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Autore: Placebogirl_Black Stones    30/04/2021    0 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 33: Imprevisti al parco
 
 
Aprì lentamente gli occhi e cercò di abituarli alla luce del giorno. Quando vi fu riuscita, si accorse che il sole che filtrava da dietro le tende era ormai alto nel cielo, segno che probabilmente era già mattinata inoltrata. D’altra parte era andata a letto molto tardi la sera prima e quindi non c’era nulla di male nell’aver recuperato un po’ di sonno: era pure sempre domenica, non doveva lavorare e poteva godersi la giornata.
Cercò gli occhiali sul comodino, li indossò e poi prese il telefono per controllare i messaggi, sperando ovviamente di trovarne qualcuno da parte di Shuichi: il suo desiderio fu esaudito. Sulla strada di casa la sera prima si erano accordati per tornare al Forest Park l’indomani pomeriggio, Shuichi sarebbe passato a prenderla dopo pranzo. Probabilmente doveva aver cambiato idea, dal momento che nel messaggio che le aveva mandato circa una quarantina di minuti prima le chiedeva se le andava di uscire a pranzo prima di andare al parco.  Sorridendo felice, rispose subito al messaggio:
 
“Scusa se ti rispondo solo ora ma mi sono svegliata poco fa. Cosa ne dici di fermarci a prendere dei panini e poi mangiarli al Forest Park? È da un po’ che non faccio un picnic :)
XOXO”

 
La risposta di lui non tardò ad arrivare:
 
“Mi sembra una buona idea. Passo a prenderti alle 12:00”
 
Ripose nuovamente il cellulare sul comodino e l’occhio le cadde sulla scatolina con il braccialetto che Shuichi le aveva regalato. La prese e l’aprì, estraendo il braccialetto e rigirandoselo fra le mani come se fosse il migliore dei tesori. Il ciondolo a forma di stella brillò alla luce del giorno ancor più di come aveva fatto la scorsa notte con le luci artificiali della città. Le tornarono in mente le sue parole:
 
“Forse anche tu sei un po’ come Manhattan: riesci a risplendere anche nel buio e chiunque ti guardi non può non restarne affascinato”
 
Sorrise mordendosi il labbro inferiore e godendosi quel momento di pura felicità: era raro che Shuichi si lasciasse andare a commenti del genere, così distanti dalla sua persona stoica e apparentemente poco sensibile, priva di qualsiasi predisposizione al romanticismo. Forse, dopo tutto quello che aveva passato, anche lui era riuscito a cambiare e a limare un po’ quel lato così rigido del suo carattere. Dopo quel regalo e quella serata trascorso insieme si sentiva più sicura riguardo ai sentimenti che Shuichi provava per lei e alle sue intenzioni, nonostante ancora qualche dubbio non fosse del tutto scomparso. Quel “ti amo” che aspettava da anni non era ancora arrivato, così come la richiesta ufficiale di essere di nuovo la sua ragazza. Per un attimo, quando lo aveva visto estrarre la scatolina, nella sua testa si era immaginata una proposta di fidanzamento con tanto di anello come quelle che si vedono nei film, ma poi era riuscita a mantenere abbastanza lucidità mentale da capire che era troppo presto per una richiesta di quel genere.
Riprese il cellulare e scattò una foto al braccialetto inviandola a Shiho, che la visualizzò dopo qualche secondo. La giovane scienziata non rispose al messaggio ma preferì chiamarla.
 
- Hello?- la salutò allegramente.
- Te lo ha regalato lui?- chiese a bruciapelo, senza nemmeno salutarla.
- Buongiorno anche a te eh?- le fece notare la cosa.
- Scusami, ciao Jodie-
- Very good!- esclamò soddisfatta nella sua lingua madre - Allora, ti piace?-
- È molto bello, ma te lo ha dato Shuichi?- chiese nuovamente, in cerca di una conferma.
- Ovvio, chi altri dovrebbe avermelo dato?-
- Un ritorno di fiamma di Clay?- scherzò.
- Sei tremenda!-
- Te lo ha regalato per un motivo particolare?-
- Ha detto che lo aveva visto nella stessa gioielleria dove ha preso il portafoto che ti ho mostrato l’altro giorno e gli era piaciuto. Visto che le cose fra noi stanno andando bene è tornato e lo ha comprato-
- Ma quando te lo ha dato che ti ha detto?-
- Che il ciondolo a forma di stella gli ha ricordato la serata in cui abbiamo guardato la pioggia di comete e che il mio cognome gli ricorda le stelle. E poi ha detto che gli ricordo Manhattan e che risplendo nel buio affasciando tutti quelli che mi guardano- pronunciò quelle parole con un tono quasi infantile - È stato davvero dolce considerando che stiamo parlando di Shu-
- Ti ha paragonata a una città?- chiese scettica.
- Guarda che Manhattan è bellissima!- replicò orgogliosa.
- Sì, ma non ci trovo nulla di romantico nel paragonare la propria donna a una città. Di solito si fanno quei paragoni smielati del tipo “mi ricordi i ciliegi in fiore” o “mi ricordi le onde del mare”, ma non “mi ricordi Manhattan”-
- Stiamo parlando di Shu, cosa pretendi? Per me è anche troppo se si è sforzato di dire una cosa del genere-
- Sì, forse hai ragione. Apprezziamo il suo tentativo. Ti ha detto nient’altro?-
- Intendi quando mi ha dato il braccialetto? No, solo questo. Ma abbiamo trascorso una bellissima serata ieri-
- I dettagli intimi del tipo se avete dormito nel suo letto o nel tuo preferisco non saperli-
- Smettila subito!- si scandalizzò - Non abbiamo fatto nulla di quello che pensi!-
- Hai detto che avete trascorso una bellissima serata…dal tono pensavo a qualcosa di piccante-
 
