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Autore: tsukuyomi_    30/04/2021    0 recensioni
| Violet Evergarden _ brevissimi accenni Violet/Gilbert || One shot |
[ Questa storia partecipa al Contest "Revival - A volte ritornano" indetto da BellaLuna95 sul forum di EFP. ]
- - - - Dal testo:
La sua stessa aura demoniaca in quel momento era totalmente svanita, morte e distruzione l'avevano da padrona intorno a loro. L'odore del sangue in quel campo di battaglia stava diventando oscenamente insopportabile.
In quell'istante, anche se non era capace di comprendere correttamente i propri sentimenti, lei si odiava con tutto il suo cuore.
Aveva permesso che la persona più importante della sua esistenza venisse ferita gravemente e, come se non bastasse, non era stata in grado di proteggerlo, non era stata in grado di adempiere correttamente al suo ruolo di scudo.
A cosa erano serviti tutti i suoi sforzi, ora, che lui era senza forze seduto goffamente su quei gradini ricolmi del loro stesso sangue, pieno di ferite?
A cosa erano serviti i suoi sforzi se lui era lì, dinanzi a lei, esausto e sul punto di perdere la propria vita, che la pregava di smetterla di tentare di salvarlo, piangendo a sua volta?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Violet Evergarden
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note autrice:  

Prima di lasciarvi alla storia, vorrei rubarvi un po' di tempo per darvi delle chiavi di lettura per comprendere meglio il testo a cui a breve arriverete. Da poco tempo mi sono immersa in questo nuovo fandom attraverso l'anime seguendolo poi a ruota con lo speciale, il film e ovviamente le light novel.
Dalle light ho preso delle parti andando a inglobarle nella storia, che sarebbero:
  • La presenza di Edward Jones, personaggio comparso nel quinto capitolo della light come un carcerato tenuto sotto massima sorveglianza – prossimo alla pena capitale, ha chiesto come bambola dei ricordi automatici per scrivere una lettera proprio Violet, che aveva incontrato durante la guerra in un momento in cui le due fazioni si erano accordate per risolvere determinate questioni, restando affascinato dalla giovane come altri suoi compagni, non avendo però il coraggio di avvicinarsi a lei. Si verrà a scoprire alla fine che non voleva propriamente scrivere una lettera, ma semplicemente conversare con lei e comprendere se si riconosceva come un mostro/assassino come lui, ritrovando un responso positivo dalla ragazza (alla fine le farà scrivere una breve frase, a Dio, l'entità che desiderava uccidere). Ne resterà ancora più ammaliato, azzardando la possibilità di essersi innamorato di lei (lei però negherà, andando a dirgli che semplicemente è incuriosito di qualcuno che ha preso una via differente dalla sua). L'uomo è un ex soldato che ha combattuto nella lunga guerra come Violet, ma nella fazione nemica; è stato ricercato per tanto tempo come un criminale di guerra (infatti chiederà alla bambola se sarebbe finita anche lei là dentro, in caso la guerra fosse finita diversamente, con la loro vittoria), successivamente ha compiuto una serie di aggressioni, stupri, omicidi affermandosi dopo un po' di tempo come il capo di una setta, dove quattrocento credenti hanno dato la vita per lui, sotto suo invito. Lui in seguito costruì una torre con i loro corpi martoriati – a Violet disse semplicemente che era libero di fare quello che desiderava con i corpi delle persone che avevano dato la propria vita per lui, diventando in parte il suo stesso corpo. In sintesi, la sua personalità è estremamente complicata: sicuramente prima della guerra era un uomo abbastanza gentile, però la perdita della battaglia l'ha portato fuori dai binari: essere cacciato e trattato male dalle stesse persone per cui ha lottato l'hanno sicuramente mutato in peggio (azzarderei a unire il suo personaggio a quello che ha comandato il dirottamento del treno). Allo stesso tempo è un uomo che non si dà problemi a uccidere o a spingere le persone al suicidio o semplicemente a farsi del male e a procurarsi dolore.
  • ​I modi negativi in cui viene definita Violet da altri (dai nemici, da chi la vedeva combattere o dal Capitano) e anche da se stessa, ovvero "mostro" o "bestia". Inoltre ho voluto inserire anche la sua assoluta bellezza, che nell'anime non viene trattata e ritratta sino allo stremo come nelle novel, ahah.
​Inoltre, altri dettagli utili per leggere meglio la storia sono: 
  • In sintesi il personaggio di Edward nella mia ff rappresenterà il lato nemico, che alla fin fine si mischia anche coi buoni - o almeno crederà sempre di essere un'eroe, alla fine fine però tutti dopotutto sono sia nel giusto che nel sbagliato.
  • Questo punto, invece, risulta più come una mera curiosità su di Violet. Infatti la sua età cambia momento dopo momento all'interno della ff: nella prima parte dedicata a lei l'età varierà dai 10 ai 14 anni (ovvero nel periodo in cui sarà affidata alle cure di Gilbert), mentre quando ricorderà l'incontro col prigioniero sarà sui 18, lo stesso ovviamente vale per il periodo in cui parlerà con Hodgins. 







