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Autore: Kim WinterNight    29/04/2021    5 recensioni
Joe, in procinto di cambiare cellulare, decide di fare un viaggio nei ricordi che ha appuntato nell'apparecchio di cui presto si sbarazzerà.
Al suo fianco c'è Maddy, pronta a leggere le note scritte dal suo migliore amico e a immergersi nel passato di entrambi.
Tra giornate scolastiche, prime esperienze e tante insicurezze, i due ripercorreranno la loro amicizia fin dal primo incontro.
- QUINTA CLASSIFICATA al contest "Revival - A volte ritornano" indetto da BellaLuna95 sul forum di EFP.
- PRIMA CLASSIFICATA al contest "Invincibilmente fragili e imperfetti" indetto da Soul Mancini sul forum di EFP.
- Scritta anche per il contest "I colori di Undertale" indetta da Anatra.Valeria sul forum di EFP, poi considerato nullo.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Martin&Joe'
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Hold On To Memories
 
 
 
 
 
 
Non so quando sia iniziata la nostra amicizia; in realtà non è importante che io ricordi la data esatta. Mi basta sapere che tu ci sei e che mi aiuterai quando ne avrò bisogno. Ti guardo e so che insieme abbiamo capito il valore di parole come fiducia, rispetto, tolleranza e affetto.
Molte persone entrano ed escono dalla nostra vita, però sono solo poche quelle che lasciano una traccia indelebile nel nostro cuore.
[Rebelde Way – 1x39]
 
 
 
 
 
 
Ho deciso che il mio povero Nokia con i tasti ne ha avuto abbastanza di me. L’altro giorno ho comprato un iPhone, il telefono migliore per una persona non vedente come me: oltre ad avere già sintesi vocale e programmi integrati, mi permetterà di accedere a internet e scaricare delle applicazioni, usare i comandi vocali e un sacco di altre cose.
Tutto sembra molto accattivante, ma io non sono ancora certo di voler fare questo passo: sono talmente abituato al contatto con i tasti, a usare il telefono con gesti automatici e movimenti delle dita che ormai fanno parte della mia vita da anni; sarà dura cambiare strategie, ricominciare da capo, imparare nuovi modi per comunicare e non combinare disastri con il touchscreen.
Però voglio provarci per essere più autonomo e avere accesso a strumenti che potrebbero davvero servirmi se mi ritrovassi da solo per strada o in una situazione di pericolo o emergenza – fosse anche solo per usufruire del GPS se mi perdessi o per avviare rapidamente una telefonata.
Sospiro e mi rigiro il vecchio cellulare tra le mani, ripercorrendo ogni graffio sul display, ogni millimetro di vernice scrostata sul coperchio posteriore, ogni sfaccettatura di quell’aggeggio che ormai è diventato obsoleto.
Funziona ancora perfettamente, salvo per alcune eccezioni, e mi pare quasi un peccato tradirlo con un altro apparecchio, per quanto sia più nuovo e tecnologico.
Ho deciso che, prima di salutarlo definitivamente, voglio frugarlo ancora un po’; ci sono cartelle che non apro da tempo, per esempio quella delle note.
Quando andavo ancora al liceo – sono trascorsi circa sei mesi dal mio diploma – avevo l’abitudine di appuntare avvenimenti sul cellulare, a mo’ di diario; mi sfogavo, scrivevo tutto ciò che mi veniva in mente e riversavo in quei pochi caratteri tutte le mie insicurezze, ansie e frustrazioni.
Guidato dall’ormai familiare sintesi vocale – la voce è talmente metallica e inumana da risultare fastidiosa, anche se finora non ho avuto alternative e mi sono dovuto adattare – vado a ricercare la cartella desiderata.
Scorro con la freccia verso il basso e la voce robotica mi elenca le prime frasi di ogni documento di testo: si tratta di poco materiale, anche perché la limitata memoria del dispositivo non ha lasciato spazio a molti appunti.
La data più vecchia risale a maggio 2007, quando ero ancora in terza liceo. L’ultima è di qualche mese fa, datata 20 luglio 2008, il giorno del mio diciottesimo compleanno.
Eppure ricordo che ce n’erano delle altre prima di queste, anche se forse sono rimaste nel cellulare che usavo in precedenza.
Mi alzo dal letto e ci rifletto un po’ su: se sono fortunato e riesco ad accenderlo, posso recuperare anche quelle e leggerle.
Proprio mentre sto pensando a dove ho ficcato quel dannato arnese, sento suonare il campanello.
Tendo l’orecchio e, oltre al gracchiare del televisore che mia madre tiene acceso in salotto, sento i suoi passi mentre va ad aprire e le poche parole che scambia con chi è appena arrivato; trascorre poco più di un minuto, poi la porta della mia stanza cigola appena.
«Indovina chi è?»
La voce allegra della mia migliore amica invade la camera e mi fa subito sorridere.
«Sicuramente una pazza che vuole rapirmi» scherzo.
«Perché te ne stai impalato in mezzo al nulla?» mi apostrofa.
Percepisco l’uscio richiudersi e lo spostamento d’aria del corpo di Maddy mentre cammina verso di me. La sento vicina e un istante dopo mi avvolge in un breve abbraccio.
«Sto pensando a dove ho messo il vecchio Nokia…» spiego.
«È qui. Ma non hai ancora acceso l’iPhone?»
«No, aspettavo te. Da solo come faccio? Comunque intendevo quello ancora più vecchio. Volevo provare ad accenderlo per scoprire se ci sono ancora le mie annotazioni dei primi anni di liceo.»
Maddy ride. «Oddio, ora sono curiosa! Ti aiuto a cercarlo?»
«No, aspetta, forse so dov’è.»
Mi aggiro per la stanza con passo abbastanza sicuro e mi ritrovo di fronte alla scrivania posta accanto alla porta. Raggiungo il cassetto con la mano sinistra e lo apro, prendendo a frugare all’interno: fogli scritti in braille, un punteruolo, uno scontrino appallottolato, altre cianfrusaglie non meglio identificate, poi finalmente la scatola che cercavo.
Controllo che il vecchio cellulare sia all’interno e torno vicino al letto, sedendomi sul bordo del materasso. Per sbaglio schiaccio la mano di Maddy e la sento imprecare.
«Scusa, non ti avevo proprio visto» ironizzo.
«Che spiritoso, Joe, davvero!» SI sistema al mio fianco e sospira. «Funzionerà ancora?» chiede dubbiosa.
Faccio spallucce. «In teoria ho tolto la batteria prima di conservarlo, quindi una volta rimessa a posto dovrebbe andare.»
Maddy ridacchia. «Dai qui.»
 
Qualche minuto dopo il cellulare è acceso e funzionante.
La voce della sintesi è la stessa di quello che uso attualmente e la struttura dei menù è praticamente la stessa. Non impiego molto a ritrovare la cartella delle note, così abbasso totalmente il volume del telefono e lo porgo a Maddy.
«Leggo io?»
«Sì, o preferisci far leggere a un robot?»
Lei sospira e afferra l’apparecchio, schiarendosi la gola per darsi un tono.
«Parti dalla più vecchia» la ammonisco.
«Certo, per chi mi hai preso?» mi rimbecca. «Taci e ascolta.»
 
