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Autore: Megflog90    29/04/2021    2 recensioni
Dopo un ritrovamento improbabile in Islanda, Indiana Jones viene chiamato a indagare sulla scomparsa di un antico scrigno d'oro, che lo porterà a svelare pericolosi segreti sepolti sotto gli antichi templi degli Dei dell'Olimpo.
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Crossover Saint Seiya/Indiana Jones. Personaggi: un po' tutti
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atena
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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L’URNA


1




Il ghiaccio scricchiolava e schioccava sonoro ad ogni affondo delle piccozze.
Il vento era così rapido e tagliente che Indiana faticava a tenere gli occhi aperti: gli schiaffava la neve contro la faccia, gelando la barba incolta e insinuandosi in qualsiasi fessura tra i vestiti. Le pendici del Mýrdalsjökull, il quarto ghiacciaio più esteso d’Islanda, erano tra le più ripide e impervie che avesse mai scalato. I canaloni si inerpicavano tra le rocce aspre, talvolta ricoprendole del tutto e altre lasciando nude le punte nere e aguzze, capaci di trasformare anche i sentieri più dolci in una sfida contro la morte.

Artax, la guida, procedeva imperterrito davanti a lui come se il freddo non lo toccasse nemmeno, tirandolo per la corda con una certa impazienza. Il Katla, il vulcano attorno a cui si era formato il ghiacciaio, aveva da poco ripreso la sua attività a pieno regime e a mano a mano che si saliva aumentava anche il rischio di farsi arrostire da uno sbuffo rovente improvviso.

-Ci siamo quasi, professore! Tenga duro e si sbrighi!

La voce dell’islandese sovrastò l’ululato del vento di quel tanto che bastò a Indiana per sentirlo. Avvertì il cuore battergli con più forza nel petto, in un misto di adrenalina, agitazione e sollievo per la fine di quella scalata. Vide la sagoma di Artax sparire dietro una sporgenza per poi tendere un braccio verso di lui; con un ultimo sforzo conficcò le piccozze nella parete ghiacciata e si issò fino ad agguantarlo, aiutandosi con i ramponi per superare l’ultimo ostacolo.

La vetta era una distesa bianca e azzurra su cui le nuvole si specchiavano cupe. I profili frastagliati del Mýrdalsjökull avvolgevano il suo cuore di ghiaccio come la corona di un re, imponenti e selvaggi nonostante fossero per metà nascoste dai capricci del maltempo. Un raggio di sole bucò la cortina di nubi e tagliò a metà le ombre temporalesche, illuminando per qualche attimo una spirale ordinata di enormi pietre sul versante est.
Indiana credette di aver avuto un abbaglio, tanto rapida e bella era quell’immagine da somigliare ad un miraggio, ad un sogno che svanisce al primo fremito di palpebre.

-Hai visto anche tu?- Urlò al di sopra del vento ad Artax, cercando un cenno d’assenso da parte del compagno di viaggio.

-Sì! È lì che dobbiamo andare, mi segua!- Rispose l’islandese prima di avanzare verso est tirando la corda.

Indiana, di nuovo, fu messo al guinzaglio venendo strattonato per la cintola dove la corda si annodava. Allungò il passo per avvicinarsi quanto più possibile ad Artax che, a differenza sua, sembrava non accusare il minimo segnale di stanchezza.
Proseguirono uno dietro l’altro lungo il bordo del ghiacciaio, puntando i ramponi e avanzando carponi quando la salita si faceva ripida. Era così freddo che non riusciva a pensare ad altro e stentava a credere di aver visitato angoli di mondo umidi e torridi. Gli sembrava di essere immerso nel ghiaccio da tutta la vita e non da due giorni prima, quando quell’escursione folle era cominciata.

-Forza, professore, non batta la fiacca o i nazisti ci raggiungono!

-Non ti ho pagato per parlare, canaglia. Cammina e risparmia il fiato!

Raggiunsero una zona pianeggiante e davanti a loro si aprì la vista di ciò che il sole aveva poco prima suggerito. Due cerchi di pietre spuntavano tra il ghiaccio: il più esterno era formato da massi grandi quanto menhir mentre quelle più interne non superavano la cintola. Nemmeno un fiocco di neve osava toccarle, come se una corrente contraria l’allontanasse per spargerla distante. Per un momento, Indiana Jones credette di aver camminato così tanto da essere arrivato a Stonehenge, tale era la somiglianza.

