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Autore: _astronaut_    26/04/2021    4 recensioni
“Hai salvato tante vite, Sam” dice Bucky voltandosi infine verso Captain America “La mia compresa, senza rendertene nemmeno conto”.
SPOILER WARNING! One-Shot ambientata poco dopo gli eventi della serie tv "Falcon and The Winter Soldier"
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Sam Wilson/Falcon
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Lucciole e Birra
 
Il sole cala lento sulle onde placide dell’oceano, avvolgendo il molo in caldi e morbidi colori rossastri e tingendo i flutti blu di brillanti sfumature dorate. In lontananza, le risate dei ragazzini si mischiano alle storie dei pescatori e alle chiacchiere allegre delle donne. Attorno a lui, il profumo di salsedine si fonde con quello del malto della birra, della marmellata delle crostate e del legno delle barche.
I suoi occhi, freddi come il ghiaccio ma gentili come la neve, riflettono lo spettacolo del mondo, specchi di una meraviglia che non era più solito apprezzare, troppo abituato a passare da una guerra all’altra, misera pedina al servizio di persone più potenti di lui.
Inspira profondamente, socchiudendo appena le palpebre e aprendo un po’ le braccia: la brezza leggera lo abbraccia gentile, carezzandogli il viso stanco ma, finalmente, sereno. Le sue targhette militari tintinnano lievemente al suo movimento, testimonianze di una storia – la sua storia – che ha, infine, imparato ad accettare.

Il vento fresco sembra dirgli che il mondo non aspettava altro che riaccoglierlo tra le sue braccia come uomo veramente libero: libero dall’odio verso sé stesso, libero dai suoi demoni, libero dal peso di crimini commessi senza che potesse fare nulla per fermarsi.
Una lacrima cade silenziosa, dolce, sul suo volto. Scava piano il suo viso ancora giovane, come se volesse lavare via ogni traccia di tristezza dal suo animo tormentato, e dare finalmente nutrimento a un fiore che rischiava di appassire e scomparire nella indifferenza, e nel dolore, più totale.

Inspira ed espira profondamente, poi, lascia andare un sospiro tremante. Riapre piano gli occhi, saluta gli ultimi raggi di sole con un sorriso timido, e volge lo sguardo verso la luna che, impavida, già si mostra agli occhi degli uomini.
Un tramonto del genere sarebbe davvero piaciuto a Steve, se i suoi occhi avessero potuto ancora riempirsi dei colori della vita, James ne è certo. Con il cuore che gli si stringe un po’ – dannata nostalgia - decide di godersi lo spettacolo anche per lui, sfiorando, nel prendere la decisione, le due targhette con la sua mano destra.

Poco dopo, alle sue orecchie giunge il suono di passi famigliari, che gli si avvicinano con una cadenza determinata, ma non arrogante, decisa e rassicurante. Li riconoscerebbe ovunque, quei passi, e, lo ammette, questi sarebbero in grado di infondergli la stessa tranquillità che erano in grado di donargli gli occhi di Steve.

Sono i passi di un uomo che sa rispettare gli spazi altrui, i passi di un uomo compassionevole, di un uomo giusto. Di un uomo umile, ma maestoso nella sua semplicità. Di un uomo che non si è lasciato abbattere dal giudizio – e dal pregiudizio – altrui, di un uomo che sa cosa sia la sofferenza e che fa di tutto per rendere il mondo un posto migliore. Di un uomo che non si è arreso, mai.

Nemmeno con lui, e, di questo, Bucky gliene sarà per sempre grato.

Samuel gli si mette a fianco, ma non parla. Si limita ad accompagnare con lo sguardo l’inevitabile conclusione del giorno, semplicemente facendogli compagnia. Poi, quando ormai il sole è scomparso dietro l’orizzonte, i suoi occhi scuri e profondi incontrano quelli chiari di Bucky.

James sorride, ricambiando lo sguardo d’intesa che Sam gli ha riservato.

Si allontanano insieme, diretti verso la festa di compleanno di Cass che, lentamente, sta volgendo al termine. Nel giro di due settimane, su quel molo sono state organizzate già due feste: la prima in onore di Sam, la seconda per Cass, il quale ha richiesto esplicitamente anche la presenza di Bucky. Il Soldato non dirà mai ad alta voce che, quando Sam l’ha chiamato per invitarlo nuovamente da loro per il fine settimana, ha passato tutta la giornata a sorridere come se gli avessero appena regalato il mondo, in giro per negozi per trovare il regalo perfetto per il bambino.

Il tempo, in Louisiana, sembra essersi fermato: cristallizzato in un istante perfetto, che Bucky, se solo potesse, vorrebbe poter rivivere all’infinito come se fosse la prima volta, ancora, ancora e ancora, senza mai stancarsi.

Sam lo stringe a sé con un braccio, gli occhi lucidi di commozione. Forse, pensa, ad avere bisogno di sostegno, in quel momento, è proprio Captain America. Bucky lo capisce dalla presa che si fa più forte quando il Soldato, dopo pochi secondi, prova ad allontanarsi, ma viene fermato da Sam, che, con una leggera stretta, lo riporta accanto a sé fino a quando raggiungono l’allegra combriccola di persone.

