il fratello esasperata.

-Chi hai visto adesso, un’altra Clover?- chiese, divertita, iniziando ad armeggiare per leggere i messaggi.

Diego le rispose ancora nascosto nei cespugli, fissando Norman per essere sicuro che non lo notasse.

-No, ma Norman. E dove c’è Norman, di solito c’è Amabelle… anche se l’ultima volta che l’ho visto avevano litigato, ma lui porta sfiga in questi sensi quindi meglio evitare che mi veda perché potrebbe chiamare Amabelle che…- 

-Hey Diego! Mi hai chiamato?- per poco Diego non si prese un infarto quando sentì la inconfondibile e squillante voce della ragazza che senza che lui se ne accorgesse gli si era avvicinata, ed era a pochi centimetri da lui, sempre immersa nei cespugli.

-AH! Amabelle, che ci fai qui?!- Diego cercò di non sembrare troppo sconvolto e spaventato da quella visione, ma non ci riuscì particolarmente.

Amabelle aveva un sorriso splendente e molto poco rassicurante.

-Mi assicuro che il tuo telefono funzioni, dato che non rispondi ai messaggi! Ciao Juni!- Amabelle cercò di farlo sentire in colpa, e salutò distrattamente la sorella dell’amico, che fissava il telefono sconvolta e ricambiò con un cenno senza neanche guardarla.

Diego sospirò, e fece vagare lo sguardo da una parte all’altra del cortile cercando una scusa o una via di fuga, ma alla fine si arrese ad una conversazione inevitabile.

-Senti, Amabelle, mi dispiace di essere sparito così. È stato un periodo strano e difficile, e volevo allontanarmi dal… dramma- Diego non aveva evitato la Corona Crew solo per Clover, anche se Clover era il motivo principale, ma non voleva essere invischiato in tutti i casini che erano successi. Non che sapesse proprio tutto tutto, ma era ancora nel gruppo whatsapp, quindi era rimasto abbastanza informato sulle situazioni accadute.

Tipo lo scandalo della principessa Veronika, e il litigio di Amabelle con tutti quanti.

-Beh, ho una buona notizia per te! Il dramma è finito! …circa. E soprattutto stavo pensando a come organizzare il tuo compleanno! È giovedì 18, giusto? Se non torni a casa pensavo di fare una tranquilla serata al Corona con la Crew e chiunque altro tu…- Amabelle iniziò a parlare come se i mesi di distanza non fossero mai passati, e Diego la fermò immediatamente (dopo essersi ripreso dallo shock, sia chiaro).

-Senti, Amabelle. Apprezzo il gesto, ma non voglio incontrare Clover. Né voglio essere chiuso in una stanza con lei, o ammanettato con lei, o obbligato a baciarla per il gioco della bottiglia o…- Diego diede prova di conoscere molto bene la mentalità di Amabelle, che però sembrò parecchio ferita dalla mancanza di fiducia.

Dopotutto Diego non era stato presente al suo cambio di personalità.

-Tranquillo, Diego, non l’ho invitata- lo rassicurò, con sguardo sincero, e perdendo per la prima volta il sorriso.

Diego però non era convinto.

-Dici così, e poi arriverà a metà serata rovinando tutto, o la farai uscire dalla torta…- a pensarci bene, l’idea di Clover che usciva fuori da una torta gigante era fantastica… no, Diego, concentrato! Sei ancora arrabbiato e ferito da Clover!

-Bella l’idea della torta… ma no! Promesso! Io… senti, Diego. Lo so che è difficile credere nella mia buona fede. Sono stata insistente, e esagerata, e so che probabilmente sembra che io ti voglia far tornare nel gruppo solo per Clover, ma non è affatto così! È perché mi manchi. E non solo a me, ma a tutti quanti. Eravamo amici prima che questa stupida storia iniziasse, e so che non mi conosci da tantissimo e che mi hai visto soprattutto in veste di matchmaker, ma vorrei davvero che tornassi nel gruppo, per me, per gli altri, ma anche per te. E giuro che se non vuoi farò tutto il possibile per evitare che tu veda Clover. Ma ti prego, almeno torna a rispondere ai miei messaggi- il discorso di Amabelle era sincero, privo di maschere o esagerazioni, e Diego sentì un enorme blocco allo stomaco nel rendersi conto di quanto fosse stato egoista ad allontanarsi da tutta la Corona Crew solo per evitare Clover. 

Egoista e masochista. Perché oltre ad aver ferito gli altri, aveva fatto del male anche a sé stesso.

Gli mancavano i membri della Corona Crew: Felix, Norman, Denny e anche Amabelle. (E Clover, santo cielo quanto gli mancava Clover). 