 
A l   di   là   del  
bene e
del male,
l'abisso ti osserva




 
Il mondo, sin da quando si ha memoria, si è sempre suddiviso e sfidato fra due peculiari categorie: quella dei buoni, distinti cavalieri dall'armatura scintillante, pronti a mettere a repentaglio la propria esistenza per un bene comune e quella dei cattivi, oscuri signori immersi nelle tenebre più fitte, pronti a distorcere il mondo secondo la loro naturale volontà, portando terrore negli animi dei più. 
Eppure, era davvero così?


 
* * *

 
Il suolo su cui aveva camminato per così tanto tempo era variato in una maniera tanto celere in soli quattro anni, sotto i suoi stessi occhi e il suo sguardo tetro, che a tratti faticava a rendersene realmente conto; non soltanto per il mutare continuo delle stagioni interminabili e perpetue – un ciclo infinito senza sosta e tregua, ma anche per le incessanti devastazioni che quel lungo conflitto aveva portato e continuava a portare. 
Aveva proseguito e vagabondato per un lungo periodo su quella terra disseminata di larghe e profonde buche, una serie di bossoli sparsi in modo disordinato, sangue violaceo che dissetava giornalmente l'avido terreno, corpi privati della gioia della vita, dall'affetto di amici e parenti, dall'amore. Figure dilaniate dalle più svariate armi, smembrati senza il minimo rimorso in nome di una vittoria, un trionfo, in nome di una battaglia che non avevano desiderato, ma che avevano accettato di affrontare per amore della propria patria. 
«Torna a casa vivo.» Gli era stato intimato con un tono che non aveva mai udito da quella persona. «Torna a casa da eroe, elimina i mostri.»
E lui aveva ascoltato quelle parole con la massima attenzione, volendo seguirle e adorarle come se fossero i gioielli più puri su quel mondo dove lui esisteva.


 
Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l'abisso ti guarda dentro. 

 
E lui aveva guardato dentro quel fantomatico abisso, sin dalla prima vita che aveva tolto con una stramba furia accecante da quella terra, dal primo respiro che aveva tagliato con la sua fidata e lucente lama a quel soldato della fazione opposta alla sua, sin da quando era diventato un assassino. 
Le labbra fini gli fremevano incontrollate, mentre innumerevoli schizzi di quel viscoso sangue gli colpivano il viso, macchiandolo, dando la prova vivente di come lui, un semplice giovane che aveva amato il proprio luogo di nascita tanto da decidere di proteggerlo, si era rinnovato in una nuova quanto temibile e pericolosa entità, in un mietitore, uno spietato spirito omicida. Arricciò l'angolo destro della bocca verso l'alto, in un tetro e spento sorriso, mentre osservava lo sguardo vitreo dell'uomo afflosciato a terra come un foglio sgualcito dal tempo e dagli elementi, dinanzi a lui. 
Ci sarebbe stata, alla fine, una salvezza per lui? 