Per i successivi minuti raccontò all’amica tutti i dettagli del loro appuntamento, dal primo all’ultimo, incluso l’incontro poco carino con i tre ragazzi ubriachi. Shiho stette ad ascoltarla in silenzio fino alla fine, per poi rivolgere un’unica domanda diretta.
 
- E in tutto questo alla fine non ti ha chiesto di essere la sua ragazza?-
 
Aprì la bocca per replicare ma non le uscì nessun suono. Shiho aveva appena dato voce a quello che fino a poco fa era stato uno dei suoi pensieri, ma non riuscì ad ammetterlo apertamente, forse perché farlo equivaleva ad ammettere che Shuichi non l’amava abbastanza per considerarla tale. Questa era la sua paura più grande.
 
- Te l’ho detto, è presto…questa era la nostra prima uscita in pubblico- si giustificò, cercando di convincere anche se stessa oltre che l’amica.
- Dunque, facciamo il punto della situazione: ti porta a prendere un gelato, cosa che solitamente fanno gli adolescenti; per tutta la sera ti rimprovera per il vestito che hai indossato invece che sentirsi onorato del fatto che gli stai semi-mostrando parti del tuo corpo a cui non ha ancora pieno accesso. Poi ti propone una passeggiata equivalente alla maratona di New York pur sapendo che stai indossando dei tacchi non proprio adatti. Infine ti regala un braccialetto dicendo che gli ricordi Manhattan: per carità, bellissima città, ma il caos e l’inquinamento luminoso rientrano nei lati positivi? E in tutto questo non ti ha chiesto l’unica cosa che doveva chiederti, ovvero di essere la sua ragazza! Ma la cosa più sorprendente è che tu sei entusiasta di tutto ciò. A questo punto onestamente non capisco più se è lui quello ad avere dei problemi o se sei tu. O forse li avete tutti e due-
 
Abbassò la testa e assunse l’espressione di una bambina che era appena stata rimproverata per aver fatto qualcosa che non doveva. Quando aveva deciso di condividere la sua gioia con Shiho non pensava che la conversazione le si sarebbe rivolta contro, spegnendo il suo entusiasmo. Forse un fondo di verità nelle sue parole c’era, ma lei che conosceva Shuichi da molto più tempo vedeva le cose da un’altra prospettiva.
Il suo prolungato silenzio fece capire all’amica che forse aveva un po’ esagerato con i giudizi affrettati.
 
- Mi dispiace Jodie, non volevo distruggere la tua felicità- sospirò - Non fraintendermi, sono contenta per te se sei così felice, ma vorrei che facesse di più per te. Che diavolo, te lo sei meritata un corteggiamento come si deve dopo sei anni che lo aspetti!-
- Lo sta già facendo, a modo suo- rispose in tono piatto - Shuichi è fatto così-
- Allora è fatto in modo sbagliato e lo deve capire. Se tu lo giustifichi sempre non cambierà mai il suo atteggiamento-
- Tu non lo conosci- sentenziò - Ok, in quest’ultimo anno trascorso avete legato molto però ci sono tante cose che non sai di lui-
- Veramente l’ho conosciuto quando era infiltrato nell’Organizzazione…-
- Hai conosciuto Dai Moroboshi, una persona che non esisteva. Non so quanto ci fosse di Shu nel ruolo che interpretava e onestamente non credo di volerlo sapere- fece un’allusione velata alla sua relazione con Akemi - Io ho conosciuto il vero Shuichi prima di tutto questo e ti posso assicurare che è ben distante dall’essere l’uomo romantico che ti fa dichiarazioni a cuore aperto o che ti vizia e ti coccola. A me non importa se andiamo a prendere un gelato invece che andare in un ristorante costoso, non mi importa se mi fa camminare un’ora sui tacchi per farmi vedere un paesaggio mozzafiato e se mi rimprovera per un vestito scollato è solo perché si preoccupa per me. Io so che è dispiaciuto per come si è comportato con me sei anni fa e so che sta facendo del suo meglio per rimediare e lo apprezzo tantissimo. Avevamo tante cose di cui parlare e tante cose da risolvere e anche se lo abbiamo fatto non vuol dire che quello che abbiamo passato sia stato cancellato via. Non basta buttarci l’uno fra le braccia dell’altro per rimarginare vecchie ferite: ecco perché posso comprendere il motivo per cui non mi abbia ancora chiesto di essere la sua ragazza. Questo però non significa che sto nascondendo la testa sotto la sabbia, la mia comprensione arriverà fino a un certo punto e allora dovrà dirmelo, altrimenti non ci sarà alcun futuro per noi-
 
Questa volta fu il turno di Shiho di restare in silenzio, non sapendo come replicare. Sperò di non essere stata troppo dura, sapeva che l’amica era dalla sua parte e voleva solo il meglio per lei, ma forse idealizzava un po’ troppo l’amore come avrebbe fatto qualsiasi ragazza della sua età.
 