 
 
 
14 ottobre 2004
Qualche settimana ho comprato il mio primo cellulare e ho appena scoperto che posso scrivere un diario. È divertente, anche se sono lentissimo a digitare. Non ne ho mai avuto uno a differenza dei miei compagni di classe che ce l’hanno già da quando erano alle medie. Il liceo è cominciato da poco e non ho ancora fatto amicizia con nessuno. Penso che un po’ mi prendano in giro perché sono cieco, ho sentito qualcuno che criticava anche i miei capelli ricci e lunghi. Corti non mi sono mai piaciuti.
 
 
Trovarmi in una nuova scuola mi disorienta.
Sento le persone sussurrare nei corridoi e commentare il mio modo di spostarmi con un rumoroso bastone bianco.
Questa è un’esperienza che vivo ogni volta che comincio a frequentare un nuovo ambiente, ci sono abbastanza abituato.
La scuola è cominciata da poche settimane quando, per la prima volta, vado a sbattere contro qualcuno e non contro qualcosa.
Solitamente le persone si spostano e si allontanano quando passo – non so se per rispetto o per disgusto –, mentre stavolta non è successo.
«Scusa!» esclamo mortificato, mi sento veramente in imbarazzo e le guance mi vanno a fuoco.
Sono impalato in mezzo al corridoio e non so come comportarmi.
«Ah, no, scusa tu! Stavo guardando il cellulare e non ti ho visto» replica una voce femminile piuttosto squillante, ma non particolarmente fastidiosa.
«Okay» sussurro. A volte mi piacerebbe non essere tanto timido, dato che ci sono occasioni in cui non lo sono affatto.
Solo che la scuola mi ha sempre messo un’ansia terribile addosso, come se fossi terrorizzato all’idea di socializzare con i miei coetanei. Ho paura che mi giudichino, che non capiscano perché sono diverso e come mai non vivo le stesse loro esperienze.
«In che classe sei?» mi chiede.
Sorpreso, mi mordo l’interno della guancia. «In prima. Tu?»
«Anch’io. Ma dovrei essere in seconda.»
MI viene da sorridere, ma cerco di contenermi per non offenderla. «Capito.»
«Sezione?» prosegue.
«Io? J.»
«Io B. Come ti chiami?»
Non capisco come mai questa ragazza sia tanto espansiva con me, però sembra davvero interessata a conoscermi.
«Joe.»
«Io sono Maddy, piacere. Sto allungando la mano destra, me la stringi o no?» mi apostrofa.
Arrossisco ancora di più e faccio come mi dice, balbettando delle scuse.
«Ehi, scherzavo!» precisa, dopo aver lasciato la presa sulla mia mano – la sua era liscia e piccola, piacevole al tatto.
«Sì, scusa, è che…»
«Comunque ti chiami Joe e sei in J. Interessante.»
Rimango spiazzato: se anche questa è una battuta, giuro che non l’ho capita.
«Oddio, scherzare con te è veramente impossibile!» Maddy sbuffa e mi dà un colpetto sul braccio sinistro. «Ho deciso che ti insegnerò a essere meno ingenuo, altrimenti questi squali ti divoreranno!»
Sto per replicare quando mi accorgo che se n’è andata.
Ho quasi il dubbio che questa scena sia stata soltanto frutto della mia immaginazione.
 
 
 
 
«Eri letteralmente una mummia» commenta Maddy dopo aver finito di leggere la prima nota. «Non capivi le battute, avevi il senso dell’umorismo di un fossile…»
«Okay, okay, ammetto di non essere stato esattamente brillante all’inizio, ma…»
«Non cercare scuse, tanto non attacca!» mi punzecchia, dandomi una gomitata.
Rido sonoramente. «Dai, ascolta! A mia discolpa posso dire che l’unico ad avere un minimo di senso dell’umorismo era mio padre e lui è morto quando avevo dodici anni. Mia madre è una statua di sale, come pretendi che fossi?» mi giustifico.
«Certo, certo, come no… ammettilo: sono stata io a insegnarti l’arte dell’ironia!»
Sbuffo. «Se ti do ragione la pianti di blaterare e continui a leggere?»
«Certo» conferma.
«Hai ragione.»
«Grazie, lo so. Andiamo avanti…»
 
 
 
 
22 ottobre 2004
Maddy dice che sono troppo ingenuo. Oggi mi ha chiesto di uscire con lei e io le ho risposto che non sapevo se potevo accettare. Credevo che volesse un appuntamento, ma a me lei non piace. Non so assolutamente se mi piace qualcuno, ma lei no. Cioè, mi piace come amica. È divertente, anche se certe volte mi prende in giro perché non capisco le sue battute. Però non voglio che sia la mia fidanzata, anche perché non ne ho mai avuto una e sinceramente non saprei come comportarmi. Sta di fatto che siamo usciti e ci siamo divertiti. È stato bello.
 
 
«Maddy, ascolta…»
«Sì?»
Siamo seduti su una panchina del parco, mangiamo delle patatine fritte e stiamo bene.
Da quando ci siamo incontrati accidentalmente in corridoio, Maddy viene spesso a prendermi a ricreazione e trascorriamo del tempo insieme.
Stamattina mi ha chiesto di uscire con lei nel pomeriggio e inizialmente non sapevo cosa risponderle, ma alla fine ho accettato perché ha insistito un po’.
Ma ora non so come dirle che non mi piace in senso romantico. Se provasse a baciarmi sarebbe un disastro, me lo sento, ma non ho mai ricevuto delle avances né ho mai rifiutato qualcuno.
«Il fatto è che… non ti offendi, vero?»
«Dipende da cosa mi dici» replica Maddy, sgranocchiando qualche patatina.
«È difficile, non voglio ferirti…»
«Ferirmi? Ehi, ma che ti prende?»
Mi mordo il labbro inferiore, rigirandomi tra le mani il bastoncino appuntito che sto usando per mangiare. «A me non piaci.»
Maddy sospira. «Davvero? inizialmente nemmeno tu, se devo essere sincera. Sei troppo ingenuo, sciocco…»
«No, dico, non mi piaci… come fidanzata. Ecco, io…»
Sento la sua mano stringermi il braccio e ho paura che stia per gridarmi contro qualcosa in preda alla delusione. Non volevo arrivare a questo, forse avrei dovuto evitare di dirle la verità, ma non riesco proprio a mentire.
Poi la sua risata raggiunge i miei timpani, mandandomi ancora di più in confusione.
«Joe, sei un vero idiota! Credi che io ti abbia chiesto di uscire in quel senso? Ti considero come un amico, anche perché non sei il mio tipo e non mi attrai per niente! Volevo solo invitarti fuori, tutto qui! Che razza di idee ti metti in testa?»
Avvampo e vorrei sottrarmi al suo sguardo, che avverto su di me anche se non posso scorgerlo. Mi sento un vero e proprio imbecille, Maddy ha ragione: sono talmente idiota che non mi rendo neanche conto della differenza tra un’uscita in amicizia e una con altri scopi.
«Hai una faccia buffissima, sei tutto rosso!» esclama lei, continuando a ridere. Mi circonda le spalle con un braccio e mi stringe a sé, arruffandomi affettuosamente i capelli. «Sei tenerissimo in questo momento.»
«Ahi, Maddy, non fare così che mi spettini! Mi dà fastidio!» mi ribello in tono isterico, sempre più a disagio per quello che è appena successo.
«Non c’è bisogno di reagire così, bimbo. Va tutto bene! Ora abbiamo chiarito tutto, giusto?» Si scosta da me e stringe la mia mano nella sua.
Annuisco anche se non sono del tutto convinto.
«Siamo amici, Joe?»
«Sì, certo. Amici.»
Su questo non ho dubbi, perché Maddy è l’unica persona che mi abbia trattato da essere umano e non da cieco finora. L’unica che non mi giudica e non si vergogna di uscire con un tizio strano che cammina con un bastone e che porta i capelli lunghi come le ragazze.
Sono sempre stato preso in giro per un sacco di motivi, ma con Maddy accanto ora mi sento un po’ più forte, specialmente da quando non posso più contare sui consigli di mio padre.
Sorrido e appoggio la testa sulla sua spalla. «Maddy?»
«Che c’è ora?»
«Cosa significa sei tutto rosso
Lei scoppia a ridere e mi abbraccia ancora, tenendomi vicino a sé come nessuno che non fosse mio padre ha mai fatto. «Giusto, dimentico che tu non sai cosa sono i colori. Beh, quando ti imbarazzi, le tue guance si colorano di rosso e…»
«Per questo si dice arrossire?» la interrompo.
«Esatto.»
«Capisco» mormoro. «Grazie.»
Vorrei dirle che certe domande sono strane, chiederle scusa perché me ne esco con interrogativi che a quattordici anni dovrebbero già avere delle risposte, ma mi vergogno troppo per ammettere che sono proprio un ragazzino ingenuo.
Chissà perché Maddy mi ha notato e perché continua a starmi accanto nonostante tutto.
 