Sarebbe riuscito a fuggire da quell'abisso?
«Alla fine esisti davvero» biascicò, percependo quel sapore metallico che aveva avvertito poc'anzi invadere il suo respiro e i suoi polmoni questa volta sulla propria lingua – che pervadeva come un'onda anomala le sue papille gustative, ritrovandosi a essere disgustato e deliziato al tempo stesso da quel strano attimo che stava vivendo. 
Avrebbe finito per farci l'abitudine, suo malgrado, sul campo di battaglia e fuori.
L'abisso avrebbe guardato per sempre dentro il suo animo, dopo che lui con tutto il suo proprio e narcisistico egoismo, si era infiltrato al suo interno? 

«Quindi sono un mostro, eh?» domandò al proprio io, puntando con severità il proprio sguardo dinanzi a sé, contemplando la battaglia che continuava spietata il proprio corso a pochi passi da lui, senza badare al mare del suo animo tormentato, che si era rapidamente tramutato in una devastante tempesta pronta a distruggere qualsiasi cosa.
Aveva osservato troppo a lungo la mostruosità della guerra, diventando un tutt'uno con essa, dando vita a una sorprendente simbiosi a cui non voleva rinunciare con tutto il suo animo nero come la pece, specie dopo aver continuato quella sua nuova via della discordia nel stroncare vite, una dopo l'altra, senza palesare il minimo rimorso.
Aveva scrutato i mostri, diventandone lui stesso uno. 
Aveva studiato l'abisso, restandone ammaliato. 
Aveva esplorato l'abisso, perdendosi nella sua composizione senza fine.

É per la mia famiglia, pensava mentre fendeva l'aria con la spada come una divinità della guerra, per poi permetterle di infiltrarsi gradualmente ma con forza nella morbida carne di uno dei tanti che aveva avuto la sfortuna di frapporsi sul suo mostruoso cammino. 
É per la mia patria, aggiungeva percorrendo il terreno a grandi falcate, inzuppando i suoi pesanti scarponi scuri in quel liquido organico che non doveva trovarsi lì, attaccato alla terra e a quei sottili fili d'erba che si innalzavano orgogliosi al cielo, incapaci di comprendere la tragica situazione che stava avvenendo intorno alla loro esistenza. 
Era realmente il buono in quella storia?
Chi finiva per uccidere con la sua sciabola, col suo coltello balistico nascosto nella sua logora tuta mimetica o con la sua baionetta, era davvero il nemico?
Lui era veramente l'eroe?   
L'esercito guidato da Leidenschaftlich era per davvero il fronte cattivo?
L'esercito di cui faceva lui stesso parte era davvero il fronte buono?
Chi aveva la ragione in pugno, se entrambe le fazioni pensavano di essere nel giusto, seguendo i propri ideali?


 
Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l'abisso ti guarda dentro. 