Non appena misero piede accanto al primo menhir, il vento si quietò e li avvolse una calma surreale. L’archeologo sfiorò con la mano imbottita dal guanto uno dei menhir, notando che esso era molto più chiaro della roccia vulcanica che circondava il ghiacciaio.

-Ehi, Artax, queste non sono di qui.- Disse, avvicinandosi al compagno di viaggio. Finalmente non erano più costretti ad urlare al di sopra del vento.

-Sì, ha ragione. All’inizio i geologi le avevano classificate come un tipo ancora sconosciuto di arenaria, ma nei campioni hanno trovato anche frammenti di zirconi della Dorsale che passa dall’Atlantico all’Indiano e di quelli che si sono formati sul fondo del Mare di Ross in Antartide.- Spiegò l’islandese.

-Incredibile, parti provenienti da tutto il mondo riunite qui… Ehi, un momento, ci sono delle incisioni.

Indiana avvicinò il naso al menhir dopo essersi accorto che alcune scanalature non facevano parte del processo naturale di erosione, ma sembravano essere state incise da mani esperte. Scosse la testa, come per riprendersi da un capogiro, e fece qualche passo indietro per osservare il masso nella sua interezza. Fu solo da lontano che riuscì a comprendere l’insieme dei segni scavati sulla roccia.

-Sembra un lupo.- Mormorò a sé stesso.

-Fenrir.- Confermò Artax. –E accanto a lui ci sono il drago Fafnir e Sleipnir, il cavallo a otto zampe.

Guardando meglio, ciascuna delle sette pietre del cerchio esterno riportava un’enorme figura che a quanto pare, secondo la guida, era legata al mito norreno. C’erano il serpente Jörmungandr (noto anche con il nome di Midgardsormr), una tigre dai denti a sciabola, l’arpa del dio Bragi e quelli che sembravano dei cristalli.

-Le teorie sono che li abbiano messi apposta per proteggere la parte interna e intimorire i profanatori.- Continuò.

-Non bastava stare sulla cima della montagna per tenere lontane le persone?- Indiana rifilò un’occhiata sarcastica all’islandese, il quale scoppiò a ridere.

-Ah, professore! Lei e il suo umorismo da americano!

-Ma io non…

-Mi segua. L’ingresso dev’essere al centro, ma stia attento a non toccare le rocce più piccole, potrebbero nascondere delle trappole.- Lo incalzò.

Rassegnato al silenzio, fece come gli era stato detto. Il secondo cerchio di pietre era molto più modesto del primo, se non fosse che queste sembravano essere state scolpite e squadrate a regola d’arte per formare la punta di un prisma su di un’alta base cubica.

-Sembrano punte di obelisco.- Constatò, senza tuttavia ricevere risposta dal compagno di viaggio.

Artax stava per mettere un piede giusto al centro di quel tempio, quando l’archeologo si ricordò all’improvviso di tutte le trappole per cui aveva rischiato l’osso del collo fino ad allora.

-No!- Esclamò, afferrandolo per lo zaino e tirandolo verso il perimetro.

Si sfilò la borraccia vuota dalla tracolla e la gettò con forza proprio sul punto che Artax stava per calpestare. L’oggetto rimbalzò un paio di volte, rotolò per mezzo metro e infine si fermò. Il silenzio cadde tra i due. Poi, d’improvviso, dai lati dei sette prismi si aprirono delle bocche da cui schizzarono rapidissime delle frecce. Prima di vederla scomparire nella voragine che si era aperta sotto di essa, Indiana accostò l’immagine della borraccia a quella di un porcospino. Dopo lunghi istanti, infine, sentirono l’eco dell’oggetto che toccava il fondo.

-Chi è che doveva stare attento?

-Faccia meno lo spiritoso professore, tocca a lei calarsi lì sotto.- Borbottò l’uomo appoggiando a terra il suo zaino e tirandone fuori una corda ben più lunga di quella che li aveva legati per salire.

