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Autore: mattmary15    01/05/2021    0 recensioni
James Tiberius Kirk ha salvato il suo equipaggio con un gesto tanto eroico quanto disperato e ha battuto Khan al suo stesso gioco. Ora lo aspetta una buona convalescenza e il ritorno alla sua adorata Enterprise.
Probabilmente anche una medaglia e un picchetto d'onore. Questo almeno è quello che sperano Spock e Bones, gli amici sempre pronti a difenderlo. Sarà davvero così oppure una nuova avventura comincerà proprio dal punto in cui erano rimasti dopo l'ultima battaglia? La vita nello spazio non è facile, ma spingersi fin dove nessuno è mai stato prima si rivelerà piuttosto complicato. Jim, Spock e Bones dovranno andare oltre i loro limiti e, se possibile, riuscire a tornare indietro.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo I

L’inizio di una nuova avventura

 

Cristopher Pike non amava i giri di parole. La convocazione al consiglio supremo del comando della flotta era arrivata improvvisamente, ma lui la stava aspettando sin dal rientro dell’Enterprise nella baia di San Francisco.

Anche l’oggetto della riunione non era difficile da prevedere e Pike non rimase sorpreso nel momento in cui l’ammiraglio Cartwright spiegò a tutti che erano stati convocati a seguito di quanto accaduto il mese prima nell’orbita di Nuova Vulcano.

E qui giri di parole a non finire. 

Pike si chiese più volte perché dovevano girarci intorno in quel modo. La versione ufficiale era stata concordata con l’alto consiglio vulcaniano affinché gli eventi di quella nefasta data astrale venissero scongiurati. 

L’incredibile esplosione di una nave della flotta, condotta in incognito nello spazio orbitale di Nuova Vulcano perché rappresentasse un dono della federazione dei pianeti alla nuova colonia e che aveva illuminato a giorno tutta l’area, era stata causata da un mal funzionamento del motore a dilitio di ultima generazione. Vano era stato il tentativo dell’ammiraglio Marcus di salvare la nave. Piuttosto il suo sacrificio aveva consentito all’Enterprise di portare in salvo almeno il suo equipaggio. Nell’eroico atto di tentare un estremo salvataggio dell’ammiraglio, il capitano dell’Enterprise, James Tiberius Kirk, era rimasto gravemente ferito.

Tutte le persone sedute a quel tavolo sapevano a memoria la storia e tutte loro sapevano che era soltanto, appunto, una storia.

La verità, nascosta dalle loro belle parole e dalle loro scintillanti uniformi, era troppo grave per essere anche appena accennata.

Eppure Pike sapeva che il seme dell’animosità ingiustificata di Marcus, della belligeranza priva di ragioni, dell’arroganza nata dalla presunzione di conoscere sufficientemente l’universo, era attecchito anche in quella stanza.

Lo sapeva per lo sguardo carico di disappunto dell’ammiraglio Morrow all’idea di dare un encomio a Kirk, di autorizzarlo a scegliere da sé la sua prossima missione e di far partire l’Enterprise per un viaggio lungo cinque anni.

Morrow continuava a lanciargli occhiate tese a chiamarlo in causa.

“Persino il qui presente ammiraglio Pike che ha condotto più di una spedizione triennale, non ha mai pensato di avventurarsi in una missione di cinque anni. Dove vuole andare il capitano Kirk per aver bisogno di così tanto tempo?”

L’ammiraglio Blackwell impedì a Pike di rispondere.

“Forse vuole andare dove nessuno si è mai spinto prima, ammiraglio Morrow. Siamo esploratori, giusto? O almeno è quello che ancora dice che siamo l’insieme delle direttive della flotta. Non vedo nulla di strano nel desiderio di un giovane capitano di esplorare nuovi mondi andando coraggiosamente dove nessuno si è mai spinto.” Pike sorrise a Margaret Blackwell.

“Il capitano Kirk ha preso il comando dell’Enterprise in circostanze molto discutibili.” Insistette Morrow. Pike stavolta parlò.