 
I suoi movimenti erano rapidi, come quelli di un attento e feroce segugio, causando un disordine nelle linee nemiche che l'uomo che l'aveva presa sotto la sua ala protettiva, in tutta la sua esistenza, non aveva mai avuto modo di vedere neanche nelle battaglie più cruente e pericolose.
Una volta terminato il suo orrido compito che non le procurava né piacere né disperazione, una volta che i corpi dei soldati privi di vita andarono ad accasciarsi a terra creando dei tonfi sordi lei, la bestia, cercò e trovò rapidamente quei due smeraldi, rivolgendo al suo nuovo padrone uno sguardo attento, piegando appena il capo da un lato con fare apatico, come a domandargli silenziosamente cosa avrebbe dovuto fare in continuazione, dopo aver tolto così tante vite in quel campo di battaglia.
Come a chiedergli cosa avrebbe dovuto fare per appagare i suoi voleri.
Come a chiedergli ulteriori ordini.
La giovane, la nuova e pericolosa arma presente su quella terra e il miglior scudo esistente, capace di accettare solo gli ordini di pochi eletti - di quelle poche personalità che accettava e che considerava meritevoli di ricevere i suoi servigi, continuò a rivolgere uno sguardo attento e insistente a quell'uomo che l'aveva accolta, nonostante il terrore inizialmente provato nello scoprire la sua crudeltà e forza.
Nonostante la distanza che divideva la giovane dall'unica persona in grado di usarla, ella fu in grado di captare il fugace segnale del suo prossimo compito, ma anche una nuova quanto strana espressione diffondersi sui bei lineamenti dell'alto ufficiale, mentre stringeva il proprio petto con la mano.

Grandi lacrime perlacee toccavano con furia quel campo di battaglia, disperdendo quel liquido scarlatto che ancora fuoriusciva zampillando dalle ferite dei cadaveri sparsi per un lungo raggio dalla loro posizione. 
Il sangue che le aveva macchiato il viso e gli indumenti stava pian piando colando via, lasciando una scia rosata sulle sue gote ceree.

Il suo respiro era fortemente irregolare, il battito del suo cuore scalpitava impazzito all'interno della sua piccola cassa toracica, le sue spalle si alzavano e si abbassavano a una velocità incostante, sul suo viso non vi era traccia di nessuna espressione; quell'orribile vista dinanzi a quei due grandi e profondi zaffiri non procurava alcun sentimento alla giovane, né gioia per aver vinto quella battaglia, né tristezza per tutte le vite che aveva distrutto con le sue stesse pallide mani.
Un colpo di baionetta, uno di un'altra possibile arma da fuoco, uno d'ascia, un altro di un pugnale balistico... non sarebbe importata l'arma usata, nelle sue mani sarebbe sicuramente diventata in qualsiasi situazione estremamente micidiale.
Nelle sue mani qualsiasi arma sarebbe diventata perfetta.
Lei stessa era un'entità pericolosa e indistruttibile, l'esistenza che tutti avrebbero dovuto temere per restare ancorati alla vita, un'arma da usare sino allo stremo, sino a che non sarebbe caduta a pezzi, finendo inevitabilmente per essere buttata. 
Secondo molti soldati, della sua stessa fazione o meno, lei era una splendida mostruosità: era una giovane guerriera dalla bellezza glaciale, con la capacità di creare massacri e macellamenti spropositati considerando la sua minuta ed esile figura. 
I suoi movimenti erano precisi e leggeri, eppure i suoi colpi e le sue braccia quando attaccava risultavano estremamente pesanti.

Tale creatura selvaggia aveva appreso da poco l'abilità di poter parlare, comprendere e comunicare con le persone, eppure, per quanto questa possibilità le risultasse estremamente utile in determinate circostanze, sul campo di battaglia non le serviva; le bastava soltanto seguire al meglio delle sue abilità i vari ordini e i piani ingegnosi del suo maggiore, portarli a termine nel migliore dei modi garantendogli in tal modo protezione e ritornare da lui, possibilmente con il minimo dei danni. 
Prima di incontrare quell'uomo che le aveva gentilmente donato la parola e una grande quantità di affetto che ancora non era pienamente in grado di comprendere, lei era soltanto un mostro abbandonato a se stesso che non rimembrava il proprio passato e il viso dei suoi genitori – come anche il suo stesso nome, incapace di comprendere il presente e immaginare un qualsivoglia futuro. 
La sua era un'esistenza spenta.
«Sei stata brava, Violet», le disse gentilmente l'uomo che l'aveva presa sotto la propria guida, donandole un nome e un'istruzione, posando delicatamente la mano sul capo della giovane, accarezzandole con dolcezza i lunghi capelli biondi, guardandola con uno strano sguardo, sollevato ma al tempo stesso estremamente malinconico. «Ora possiamo tornare alla base, domani sarà un'altra lunga giornata da affrontare».