In un paio di mosse esperte sciolse l’una per sostituirla all’altra, saldandola con un nodo a otto alla sua cintura e a quella dell’archeologo.
Indiana si sporse sul bordo della voragine e puntò la torcia verso il fondo. L’abisso gli rimandò una miriade di riflessi cupi e metallici, che presto riconobbe come una selva di lame aguzze conficcate nel ghiaccio. Deglutì a vuoto, continuando ad osservare. Alla fine si accorse che sul versante alla sua destra si distingueva l’apertura rotonda di una grotta.

-Cercherò di infilarmi lì dentro e poi scioglierò la corda per proseguire.- Si bloccò, fissando Artax con un misto di severità e preoccupazione. –Aspettami qui. Guai a te se mi lasci lì sotto.

-Lo sa, dovrebbe parlare con uno bravo dei suoi problemi di fiducia.- Lo canzonò. –Avanti, si cali. Le farò da palo ma non ci metta tre ore che fa freddo anche per me!

Detto fatto, Indiana cominciò la sua discesa verso il cuore del ghiacciaio puntellandosi con i ramponi alla parete liscia. Percepiva il sudore scorrergli lungo la schiena e impregnare i vestiti, rimandandogli scomodi brividi che peggioravano la sensazione di gelo. Raggiunse la grotta e slacciò la corda dalla cintura, addentrandosi nel cunicolo con la luce della torcia.
Era buio pesto e il terreno accidentato e pieno di sporgenze gli rendeva difficile l’avanzata. Osservandosi i piedi si accorse che dal ghiaccio affioravano nelle strutture grosse e nodose simili a radici fossilizzate, che correvano nella sua stessa direzione, probabilmente appartenute ad un vecchio e gigantesco albero preistorico.

Non seppe per quanto camminò ma ad un tratto scorse un bagliore azzurro in lontananza. Aumentò il passo, per quanto poteva: alla fine raggiunse la fine del tunnel e uscì in una stanza circolare, simile ad un’immensa bolla d’aria tra i ghiacci. Indiana rimase paralizzato dalla bellezza a cui stava assistendo.
Le radici riemergevano bianche e pietrificate dalle trasparenze del suolo, annodandosi ed avvolgendosi tra loro fino a formare il ceppo dell’albero più grosso che avesse mai visto. La luce proveniva da esso, o meglio, dalla statua posta su di esso come un tributo sull’altare. Raffigurava un enorme drago avvolto su sé stesso, a protezione di un tesoro. Aveva gli occhi chiusi, la forma affusolata di un serpente e le ali spiegate verso la volta della stanza.

Indiana Jones avanzò con cautela, appoggiando piano un piede dopo l’altro, fino a raggiungere la fonte luminosa e a scoprire che tra le zampe custodiva una piccola urna a figure nere, sigillata sulla sommità. Rimase interdetto da quella scoperta: una ceramica tipica della Corinto del settimo secolo avanti Cristo. Si guardò intorno, svuotandosi il torace con uno sbuffo di fiato condensato; prese una saccoccia piena di sabbia dallo zaino e allungò una mano verso l’urna. La sostituzione fu rapida e l’archeologo conquistò il suo bottino, che ripose al sicuro sempre nello zaino.

Ripercorse i passi fatti fin lì ma, non appena voltò le spalle, il bagliore della statua diminuì rapido fino a spegnersi del tutto. Indiana Jones si ritrovò immerso nelle tenebre e, mentre era alla ricerca disperata della tasca in cui aveva infilato la torcia, la stanza cominciò a tremare. Accesa la luce se la dette a gambe levate quanto più veloce gli era concesso dai ramponi. Si gettò nel cunicolo poco prima che un lastrone di ghiaccio ne bloccasse l’ingresso; rischiò di inciampare svariate volte ma, alla fine, raggiunse l’uscita e la corda che l’avrebbe portato in salvo.

-Artax! Tirami su! Qui crolla tutto!