 
 
 
«Smetterai mai di prendermi in giro per quel giorno in cui credevo fossi innamorata di me?» sbuffo.
La mia amica sghignazza. «Mai e poi mai. E quando troverai un ragazzo, lo racconterò anche a lui con tanto di dettagli romanzati ed esagerati per farti sentire ancora più a disagio!» afferma in tono di scherno.
«Quando io troverò un ragazzo, noi due non saremo più amici e non ti permetterò di avvicinarti a lui» replico, senza riuscire a trattenere un sorriso.
«Diventerai il suo cane da guardia? Pover’uomo, sarà una vittima sacrificale a cui dovrò insegnare come difendersi da te!»
«Che amica di merda.»
«Ha parlato il migliore del mondo! Vogliamo parlare di quando il ragazzo che mi piaceva mi ha dato buca? Eravamo in seconda liceo, se non sbaglio…»
«Mi sa che ho scritto qualcosa sul cellulare a riguardo» commento.
«Davvero? Fammi vedere… qui c’è una nota minuscola scritta dopo Pasqua 2005, dove dicevi che eri annoiato, niente di che. Ecco, ecco! Mi hai sputtanato sul tuo infimo Nokia con i tasti, quindi sai già che fine farà quest’oggetto, vero?»
Deglutisco a vuoto. «Che intendi fare?»
«Lo distruggerò.»
 
 
 
 
13 novembre 2005
Maddy oggi doveva uscire con un tizio, un certo Jordan. Ha detto che le piace molto e gli ha chiesto un appuntamento, ma a quanto pare lui ha accettato e poi le ha dato buca per non so quale motivo. Io ho provato a consolarla, ma lei si è arrabbiata tantissimo e abbiamo litigato. È un motivo stupido per chiudere un’amicizia, ma lei si è talmente incazzata che mi ha ricoperto di insulti e ha detto che sono insensibile e che non la capisco. Non so cos’ho fatto di male, ma spero le passi presto.
 
 
Maddy è arrivata a casa mia in lacrime.
«Ma non dovevi uscire con Jordan?» le chiedo, invitandola a sedersi sul divano.
Per fortuna mia madre non c’è, è andata a qualche riunione ecclesiastica non meglio specificata e ha pure provato a convincermi ad accompagnarla, ma stavolta l’ho avuta vinta io.
Ultimamente mi sto stancando di darle sempre corda e di fare tutto ciò che mi dice, anche perché le sue attività non incontrano quasi mai i miei gusti e i miei interessi.
«Quello stronzo mi ha dato buca, io lo uccido! Poteva dirmi di no se non voleva uscire con me, che cazzo!» si sfoga la mia amica, tirando su col naso.
«Ti serve un fazzoletto?» chiedo, tentando di essere cortese.
«No, mi serve un’ascia per spaccargli quella testa di cazzo che si ritrova!»
È decisamente fuori controllo, così cerco di tranquillizzarla: «Maddy, però, calmati. Che sarà mai? È solo un idiota qualunque, non ne vale la pena».
«Mi dici di calmarmi? Ma che hai al posto del cervello, eh? Non capisci niente! Tu non mi capisci mai, non mi ascolti mai!» sbraita, alzandosi di scatto dal divano.
Non posso vederla, ma dallo spostamento d’aria capisco che sta camminando avanti e indietro di fronte a me.
«Stavo solo cercando di…»
«Anziché darmi ragione, mi dici di calmarmi?!»
«Non ti sto dando torto, Maddy! Sto solo dicendo che stai facendo una tragedia enorme per niente!» sbotto, cominciando a perdere la pazienza.
«Per niente?! Per niente?! Tu sei completamente fuori di testa! Non capisci un cazzo, guarda, me ne vado perché altrimenti ti metto le mani addosso!» strilla, trapanandomi le orecchie con la sua voce acuta.
«Non gridare, che cazzo di colpa ne ho io se dovevi uscire con un coglione che ti ha bidonato?»
«Ma vaffanculo!» Detto questo, si avvia verso l’uscita a passo di marcia, continuando a borbottare e inveire contro chiunque le venga in mente. «Non so neanche perché sono venuta qui, ‘fanculo» conclude, poi sbatte la porta.
Una volta rimasto solo, mi rendo conto che abbiamo litigato per la prima volta.
Per un motivo stupido che non riguardava neanche il nostro rapporto.
Poco dopo Maddy comincia a sommergermi di SMS.
Mi dà dell’insensibile, del pessimo amico, dell’idiota.
Sospiro, sentendomi sempre più intontito.
Poi una paura mi assale: e se l’avessi persa per sempre?
Sono veramente un amico di merda.
 
 
16 novembre 2005
Oggi abbiamo fatto pace. Maddy non voleva darmi retta, ma alla fine sono riuscito a convincerla. Le ho chiesto scusa anche se penso ancora di non aver fatto niente di così terribile. Siamo tornati amici come prima, è questo l’importante.
 
 
La aspetto sulla porta della sua aula, ormai ho imparato la strada per raggiungerla con l’aiuto del bastone.
Lei cerca di evitarmi, ma io sento la sua voce mentre chiacchiera con qualche sua compagna e la richiamo finché non si ferma accanto a me.
«Io con te non ci parlo» afferma.
«Ti prego, perdonami. Scusa, non volevo essere insensibile» la imploro, anche se non mi sento affatto nel torto.
La verità è che mi manca così tanto che non sopporto più di starle lontano e di non poter trascorrere del tempo con lei.
Maddy sbuffa. «Troppo facile scusarsi dopo aver fatto una cazzata!»
«Andiamo! Vuoi veramente chiudere la nostra amicizia per questo? Lo so, non ti ho ascoltato, però ti voglio bene. Non lo farò più, okay? Perdonami!» proseguo, sotterrando anche quel poco di orgoglio che mi ero ripromesso di mantenere.
La sento muoversi, poi si mette a fianco a me. «Aggrappati, usciamo di qui.»
E non appena la prendo sottobraccio sento che le cose tra noi si sono sistemate, anche se lei non ha ancora deciso se perdonarmi oppure no. Non l’ha detto, ma il suo ennesimo gesto gentile nei miei confronti mi fa ben sperare.
Camminiamo in silenzio, circondati dalle mille voci degli studenti che come noi escono dall’edificio per l’intervallo.
Una volta in cortile, Maddy si scosta da me e la sento accendersi una sigaretta.
«Siamo ancora amici?» domando.
«Forse.» Tenta di essere distaccata, ma dietro l’indifferenza che ostenta riconosco l’ombra di un sorriso.
«Ti prego…»
Una nuvola di fumo mi avvolge e, anche se comincio a tossicchiare infastidito, non potrei essere più felice di così: stretto nel rassicurante abbraccio della mia migliore amica.
 