- Io sono felice Shiho, davvero. Quello che ho avuto da Shu nell’ultima settimana è molto più di quanto mi aspettassi- ruppe il silenzio.
- Mi dispiace- riuscì solo a dire.
- Non devi dispiacerti, lo so che sei preoccupata per me e lo apprezzo, ma abbi un po’ più di fiducia in Shu e soprattutto rispetta i suoi tempi. È vero, sono tempi lunghi e snervanti, ma nessuno è perfetto, no?- scherzò.
- Lui no di certo- sospirò.
- Ora devo vestirmi, fra poco verrà a prendermi. Oggi torniamo nel Queens, al Forest Park- disse felice.
- Non ti ho mai sentita così entusiasta, sono davvero contenta per te Jodie-
- Lo so tesoro-
- A dire il vero qui sono tutti contenti che vi frequentiate-
- Tutti chi?- chiese, un po’ allarmata.
- I tuoi futuri suoceri, la tua futura cognata e anche il tuo futuro cognato che non vede l’ora di conoscerti di persona-
 
Restò paralizzata per qualche secondo, incapace di trovare una reazione adeguata all’idea che l’intera famiglia Akai fosse in trepidante attesa di aggiornamenti sul suo rapporto con Shuichi. La metteva un po’ in imbarazzo sapere che al loro prossimo incontro tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di lei.
 
- Che cosa gli hai detto di preciso?- chiese, timorosa della risposta.
- A Masumi ho detto che suo fratello maggiore si era svegliato dal letargo e ti aveva chiesto di uscire insieme, poi lei ha detto ai suoi che vi eravate fidanzati. Quando ha fatto il grande annuncio era presente anche Shuukichi, l’altro figlio, che ha iniziato a fare domande su di te; allora gli ho mostrato una tua foto e ha detto che sei molto bella e che vuole assolutamente conoscerti-
- Ti rendi conto che questa cosa è imbarazzante, vero?- sospirò.
- Perché? Se quello si da’ una mossa a chiederti di diventare la sua donna sarai a tutti gli effetti parte della famiglia, quindi mi sembra giusto che sappiano. E poi lo avevano capito tutti che c’era qualcosa fra voi, si aspettavano questa notizia da un pezzo-
- Lo so ma sarebbe stato meglio aspettare che glielo dicesse Shuichi-
- Mancano solo sei mesi a Natale e mia zia vorrebbe sapere se deve apparecchiare la tavola aggiungendo un posto in più- ironizzò, sottolineando come attendere Shuichi equivalesse a rimandare le cose in eterno.
- Salutami tutti quanti allora- si arrese.
- Se vuoi rientro un attimo in casa e attivo la videocamera, oggi è domenica quindi sono da loro-
- Mi piacerebbe ma devo proprio scappare, è tardissimo. Facciamo un’altra volta, ok?-
- Vai, fatti bella per il tuo appuntamento- la prese un po’ in giro.
- Contaci! A presto tesoro-
 
Chiuse la telefonata e corse in bagno a sciacquarsi il viso, per poi tornare in camera e sistemare il letto ancora sfatto. Infine cercò dei vestiti comodi per la giornata al parco, un top a spalla larga e un paio di pantaloncini corti che le lasciavano scoperte gran parte delle gambe, mentre ai piedi indossò delle semplici scarpe da ginnastica leggere dal momento che risentiva ancora della lunga passeggiata sui tacchi fatta la notte scorsa. Come ultima cosa decise di mettere al polso il braccialetto che le aveva regalato Shuichi.
Fece giusto in tempo a finire di prepararsi che il citofono suonò.
 
 
Shuichi parcheggiò la macchina vicino all’area del parco dove era possibile organizzare barbecue e pic nic, situata proprio dietro alla tribuna semisferica davanti alla quale avevano guardato la pioggia di comete. Era ormai ora di pranzo, pertanto avrebbero consumato subito ciò che avevano comprato poco prima al piccolo minimarket che restava aperto anche la domenica. Scesero dall’auto e s’incamminarono all’interno, dove altre persone erano sedute ai tavolini di legno oppure avevano steso un telo sul prato all’ombra delle querce che circondavano l’area ristoro. Nell’aria aleggiava il profumo della carne cotta sulle griglie dei barbecue.
 
- E se ci imbuchiamo e chiediamo a qualcuno di darci un po’ di carne?- suggerì, attirata da quell’odore più che dai panini che avevano acquistato.
- Con quale scusa, visto che abbiamo una borsa con del cibo?-
- Beh gli diciamo semplicemente la verità-
- E sarebbe?-
- Che la loro carne è più buona dei nostri panini- finse un’espressione innocente, che fece sorridere il compagno.
 