“Cioè salvando la vita a me, all’equipaggio dell’Enterprise, e a mezzo milione di persone sulla Terra?” Nessuno ebbe il coraggio di replicare. Pike si alzò. “Signori, tutti noi sappiamo in quali circostanze la nostra splendida nave ammiraglia è andata distrutta. Sappiamo bene che fine ha fatto il suo equipaggio. Sappiamo pure che dovremmo chiudere questo file qui e ora una volta per tutte. Per il bene della federazione. Ammiraglio Cartwright, prima sarà e meno voci gireranno.”

“Lei è uno che non la manda a dire, Pike.” Rispose il capo della flotta.

“Mi conosce bene, signore.”

“E’ così e le sue affermazioni resteranno annotate. Tuttavia c’è qualcos’altro di cui parlare oggi.” Pike si riaccomodò e prestò attenzione al suo superiore. “L’attività nella zona neutrale della Jupiter non è passata inosservata come noi speravamo. Le nostre fonti ci hanno riferito che alcuni incursori Klingon hanno segnalato attività ostile nel loro territorio. Inutile dire che non hanno gradito. Hanno inviato ricognitori ai confini della zona neutrale sconfinando nei pressi del sistema della stella binaria. Per ora si sono sempre ritirati e i loro si possono definire raid inoffensivi.” Morrow intervenne.

“Si possono definire provocazioni.”

“Per ora no. Non hanno mai aperto il fuoco. Probabilmente vogliono farci intendere che non accetteranno senza conseguenze ulteriori sconfinamenti nel loro territorio.” Concluse Cartwright.

“Signore,” intervenne la Blackwell, “se gli facessimo sapere che il responsabile di quello sconfinamento è stato punito, potrebbero smettere. Sono un popolo che dà molto peso all’onore.”

“Lo so, ammiraglio Blackwell. Tuttavia non vogliamo dargli la certezza che lo sconfinamento è stato causato da qualcuno della federazione. Per il momento queste scaramucce ai confini della galassia sono ininfluenti. E’ più importante completare la cerimonia per insignire il capitano Kirk della sua onorificenza e chiudere questa brutta storia. Ammiraglio Pike, il capitano Kirk quando sarà in grado di presenziare ad una cerimonia in suo onore?”

“E’ in via di guarigione. Chiamerò oggi stesso l’ambasciatore Sarek e gli chiederò maggiori indicazioni sullo stato di salute del capitano.” Anche in questo caso Morrow non perse occasione di punzecchiare Pike.

“Adesso i capitani della flotta preferiscono gli ospedali vulcaniani a quelli della federazione?”

“Nuova Vulcano fa parte della federazione quindi gli ospedali di quel pianeta sono ospedali della federazione.” Asserì Pike. Cartwright pose fine alla disputa verbale. 

“Bene ammiraglio Pike, si accerti di quanto richiesto e mi aggiorni.”

Pike si alzò e prese la via per il corridoio. La Blackwell alzò il passo e si infilò in ascensore con lui.

“Non dare peso alle chiacchiere di Morrow.” Pike annuì. “Il tuo ragazzo sta bene?” Chiese poi con un tono più confidenziale.

“Non è il ‘mio’ ragazzo.”

“Avanti Christopher, lo so che è come un figlio per te.”

“Se lo sai, sai anche che non permetterò a Morrow di tirarlo in mezzo ai suoi tentativi di prendere il posto di Marcus.”

“Credi che sia di questo che si tratta?”

“Onestamente Margaret, credo di sì.”

“Non ti preoccupa di più che Cartwright non abbia alcuna intenzione di verificare la situazione con i Klingon?”

“In linea di massima sono d’accordo con lui sul fatto che al momento tra la federazione e i Klingon  ci siano solo scaramucce. A meno che non ci sia qualcosa che non ci ha detto.”

“Pensi che l’alto comando tenga riservate alcune informazioni persino al circolo ristretto degli ammiragli?” Pike fermò il turboascensore che era arrivato quasi a terra.