 
 
 
«Se mi insultassi in quel modo adesso, ti prenderei a pugni anche se sei una donna» borbotto.
Maddy sospira. «Okay, ammetto che all’epoca ero un tantino isterica.»
«Un tantino, sì, non me n’ero neanche accorto…»
«Piantala. Ciò non toglie che l’amico di merda sei tu, non io.»
Grugnisco. «Ah, davvero? Se non fosse stato per me che sono andato a pregarti di perdonarmi anche se non avevo fatto niente, ora non saremmo qui a scherzarci su.»
«Beh, ero anche un tantino orgogliosa…»
«Giusto un po’, eh.»
Maddy mi avvolge le spalle con un braccio e mi arruffa i capelli, anche se sa che lo detesto. «Però ho capito una cosa.»
«Puoi anche dimostrarmi affetto senza infastidirmi, cazzo! Mi spettini! Ah, e da quando tu capisci qualcosa?»
«Ma sentilo, ora fa l’ironico con la sua maestra! Non lamentarti sempre, se sarai così acido anche con il tuo futuro partner, ti lascerà dopo una settimana.»
«Cazzi suoi, non sa cosa si perde!» esclamo. «Comunque, cos’avresti capito?»
«Che non importa che uomo io ami, il mio eroe rimarrai solo tu» sussurra, improvvisamente seria.
Mi mordo appena il labbro inferiore e non so cosa rispondere, ho in mente soltanto commenti ironici che rovinerebbero tutto.
«Che c’è? Ti sei commosso?» Maddy torna a scherzare, ma sento una vena di delusione nella sua voce. Forse si aspettava una replica, una reazione, ma le sue parole mi hanno veramente colpito e non so se riuscirei a parlare senza che la voce mi si spezzi.
«Joe, che succede?» Mi solleva delicatamente il mento per potermi guardare. «Oh, stai per piangere? Che femminuccia!» mi schernisce, buttandosi su di me per abbracciarmi.
«Che stronza, e io che cercavo di non rovinare questo momento» sbotto, la voce rotta dal principio di un pianto che ben presto si trasforma in risa.
Maddy mi atterra di schiena sul materasse e comincia a farmi il solletico, infilando nuovamente le dita tra i miei capelli per tirarli e scompigliarli maggiormente.
«Maddy, basta, sei una piaga!»
«E tu sei il mio eroe, anche se quando te lo dico arrossisci!»
«Non ho proprio niente di eroico, cazzo, basta!» Continuo a dibattermi e a scalciare per levarmela di dosso.
All’improvviso si ferma e torna a sedersi, continuando a ridere come una matta. «Cazzo, fermo!» strilla.
Mi immobilizzo e il cuore prende a battermi all’impazzata. «Che c’è? C’è un insetto? Un animale? Non farmi spaventare!»
«Ma quale insetto, imbecille! Stavi per far cadere il Nokia giù dal letto. Devo avere io l’onore di distruggerlo, ma ci sono ancora delle note da riesumare» spiega.
Rimanendo sdraiato supino, cerco di regolarizzare il respiro. «Continua a leggere.»
«Okay, mio eroe!»
«Piantala.»
«Okay.» Ride. «Mio eroe!»
Sbuffo.
 
 
 
 
2 gennaio 2006
Siamo tornati a scuola dalle vacanze di Natale e io ho cominciato a sentirmi strano. Oggi la prof ha chiesto a Bastian di sedersi vicino a me, stava facendo casino con Ed e Trent e così l’ha punito. Non ho capito perché il posto vuoto accanto al mio dovrebbe essere una punizione, ma mi sono limitato a ignorarlo come lui ha fatto con me. Però c’era qualcosa di diverso: il suo odore mi stuzzicava le narici, era una fragranza che non saprei descrivere. E quando sussurrava qualcosa in direzione dei suoi amici, un brivido correva lungo la mia schiena. Non ho avuto il coraggio di parlarne con Maddy, ma me ne sono già pentito perché sto impazzendo e non capisco cosa mi succede. E lei ha sempre le risposte a ogni mio dubbio.
 
 
«Quindi, fammi capire… tu saresti la punizione da affibbiare ai tuoi compagni quando si comportano male? Dio, ringrazia che non siamo in classe insieme, perché darei di matto ogni giorno!»
La ricreazione è cominciata da poco e Maddy, mentre fuma una sigaretta, sembra piuttosto indignata da ciò che le ho appena raccontato.
«Non dovresti fumare: ti fa male e puzza un sacco» bofonchio.
«Mi aiuta a calmare i nervi.»
«Non si direbbe.»
Lei fischia sorpresa. «Sbaglio o questa era l’ombra di una battuta?»
«Dai, ma questo cosa c’entrava?»
«Nemmeno il fatto che io fumi c’entrava, eppure l’hai detto. Comunque, come fai a non incazzarti quando ti trattano così?»
Scuoto il capo e non replico. La verità è che non lo so, però non è nemmeno vero che la cosa non mi faccia arrabbiare o soffrire, solo che non riesco a reagire.
«Mah, chi ti capisce è bravo… allora? Dimmi di quest’idiota che si è seduto a fianco a te.»
«Bastian non è un idiota. O meglio, un po’ lo è, ma…»
«Perché lo difendi?» Maddy mi interrompe.
Una nuvola di fumo mi finisce in faccia, così comincio a tossire e a imprecare.
«Scusami, è cambiato il vento.»
«Non lo difendo, è solo che mi sono sentito strano. Eravamo così vicini, la sua voce era bella e il suo odore…»
Maddy lancia un gridolino. «Ti piace?»
«Mi piac… cosa?! No, ma stai scherzando? Non può mica piacermi un ragazzo! Mia madre mi sfratterebbe, e poi non è giusto.»
La mia amica sbuffa. «Oh, andiamo, piantala di cercare scuse. Se Bastian ti piace, non c’è niente di male. E non significa per forza che tu sia gay.»
Inclino la testa verso sinistra e cerco di mettere ordine al casino che ho nel cervello. «Gay? E chi ha detto che sono gay?» sussurro.
«Joe, guarda che non c’è niente di male!» esclama lei.
La sento schiacciare il mozzicone sul cemento del cortile, poi torna accanto a me e mi circonda le spalle con un braccio, appoggiandosi alla parete dietro di noi.
Rimaniamo in silenzio per un po’.
«Okay, e se mi piace cosa devo fare?» mormoro.
Maddy strilla d’improvviso, stritolandomi più forte. «Ma è bellissimo! Niente, devi solo vivere questi sentimenti e stare tranquillo!»
«Sì, però non gridare! Già sono cieco, se perdo pure l’udito sono fottuto!» esclamo.
«Oh, l’ombra di un’altra battuta!» esulta la mia amica.
 