Lo aiuta a sistemare tutti i tavoli e saluta tutti coloro che si sono attardati lì fino quel momento. Tutti gli sorridono calorosamente, come se fosse sempre stato uno di loro e non fosse solo l’ultimo arrivato – o un assassino, o uno scherzo della natura, o un esperimento.
È una bella sensazione, quella di sentirsi accettato – e amato - per quello che è, senza percepire sulla propria pelle gli sguardi ostili, o rabbiosi, o pieni di terrore, delle persone. Il suo cuore ferito non può che ringraziare per queste piccole cose che lo curano gentilmente, come un balsamo in grado di lenire le sue cicatrici fin troppo numerose.

Sam dispensa sorrisi a destra e a manca, pacche sulle spalle, abbracci. La sua voce risuona limpida in quella sera primaverile, fresca come la rugiada del mattino sui petali di una rosa, calda come il pane appena sfornato, soffice come una coperta sulle spalle in una giornata di novembre.

C’è un’ombra, però, nei suoi occhi, che non se ne va, ed è presente da quando hanno sventato l’attacco al GRC. Bucky se ne accorge, e d’altronde, come non potrebbe? Dopo tutto il tempo che hanno passato insieme, a stretto contatto l’uno con l’altro, ha memorizzato persino il suono del respiro di Sam. Sa associare ad ogni espressione sul viso dell’eroe una determinata emozione, sa leggere nei suoi occhi color cioccolato più di quanto Captain America sia disposto a lasciar trapelare. E quindi, decide di agire.

“Ti va una birra?”

James glielo chiede quando rimangono soli, in salotto, dopo che Sarah ha annunciato di andare a dormire e ha trascinato con sé i figli (non senza poche proteste da parte di questi ultimi, che volevano parlare ancora con lo zio Sam e Bucky).

“Vuoi farmi ubriacare?”

Ridono sommessamente, poi estraggono due birre dal frigo e vanno sul portico sul retro, sedendosi, vicini, sui gradini laccati di bianco. Bucky stappa entrambe le bottiglie, le fanno cozzare, e sorseggiano in silenzio per un po’.

“È stata una bella giornata” dice Sam “Grazie di esserci stato. Anche per Cass”
“Grazie a te di avermi invitato”

Guardano le lucciole danzare davanti ai loro occhi. Dio, James non vedeva le lucciole da quando era ragazzino, e scappava con Steve lontano dallo smog della città, vestito di sogni e speranze in sella a una bicicletta troppo grande e cigolante. Prima della guerra, prima delle torture, prima del siero. Gli manca la spensieratezza di quei tempi, ma nel mondo in cui è ora, ammette, non si trova male.
E deve molto, se non tutto, alla persona accanto a lui.

“Vuoi parlarne?” Bucky fa questa domanda a Sam con un tono casuale, dandogli in questo modo la libertà di scegliere se dire qualcosa o meno, e, eventualmente, cosa dire. Sa che, se Sam vorrà aprirsi, lo farà senza essere forzato e solo quando sarà pronto. Quindi, aspetta.

Samuel sospira, gli occhi bassi sulla bottiglia di birra mezza vuota. Si muove, un po’ inquieto, indeciso su cosa dire. Prova a parlare, una, due, tre volte. Ma, come un pesce fuori dall’acqua, boccheggia senza emettere alcun suono.

Bucky gli dà una pacca sulla spalla, attento a non metterci troppa forza, visto che sta usando il braccio sinistro. Vuole incoraggiarlo, ma al contempo non forzarlo. Sa, per esperienza, che più una persona cerca di forzare le barriere, più queste diventano impenetrabili, e sa anche che Sam sa che James si è accorto del fatto che, prima, aveva gli occhi lucidi. Lascia però parlare il silenzio, vuole solamente che Sam sappia che lui è lì, e che non lo giudicherà in alcun modo. Volge lo sguardo al cielo e attende.

“Sai”, inizia Sam dopo un po’ “Isaiah mi ha abbracciato, due settimane fa, quando l’ho portato allo Smithsonian”

È così che Samuel comincia a parlare, il tono basso e grave, riflessivo. È così che Sam gli pone innanzi agli occhi tutte le insicurezze che ha dovuto combattere per poter finalmente accettare lo scudo di Steve, tutto il dramma che, da uomo nero, ha dovuto affrontare per riuscire a mandare avanti l’eredità di Captain America, tutto il giudizio popolare che, teme, lo investirà come un’onda non appena commetterà un errore. È così che Sam gli confida i suoi sensi di colpa per la morte di Karli, che gli parla del suo disagio nell’essersi svegliato cinque anni dopo essere svanito nel nulla, è così che gli racconta che, ancora, sogna di svanire.