“Tu sapevi di Marcus?” Margaret lo guardò fisso negli occhi e incrociò le braccia.

“Vuoi sapere se ero a conoscenza delle sue attività borderline?” Pike annuì. “No. Tuttavia,” disse abbassando lo sguardo “non mi sento di escludere che qualcun altro ne fosse a conoscenza.”

“Morrow?”

“Ha mosso diverse navi di classe constitution e di classe defiant nel sistema solare esterno. L’ho trovato strano all’inizio perché non è la sua zona di competenza.”

“Hai fatto rapporto?”

“Ho fatto di meglio. L’ho affrontato direttamente e mi ha risposto che Marcus gli aveva chiesto un supporto tattico per una missione scientifica legata allo sviluppo di una nuova tecnologia di propulsione.”

“E ti ha convinta?”

“Confesso di sì. Da molti anni ci sono numerose basi spaziali che studiano un’alternativa al dilitio.”

“Questo è vero.”

“Ora non sono più così sicura che dicesse la verità.”

“Ormai Marcus non costituisce più un pericolo.”

“E le sue scoperte scientifiche?”

“Sotto chiave.”

“Allora cosa non ti convince Chris?” L’uomo sospirò.

“Non lo so, Margaret. Che ci faceva qualcuno dei nostri nello spazio Klingon?”

“Questa è la domanda da un milione di dollari. Non posseggo la risposta ma voglio che tu sappia che sono dalla tua parte.”

“Ne sono felice ma questo è proprio il genere di situazione che avrei voluto evitare. Non ci dovrebbe essere alcuna spaccatura nell’alto comando.” La donna sorrise maliziosamente e fece ripartire l’ascensore.”

“Non essere ingenuo, Chris. Funziona così da sempre. E vince chi mette i pezzi migliori in gioco.”

Le porte dell’ascensore si aprirono. “Arrivederci ammiraglio Pike. Per qualunque necessità la tua Enterprise potrà contare sulla mia Farragut.” La donna si girò e s’incamminò lungo i corridoi che conducevano all’hangar decollo navette.

Pike si voltò esattamente dall’altra parte per raggiungere il suo ufficio. Neppure le parole di Margaret gli avevano tolto la pessima sensazione che sotto le spoglie di una celebrazione festosa si stesse nascondendo il principio di un’altra minaccia globale.

 

Si stiracchiò con gli occhi aperti solo un po’. Non si sarebbe mai abituato alla luce di quel pianeta. Una luce calda e dorata. Una luce che gli scaldava il sangue, il cuore e le ossa.

Dalle labbra gli uscì un gemito di soddisfazione nel percepire che anche quella mattina i raggi del sole, riflettendosi sui petali di uno strano fiore, avevano puntellato il soffitto di vetro della veranda di mille puntini luminosi di ogni colore.

Era uno spettacolo che gli ricordava quello delle stelle nel cielo viste dalla plancia dell’Enterprise.

L’odore del caffè gli solleticò il naso. Anche quello era un privilegio. Su Nuova Vulcano nessuno beveva caffè. Era Spock a farglielo preparare di proposito. Un segno di ospitalità, diceva lui. Una coccola, pensava Jim.

Si voltò a cercare la tazza e incrociò lo sguardo di Spock. 

Come al solito, se ne stava seduto sulla poltrona accanto al divano dove lui riposava con un vecchio volume dell’accademia vulcaniana in mano. Jim si era sempre domandato quante volte lo avesse letto e cosa mai potesse contenere di tanto importante da spingerlo a portarselo dietro ovunque.

“Buongiorno, Jim.” La sua voce calma e gentile lo fece sorridere.

“Deve essere giorno da un bel po’ se sei già qui, vestito di tutto punto e con il tuo bel libro in mano o anche stanotte non sei andato a dormire?”

“Ho dormito. Per quanto i vulcaniani possono trascorrere molto più tempo degli umani senza praticare il sonno.” Jim si tirò su a sedere e allungò una mano per prendere la tazza di caffè fumante.

“E’ zuccherato?”