 
 
 
Scoprire di essere gay non è stato traumatico. Forse la mia ingenuità mi ha aiutato a non vedermi come un mostro, come uno sbagliato, o forse è stata anche la mia condizione di cecità a darmi forza. Fin da subito ho pensato che l’omosessualità sarebbe stata soltanto una delle tante motivazioni che avrebbero spinto la gente a evitarmi o a prendermi in giro.
«Joe?»
Torno bruscamente alla realtà, la voce di Maddy mi richiama dolcemente.
«Scusa, stavo pensando a una cosa.»
«Al giorno in cui Bastian ti ha fatto outing?»
«Sì. Ho sempre pensato che sia stato stronzo, ma in realtà sono stato io a permetterglielo» replico. «E tu sei stata una buona amica, non come me quando Jordan ti ha bidonato.»
«Ma piantala, non dire così! Lo so che te ne dico di tutti i colori, ma sei il mio migliore amico e non c’è nessuno come te nella mia vita.»
«Questa frase può avere molti significati…» esalo con una punta d’ironia.
«Cretino! Vedi che te li vai a cercare gli insulti?» Maddy mi schiaffeggia sul braccio.
«Leggi o no?»
«Va bene.»
 
 
 
 
18 ottobre 2006
Bastian mi piace da impazzire, l’ho capito definitivamente oggi. Mi ha chiesto di prestargli la gomma. Io gliel’avrei regalata, non fosse che la mia prof di sostegno la usa sempre. Mi ha parlato per la prima volta in due anni ed è stato per chiedermi in prestito qualcosa, ma quando le nostre mani si sono sfiorate mi sono sentito andare completamente a fuoco. Non mi era mai successo ed è stato bellissimo. Sarà questo che significa innamorarsi?
 
 
8 febbraio 2007
Scrivo questa nota e piango come un idiota. Sto malissimo, oggi è successa una cosa orribile. Bastian era seduto accanto a me e io gli ho preso la mano per provare a conoscerlo un po’ meglio: l’ho accarezzata, è stato emozionante e mi ha fatto stare bene. È uno dei miei modi per entrare in sintonia con gli altri. Poi lui mi ha chiesto se fossi frocio e io ho semplicemente detto la verità: sì, lo sono. Mi sono quasi illuso che la conversazione potesse prendere una piega diversa, ma Bastian ha chiamato Ed e Trent e gli ha detto che ha vinto la scommessa su di me. Ha confermato ai suoi amici che sono gay e insieme hanno cominciato a sghignazzare e a prendermi in giro. Volevo scomparire, ero talmente incazzato e deluso che non ho neanche parlato con Maddy.
 
 
«Non mi va, Maddy, non insistere.»
«È il terzo giorno che te ne stai rinchiuso in aula a ricreazione, ti rendi conto che sono preoccupata?»
«Non è successo niente, davvero.»
L’aula è vuota, ci siamo solo io e Maddy. Lei mi ha raggiunto per chiedermi di uscire in cortile durante l’intervallo, ma non ho intenzione di darle ascolto.
Ho l’impressione che tutti parlino di me, che mi additino, che bisbiglino e si raccontino tra loro che il tizio di terza con i capelli lunghi è frocio.
Bastian deve averlo già detto in giro, ne sono sicuro.
«Joe, ti prego, raccontami almeno cosa ti è successo!» sbotta la mia amica, sedendosi sulla sedia accanto alla mia.
«Niente.»
«Non dire cazzate, tanto non ti credo.»
Sospiro. «Pensavo lo sapessi già.»
«Cosa dovrei sapere?» chiede stranita.
«Che sono frocio.»
«Joe!» Maddy mi afferra per un braccio e mi scuote con forza. «Tu non sei…»
«Sono frocio. Gay. Finocchio. Omosessuale. Come cazzo ti pare, okay? Bastian l’ha scoperto e l’ha detto a tutti, e adesso io…» Mi interrompo, un singhiozzo a spezzarmi la voce.
«No, Joe, giuro che lo ammazzo! Lo distruggo! Come ha osato farti questo? È uno stronzo insensibile!» esplode, stringendo maggiormente la presa sul mio polso.
«Ormai è andata. Lui me l’ha chiesto, io ho confermato. Fine.»
«Ma sono cose tue, non aveva il diritto di…»
«Ormai l’ha fatto. Pazienza. In fondo non mi sono mai vergognato, è solo che detesto sentire le persone che parlano di me, mi urta. Ma passerà.»
Maddy mi abbraccia e mi lascia un piccolo bacio sulla guancia. «Ti prego, stai tranquillo. Io sono qui con te. Ma non puoi stare chiuso in classe per sempre: andiamo in cortile e freghiamocene di loro. Che si fottano tutti i Bastian, tutti gli Ed e tutti i Trevor dei miei coglioni!»
Rido appena. «Si chiama Trent, non Trevor.»
«Fa lo stesso, tanto è un pezzo di merda a prescindere dal nome. Andiamo?»
Mi ritrovo ad annuire: ancora una volta Maddy è stata la mia roccia, non avrei dovuto dubitare di questo e tenermi tutto dentro.
 
 
 
 
«Questa era l’ultima» annuncia Maddy.
«Ora ci sono quelle del telefono nuovo» le faccio notare.
«Nuovo si fa per dire… finalmente potrò distruggere questo catorcio.»
Allungo un braccio nella sua direzione e cerco di sfilarle il cellulare di mano, ma lei fulminea si scosta e prende a ridacchiare.
«Maddy» sibilo spazientito.
«Non te lo do. Hai scritto cose scabrose su di me, nessuno deve mai trovarle» ribatte, ostentando serietà.
«Addirittura scabrose? Quanto sei melodrammatica!»
«No, il melodrammatico tra noi due sei tu, io sono solo realista.»
«Come no. Dammi il telefono, andiamo!»
«Prima lo rompo, poi sarà tutto tuo.»
«Maddy!» grido, abbracciandola per riuscire a bloccarla e strapparle di mano l’oggetto.
Rotoliamo nuovamente sul mio letto e, dopo una breve lotta fatta di strilli e insulti, recupero finalmente quel che è mio. Spengo l’apparecchio, rimuovo la batteria e rimetto tutto dentro la scatola.
«Perché vuoi conservarlo per forza?»
Sorrido. «Fa parte di me e della nostra amicizia. Tanto chi vuoi che lo trovi?»
«Non si può mai sapere…»
«Io sarò anche melodrammatico, ma tu soffri di manie di persecuzione!» la accuso, porgendole il cellulare che presto verrà sostituito dall’iPhone. «Adesso leggi queste.»
«Vediamo un po’…»
 
 
 
 
28 maggio 2007
Non manca tanto alla fine della scuola e quest’anno non vedo l’ora di andare in vacanza. Non ne posso più di Bastian e dei suoi amici, delle voci che girano a scuola e di tutto il resto. Nel frattempo ho cambiato cellulare, la batteria dell’altro non durava più come prima. Maddy, intanto, non fa che parlare del dannato ballo di fine anno e stavolta non intendo andarci. L’anno scorso mi sono lasciato convincere e me ne sono pentito amaramente: è stato noioso, anche perché ballare non mi piace e in ogni caso nessuno mi ha invitato a buttarmi in pista. Maddy ha provato a stare con me il più possibile, ma giustamente ha anche accettato le attenzioni dei ragazzi presenti. Queste cose non fanno decisamente per me, così me ne starò a casa.
 