Si sedettero all’ombra di una delle querce, l’uno di fianco all’altra, estraendo dalla borsa che si era portata dietro appositamente il loro pranzo: un paio di sandwich a testa, bottigliette di acqua, l’immancabile caffè nero in lattina di Shuichi e qualche frutto. L’estate era arrivata e il caldo si faceva sentire, pertanto avevano scelto cibi freschi e nutrienti.
Diede un primo morso al proprio sandwich, guardando sconsolata un padre di famiglia che sollevava dalla griglia una bistecca ben cotta e la posava nel piatto usa e getta del figlio, il quale attendeva con impazienza. Continuò a dare morsi al panino e a fissare l’uomo intento a preparare altra carne, fino a quando non sentì lo sguardo di Shuichi pesare su di lei.
 
- Scusami, non volevo ignorarti- gli sorrise - Mi ero distratta-
- Un tuffo nel passato?- le chiese in modo indiretto ma riferendosi chiaramente a qualche ricordo di suo padre.
- No, nulla del genere. Avevamo il barbecue in giardino, ma papà non lo faceva spesso. Se devo essere sincera stavo fissando il loro pranzo, sono invidiosa- ammise.
- Tipico di te, quando sei affascinata da qualcosa ne diventi ossessionata- ghignò.
- Ti riferisci a te Mr. “penso di essere il migliore di tutti”?- lo canzonò.
- Anche-
 
Si scambiarono il secondo bacio della giornata, il primo se lo erano dati davanti alla sua macchina prima di salire e dirigersi al minimarket. Quando si separarono gli occhi verdi di Shuichi caddero sul suo polso, dove brillava timido il braccialetto che le aveva regalato. Sorrise e spostò lo sguardo sui suoi occhi, facendola arrossire.
 
- Lo hai indossato per venire a fare un picnic e una passeggiata nel parco?-
- Perché, cosa c’è di male? Non devo inseguire un criminale o fare attività fisica, è solo una tranquilla giornata al parco. E poi mi piace e avevo voglia di indossarlo, è un problema?- finse di imbronciarsi.
- No affatto, sono contento che ti piaccia- ammise apertamente.
 
Finirono di consumare il loro pasto scambiandosi qualche bacio di tanto in tanto, nulla di troppo passionale dal momento che erano circondati da altre persone inclusi bambini. Di tanto in tanto la mano di Shuichi toccava le sue cosce, quasi sfiorandole: anche se non glielo aveva mai confessato apertamente, aveva sempre avuto l’impressione che Shuichi apprezzasse molto le sue gambe. Sin da quando erano stati insieme sei anni prima, aveva notato la sua tendenza a toccarle le gambe quando poteva, ovviamente sempre in modo rispettoso e senza ricadere nel volgare. Questa cosa, inutile negarlo, la rendeva felice.
 
- Bene, da cosa cominciamo?- chiese, battendo le mani.
- Da quello che vuoi tu-
- Sì ma tu sei già stato qui, sai se c’è qualcosa di particolarmente interessante da vedere?-
- Vediamo…- ci pensò su - Alle nostre spalle c’è un campo da tennis e accanto uno spazio adibito ai cani. Andando avanti ci sono delle fontane, un piccolo spazio per i bambini e uno dove far volare modellini di aerei. In linea d’aria davanti a noi, al di là del campo da golf, ci sono un campetto da basket e uno da baseball. Immediatamente alla nostra destra invece, nell’area visitatori, ci sono la famosa giostra, uno skatepark, alcuni campi da baseball, uno da pallamano, uno da calcio e infine uno da football. Questa è la parte del parco dove siamo noi, poi c’è l’altra parte in cui ci sono più alberi, un sentiero da percorrere a cavallo e altri campi da basket, baseball e tutto ciò che c’è anche in questo lato escluso il campo da golf-
- Mi chiedo perché ho scaricato sul telefono una cartina del parco quando ho Shu il navigatore umano- scherzò, facendolo sorridere.
- Allora, cosa vuoi fare?-
- Direi di fare un giro intorno al campo da golf per vedere un po’ tutto, fino a quando non arriviamo alla giostra. Poi se abbiamo ancora tempo facciamo un giro nell’altra parte del parco. Che ne dici?-
- Sono d’accordo-
 
Iniziarono a camminare fianco a fianco lungo il sentiero, Shuichi teneva le mani nelle tasche e questo le fece sentire la mancanza della sua mano che aveva stretto per tutta la sera la notte scorsa. C’era da dire che il parco era davvero pieno di persone e lei sapeva che Shuichi non amava mostrarsi troppo sdolcinato in pubblico, specie se la folla intorno a loro era numerosa come in quel caso. Così decise di prendere lei l’iniziativa e lo prese sottobraccio, stringendosi di più a lui; Shuichi la lasciò fare senza controbattere.
Passarono oltre il laghetto dove qualcuno pescava e oltre il campo da tennis, dal momento che nessuno dei due era interessato, per poi fermarsi davanti allo spazio dedicato ai cani. Shuichi sarebbe anche passato oltre, ma lei aveva smesso di camminare costringendolo a restare lì. Le piaceva guardare quei piccoli amici a quattro zampe che scodinzolavano felici, la metteva di buon umore.
 
- Non dirmi che devo regalare un cucciolo anche a te per il compleanno- la prese in giro, riferendosi al cagnolino che avevano comprato insieme per Shiho.
- Magari potessi permettermi di tenerne uno, mi farebbe compagnia- fece sporgere in fuori il labbro inferiore, assumendo un’espressione dispiaciuta - Guarda che musetti che hanno-
 
Rimasero lì per qualche minuto, per poi dirigersi nell’area adibita al volo dei modellini aerei dove sostarono nuovamente, dal momento che Shuichi sembrava particolarmente interessato. Mentre seguiva coi suoi occhi verdi il volo di un modellino in particolare, le sembrò di scorgere un velo di malinconia nei suoi occhi, come se un ricordo invisibile e silenzioso stesse attraversando la sua mente.
 