È così che Sam, per la prima volta in sei mesi, riesce a dare voce a tutti i pensieri che gli ronzavano in testa e che nessuno si era mai premurato di ascoltare.

Bucky tace, paziente. Non lo interrompe nemmeno una volta, gli stringe una spalla nei momenti in cui Sam fa fatica a trattenere le lacrime. Finge di non accorgersi di quando queste gli scendono sul viso come due perle rare alla luce della luna. Non tiene il conto di quanto tempo passano così, semplicemente l’uno accanto all’altro, quando Sam finisce di parlare, dopo essersi tolto un peso dal petto che lo attanagliava da tempo immemore.

Non ha paura del suo braccio, Sam. Non si irrigidisce quando sente il metallo sulla sua pelle, non teme per la sua vita quando la mano si trova vicino al suo collo. Sam accetta ogni parte di Bucky, senza se e senza ma.

Nemmeno a Madripor aveva esitato ad appoggiargli una mano sul braccio, quando era in piena modalità di Soldato d’Inverno: nemmeno in quella occasione, dove James sembrava di nuovo l’assassino infallibile di tanti anni addietro, aveva avuto paura. Perché si fidava. Sam, allora, già si fidava.

Non era infatti un tocco per dominarlo, o per imporgli il suo volere, o per fermarlo dal compiere qualcosa, no. Bucky era in grado di fermarsi da solo, non era più un assassino. Il suo era un tocco di pura apprensione, un tocco gentile, rassicurante. Sam immaginava cosa James stesse provando in quel momento: paura verso sé stesso, e per quello che, ancora, era in grado di fare in automatico, senza errori o esitazioni.

Samuel aveva capito. E lo aveva raggiunto, lo aveva riportato a casa, con una semplice stretta compassionevole. In quel momento, Bucky aveva capito che non sarebbe stato solo, se solo avesse concesso a Sam di fare breccia tra le sue mura impenetrabili.

“Hai salvato tante vite, Sam” dice Bucky voltandosi infine verso Captain America “La mia compresa, senza rendertene nemmeno conto”

L’uomo, allora, lo stringe ancora a sé. In quelle braccia, Bucky, ci starebbe volentieri fino all’alba, ma tiene questo pensiero nell’angolo più nascosto della sua mente.

Il motivo è tanto semplice quanto triste: è da quando Steve è tornato indietro da Peggy che nessuno gli ha più riservato un gesto amorevole senza che lui se lo andasse a cercare, come quando andava a casa di Steve per fare due chiacchiere. Ed è da quando Steve non c’è più che lui non lascia che nessuno si avvicini abbastanza a lui – mentalmente e fisicamente – da concedersi il lusso di abbandonarsi in un abbraccio senza stare sempre in tensione.

Appoggia, cauto, il capo sulla spalla di Sam. Non sa come questo potrebbe reagire a una cosa del genere, e non vuole che Sam si allontani da lui, scottato da un gesto come quello. James si muove quindi molto lentamente, esitante, quasi a dargli il tempo di sottrarsi senza rendere il tutto terribilmente imbarazzante per entrambi. Ma Samuel rimane lì, solido e accogliente, trae a sua volta conforto dalla stretta che Bucky sta timidamente ricambiando, la mano in vibranio a stringergli piano il fianco.

Sam profuma di bucato, di sole e di legno. Bucky odora di colonia, di neve e di metallo. Sam è una persona che dimostra l’affetto con il contatto fisico, e Dio solo sa quanto Bucky ne abbia bisogno. Bucky è un tipo pratico, di poche parole e tanti fatti, e solo il cielo sa quanto Sam necessiti di una persona concreta a suo fianco.

Sono due opposti, come il sole e la luna, il caldo e il freddo, ma, in fondo, l’Universo vive di opposti: questi non potrebbero esistere l’uno senza l’altro. Non esisterebbe la notte senza il giorno, non esisterebbe la tristezza senza la felicità.

Hanno ancora molto di cui parlare, molto da condividere, molto ancora da vivere, affrontare combattere.

Ma lo faranno insieme.

Captain America e il Soldato d’Inverno.

Samuel Thomas Wilson e James Buchanan Barnes.

 
 
 
 


Angolino disagiato
Buongiorno, eccomi tornata con una OS su questi due raggi di sole che mi hanno rubato il cuore sin dal primo momento che li ho visti sullo schermo. Ho da dire solo una cosa riguardante la serie TV: avevo aspettative molto alte, ebbene, FATWS le ha superate tutte. Temi delicati trattati con l’adeguata serietà, approfondimenti sul carattere e sulla storia dei personaggi principali gestiti molto bene, interazioni, rapporti e dialoghi scritti magistralmente. Tutto veramente perfetto.
Tornando alla OS: cosa siano quei due, e cosa potrebbero diventare, lo lascio alla vostra immaginazione. Il loro rapporto è ancora agli inizi, non avrebbe senso forzare niente, a mio avviso. Ma fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va. Scambio volentieri due parole con voi!
Vi abbraccio forte, stay safe.

_astronaut_
   
 
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