Alla fine, sospirando, annuì.

-Hai ragione, Amabelle, sono stato pessimo. Accetto l’invito per il compleanno. Anche a me manca la Corona Crew- accennò un sorriso, e sperò con tutto il cuore che le scuse di Amabelle fossero sincere, anche se lo sembravano davvero.

La ragazza recuperò il sorriso, commossa, e lo abbracciò di scatto, entusiasta dall’essere finalmente riuscita a parlarci.

-Grande! Allora, che tipo di torta vuoi? Ti va bene festeggiare al Corona o preferisci un altro posto? Mi dai carta bianca? Devo invitare altra gente? Ci sei proprio giovedì o preferisci un altro giorno?- iniziò a fargli domande sul compleanno, saltellando da una parte all’altra, ma Diego non aveva più molto tempo per risponderle, dato che la pausa pranzo era finita e aveva una lezione in pochi minuti.

-Va bene se ti scrivo i dettagli per messaggio? Ho lezione tra poco e il professore è fissato con la puntualità- spiegò, indicando l’orologio.

Amabelle lo guardò a sua volta.

-Oh, sì! Certo! Anche io devo andare a lezione. Ti scrivo! E scrivo sul gruppo! E tranquillo, giuro che Clover non verrà! Ti voglio bene! Ci vediamo!- veloce come era arrivata, Amabelle saltellò via, incontrando Norman per caso e allontanandosi con lui.

Quindi erano tornati amici, buono a sapersi.

Diego tornò dalla sorella, che era nella stessa identica posizione di prima, a bocca aperta e occhi sgranati intenta a fissare il telefono, e non sembrava essersi accorta di nulla.

-Juni, tutto bene?- chiese, un po’ preoccupato, sistemando lo zaino per tornare in classe.

Lei sollevò lo sguardo verso di lui, e lo guardò davvero in difficoltà.

Aprì la bocca per parlare, ma la richiuse.

-Mi devo spaventare? Cosa è successo?- chiese lui, iniziando a preoccuparsi e facendo passare lo sguardo tra sua sorella e il telefono.

Ormai arresa al fatto che non sarebbe riuscita a spiccicare parola, Juanita gli porse direttamente il telefono con il messaggio ricevuto pochi minuti prima.

“Gentile signorina Flores, siamo lieti di informarla che abbiamo selezionato la sua nuova compagna di stanza, che arriverà nella camera entro la fine della settimana. Se ha delle rimostranze si prega di passare in segreteria.

Il suo nome è Clover Paik”

Diego dovette leggere il nome sette volte per assicurarsi di aver capito bene, e rimase nella stessa identica posizione che Juanita aveva assunto poco prima, incredulo e sconvolto.

Sì, Norman portava proprio sfiga.

E lui era completamente fregato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Insomma, come avevo già anticipato, capitolo pieno di rivelazioni ma allo stesso tempo di passaggio.

La parte su Denny non mi convince completamente, ma non ce la facevo a riscriverla, quindi l’ho lasciata così.

La parte di Clover è un po’ inutile ma l’adoro. E il personaggio di Kenneth è uno dei protagonisti della mia nuova storia “Laboratorio di Filmmaking”, quindi dato che Clover era a New Malfair ho voluto fargli fare un cameo.

E la parte di Max mi piace molto come è uscita. Ovviamente era chiaro che Strelitzia fosse Veronika, ma non era ancora stato confermato, quindi ora che è la teoria si è concretizzata, vi dico una curiosità. Quando facevo i sondaggi o chiedevo secondo voi se Strelitzia fosse Manny o Sonja, era un indizio sul fatto che Sonja e Manny fossero la stessa persona. Perché tutti gli indizi sull’identità di Strelitzia si potevano applicare perfettamente ad entrambi, lol.

Una piccola trollata ^^’

Comunque, per la prima volta è Max a sapere l’identità di Veronika mentre lei rimane all’oscuro. How the turntables!

Chissà come affronterà la situazione.

Passando invece a Diego, Juanita ha iniziato l’università, e Amabelle è finalmente riuscita a mettersi in contatto con il ragazzo. 

Chissà come andrà il suo compleanno organizzato dalla ormai redenta matchmaker. 

Spero che questo capitolo via sia piaciuto, e spero che anche il prossimo vi piacerà, teoricamente dovrebbe essere una bomba che non vedo l’ora di scrivere, ma questo è un periodo un po’ fiacco per l’ispirazione, quindi non so bene quando riuscirò a scriverlo.

Spero di farlo il prima possibile.

Grazie a tutti quelli che continuano a seguire questa storia chilometrica, vi voglio davvero bene!

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: È il compleanno di Diego

   
 
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