Lei di rimandò alzò lentamente il capo e lo sguardo su quell'uomo, puntando i suoi occhi su quelle iridi che portavano il colore dello smeraldo, che erano presto diventate la sua luce, la sua salvezza, l'ancora in grado di raccoglierla e portarla in superficie dal più profondo degli abissi, dai luoghi più bui. Tutto quello che lei desiderava, da quando era finita a servire come uno strumento quell'uomo, era di eseguire al meglio i suoi ordini e proteggerlo, vivere per lui e, alla fine, morire per lui. 
La salvezza di Gilbert Bougainvillea, per Violet, era essenziale.

Era il futuro che incoscientemente desiderava. Sentiva il bisogno quasi ossessivo di stare al suo fianco e seguire sempre la sua schiena, in qualsiasi luogo, sino in capo al mondo. Era fermamente convinta che sarebbe stata pienamente in grado di fare di tutto, se solo fosse riuscita a restare al suo fianco e a ricevere i suoi ordini. 
Non era in grado di comprendere le emozioni che quella persona provava realmente quando era al suo fianco, eppure la voleva rendere orgogliosa e, cosa più importante, la voleva proteggere da qualsiasi pericolo. Era questo il ruolo dell'arma e dello scudo che portava il nome di Violet.
«Ai suoi ordini, maggiore.»


Da quando era stata arruolata nell'esercito come la diretta arma al servizio di Gilbert Bougainvillea non aveva fatto altro che seguire la sua schiena, desiderando unicamente di stare al suo fianco e proteggerlo, con qualsiasi metodo possibile.

Sin da quando era piccola, i suoi occhi cercavano soltanto lui; ed era quello uno dei tanti motivi per cui non le importava che modalità avrebbe dovuto attuare per difenderlo da ogni pericolo.
Era sempre stata fiera delle sue inaspettate abilità.
Era fiera di essere la combattente più forte dell'esercito.

Di essere l'entità più debole ma al tempo stesso più forte che esisteva su quella terra, in quel mondo.
Sin da quando ne aveva memoria non aveva fatto altro che eliminare individui, da bestia selvaggia quale lei era non aveva conoscenze relative al bene o al male, perciò per lei erano delle semplici azioni portare avanti per la sua stessa sopravvivenza.

Inoltre, una volta entrata a far parte attivamente di una delle due società nazionali per la difesa del paese, le sue uccisioni ebbero un notevole incremento - con l'aumentare di essere, cambiavano anche i motivi che la spingevano a togliere vite, in quanto le sue abilità innate erano utili per la cima di quella importante casta piramidale che era l'esercito, per assicurare una schiacciante vittoria a Leiden; inizialmente le era stato concesso di vivere in quel luogo accanto a lui dal maggiore e, successivamente, da tutti quei ufficiali che avevano visto in lei un punto di svolta dopo aver potuto vedere in prima persona le sue abilità nella pura e semplice carneficina. Le era stato concesso di vivere in quel territorio e in quel mondo come un'assassina al solo e unico servizio dell'esercito, come uno strumento di guerra privo di documenti e di una propria entità, che si sarebbe dovuta occupare di qualsiasi situazione scomoda, nascosta dall'oscurità della notte.


Grandi lacrime per la prima volta nella sua vita sgorgarono imperterrite sul viso della giovane guerriera che portava il nome di uno splendido fiore; tutto era cambiato troppo velocemente dinanzi al suo sguardo impietrito per permetterle di rendersi realmente conto della situazione spiacevole in cui si trovavano. La sua stessa aura demoniaca in quel momento era totalmente svanita, morte e distruzione l'avevano da indiscussa padrona intorno a loro. L'odore metallico del sangue in quel campo di battaglia stava diventando oscenamente insopportabile.