Sentì uno strattone provenire dall’altro capo della corda: l’islandese probabilmente stava tirando e lo aiutò a risalire in fretta lungo la parete ghiacciata. Una volta raggiunto il bordo della fossa, trovò la mano di Artax protesa verso di lui; la afferrò, emergendo del tutto. Poi cominciarono a correre.
Dietro di loro la frana della stanza sotterranea aveva creato una voragine dentro cui il tempio stava collassando. Le pietre squadrate furono seguite dai menhir in un fragore assordante. Il ghiaccio inghiottì tutto ciò che restava del mistero di quell’antico tempio.

-Presto professore, o rischiamo di essere travolti dalla valanga!

-O peggio, dal vapore…

Uno sbuffo rovente, seguito da una lingua di magma, vennero liberati poco dietro di loro. I due compagni corsero al limite delle loro possibilità, raggiungendo il punto da cui potersi calare. Rischiarono di scivolare innumerevoli volte e altrettante di essere investiti dagli improvvisi scoppi dei geyser, ma alla fine conquistarono il primo punto di sosta sicuro.

Furono costretti a rimanere fermi e al riparo fino al mattino seguente, quando le scosse si fermarono e il tempo migliorò, lasciando il cielo limpido e luminoso.

-Non avrei mai immaginato di trovare un oggetto del genere là sotto.- Stava raccontando l’archeologo durante l’ultimo tratto di discesa. Si erano appena tolti i ramponi e ogni passo era di un benessere inimmaginabile.

-Oh, allora a qualcosa è servito rischiare la vita! Non ne aveva ancora parlato, pensavo avesse fatto fiasco.- Artax lo fissò con curiosità. –Mi fa vedere?

-È incredibile che sia arrivato fin qui. Quest’urna fa parte delle ceramiche greche del settimo secolo prima di Cristo e in nessun documento ritrovato sono mai stati menzionati scambi con queste zone. Potrebbe dare il via ad una rivoluzione storica!- Continuò Indiana con voce concitata, mentre si chinava a estrarre dallo zaino il tesoro.

-Ecco, guarda!- Disse, tenendola davanti agli occhi. –Le usavano per contenere le ceneri dei morti. Questo con il tridente- continuò indicando la figura nera di un uomo barbuto sullo sfondo rosso –dev’essere il dio Poseidone e questi…

Non concluse mai la frase.
Un “click” alle sue spalle preannunciò la canna di una pistola premuta contro la sua nuca. Indiana Jones si raddrizzò lento, allargando le braccia e mostrando le mani. In breve si ritrovò circondato dai nazisti.

-Artax…

-Mi dispiace professore, ma questi signori hanno saputo essere più persuasivi di lei. Ora, mi dia l’urna e facciamola finita. Ucciderla non è nei nostri interessi, per cui non ci costringa.




2




-Dunque, immaginate di essere nell’Antica Grecia e di credere negli Dei. State per andare in guerra e volete calcolare le probabilità di successo ma nessuno ha ancora inventato i calcoli e le variabili statistiche. Cosa fate? Andate dall’Oracolo di Delfi! Il cui responso più famoso era: “Exeis aféxeis ouk en to polemò thnexeis”. Qualcuno sa cosa vuol dire?

Erano passati tre mesi dalla spedizione in Islanda. Il nuovo anno accademico era ripreso tra gli ultimi caldi di settembre, quando il verde del campus universitario cominciava a tingersi di arancio. Un sollievo per il giovane professore, il quale finalmente era riuscito a distrarsi dal pensiero fisso del reperto perduto.
Tra la selva di teste chine sui libri e il rumore delle pagine sfogliate, si levò una piccola mano dal fondo dell’aula.

-Sì, prego signorina…?

-Reed, professor Jones. Evie Reed.- Rispose la proprietaria della mano con voce incerta, alzandosi.

-Prego signorina Reed, ci illumini.

-Il responso ha una duplice interpretazione, dal momento che in greco antico la negazione “ouk” può essere sia anteposta che postposta al nome o al verbo a cui si riferisce.- Evie esitò, bagnandosi le labbra con la lingua.
Non era certo la prima volta che l’archeologo si trovava davanti ad uno studente timido e di solito cercava di metterlo a proprio agio. Qualcosa di inspiegabile, invece, lo costrinse a tenere lo sguardo fisso su quello della ragazza e incapace di pronunciare parola, come congelato dalla paura.