“Un cucchiaino. Senza latte.”

“Grazie Spock. Immagino che quando saremo sull’Enterprise non potrò pretendere lo stesso trattamento, vero?” Disse facendogli l’occhiolino. Spock finse di continuare a leggere ma una delle sue sopracciglia si arcuò.

“Non direi. No.” Jim scostò la coperta di lato e mise i piedi a terra. La vestaglia vulcaniana che lo avevano costretto ad indossare, seguì morbida il movimento delle gambe.

“Ci avrei scommesso. Notizie dalla Terra? Hanno finito di sistemare l’Enterprise?”

“Sono due domande. A quale vuoi che risponda per prima?” Jim si portò la tazza alle labbra e nascose la smorfia che le sue labbra involontariamente fecero. Era passato circa un mese dagli eventi che avevano portato alla distruzione della Jupiter e Spock aveva smesso di chiamarlo capitano dopo due settimane di continui battibecchi su quanto fosse appropriato che lui adoperasse il suo nome di battesimo in quel contesto. Jim avrebbe dovuto lottare ancora molto contro la sua logica applicata ad ogni cosa. Persino ad una stupida domanda come quella.

“Scegli tu. Sorprendimi.” Stavolta gli occhi di Spock lasciarono la pagina usurata del libro e si piantarono bene in quelli del suo interlocutore. Non nascondevano in alcun modo un certo disappunto.

“Ebbene,” disse chiudendo il libro e posandolo dove un attimo prima c’era la tazza di caffè, “la logica mi impone di cominciare dall’Enterprise. E’ stata collaudata ieri. Il signor Scott mi ha avvisato che la nave è pronta per affrontare qualsiasi viaggio.”

“Qualsiasi?” Gli occhi di Jim si illuminarono. “Persino una missione quinquennale?”

“Ritengo di sì. Questo ci porta alla prima domanda.”

“Ci sono problemi?”

“Il tuo intuito è sorprendente. Dovrò chiedere a Leonard di sottoporti a qualche test di tipo vulcaniano per verificare se ci sia qualche anomalia genetica in te.” Jim sbuffò e bevve un altro sorso di caffè. “Ad ogni modo, Scott mi ha informato anche che si è tenuto il consiglio dell’alto ammiragliato. Pare che vogliano insignirti di un’onoreficenza.” L’espressione di Kirk cambiò. Tutto il suo buon umore se n’era andato. “Non ti fa piacere?” 

Jim lasciò la tazza e si toccò il petto poco sotto lo sterno. A Spock non servì usare il legame per capire a cosa stava pensando l’uomo. 

Subito dopo il suo risveglio, grazie alle cure di Bones e al calore di Nuova Vulcano, Jim si era ripreso velocemente. I suoi organi interni e i tessuti erano guariti ad una velocità sorprendente. Tuttavia, più il fisico di Jim guariva, tanto la sua mente veniva scossa da tremendi incubi che gli provocavano mal di testa orribili. Bones diceva di non essere in grado di comprendere l’esatta natura di quei disturbi neurologici. Spock aveva messo da parte ogni orgoglio per chiedere aiuto a T’Paw, la più alta rappresentante della loro cultura. La saggia vulcaniana aveva ricondotto quei disturbi alla trasfusione subita da Kirk col sangue di Khan. Li aveva anche rassicurati che col tempo quella minima quantità di siero si sarebbe naturalmente diluita nell’organismo del suo capitano riportando la situazione alla normalità.

Nonostante tutte le rassicurazioni di una persona tanto influente, Jim continuava non solo a stare male con una certa periodicità ma a patire una sorta di incapacità di lasciare andare completamente il ricordo di quanto accaduto con John Harrison.

L’espressione che aveva in quel momento era esattamente quella del senso di colpa che, lui sapeva, Jim provava nell’essere sopravvissuto a scapito di Khan. Disse ciò che per lui era più logico.

“Non devi accettarla per forza.” Jim sorrise forzatamente.