 
«Ti prego, dimmi ancora una volta perché ho accettato di partecipare con te a questa pagliacciata. Ci sarà anche Bastian e non perderà occasione per darmi fastidio» mi lamento, camminando a fianco a Maddy con l’ausilio del mio bastone bianco.
Siamo appena scesi dall’autobus e ci stiamo dirigendo nella palestra della scuola, dove si svolgerà il tradizionale ballo di fine anno che io tanto detesto.
L’anno scorso è stato un disastro e mi ero ripromesso di non metterci mai più piede, ma eccomi nuovamente qui ad accontentare i capricci di Maddy.
«Ti ho promesso che balleremo insieme per tutta la sera, stavolta non ti lascerò da solo» afferma la mia amica.
«Okay, ma non è un problema. Io non voglio essere un peso o un disturbo, è giusto che tu vada al ballo e ti diverta. Per questo non volevo venire…» borbotto.
«Ancora con questa storia? Piantala! Sarà uno spasso, vedrai!»
Poco dopo giungiamo alla nostra meta e ci mettiamo in fila, chiacchierando animatamente tra noi.
Cerco di ignorare ciò che mi circonda e di non far caso alle persone che mi giudicano per quello che Bastian ha detto su di me qualche mese fa; cerco di pensare soltanto a questa serata e di non far caso a chi crede che io sia sfigato a presentarmi a un ballo col bastone bianco.
Non è facile, ma c’è Maddy con me e lei non permetterà che qualcosa vada storto.
Non avrei mai creduto di potermi fidare così tanto di qualcuno, non considerate tutte le mie difficoltà negli spostamenti e nell’ambientarmi in luoghi che non conosco. Per tutti i miei coetanei è scontato andare in giro con chiunque vogliano, hanno un’autonomia che gli permette di tornare a casa da soli se una serata non gli piace, hanno l’opportunità di cambiare compagnia d’amici senza porsi limiti.
Io non ho mai potuto farlo, ma credo di aver trovato una vera amica, una di quelle che molti dei ragazzi della mia età si sognano.
Quando entriamo in palestra, la musica rimbomba fastidiosamente e Maddy è estremamente eccitata.
Mi aiuta a spostarmi per l’ambiente, gridando contro chi non si leva dai piedi per farmi passare. Con me è sempre protettiva, non permette a nessuno di farmi del male o di offendermi.
A volte penso che sia un po’ come una madre per me, anche se abbiamo la stessa età.
Qualcuno mi urta e Maddy si irrigidisce al mio fianco, posso già udire la sua voce acuta che sovrasta il casino che ci circonda per urlare degli improperi.
Ma la persona al mio fianco si scusa.
«Non ti avevo proprio visto, perdonami.»
«Era una battuta? Perché non faceva ridere!» strilla Maddy, già sulla difensiva.
Eppure a me sembrano scuse sincere, così le do di gomito e sorrido. «Non importa.»
«Stavo uscendo a fumare, vi va di accompagnarmi?» chiede ancora il ragazzo accanto a me.
Maddy rimane in silenzio, forse mi sta mettendo alla prova. So che stavolta tocca a me agire, prendere in mano la situazione e decidere cosa fare.
«Certo» replico.
«Io non vengo, prendo qualcosa da bere. Joe, posso lasciarti con lui o preferisci…»
«Ho il bastone» la rassicuro.
«Giusto! Bello, il mio amico è armato, quindi attento a come ti comporti» dice Maddy minacciosa.
«Ma non intendevo in quel senso…»
«Tranquilla, non voglio fargli niente» scherza il ragazzo.
Poi sento la sua mano sul braccio e mi lascio guidare fuori dalla palestra.
 
 
 
 
«Dai, era carino, anche se un po’ tonto!» esclamo, ridacchiando al ricordo di Matt, il ragazzo a cui ho dato il mio primo bacio.
«Carino, insomma… aveva una faccia da topo che, giuro, è meglio che tu non l’abbia vista!» replica Maddy in tono disgustato.
«Beh, effettivamente aveva anche i denti da topo…» commento, sapendo perfettamente di star peggiorando la situazione.
«Non dire un’altra parola, mi sta venendo da vomitare! Va bene che la tua prima volta è stata con uno stronzo che io non ho neanche visto, ma posso solo sperare che fosse più bello…»
«Matt almeno era gentile» mi difendo.
«Certo, ma era davvero brutto!»
Faccio spallucce. «Per me il detto anche l’occhio vuole la sua parte non vale, quindi le tue proteste sono inutili.»
«Penso che anche una talpa come te possa capire cosa è bello o cosa no. Anche tu hai dei gusti. Ti piacciono certi odori, altri li detesti. Alcune cose al tatto ti infastidiscono, altre le trovi piacevoli. In amore è la stessa cosa.»
«L’odore e la consistenza di Matt non erano male» commento, poi scoppio a ridere.
Maddy fa lo stesso. «La consistenza?! Ma che cazzo dici?»
«Ma che ne so!»
«Forse è meglio lasciar perdere, anche perché quel tizio ti ha fatto cominciare a fumare, mentre fino al giorno prima rompevi i coglioni a me» mi rimbecca.
«E allora? Solo gli stolti non cambiano mai idea!»
Sento Maddy battersi una mano sulla fronte e sospirare.
 
 
 
 
3 agosto 2007
Oggi sono uscito con Matt e qualche altro suo amico e ci siamo baciati. Per me è stata la prima volta, ed è stata anche la prima volta che ho fumato una sigaretta. Entrambe le esperienze mi sono piaciute parecchio. Baciare qualcuno è strano, non saprei descrivere come mi sono sentito. Però in quel momento ho pensato a Bastian e mi sono accorto che avrei preferito sentire il suo odore e le sue mani su di me. Ma in fondo con Matt è andata bene, è un ragazzo gentile, anche se parla poco e niente. E, a dirla tutta, anche i suoi amici sono un po’ particolari. Ma non posso certo definirli cattive persone.
 