- Ti piacciono?- gli chiese, desiderosa di sapere a cosa stesse pensando.
- Sì, è un po’ come fare un tuffo nel passato- ammise.
- Da piccolo ci giocavi anche tu?-
- Mio padre me ne aveva preso uno e il sabato pomeriggio andavamo ad Hyde Park per farlo volare. Quando mio fratello è diventato abbastanza grande ha iniziato a venire insieme a noi. Poi papà è sparito e ci siamo trasferiti in Giappone. Shuukichi voleva che continuassimo quella tradizione e mi ha chiesto più volte di portarlo al parco, ma non l’ho mai fatto. Senza nostro padre non aveva senso-
 
Istintivamente, gli prese il volto fra le mani e lo costrinse a guardarla negli occhi, per poi avvicinarsi e baciarlo senza curarsi delle persone che passavano o guardavano. In quel momento non le importava di nulla se non di cercare di cancellare il dolore di quei ricordi. Si era confidato con lei e per questo doveva fare del suo meglio per ringraziarlo.
Fu un semplice bacia a stampo, ma durò per qualche secondo. Quando si staccò da lui vide la sua espressione perplessa.
 
- Grazie Shu- sorrise.
- Per cosa?-
- Per avermi confidato questo tuo ricordo. Ti prometto che lo custodirò qui- si portò una mano al petto.
- È solo un ricordo come tanti-
- No, è un ricordo molto importante e sono felice che tu abbia scelto di condividerlo con me. Ma non devi più essere triste, ora tuo padre è tornato da voi-
- Già, ma nessuno ci ridarà indietro quei giorni da fuggitivi senza di lui-
 
Restò per qualche secondo in silenzio, rispettando il suo dolore. Lo poteva comprendere meglio di chiunque altro, anche a lei nessuno avrebbe restituito i giorni trascorsi senza suo padre. Shuichi però poteva ancora sperare di trascorrere nuovi giorni con suo padre.
 
- È vero, ma puoi sempre recuperare. La prossima volta che torni in Giappone, perché non vai con tuo padre e tuo fratello in un parco a far volare un modellino aereo?-
- Forse perché non ho più sette anni?- la guardò storto.
- E questo che vuol dire? Ci vuole forse una determinata età per fare quello che ci piace?-
- Dipende, se a sette anni vai con tuo padre e il tuo fratellino al parco a giocare con i modellini telecomandati nessuno si meraviglia della cosa, ma se ci vai a trentatré anni con tuo fratello di ventinove e tuo padre nel bel mezzo dei cinquanta allora potresti non essere preso sul serio-
- E a te che importa di cosa pensa la gente? Lasciali parlare, l’importante è che renda felice te. Sei fortunato a poter ancora fare qualunque cosa tu voglia con tuo padre- si sforzò di sorridergli, ma un velo di tristezza le annebbiò comunque gli occhi, cosa che non sfuggì a Shuichi.
- Allora quando torneremo in Giappone verrai al parco con noi. Se dobbiamo fare brutta figura almeno facciamola tutti insieme- le sorrise beffardo.
- Accetto volentieri!-
 
Sapeva che le aveva detto quella frase scherzosa per tirarla su di morale, ma dietro le righe c’era molto di più. Era come se le avesse detto che aveva tutta l’intenzione di portarla con sé a rivedere la sua famiglia, con la differenza che stavolta forse non l’avrebbe presentata come una collega o come un’amica ma come la sua ragazza. Anche lei sarebbe stata parte di quella famiglia e forse non si sarebbe più sentita così sola al mondo.
Ripresero la loro passeggiata fino a quando non arrivarono nell’area dove si trovavano il campetto da basket, quello da baseball e una piccola area giochi per i bambini. Senza esitare, lasciò la presa sul braccio di Shuichi e si avvicinò al campetto da basket, dove alcuni ragazzi stavano giocando una partita. Erano molto giovani, probabilmente liceali, ma le loro altezze non proprio comuni li facevano sembrare già degli adulti. Osservò affascinata come uno di loro, con un solo salto e un braccio allungato, toccò senza fatica il canestro mentre ci metteva dentro la palla. Avrebbe tanto voluto giocarci anche lei, ma si rendeva conto che l’altezza non le era di aiuto. Non che fosse bassa, ma i suoi centimetri non erano comunque abbastanza per quel gioco.
 
- Sei ancora una fanatica del basket?- le chiese Shuichi, che nel frattempo l’aveva raggiunta.
- Ovvio!-
- Perché non gli chiedi se ti fanno giocare?- la prese in giro.
- Ma che simpatico!- fece una smorfia.
 
Restarono in silenzio per un paio di minuti, osservando entrambi la partita, fino a quando Shuichi le rivolse una domanda.
 