“Fa parte dello show, non credi? Se non mi presento come faranno ad insabbiare tutto?” Spock si sporse col busto in avanti.

“L’ammiraglio Pike ha contattato mio padre per sapere quando sarai in grado di tornare in servizio.” Jim sospirò. Spock pensò che gli fosse scappato. “Sarek può sempre rispondergli che non sei ancora in grado di riprendere il servizio attivo.”

“No.” Disse Jim scuotendo il capo. “Sono guarito. Ormai tutte le mie ferite sono rimarginate.”

“Non è esatto. Continui a soffrire di una sindrome post traumatica importante.” Lo sguardo di Jim si fece duro.

“Ti ho detto mille volte di non chiamarla così!” Scattò in piedi. In quel momento le porte della veranda si aprirono. Non appena il nuovo arrivato vide le guance arrossate di Kirk, si affrettò a raggiungere il divano.

“Jim! Per l’amor di Dio, torna a stenderti! E tu,” disse Bones rivolgendosi a Spock, “non eravamo d’accordo che non devi contrariarlo? Al momento le sue condizioni sono ancora instabili.”

“Scoprirà che non ho fatto nulla per contrariarlo se non fare menzione della sua sindrome post traumatica.” Gli rispose il vulcaniano.

“Avevamo deciso di chiamarla cefalea ricorrente, se lo ricorda? O vuole che qualcuno ritenga Jim inabile al comando?” Lo rimbeccò Bones mentre faceva sdraiare un riluttante Kirk. Spock ebbe un improvviso e alquante inusuale scatto di rabbia e si alzò.

“Bene, il dottore è lei! Decida lei se il capitano è abile al comando dell’Enterprise. Si ricordi, comunque, che si è impegnato a trovare la cura per la, come la chiamiamo? Ah, cefalea ricorrente del capitano. Ora, con permesso, ho alcune questioni personali da sbrigare.” Concluse raggiungendo la porta e lasciando la stanza. Jim guardò perplesso Bones.

“Adesso perché se n’è uscito in quel modo? Lo hai sentito? Questioni personali? Quali questioni personali?” Bones si accomodò sulla poltrona su cui, fino a quel momento, era stato seduto Spock.

“E io che ne so? Dammi il braccio.” Jim allungò svogliatamente il braccio destro. Bones gli iniettò un siero.

“Cos’è?”

“Un altro tentativo di mantenere la mia promessa di guarirti.” Jim si rimise seduto.

“Bones, gli attacchi sono diventati sempre più rari e la strega vulcaniana ha detto che quando il mio corpo avrà diluito a sufficienza il siero con cui, te lo ricordo, mi hai salvato la vita, spariranno del tutto.”

“Ad ogni modo, non sapendo quanto tempo ci vorrà, io continuerò a provare.”

“Grazie, Bones.” Leonard sorrise come meglio riuscì. In cuor suo soffriva molto per aver messo Jim in quella situazione. Fu riportato di nuovo al presente dalla voce di Jim. “Questioni personali.”

“Si tratterà di qualcosa che ha a che fare con suo padre.” Ipotizzò Bones. Jim fece spallucce.

“Hai notizie dall’Enterprise?”

“So che la bagnarola è stata rimessa a nuovo.”

“Intendevo dall’equipaggio.” 

“Ho parlato con Sulu. Sta benone. E’ stato il compleanno di sua figlia cinque giorni fa. Checov ha passato tutto il mese con Scotty. Stanno lavorando ad un modo per rendere ancora più veloce la nave.”

“E Uhura?”

“Curioso che tu me lo chieda.”

“Perché?”

“E’ stata assegnata da Pike alla stazione spaziale orbitante di Giove.”

“Cosa? E perché?”

“Non lo so, ma l’unica giornata di congedo l’ha presa per venire qui.”

“Aspetta un momento. Uhura è stata qui? E non è venuta a trovarmi?” Bones si alzò e andò al tavolino dove c’erano varie bevande. Si versò un bicchiere da una bottiglia piena di liquido ambrato. Non era scotch ma ne aveva la stessa gradazione alcolica.