 
Lunghi silenzi caratterizzano quest’uscita di gruppo.
In realtà è come se fossimo due coppie in compagnia di un altro ragazzo che deve sentirsi parecchio a disagio a stare con noi.
Matt mi ha presentato i due fidanzati come Jennifer e Chris, mentre l’altro tizio dovrebbe essere John – o era James?
Parlano talmente poco che mi sento quasi di troppo anch’io.
Jennifer e Chris non fanno che sbaciucchiarsi, me ne accorgo anche se non posso vederli perché sento gli schiocchi fastidiosi delle loro labbra.
Matt è seduto accanto a me sulla panchina e mi tiene per mano, mentre con l’altra fuma l’ennesima sigaretta.
«Vuoi fare un tiro?» mi chiede all’improvviso, spezzando il silenzio.
«Non mi piace l’odore del fumo» rispondo.
«Ma non conosci il suo sapore, vero?»
Scuoto la testa e mi mordo l’interno della guancia. So che ho sempre criticato Maddy per il fatto che fumi da quando era in prima liceo, ma questa serata è talmente noiosa che sto seriamente pensando di fare un tentativo. Tanto sono certo che non mi piacerà.
«Matt, dai, fammi provare» dico.
Lui, tenendo la mia mano sinistra, mi spiega come prendere la sigaretta tra indice e medio. «Sei mancino, giusto?»
Sorrido e annuisco, sorpreso dalla sua gentilezza e da quanti dettagli di me si ricordi. Possibile che io gli piaccia davvero così tanto? Da quando ci siamo conosciuti, al ballo di fine anno, ci siamo scritti qualche volta e solo oggi ho accettato di uscire con lui e i suoi amici.
Sollevo il braccio sinistro e porto la sigaretta alle labbra. Penso a Maddy e riesco quasi a figurarmi la sua reazione: insulti, grida isteriche, improperi e sproloqui sulla mia incoerenza e su quanto le abbia rotto le scatole per la sua dipendenza da nicotina.
«Aspira» suggerisce Matt con la sua voce sottile e leggermente graffiata.
Mi rendo distrattamente conto che ha un timbro vocale che non mi fa per niente impazzire, ma tutti i pensieri svaniscono non appena il fumo raggiunge i miei polmoni e i colpi di tosse prendono a scuotermi il petto.
Sento Matt sfilarmi la stecca di tabacco dalle dita e massaggiarmi piano il braccio. «Va tutto bene, è normale quando fumi la prima volta.»
Sollevo il capo e annuisco. «Certo, infatti non è stato affatto male. Posso prenderne un altro?»
Matt non risponde e mi restituisce la sigaretta.
Ricomincio a fumare e ben presto mi abituo a quel nuovo gusto, a quel bruciore un po’ fastidioso ma anche piacevole, al peso di quell’oggetto tra le dita.
Fare nuove esperienze mi aiuta a non prestare troppa attenzione alla coppietta che pomicia accanto a me e alla noia mortale di quest’uscita.
«Finita» annuncia Matt. «Ti è piaciuto?»
«Sì, niente male.»
Trascorre qualche istante, poi lo sento muoversi al mio fianco e un attimo dopo le sue labbra sono sulle mie.
Avverto le sue dita tra i capelli premere leggermente all’altezza della nuca, e la sua lingua spingere appena per schiudere la mia bocca. Glielo permetto e solo in quel momento mi accorgo di cosa sta effettivamente succedendo: ci stiamo baciando anche noi, come Jennifer e Chris.
E, per quanto io mi senta a disagio, quel contatto mi piace. All’inizio è strano, anche se non fastidioso come il primo tiro di sigaretta, ma presto mi abituo e la mia lingua si muove in automatico.
Sento il gusto del tabacco e non riesco a capire se appartenga a me o a Matt; eppure non è importante, perché siamo uniti in un modo che permette ai nostri sapori di mescolarsi e di crearne uno solo, uno tutto nuovo.
Mi sarebbe piaciuto dare il mio primo bacio a Bastian, ma sarebbe stato impossibile in ogni caso.
Non vedo l’ora di raccontarlo a Maddy.
 
 
 
 
«Baciava bene almeno?» chiede la mia amica.
«Sì, dai. Niente di eccezionale, sarà che forse non mi piaceva tantissimo, ma…»
«Allora ammetti che era terribile!» esclama.
«Non è che io abbia così tanti termini di paragone, eh» commento, ripensando all’altra unica esperienza che ho vissuto con un ragazzo, e che non ha certamente incluso baci o cose del genere.
«Quando troverai un’altra povera vittima disposta a sopportarti, mi dirai chi bacia meglio.»
Sospiro. «Pensa per te.»
«Io sto uscendo con Spencer, è okay e non posso lamentarmi» ribatte.
«Ah già, Spencer…»
«Beh, almeno entrambi abbiamo rimorchiato durante quel falò sulla spiaggia» osserva in tono divertito.
«Rimorchiato, sì. Intanto tu esci ancora con Spencer, mentre Nathan mi ha usato solo per una scopata» sbotto, sentendomi ancora in colpa per aver sprecato la mia prima volta con un individuo come quello.
Non che non fossi consenziente, ma puntualmente le mie prime esperienze – in qualsiasi campo esse siano – devono consumarsi con la persona sbagliata, altrimenti non sarei io.
«Io te l’ho detto: andiamo a cercarlo e lo gonfiamo di botte!»
«Invece no, perché sono stato io a volerlo. È vero che ho bevuto ed ero parecchio brillo, ma ricordo perfettamente tutto e non gli ho certo detto di no. Mi sono convinto che fosse la cosa giusta per non essere sempre il solito sfigato, ed ecco il risultato.»
Maddy ridacchia. «Joe, hai fatto sesso prima di me. Tu, lo sfigato ingenuo, ti rendi conto?»
Le mollo l’ennesima gomitata. «Sfigata sarai tu!»
Lei ride, poi dice: «Taci e lasciami leggere».
 
 
 
 
6 novembre 2007
A scuola non si fa che parlare del viaggio di primavera e io mi sono già rotto. Non ci andrò, non ho alcuna intenzione di trascorrere una settimana insieme ai miei compagni di classe, compresi Bastian e i suoi amici. Già devo vederli ogni giorno, dal lunedì al venerdì, per troppe ore di fila. Va bene, vederli si fa per dire, ma insomma… devo sopportarli fin troppo e mi sento in ansia perché sono finalmente all’ultimo anno di liceo, ma sono ancora troppi i mesi che mi separano dalla libertà. Quando non dovrò mai più avere a che fare con loro, sarò una persona felice.
 
 
«Stavolta non mi convincerai.»
«Joe, dai, perché devi sempre essere così scettico?» mi rimbecca Maddy in tono lamentoso.
«Perché io e te siamo in classi diverse, tu sei una ragazza e io un ragazzo e sicuramente dovrò dividere la stanza con Bastian, visto quanto sono fortunato. Non ci penso neanche, fine della discussione.»
«Da quando sei diventato così cocciuto?»
Ridacchio, prendendo un tiro dalla mia sigaretta. «Lo sono sempre stato, ma da quando conosco te ho affinato la tecnica.»
«Idiota. Allora vuoi dirmi che non verrai neanche al falò di fine anno?»
«Se la smetti di insistere per quel dannato viaggio, farò questo sacrificio e verrò al fottutissimo falò» acconsento, tentando di negoziare.
«Oh, va bene! Però potresti anche partecipare a tutti e due gli eventi…»
«No.»
Lei sospira e si accende a sua volta una stecca di tabacco. «Sei impossibile!»
«Anche tu.»
 
 
 
 
«Ci sono solo altre due note: una è di marzo 2008, ma è solo una serie di frasi dove esprimi la tua noia e il tuo pentimento per non essere partito per il viaggio di primavera con me. Ah, lo sapevo! Idiota!»
Rido e mi stringo nelle spalle. «Tanto se fossi andato in gita, sarebbe successo qualcosa che me ne avrebbe fatto pentire.»
«Secondo me avresti sclerato perché era pieno di insetti spaventosissimi!» mi prende in giro.
«Ecco, visto? Ho fatto bene a stare a casa, almeno in quella settimana ho potuto dormire fino a tardi e mi sono riposato!» affermo. «L’altra nota risale al mio diciottesimo compleanno, vero?»
«Sì.»
«Bene, finiamo il lavoro!» esclamo, pronto ad ascoltare anche l’ultimo delirio annotato nel mio vecchio Nokia con i tasti.
 
