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Autore: Shireith    30/04/2021    4 recensioni
Due volte in cui le lacrime spezzano il silenzio,
due volte in cui le lacrime spezzano Downton;
una volta in cui il dolore spezza una donna,
e una soltanto.

Breve introspezione di poche pretese ambientata dopo la quinta stagione.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Edith Crawley, Mary Crawley, Tom Branson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Downton c’è silenzio


Tre volte.
 
 La prima volta sono a Downton e c’è un silenzio assordante, innaturale, che fa quasi stare male.
 Ci sono solo lacrime nei residenti della tenuta, aristocrazia e servitù che per una notte, una soltanto, rompono ogni convenzione sociale, azzerano le distanze e si ritrovano, ognuno uguale all’altro, nel dolore.
 Ci sono solo lacrime, eppure sono silenziose, consumate nell’intimità della propria camera, mentre il resto del mondo è a dormire.
 Solo un rumore, come un tuono che squarcia il cielo, osa interrompere il silenzio, spezzandolo come un ramoscello fragile – Sybil inizia a piangere ed è proprio Tom, contro ogni convenzione dei Crawley, ad andare da lei.
 La avvolge tra le sue braccia, quella fragile creatura che ora è tutto il suo mondo, e la osserva senza mai distogliere lo sguardo, quasi temesse di perdere pure lei.
 Una lacrima gli scende lungo la guancia, silenziosa come tutte le altre; solo la piccola Sybil si fa sentire perché le sue, dopotutto, sono lacrime naturali, non lacrime di chi la vita la conosce abbastanza da sapere quanto sia crudele e ingiusta.
 
 La seconda volta sono a Downton e il silenzio è lo stesso; assoluto, straziante, tenuto da tutti, sembra che voglia imitare quello della prima volta.
 Le lacrime ci sono per tutti e Mary lo sa, ma non ci si sofferma – riesce a stento a pensare a Isobel, al piccolo George. Non ricorda nulla da quando le hanno comunicato la notizia, come se, in quello stesso istante, un’altra donna avesse deciso di abitare il suo corpo. Non sa quando si è resa conto di essere nelle sue, nelle loro, stanze. br />  Osserva la porta e per un attimo si aspetta di vedere Matthew entrare.
 E a vederlo lo vede, lo vede ovunque – tra le lenzuola che hanno condiviso, sull’erba della tenuta che tante volte hanno calpestato insieme; lo rivede nel suo stesso riflesso appena visibile allo specchio, quando l’oscurità e il silenzio le fanno compagnia.
 A stento si accorge del pianto di George, unico suono che riesce ad ancorarla nuovamente alla realtà e farle capire che è tutto reale, che quella Downton assopita e in lutto esiste davvero.
 Sa che dovrebbe alzarsi, ma non ce la fa. Probabilmente, pensa, è la balia a cullarlo, mentre i suoi lamenti fanno da sottofondo ai ricordi che Mary rivede nello specchio come fossero dipinti in un quadro.
 Il suo quadro, se esistesse, sarebbe nero e angosciante; sarebbe silenzioso come il giorno in cui ha perso tutto, e come tutti quelli a venire.
 
 La terza volta sono a Downton, ma le lacrime non sono di nessuno se non di una persona – di una donna. Se anche la sua famiglia sapesse, pensa Edith, non cambierebbe nulla. Nessuno sprecherebbe lacrime per lei. Non la servitù, non la sua famiglia. Sua madre, forse lei sì. Suo padre la giudicherebbe. Sua nonna anche. Mary anche.
 Ha sbagliato, ma non si pente di quel che ha fatto, solo di non poter vivere il risultato del suo errore alla luce del sole. E si chiede come stia, l’errore, mentre nessun pianto di bambina osa sfidare il silenzio della notte (non è silenzio di lutto, non è silenzio di rispetto).
 Edith la immagina che piange, cullata da voce e braccia che appartengono a un’estranea – estranea che della bambina conoscerà il pianto e la risata, estranea che presto quelle labbra di bambina assoceranno alla parola mamma, cinque lettere e due sillabe che feriscono più della lama di un coltello.
 
Tre volte.
Due volte in cui le lacrime spezzano il silenzio,
due volte in cui le lacrime spezzano Downton;
una volta in cui il dolore spezza una donna,
e una soltanto.
 
Sybil non c’è,
Matthew non c’è,
Michael non c’è.
E per chi rimane,
il nulla rimane.
   
 
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