In quell'istante, anche se non era capace di comprendere correttamente i propri sentimenti, lei si odiava con tutto il suo cuore.
Aveva permesso che la persona più importante della sua esistenza venisse ferita gravemente e, come se non bastasse, non era stata in grado di proteggerlo, non era stata in grado di adempiere correttamente al suo ruolo di scudo.
A cosa erano serviti tutti i suoi sforzi, ora, che lui era senza forze seduto goffamente su quei gradini ricolmi del loro stesso sangue, pieno di ferite?

A cosa erano serviti i suoi sforzi se lui era lì, dinanzi a lei, esausto e sul punto di perdere la propria vita, che la pregava di smetterla di tentare di salvarlo, piangendo a sua volta?
A cosa erano serviti i suoi innumerevoli sforzi per restare al suo fianco ora che lui la pregava di scappare dall'esercito e di vivere libera?
A cosa erano serviti i suoi sforzi ed essere usata come uno strumento mortale, ora che lui le rivelava i propri sinceri sentimenti nei suoi confronti?
Aveva dovuto trattenere ogni suo singolo muscolo in quel momento per evitare di urlare tutto il suo dolore, permettendo invece alle sue calde e salate lacrime di finire su quelle fredde pietre a terra come glaciali proiettili, mentre ingenuamente pensava se fosse un male la possibilità di morire lì con lui.

Voleva continuare a restare al suo fianco, con lui, indifferentemente se nella vita o nella morte.
Doveva essere e restare per sempre uno strumento privo di emozioni, eppure perché stava soffrendo tanto in quel momento, alla vista di qualcosa che si era palesato continuamente dinanzi ai suoi occhi per quattro lunghi anni?
Aveva sempre visto la morte, il sangue e la vita abbandonare le persone, eppure per quale ragione in quell'esatto momento sentiva tante fitte così dolorose e insopportabili al cuore? Perché le sembrava di essere continuamente pugnalata da una serie infinita di lame?
«Ti amo, Violet. Sii libera... e vivi».
A cosa era servita quella guerra, ora che lui era in quello stato dinanzi a lei?


 
Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l'abisso ti guarda dentro.

 
* * * 

 
«Tu cosa ne pensi, Violet?» domandò con tono pacato l'uomo dalla folta zazzera cremisi seduto comodamente su una bassa poltrona dinanzi a lei, a poco meno di un metro di distanza. 
La loro conversazione aveva preso celermente una piega che non si era minimamente immaginato potesse prendere, eppure inarcò appena un sopracciglio, come se si trattasse di una semplice routine per lui, rendendo se possibile la sua espressione ancora più intrigante di quanto non lo fosse normalmente, palesando la sua curiosità sul pensiero della ragazza che aveva preso sotto la sua ala protettiva al termine della guerra continentale – quella lunga guerra che aveva logorato tutti dall'interno, creando profonde ferite e bruciature negli animi delle persone che ancora conservano sul loro corpo, nonostante il lungo asso di tempo oramai trascorso –, che aveva visto proprio lei come il soggetto principale operante nell'ombra, fuori dai registri dell'esercito o del paese. Era rinata molto tempo più tardi come persona e tra gli archivi come una fenice dalle proprie ceneri, sotto il nome di Violet Evergarden. 
Dopotutto, lei era stata per quattro lunghi anni e un altrettanto lungo mese sui campi di battaglia, operando come la miglior arma e il miglior scudo nelle mani di un alto ufficiale dell'esercito, diventando il soggetto predominante attivo nell'ombra all'interno del conflitto, togliendo la vita con crudeltà a chiunque intralciasse la strada a lei o all'uomo a cui aveva giurato silenziosamente una profonda lealtà. 
Lei era stata la fanciulla guerriera dei Leidenschaftlich.
La fanciulla profondamente incapace di provare sentimenti e, per quello, l'elemento più efficiente dell'esercito militare di Leiden per raggiungere una schiacciante vittoria contro il nemico. 
Quella era stata l'esistenza della giovane per una breve parte della sua vita, che l'aveva completamente segnata, anche nei semplici atteggiamenti quotidiani. 