 
 
 
20 luglio 2008
Oggi è il mio compleanno. Ho diciotto anni, voglio ubriacarmi e dimenticarmi il liceo, i miei ormai ex compagni e tutto quello che ho passato in quella prigione. Certo, ho conosciuto Maddy e questo in effetti basta per cancellare tutte le brutte esperienze vissute. Senza di lei non avrei saputo come sopravvivere: insieme abbiamo capito il valore di parole come fiducia, rispetto, tolleranza e affetto, ci siamo divertiti e supportati a vicenda. Molte persone sono entrate e uscite dalla mia vita, però solo lei ha lasciato una traccia indelebile nel mio cuore e mi ha permesso di sopportare le sfide che la vita mi ha posto di fronte in questi quattro anni. Stasera le racconterò di Nathan, non posso più tenermi dentro quello che è successo. Poi mi lascerò tutto alle spalle.
 
 
«Siamo due sfigati di merda» bofonchio, sorseggiando dalla mia bottiglia di birra.
«Un po’ sì, è vero.»
«Anziché organizzare una festa come tutti quanti, io e te ci stiamo sbronzando da soli sulla spiaggia. Che disagiati.»
Maddy ride. «Io mi sto divertendo un sacco! Ma con te mi basta davvero poco, Joe.»
«Hai cambiato idea su di me? Non pensi più che sono un ingenuo noioso?» le chiedo, a metà tra il serio e il divertito.
«No, in realtà non l’ho mai pensato. Essere gentile e comprensiva con te mi è venuto naturale fin da subito» ammette.
Prendo un altro sorso di birra e mi accorgo che è finita. «Allora dovrai essere comprensiva ancora una volta.»
La sento agitarsi appena sul telo da mare su cui siamo seduti. «Che hai combinato?»
«Ho scopato.» Rido, mi sento un po’ nervoso ma l’alcol mi sta aiutando a rilassarmi. «Mi passi un’altra birra?»
«Aspetta, tu… cosa?!» strilla.
«Passami una birra, poi ti racconto.»
Maddy fa ciò che le ho chiesto e mi strattona appena per un braccio. «Parla!»
«Al falò di qualche settimana fa. Mentre tu amoreggiavi amabilmente con Spencer, un tizio mi si è avvicinato e ha cominciato a offrirmi da bere. Ha detto di chiamarsi Nathan, mi ha fatto qualche moina e mi ha portato con sé in un punto appartato. Abbiamo fatto sesso e no, prima che tu me lo chieda, non ha approfittato di me. Ero d’accordo, abbastanza lucido anche se un po’ brillo. Ma non è stato gentile e carino come mi aspettavo, quindi…»
«Hai fatto sesso per la prima volta con uno stronzo a una festa? Joe, non è da te!» sbotta, ma più che arrabbiata sembra sorpresa.
«Lo so, ma volevo sentirmi accettato, volevo dimostrare a me stesso che non sono uno sfigato e che posso fare le stesse cose che fanno tutti. Solo che ora me ne sto pentendo, cazzo. Ho sprecato la mia prima volta e, beh… pazienza, è andata» concludo, mandando giù un lungo sorso di birra. «Sono sicuro che a te sia andata meglio.»
Maddy rimane in silenzio per un po’, la sento sorseggiare dalla propria bottiglia e l’unico altro rumore attorno a noi è quello delle onde che si infrangono a riva.
«Io non l’ho mai fatto» mormora all’improvviso la mia amica.
Rimango stupito e spalanco la bocca. «Ah, davvero? Io pensavo…»
«No, mai.»
Sorrido in leggero imbarazzo, poi sollevo il braccio destro e glielo avvolgo attorno alle spalle. Lei ricambia la stretta, circondandomi la vita, e rimaniamo abbracciati a sorseggiare birra e ad ascoltare il rumore del mare che si fonde con quello dei nostri respiri.
Sento Maddy tirare su col naso e capisco che, anche se ha cercato di nascondermelo, sta piangendo. Non so perché e non me la sento di chiederle spiegazioni, mi limito a tenerla vicino a me e a infonderle tutto l’affetto che nutro nei suoi confronti.
Dopo un po’, Maddy ridacchia. «Sì, siamo due sfigati di merda.»
Sorrido a mia volta.
«Beh, buon compleanno» aggiunge poi, scostandosi da me per stappare un’altra bottiglia di birra.
La notte sarà lunga per entrambi.
 
 
 
 
«Ci siamo addormentati in spiaggia, chissà che razza di animali ho ingoiato nel sonno!» mi lamento.
«Potevano derubarci, rapirci, darci fuoco o chissà che altro, e tu riesci a pensare soltanto ai maledetti insetti?! Sei un caso perso!» Maddy sbuffa e si alza dal mio letto. «Bene, dopo aver riesumato le tue annotazioni da adolescente problematico, finalmente possiamo dar vita al nuovissimo iPhone che hai comprato l’altro giorno!» esclama entusiasta.
Allungo la mano e prendo la scatola dal comodino, sospirando pesantemente. «Non sono sicuro di volerlo fare. E se non riesco a usarlo? So già che andrò nel panico.»
«E io per cosa sono venuta? Mi trasferirò in pianta stabile a casa tua se sarà necessario. Imparerai a usarlo, te lo prometto. Ma prima vado in bagno, aspettami un attimo.»
Sorrido mentre la sento lasciare momentaneamente la stanza e so che ha ragione: insieme abbiamo affrontato qualunque cosa, mi sono fidata di lei in tante occasioni e non mi ha mai deluso. Anche stavolta sarà così perché Maddy mantiene sempre le sue promesse.
Mi basta sapere che lei fa parte della mia vita per essere più forte e sicuro di me.
 
 
 
 
 
 
♣ ♣ ♣
 
Carissimi lettori, eccoci alla fine di questa storia non proprio breve dedicata al mio Joe *___*
Devo ammettere che mi sono divertita un sacco a scriverla, era da un po’ che volevo approfondire nel modo migliore l’amicizia tra lui e Maddy; com’è nata, come si è sviluppata, a cosa ha portato, insomma, tutto ciò che avete letto!
E sono felicissima che questa mia idea si sia adattata ai tre contest a cui la storia partecipa, quindi ne approfitto per ringraziare Soul, Luna e Valeria per gli spunti che mi hanno fornito grazie ai loro pacchetti ^^
Alcuni degli eventi che ho raccontato sono stati approfonditi in altre mie storie, in particolare quelli legati a Bastian sono raccontati nella raccolta di drabbles Frammenti, mentre la prima volta di Joe con Nathan nella OS The wrong choice in the right place ^^
Per quanto riguarda le date inserite, ho controllato in quali giorni della settimana cadessero realmente per assicurarmi che almeno quando parlavo della scuola le note non fossero state scritte di sabato o domenica, dato che in America non si va a scuola per tutto il weekend :D
E anche il fatto che Joe parli di quattro anni di liceo si ricollega al sistema scolastico americano che, se non ho capito male, è strutturata – in molti casi – in soli quattro anni di high school, quindi gli studenti si diplomano tra i diciassette e i diciotto anni.
Ed essendo Joe nato il 20 luglio 1990, è plausibile che si sia diplomato poco prima ^^
Poi non sono esperta di queste cose e potrei starmi completamente sbagliando, quindi si accettano consigli e dritte!
Spero che tutto il resto sia stato comprensibile, così come i modi di agire di Joe in quanto cieco e le varie dinamiche che ho spiegato ^^
Ultima nota: la frase in corsivo “Non importa che uomo io ami, il mio eroe rimarrai solo tu” è tratta da un episodio di Nana ;)
Grazie a chiunque sia giunto fin qui e alla prossima ♥
  
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