“Voleva vedere Spock.”

“Naturale,” lo interruppe Jim “però poteva anche passare a salutarmi.”

“E’ venuta quando ancora non stavi bene e le tue crisi erano frequenti. Spock le ha gentilmente ma altrettanto ostinatamente detto che visite non programmate erano inopportune. E l’ha congedata. Da allora non è più tornata.” Jim si rabbuiò.

“Ha litigato con Spock?”

“Direi che si sono salutati un po’ freddamente ma non credo che abbia a che fare con te. L’ho sentita nominare una certa T’Pring.”

“Origliavi?”

“Discutevano a voce alta.”

“E chi è questa T’Pring?”

“Ah, io non lo so. E ti dirò di più, non lo voglio sapere.”

“Ok, però c’è ancora una cosa che io voglio sapere e sei l’unico a cui posso chiedere.”

“Dimmi pure.”

“Non percepisco più il legame che avevo con Spock. Si è spezzato o cosa?” Leonard bevve ciò che ancora era rimasto nel bicchiere e rispose.

“Vorrei poterti dare una risposta ma tutto ciò che posso dirti in proposito è che Spock ha continuato a restarti accanto. A volte rimaneva ore intere a fissarti in silenzio. Non so se fosse il legame ma di certo lui è legato a te.” Jim annuì e si sforzò di non pensare a niente altro.

 

Spock unì le mani dietro alla schiena. Sarek era in piedi accanto a lui. Entrambi guardavano la serra costruita in perfetta imitazione di quella coltivata da Amanda e nella cui veranda ora riposava Jim Kirk. 

“Tu fraintendi, figlio mio,” la voce di Sarek era sinceramente preoccupata, “la mia non è un’imposizione. Sei libero di seguire il cammino che preferisci. Quello che sto facendo è consigliarti. Ti esorto a valutare tutte le implicazioni del tuo gesto.” Spock si girò a guardarlo negli occhi.

“So bene che rifiutare T’Pring non è consono alle nostre usanze e verrò biasimato per questo. Confido che l’alto consiglio sarà clemente. Terrà certamente conto del mio svantaggio.” Calcò la voce su quell’ultima parola, la stessa che era stata adoperata il giorno in cui aveva aveva superato la prova per entrare nel corpo di esplorazione scientifica vulcaniano. Quel giorno l’ammissione gli sarebbe costata la dignità. Sarek strinse di più una mano nell’altra ma non mutò la sua espressione.

“Tu pensi che rifiutare T’Pring sia una cosa che riguarda solo lei, ma non è così.” Provò a dire Sarek.

“So benissimo che riguarda anche me.” Disse Spock ma Sarek scosse la testa.

“Non è agli aspetti sociali che mi riferisco, benché anche quelli siano rilevanti ai fini di una valutazione. T’Pring appartiene ad una nobile famiglia e dopo la distruzione di Vulcano, T’Paw l’ha presa sotto la sua protezione. Lei ti ha aiutato quando le hai chiesto di visitare il capitano Kirk ma sarà contrariata dalla tua volontà di venire meno ai patti con la sua protetta. Tuttavia è agli aspetti pratici che pensavo. Che succederà quando arriverà per te il tempo del Pon Farr?” 

A quella domanda, Spock abbassò lo sguardo. Suo padre comprese subito a cosa stesse pensando.

“Ricorrerò alla meditazione.”

“E’ una strada poco percorribile per te.” Gli occhi di Spock furono attraversati da un baleno.

“Per il mio svantaggio?”

“No, Spock. Per via del fatto che tu hai già stabilito un legame. Il capitano sa quali sono i rischi che corri se in quel momento non avrai una moglie pronta ad accoglierti? Non sa nulla, vero?”

“Non c’è stato alcun modo di parlare di cose simili. Inoltre il mio legame con Jim non è di quella natura.”

“Quindi è illogico il tuo desiderio di sciogliere il patto con T’Pring.” Spock esitò.