«Che pensiero dovrei avere a riguardo, Presidente Hodgins?» ribatté la ragazza con un cinguettio, piegando appena di lato il capo. Il suo viso era angelico e inespressivo all'occhio più superficiale, come del resto lo era sempre stato, in qualsiasi situazione, eppure un occhio più attento - l'occhio di qualcuno che conosceva la ragazza in questione, poteva affermare di vedere qualcosa, quando la fanciulla non decideva di chiudersi in se stessa. La sua bellezza era travolgente, tanto da togliere il fiato a chiunque la osservasse; nastri di un sgargiante rosso scuro decoravano la pettinatura finemente intrecciata, un lungo abito intero bianco le ricopriva il fisico snello, risaltando al meglio le proprie forme, al di sopra, una giacca tinta da un bel blu di Prussia rinforzava il candido colore dell'abito. Una brillante spilla di un intenso verde smeraldo spiccava sul suo petto, fondendosi nei suoi stessi colori quando fasci di luce solare la colpivano. La giovane portò immediatamente la mano a sfiorarla, come se il semplice gesto le procurasse una forza innaturale.
Lei era una bellezza capace di togliere il fiato. 

I lunghi ciuffi biondi le incorniciarono il viso, accarezzandolo dolcemente, mentre puntava quelle due profonde pozze di zaffiro su Claudia Hodgins, il presidente della compagnia postale CH nonché il migliore amico della persona più importante per lei che aveva servito all'interno dell'esercito, dove lei vi lavorava come – la miglior – bambola dei ricordi automatici. 
«Sei stata sui campi di battaglia per tanto tempo, Violet...» iniziò dolcemente l'uomo, rivolgendole un lieve sorriso. «Immagino ti sia fatta un'idea tua, specie dopo i tuoi numerosi incontri che hai avuto modo di avere svolgendo il tuo lavoro da amanuense».
Il continuo parlare dell'uomo che l'aveva accolta come se fosse sua figlia, spinse la Bambola a ritornare indietro nel tempo, nel giorno in cui aveva arbitrariamente scelto in che parte del mondo andare e chi servire, anche per un breve istante. 


 
… É un piacere conoscervi. 
Mi recherò ovunque per soddisfare le vostre richieste. 
Sono una bambola di scrittura automatica, 
Violet Evergarden, 
al vostro servizio.