- Posso chiederti cosa ci trovi in questo sport? Non fraintendermi, non che sia brutto, ma non ci ho mai trovato qualcosa di più interessante rispetto a tanti altri-
- I giocatori saltano talmente in alto che a volte ho l’impressione di vederli volare- spiegò - Ma non è solo questo, è qualcosa che non saprei spiegarti. Quando li vedo giocare mi emozionano-
- Sei mai stata a una partita dell’NBA?-
- Una volta con papà, poco prima che morisse. Una sera mi aveva visto incollata alla TV a guardare una partita di basket e poco tempo dopo ha comprato dei biglietti: New York Knicks contro Los Angeles Lakers. È stato uno dei giorni più bella di tutta la mia vita-
- Vorrà dire che a uno dei prossimi appuntamenti ti inviterò a vedere una partita di basket-
- Ma se hai detto che non ci trovi nulla di speciale!-
- Magari cambio idea-
 
Rimasero a guardare fino alla fine della partita e poi decisero di andare dritti allo skatepark dove si soffermarono ad osservare le acrobazie che giovani adolescenti stavano facendo sui loro skateboard colorati, mentre di tanto in tanto qualcuno di loro cadeva suscitando le risa degli altri. Al di là di esso potevano vedere la giostra illuminata, piena di bambini con i loro genitori.
 
- Allora, andiamo anche noi a fare un giro sulla giostra?- gli fece l’occhiolino.
- Se ci tieni tanto ti accompagno, d’altra parte i bambini devono essere accompagnati dagli adulti per salirci sopra- stette al gioco punzecchiandola.
- Se dico che sono la tua mamma non ci crederà nessuno-
- Vuoi che telefoni a James per chiedergli il permesso di farti salire sulla giostra pericolosa?-
- Meglio di no, papino non sa che sono uscita con un ragazzo-
 
Adorava quando si punzecchiavano in quel modo, veniva tutto naturale e spontaneo grazie alla chimica che c’era sempre stata fra loro. Aveva l’impressione che il tempo non fosse mai trascorso, che quegli ultimi sei anni trascorsi da semplici colleghi fossero stati solo un brutto incubo. Anche se era consapevole che la realtà fosse ben diversa, in cuor suo sperava in futuro di vivere solo giornate come quelle che avevano trascorso nell’ultima settimana.
Decisero infine di addentrarsi nella foresta seguendo uno dei tanti sentieri. Camminavano fianco a fianco ammirando la natura intorno a loro: laghetti e stagni, piccoli ponti da attraversare, fiori e arbusti, libellule e farfalle che svolazzavano intorno a loro, piccoli animali selvatici e uccelli di varie specie. Per gente come loro abituata a vivere nel caos di Manhattan, quel luogo sembrava un piccolo angolo di paradiso dove respirare aria fresca e rigenerarsi.
Dopo un’ora di camminata si fermarono in uno spazio appartato sulla riva di un laghetto e si sedettero su un grosso masso che stava proprio lì davanti. I suoi piedi avevano decisamente bisogno di riposare, nelle ultime dodici ore li aveva messi a dura prova. Intorno a loro regnava il silenzio, interrotto solo dal cinguettio degli uccellini. Shuichi si guardò intorno, come se volesse accertarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi la fissò con quello sguardo che faceva ogni volta che desiderava baciarla. Non avevano avuto modo di scambiarsi molte effusioni da quando erano arrivati, c’era sempre troppa gente (e soprattutto bambini) per amoreggiare senza ritegno come se nulla fosse. Così prese lei l’iniziativa e decise di accontentarlo, avvicinandosi a lui più che poteva e premendo le labbra contro le sue. In pochi secondi quel bacio si fece molto, molto passionale, a tal punto da farle emettere dei deboli mugolii di piacere. Sentiva il respiro accelerato per la mancanza di aria ma anche per l’eccitazione che cresceva sempre di più in lei, il suo petto si alzava e si abbassava strusciandosi contro quello di Shuichi, cosa che lui sembrava gradire. Sentì le sue abili dita farsi spazio sotto il top che stava indossando, accarezzandole il fianco e poi la parte bassa della schiena: a quel gesto il suo corpo rispose facendole percepire un formicolio al basso ventre, unito al desiderio di essere toccata sempre più da lui. Stava cercando con tutte le sue forze di trattenere quegli impulsi, ma ad ogni appuntamento sentiva sempre più il desiderio di fare l’amore con lui. Gli passò una mano sul petto e sentì i suoi muscoli sotto la maglietta a maniche corte che stava indossando, aderente al punto giusto. Avevano quasi raggiunto l’assenza di ritegno con quei baci e quelle carezze, anche se all’apparenza erano soli sarebbe comunque potuto passare qualcuno all’improvviso e non era il caso di farsi trovare un atteggiamenti così intimi, senza contare che se non avesse smesso subito probabilmente non sarebbe più riuscita a fermarsi e non voleva cedere alla debolezza di concedersi a lui, non fino a quando non lo avrebbe sentito pronunciare quelle parole che voleva sentire.
Fu Shuichi a interrompere le loro effusioni quando sentì delle voci e dei passi che si stavano avvicinando velocemente a loro: qualcuno stava correndo e presto li avrebbe raggiunti. Si sistemò il top che era rimasto un po’ sollevato e cercò di ricomporsi, mentre Shuichi continuava a tenere d’occhio la situazione. Quando le voci furono abbastanza vicine da sentire distintamente le parole, sgranò gli occhi e fissò allarmata il compagnò, che in tutta risposta la guardò a sua volta. Poteva leggere nei suoi occhi la stessa preoccupazione, nonostante cercasse di mascherarla mantenendo la calma. Sapevano bene a chi appartenessero quelle voci: Camel e Jonathan. Di tutte le persone che potevano incontrare in quel parco, il destino aveva voluto che fossero proprio due dei loro colleghi di lavoro, uno dei quali strettamente legato a loro. Non avevano un posto dove nascondersi e non potevano scappare, quindi dovevano trovare una scusa plausibile e dovevano farlo in meno di tre secondi. La loro unica speranza era di non essere visti.
 