“Non vi è nulla di più logico, invece. Non potrò mai donare me stesso a T’Pring come lei si aspetta che io faccia.”

“Queste sono cose che dovreste discutere tra voi. Nessuno può conoscere le aspettative di T’Pring meglio di T’Pring. E’ con lei che dovresti parlare.”

“L’ho fatto, e sono giunto alla determinazione che le nostre esigenze sono incompatibili.” Se Sarek fosse sorpreso dall’apprendere che Spock e T’Pring si erano già parlati, non lo diede a vedere. Entrambi rimasero per un attimo in silenzio poi, continuando a guardare verso la finestra, Sarek parlò.

“Il mio consiglio è questo: se ne hai la possibilità, rinvia la comunicazione delle tue decisioni fino al tuo prossimo ritorno. Ho sentito dire che l’ammiraglio Cartwright intende assecondare la richiesta del capitano Kirk di una missione di durata superiore a quelle solitamente assegnate alla flotta. Se T’Pring è dotata di buona logica, comprenderà da sola che sarebbe di maggiore convenienza sposare qualcun altro dei suoi pretendenti.” Spock soppesò una ad una le sue parole e annuì.

“Farò come suggerisci, padre.” 

“Cosa devo riferire all’ammiraglio Pike? Mi ha fatto recapitare un messaggio in cui chiede quando il capitano Kirk sarà in grado di riprendere servizio.”

“Per quello bisognerà domandare al dottor McCoy.”

“Allora fallo e dammi un termine. Dovrò pur dire qualcosa all’ammiraglio.”

“Vado a parlare col dottore.”

Spock lasciò la stanza ma si diresse verso la serra. Se doveva dare una data a Sarek, c’era solo una persona a cui poteva chiedere e quella persona era Jim.

 

Il medicinale che Bones gli aveva iniettato lo aveva intorpidito. 

Jim cercò di rilassare i muscoli e chiuse gli occhi. Non poteva dire di essere stanco dato che era a riposo da un mese ma le costole gli facevano ancora male quando si muoveva e la testa era rimasta pesante come se assumesse ancora troppi farmaci.

Potevano essere passati circa quindici minuti da quando aveva socchiuso gli occhi che la porta si aprì. 

La figura che si ritrovò davanti non era familiare. Apparteneva alla razza vulcaniana perciò si sforzò di mettersi seduto e sorrise. Poteva anche star male ma era stato sempre galante in vita sua e se si ritrovava di fronte una donna, quant’anche aliena, si sarebbe alzato.

“Buongiorno.”

“Buongiorno a lei, capitano.” 

“Lei sa chi sono, io non credo di conoscerla.”

“Il mio nome è T’Pring, capitano, e no, non mi conosce. Io però ho molto sentito parlare di lei ed ero curiosa di conoscerla.”

Ed eccola, T’Pring. Aveva detto a McCoy di non essere curioso ma la donna che sembrava aver causato uno screzio tra Uhura e Spock, adesso era davanti a lui. Non c’era che dire. Era davvero bella. Altera. Qualcosa in lei però lo innervosì.

“Credevo che i vulcaniani fossero del tutto estranei alle emozioni.”

“La mia curiosità è logica, capitano.”

Ed ecco anche la logica. L’unico vulcaniano con cui Jim aveva interagito realmente era Spock. Sentire qualcun altro parlare come lui lo infastidì. All’improvviso si rese conto che non era incline ad essere trattato in quel modo da nessun altro della sua razza.

“Se lo dice lei! E come posso soddisfare la sua curiosità?”

“Spiegandomi come ha creato un legame con Spock.” La domanda arrivò a bruciapelo. Gli occhi della donna non esitarono nel rimanere agganciati ai suoi per tutto il tempo. Jim s’irrigidì.

“Spock direbbe che queste sono questioni private.”

“Per tale ragione lo sto chiedendo a lei, capitano.” Ogni volta che diceva ‘capitano’, l’accezione del termine di T’Pring diventava dispregiativo.

“Mi dispiace sembrare sgarbato ma non sono tenuto a raccontare cose di questo genere ad una persona che incontro per la prima volta.”