 
Era arrivata troppo tardi. Di nuovo, anche in quella situazione, non era stata in grado di proteggere una persona, nonostante non avesse alcun legame con tale individuo si riteneva profondamente colpevole per il destino a cui era andato sfortunatamente incontro.
Al suo arrivo, il giovane soldato che aveva richiesto i suoi servigi era prossimo alla morte, attaccato da uomini, soldati della fazione opposta che ancora non erano in grado di abbracciare il fatto che la guerra fosse oramai giunta al termine da tanto tempo e che loro l'avessero persa, tanto da giocare e divertirsi con l'esistenza altrui nel modo più crudo e beffardo. 
Per quanto lei provasse a stare distante da quel mondo e dal suo passato, il passato continuava a farle visita di tanto in tanto bussando alla sua porta, mostrandole che i soldati che l'avevano vista sul campo di battaglia in passato e che erano riusciti a non imbattersi nella sua furia, l'avevano ancora impressa nella propria memoria e nei propri incubi. 
Mentre scriveva le ultime volontà di quel giovane, i suoi ultimi pensieri, le sue speranze e i suoi sentimenti per le persone a cui più era legato e a cui tanto aveva desiderato tornare, si rese conto più che mai delle sue azioni passate; di tutte le vite, i desideri, sogni e sentimenti che aveva stroncato, di tutto il male che aveva creato per un bene ritenuto maggiore e fondamentale, per la sopravvivenza di tutti i civili di una terra che nemmeno le apparteneva. In quel momento, per la prima volta, si rese conto di non essere mai stata, realmente, dalla parte dei buoni. Si rese conto più che mai di essere stata un mostro, un antieroe.
Si rese conto che anche i buoni, quelli ritenuti eroi dai più, spesso sono pienamente in grado di diventare il nemico e il male più grande per le altre persone incapaci di comprendere il motivo scatenante delle azioni attuate dall'eroe. Si rese conto che l'armatura degli eroi non è sempre così scintillante come si vuole far credere.
Si chiese quanti soldati della fazione opposta, così simili al suo cliente, aveva massacrato nel periodo in cui lei stessa era un soldato.
Quanto dolore ho procurato?, si domandò a denti stretti, mentre lasciava scivolare una lacrima sulla propria guancia alla vista della vita che stava abbandonando il giovane soldato, stringendo la mano di quell'individuo che non meritava una morte simile, troppo giovane per perdere la vita in tale modo, troppo giovane per assistere in prima persona all'oscurità della guerra, troppo giovane per essere realmente riuscito a realizzare i propri sogni.
Troppo giovane...


«Io penso che non ci sia una reale salvezza per tutti noi. Ci siamo macchiati... mi sono macchiata di atti orribili. Penso che il ruolo dell'eroe e del nemico spesso non sia così chiaro, molte volte poi il nemico è sia l'eroe che il male, lo stesso ovviamente vale anche per chi riteniamo come l'eroe della storia...» disse la ragazza, azzardando un lieve sorriso teso. 


… per quell'abisso e per quei mostri che lo ritengono la propria casa. 

Violet ricordò di aver osservato a lungo i cupi occhi di quell'uomo, di quel prigioniero, che aveva chiesto i suoi servigi da amanuense. Erano gli occhi di un uomo che non era stato in grado di impedire all'abisso di osservare il suo animo, incupendolo sempre più.
Gli occhi di un uomo che non erano stati capaci di accettare la propria sorte, di accettare la fine di un conflitto, gli occhi di un uomo che aveva scelto di propria iniziativa il cammino sbagliato, il quale aveva avuto la forza di procedervi senza tornare indietro, anche dopo aver avuto modo di notare tutte le atrocità che nascondeva. 

Incontrando un simile individuo, Violet era stata in grado di comprendere l'oscurità presente in ogni animo umano, compreso il suo. Aveva compreso che il confine tra bene e male era estremamente labile e sottile, facilmente malleabile in base al singolo individuo, al singolo e peculiare pensiero umano, il quale contraddistingue tutti dalla massa. 
Ogni individuo malevolo pensa di essere nel giusto, seguendo i propri ideali. Ogni individuo benevolo pensa di essere nel giusto, camminando nell'oscurità.

Edward Jones, nonostante il tempo passato, era ancora fermamente convinto di essere dalla parte giusta, dalla parte del giusto, dalla parte dei buoni; lui aveva protetto la propria patria, aveva ucciso per la sua gente, era diventato abile nel massacrare per i civili che aveva tanto desiderato proteggere, anche se successivamente quegli stessi civili l'hanno ripudiato nel peggiore dei modi.
«Tu sei un mostro come me, no, Violet?».
 

«Quindi... il mio pensiero è che se la guerra avesse avuto un finale diverso...» sussurrò lei, prendendo delicatamente la mano dell'uomo che era diventato una figura estremamente importante per il suo presente e per il suo futuro. «Molto probabilmente non sarei qua, ma dal momento che sono qua, voglio agire solo nel migliore dei modi, nel bene. Voglio aiutare le persone e voglio tentare di perdonare i miei tanti orribili errori».

 

 
 
 
 
   
 
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