- Akai, Jodie-
 
Lo scalpitio dei piedi che correvano si arrestò di colpo e la voce profonda di Camel pronunciò i loro nomi. La speranza di non essere visti era appena colata a picco. Pregò che Shuichi avesse una soluzione perché la sua mente non era abbastanza lucida in quel momento da fare ragionamenti troppo complessi.
Si girarono entrambi verso il collega e lei cercò di fare uno di quei fintissimi sorrisi che faceva ogni volta che doveva mettere in atto un teatrino e fingersi innocente.
 
- Camel, Jonathan, anche voi qui?- disse, fingendosi sorpresa.
- Già, abbiamo approfittato della bella giornata per fare un po’ allenamento in un posto meno caotico degli angoli di Manhattan dove andiamo di solito- rispose Jonathan, che come Camel era ossessionato dalla forma fisica - Voi due invece che ci fate lì seduti in disparte, lontani da tutto?-
 
Capì dall’espressione del suo volto che stava chiaramente alludendo al fatto che si fossero appartati di proposito e questo non era un buon segno. Se avesse sparso la voce al lavoro addio privacy e benvenuti commenti indesiderati gratuiti.
 
- Volevo vedere i cavalli- se ne uscì con la prima cosa che le veniva in mente.
 
Con la coda dell’occhio notò che Shuichi le aveva lanciato un’occhiataccia e aveva tutte le ragioni per farlo: quella scusa faceva acqua da tutte le parti.
 
- Ma il percorso da fare a cavallo è sul lato opposto…- le fece notare Camel, che in quel momento non era di aiuto.
- Infatti, ma Shu continuava a dire che era da questa parte e guarda dove siamo finiti!- incrociò le braccia al petto, fingendosi imbronciata - Ci siamo fermati per dare un’occhiata a una cartina online e per riposare i miei poveri piedi-
- Akai, non pensavo che avessi problemi di orientamento-
 
Maledetto Camel, perché non la smetteva di metterle i bastoni fra le ruote e non riprendeva il suo allenamento?!
 
- Mi sono solo confuso in mezzo a tutto questo verde, era da un po’ che non venivo qui- rispose Shuichi, con una calma invidiabile.
- Beh, meglio se torniamo al nostro allenamento prima che i muscoli si raffreddino, vero Camel?- salvò la situazione Jonathan - Lasciamo che questi due trovino la strada giusta per i cavalli-
 
Ebbe l’impressione che il collega avesse enfatizzato l’ultima parola con il tono della voce, come a voler insinuare che non aveva creduto a una sola parola di quello che avevano detto. Jonathan era più acuto di Camel, probabilmente non gli ci era voluto molto per capire la situazione.
 
- Allora ci vediamo domani al lavoro- li salutò con un cenno della mano Camel, seguito da Jonathan.
- Bye bye- fece nuovamente un finto sorriso a cui Shuichi rispose con un’altra occhiataccia.
 
Quando i due colleghi si furono nuovamente allontanati, si lasciò andare a un lungo sospiro. Si sentiva stanca come se avesse corso anche lei insieme a loro per chilometri. Mentire era difficile per una onesta e trasparente come lei.
 
- Pensi che se la siano bevuta?- chiese, girandosi a guardare il compagno.
- “Volevo vedere i cavalli”- citò le sue parole, con una nota di rimprovero - Davvero non hai trovato niente di meglio?-
- E secondo te cosa potevamo dirgli? Ci hanno beccati soli soletti in un angolo appartato del parco!-
- In realtà stavo per dirgli che stavamo passeggiando e che avevi avuto un capogiro per il troppo caldo, quindi ci eravamo fermati perché potessi riposare e bere. Poi tu te ne sei uscita con “volevo vedere i cavalli”-
- Scusa, ero sotto pressione- ammise, abbassando lo sguardo - Di tutte le persone che potevamo incontrare proprio Camel e Jonathan? Che cavolo!-
- Di Camel non mi preoccupo, ma Jonathan non lo conosco abbastanza da garantire che non spargerà voci infondate al lavoro-
- Già, e il problema è che mentre Camel non sembrava avere sospetti, Jonathan ci ha lanciato delle occhiatine per tutto il tempo-
 
Seguì qualche secondo di silenzio in cui probabilmente entrambi rifletterono sulla questione.
 