-Per cui quando traduciamo la frase ci troviamo davanti a due possibilità valide: “andrai, tornerai, non morirai in guerra” se la negazione viene riferita a “thnexeis” ovvero il verbo che la segue, “morirai”. Oppure “andrai, non tornerai, morirai in guerra” se la si lega ad “aféxeis” cioè il verbo che la precede, “tornerai”. In questo modo l’Oracolo di Delfi aveva sempre ragione e la colpa dell'eventuale sconfitta ricadeva sull’interpretazione sbagliata delle sue parole.

Evie si sedette, accompagnata da un silenzio di tomba. Le avrebbe voluto rispondere ma non gli usciva aria dai polmoni. Pochi istanti dopo suonò la campana. Indiana sospirò e mascherò il sollievo con un sorriso cordiale.

-Ottimo, la lezione di oggi è finita. Ci vediamo la settimana prossima per approfondire la struttura del santuario di Delfi.-

Aveva soltanto voglia di uscire da lì e dimenticarsi lo sguardo di quella ragazza. Si era sentito ritorcere le budella, come se una mano meccanica gliele avesse stritolate. Purtroppo per lui, il suo momento di pace era ancora lontano.

-Professore?- Maledizione.

Sollevò gli occhi per ritrovarsela di nuovo davanti. Non era una ragazza appariscente, anzi, l'immagine che dava trasudava trascuratezza. Teneva i capelli castani raccolti in una lunga treccia, ma da come le si drizzavano sulla testa si intuiva fossero decisamente crespi; aveva il viso scarno e le occhiaie pronunciate di un topo di biblioteca, con tanto di cicatrici lasciate dall’acne sulle guance e le labbra arrossate da un continuo morderle.
Stretto tra le braccia spuntava il libro di testo e portava una pesante borsa di stoffa a tracolla. Poco attraente e del tutto anonima, se si fosse escluso lo sguardo tanto intenso da avergli fatto tremare le gambe.

-Mi dica signorina Reed.- Le rispose con garbo forzato.

-Ecco io… Ho letto il suo articolo sull’Islanda e quel reperto e volevo chiederle se ha intenzione di tornare perché io so…- Il rumore della porta dell’aula chiusa di colpo non le permise di terminare.

-JONES!- Il rettore entrò come una furia, attirando l’attenzione di Indiana. –Jones, si può sapere perché quei musi gialli della Kido mi hanno invaso l’ufficio?! Cos’hai fatto per far incazzare pure le multinazionali?!-

Solo in seconda battuta il rettore si accorse della presenza della ragazza. Le rifilò un’occhiata di fuoco che bastò per farla correre via. L’archeologo sospirò, alzandosi.

-E io cosa ne so? Forse hanno deciso di allearsi con i nazisti e di soffiarmi qualche altro vaso da sotto il naso.- Rispose sarcastico.

Si sistemò la giacca, pronto per seguire il rettore nel suo ufficio, quando si accorse che sulla cattedra qualcuno aveva lasciato un biglietto. Si attardò con la scusa di cercare il portafogli e lo lesse: “So da dove viene l’Urna di Poseidone. Non è l’unica. Se venisse aperta sarebbe la fine del mondo. E.R.”
Senza farsi notare infilò il biglietto in tasca e si avviò.


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Angolo Autrice

Questo è il primo crossover a tema Indiana Jones/Saint Seiya che scrivo per cui siate gentili, ho accettato la sfida da Uptrand :P
Mi sono riguardata i primi tre film con Harrison Ford e da lì ho preso ispirazione per la struttura della storia: recupero del primo artefatto e agguato dei nazisti; mandato per la nuova missione con introduzione della figura femminile; viaggio e ricerca del tesoro; ritrovamento del tesoro, scontro finale e conclusione.
Ho in programma di non farla più lunga di 3 o 4 capitoli, sperando di concluderla in tempi non infiniti.

La linea temporale mi ha dato qualche problema e alla fine ho deciso di usare l’ambientazione di Indiana Jones, il quale sarà il protagonista indiscusso e il punto di vista narrativo. L’universo di Saint Seiya è il mistero da svelare (come da titolo) e tengo conto della serie classica, non di Omega, Lost Canvas eccetera.

Buona lettura,
Meg
   
 
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