titolo: angel
flying too close to the ground
autore:
strangertomyself
pairing:
lily/scorpius
personaggi: lily potter, scopius
malfoy
genere: introspettivo, romantico,
malinconico
rating: verde
avvertimenti: one-shot, scorpius
POV.
disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
J. K. Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di
lucro.
note: è una storia triste, precisiamolo. si dovrebbe intendere,
in effetti, ma nel caso sia poco chiaro lo ribadisco di nuovo ;) l’ispirazione
giunge dall’omonima e meravigliosa canzone di Beth Rowley, e quindi è grazie a
lei se è qui. Ma l’interpretazione di Scorpius e Lily è mia, ne vado parecchio
fiera. sono troppo affezionata a questi due e al mio immaginario nei loro
confronti ùù quindi non scippatemela o vi scateno dietro papà Draco eh! ò\/ò XD
Oh beh, che altro? è una lily/scorpius, dovrebbe già dire molto. mi piace,
stranamente, ed è
angel flying too close to the
ground
“So leave me if you
need to
I will still
remember
Angel flying too
close to the ground”
Lei era sempre stata
una creatura pericolosa, troppo libera e troppo
turbolenta.
Svolazzava libera
fra le nuvole, scuotendo le penne rossicce, e viveva del soffio del vento sulla
sua pelle pallida. Usava planare verso il basso, caricando le ali con
determinazione, e con un tiepido sorriso vittorioso solcare le acque e lasciare
dietro di sé la scia del suo passaggio.
Così era Lily
Potter, così era sempre stata.
Fra le lentiggini
delle sue guance nascondeva la diabolica smorfia, e gli occhi di quel torpore ti
spiavano saccenti, curvando appena le sopracciglia con sfacciataggine. Poi
rideva sibillina, prima di dare la sua innegabile visione delle cose. Ed era
sempre, sempre, maledettamente giusta.
La prima volta che
l’avevo conosciuta si era chinata verso il suo amico Weasley, schiudendo appena
le labbra e schioccando la lingua. “Così questo sarebbe Scorpius Malfoy?” aveva
pronunciato, mentre le osservavo innegabilmente la piega della bocca, curioso.
Aveva quasi
volteggiato su sé stessa, stretta nella divisa rosso oro, e come se la mia
altezza non la disturbasse, aveva piegato il capo di lato elargendo un’occhiata
compiaciuta sulla mia figura.
“È
carino”.
Aveva riso ancora,
incrociando gli occhi con Weasley, e una ciocca ramata le era sfuggita di fronte
al volto, sfiorandone il collo nudo. E Poi mi aveva superato stringendo un lembo
del mantello, ma poco prima che sentissi il suo profumo scomparire dalle mie
narici si era fermata.
Il suo respiro mi
era arrivato tiepido all’orecchio. “Ma è troppo buono” solleticò, con una nota
violenta nella voce.
L’avevo sentita
camminare frettolosamente dietro di me, e sapevo che il suo mantello stava
svolazzando nell’aria, libero, troppo vicino per non farsi
male.
“If you had not have
fallen
then I would not
have found you”
Conservo quel
ricordo gelosamente.
Mia madre, quando
avevo appena dieci anni e le sorridevo con leggerezza, mi scrutava in viso e mi
carezzava le guance con un sorriso amorevole. “Tu sei troppo buono per il mondo,
Scorpius”, mi sussurrava, prima di baciarmi la fronte di sfuggita. “Non
lasciarti portare via. Da nessuno, intesi?”.
Ascoltavo le sue
parole senza cognizione di causa. Annuivo, rapito dalla sua voce così familiare
e piacevole, ma il vero senso di ciò che intendesse dire non mi giungeva
pienamente. Erano solo parole sfocate, perse nell’aria dell’immenso giardino di
casa.
“Neanche da un
angelo”, continuava, con ferma dolcezza. “Promettimelo”.
Io promisi, con
tutta l’innocenza e l’infantilismo che possedevo a quel tempo, e ricordo di aver
sentito un sospiro sfuggirle dal petto, come una tacita e muta risposta.
Ma le promesse dei
bambini non valgono, vero?
Io non l’ho
mantenuta, e sono stato portato via. Rapito da un angelo caduto, troppo violento
e solo per non trascinarmi con lui.
Perdonami, Madre,
perdonami.
“I knew someday that
you would fly away
for love's the
greatest healer to be found”
Forse fui io ad
allontanarla da me.
Era un angelo
libero, con le ali spiegate verso il mondo, ma quando riuscii a trascinarla
vicino al mio cuore - seppur per poco - ma così vicino, che non riuscì più a
lasciarla andare via da me. Ero un ragazzo egoista, lo sapevo: eppure ero
sicuro, certo, che lei avrebbe vissuto meglio al mio fianco, piuttosto che nel
cielo azzurro.
In fondo, Lily
Potter non era realmente un angelo. Era solo una ragazza come le altre, dai
tratti delicati e il carattere indipendente e fuori dalle righe. Lei tremava
come una foglia e si dibatteva come un uragano, ed allo stesso tempo: forse fu
questo che mi fece innamorare di lei.
Io invece ero solo
un involucro ghiacciato, una gabbia dall’aspetto lucente e brillante: l’avevo
catturata e non desideravo altro che legarla a me per sempre. Era la mia
funzione, sì.
Ero stato una
prigione, ora me ne vergogno. E lo ero stato per un angelo troppo bello per
essere condannato alle catene in eterno.
Eppure lei non mi
aveva mai accusato, né nei suoi occhi sinceri era sorta ombra di rabbia o
rimorso per ciò che aveva perso: conservava il suo riso irriverente e la smorfia
sbruffona che sempre l’aveva caratterizzata.
Mi volteggiava
attorno, illuminando la mia vita come una lucciola. Ma io sapevo, per quanto non
volessi ammetterlo, che lei si stava spegnendo a poco a poco, chiusa nella mia
amorevole teca.
Mi sentii come
quell’imperatore che si deliziava del canto del suo usignolo, e ne desiderava il
sentire ogni giorno, costringendolo in una gabbia. Lily era il mio prezioso
animale, era di mio possesso, e quando me ne resi conto, riuscì precipitosamente
a recuperare la chiave del lucchetto che la teneva prigioniera a
me.
“I patched up your
broken wing
and hung around for
a while”
È questa dunque la
storia della mia prima storia d’amore.
Ora Lily Potter
volteggia nel cielo, libera, sfiorando ancora il suolo ogni tanto, avvicinandosi
a questo mondo a lei estraneo, fatto di esseri così soggiogati dalla sua
bellezza dall’amarla e tenerla a sé. Dopo che io l’ebbi legata a me, la lasciai
libera di andare.
Da allora, quando
guardo il cielo mi aspetto di sentire lo sbattere d’ali rossicce e un profumo
familiare scivolarmi fino alle narici; ma in realtà, non accadde mai
più.