- Cosa facciamo adesso Shu? Non voglio che si parli di noi più di quanto non sia già stato fatto-
- Purtroppo temo che non possiamo farci nulla, prima o poi la cosa si verrà a sapere. Cerchiamo di limitare i danni al minimo-
- Che cosa intendi?-
- Forse per un po’ è meglio non frequentare posti troppo affollati dove abbiamo più probabilità di incontrare qualche collega. Non dico che dobbiamo chiuderci in casa, ma agiamo con la massima discrezione. Cerchiamo di trovare posti più tranquilli-
- Hai ragione- annuì - Scusami ancora per la storia dei cavalli-
- Non fa nulla, tanto si sarebbero insospettiti comunque- la tranquillizzò.
- Come fai a dirlo? Se ti avessi lasciato parlare sono certa che avresti trovato una scusa molto più credibile della mia-
- Questo è vero, ma anche raccontandogli la storia del calo di pressione ci sarebbe comunque stata un’altra domanda, primaria e fondamentale a cui dare risposta. E forse nemmeno io avrei saputo trovare una scusa davvero convincente-
- E quale sarebbe?-
- Perché siamo venuti qui insieme-
- Allora potevamo fare noi la stessa domanda a Camel e Jonathan- alzò le spalle - Loro possono e noi no?-
- Loro sono due uomini, due amici e colleghi che sono venuti ad allenarsi insieme al parco- 
- Esistono le coppie gay, Shu. Siamo nel ventunesimo secolo, è una cosa del tutto normale- gli fece notare.
- Allora domani in ufficio chiedi a Camel come bacia Jonathan. Sono curioso- ironizzò - È una situazione diversa, Jodie. Loro non hanno avuto una precedente relazione né hanno mai manifestato interesse l’uno verso l’altro. E soprattutto non si sono appartati in un angolo del parco-
 
Le costava ammetterlo ma Shuichi aveva ragione: i loro precedenti non aiutavano di certo a risolvere la situazione. Dovevano accettare la realtà dei fatti, ovvero che non potevano nascondere la loro frequentazione in eterno. L’idea di risentire di nuovo commenti poco opportuni le fece provare un senso di ansia, che si unì a quella data dal pensiero di cosa avrebbe detto James se lo avesse saputo. Non che in passato avesse messo loro i bastoni fra le ruote o si fosse opposto alla loro relazione, al contrario aveva chiuso un occhio con la sola condizione che l’amore non interferisse col lavoro. Stavolta però era diverso: di certo non sarebbe stato così permissivo dopo averla vista piangere e soffrire per tutto quel tempo.
 
- Tranquilla, non è successo nulla di grave- le prese il volto fra le mani, sorridendole per cercare di rassicurarla - Se questa cosa dovesse causare problemi, penseremo al momento a come risolverli. Magari a Jonathan non interessa nulla e terrà la cosa per sé-
- Speriamo sia così- cercò di ricambiare il sorriso, ma non ci riuscì fino in fondo.
- Allora, vuoi andare a vedere i cavalli?- ghignò.
- Smettila subito!- gli diede una piccola pacca sulla spalla.
- Pensavo volessi vederli sul serio-
- No, in realtà preferivo quello che stavamo facendo prima di essere interrotti- ammise senza nemmeno rendersene conto, per poi arrossire.
- Sono d’accordo, ma a quanto pare non è un posto abbastanza tranquillo per certe cose-
- Se vuoi possiamo tornare a Manhattan e andare a casa mia oppure da te, per stare più tranquilli-
 
Realizzò solo dopo averle pronunciate che quelle parole suonavano come un invito a spingersi oltre, cosa che non doveva assolutamente succedere nonostante il desiderio che li aveva colti poco prima. Arrossì e abbassò lo sguardo quando lo vide ghignare a quelle parole: si era appena fatta scacco matto da sola.
 
- Allora ti riaccompagno e mi fermo da te. Sempre che ti vada- accettò la proposta.
- Certo- annuì, incapace di ritirare quanto aveva appena detto.
 
Sentiva le guance in fiamme e non era di certo solo la calura pomeridiana a produrre quell’effetto sul suo viso. Si erano promessi di andarci piano, ma non avevano fatto i conti coi loro desideri irrazionali.
Shuichi le cinse le spalle con un braccio e lei allungò uno dei suoi dietro la sua schiena. Così abbracciati, ripercorsero i propri passi per tornare al parcheggio. Mentre camminavano cercò di mascherare l’imbarazzo trovando qualsiasi argomento, anche il più futile, pur di fare conversazione: se fosse caduto il silenzio fra loro non avrebbe saputo come uscirne. Nella sua testa continuava ad arrovellarsi il pensiero di cosa sarebbe accaduto di lì a poco, non appena avrebbero raggiunto il suo appartamento.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Che dire? Ho deciso di chiudere questo capitolo così, con un po’ di suspence, mentre il rapporto fra i nostri due idioti preferiti progredisce. Spero che questo appuntamento al parco vi sia piaciuto.
Anche in questo caso ciò che ho descritto nel parco è reale, magari la descrizione non sarà precisa al 100% perché non ci sono mai stata ma ho cercato di rispettare il più possibile quanto riportato nelle informazioni che ho raccolto. Vi lascio sotto il link al sito del Forest Park in cui c’è anche una cartina che rende più chiara la descrizione che ho fatto:
http://forestparktrust.org/parks/forest-park/forest-park-features/
Ringrazio come sempre tutti quelli che stanno sostenendo questa storia e anche i tanti lettori silenziosi.
   
 
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