“Lei è un ospite qui. Gli ospiti si comportano con educazione. Sulla Terra si usa fare diversamente?”

“Sulla Terra è buona educazione non fare domande invadenti.” Jim fece forza sulle ginocchia e si alzò in piedi. Ora non si trattava più di galanteria. Voleva fronteggiare la donna occhi negli occhi.

“Ora comprendo. I suoi occhi sono del colore del ghiaccio ma nascondono un fuoco che arde. Lo stesso fuoco che brucia nel petto di Spock. La sua logica spesso è corroborata da una passione che nei vulcaniani manca del tutto.”

“Dunque lei è una conoscente di Spock.” La donna sorrise maliziosamente.

“Non è esatto. Io, capitano, sono sua moglie.” Jim rise.

“Non mi crede, capitano?”

“Non c’è verso che Spock non mi abbia detto una cosa simile.” Lo disse con fermezza ma già un attimo dopo che le parole avevano lasciato le sue labbra, la cosa gli sembrò possibile. Bones non gli aveva rivelato che Uhura e Spock stavano litigando riguardo a lei? E se Nyota avesse appreso quella notizia e si fosse infuriata? Scosse appena la testa. Aveva visto i pensieri di Spock, se una cosa simile fosse stata reale, lui l’avrebbe vista nella sua mente. Eppure da quando aveva ripreso i sensi, gli sembrava che il legame fosse svanito. La voce di T’Pring lo scosse dai suoi pensieri.

“Ora capisce perché voglio sapere come ha fatto a tendere un legame con lui?” Jim tornò a guardarla negli occhi.

“Se è davvero sua moglie, lo chieda a Spock. Io e lei non abbiamo niente di cui parlare.”

“Su questo concordiamo. E’ usanza per i vulcaniani presentare un dono a chi viene su Vulcano per la prima volta. Quindi voglio fagliene uno anche io, capitano. Può tenere Spock lassù, nello spazio, viaggiando a bordo della sua nave ma non tornì mai più nella mia casa. Se lo farà, non sarò più così generosa.”

Fu in quel momento che le porte della serra si aprirono. Se Jim era convinto di indossare la maschera della sorpresa, l’espressione che fece Spock entrando lo convinse che si poteva fare di meglio. Spock, tuttavia, non esitò sulla porta. Avanzò fino a che si trovò esattamente tra i due e si voltò a guardare T’Pring.

“Credevo di essere stato sufficientemente chiaro, T’Pring.”

“Lo sei stato, marito. Era logico vedere di persona.” Disse lasciando la stanza. Spock si voltò a guardare Jim. Non disse nulla. Quando le porte si chiusero, Jim sbottò.

“Marito? Tu sei sposato?” La voce era alterata.

“Jim, dovresti rimetterti a letto.”

“Tu osi dirmi cosa fare?”

“Ti sto soltanto facendo notare che le tue attuali condizioni non ti consentono di affrontare una discussione riguardo a questo argomento.”

“E perché no? Non hai fatto la medesima conversazione con Uhura?” Spock non ebbe bisogno di chiedere come lo sapeva.

“Sono questioni personali.” Jim coprì la distanza con un solo, lungo, passo e gli puntò un dito in faccia, il viso arrossato per la rabbia.

“Non osare dire più una cosa simile.” Spock lesse nei suoi occhi una rabbia che Kirk non gli aveva mai più rivolto dal giorno del loro confronto sul test della Kobayashi Maru. Neppure il giorno in cui erano arrivati alle mani sul ponte dell’Enterprise lo aveva guardato così. Sentì la calma venire meno.

“Il fatto che tu non conosca gli usi e i costumi dei vulcaniani non comporta che tu possa aggredirmi verbalmente in questo modo.”

“E’ costume dei vulcaniani avere più relazioni?”

“Definisci relazioni.” Jim sollevò entrambe le mani in alto in un gesto di stizza ma il dolore all’addome lo fece accasciare.

“Jim!”

“Non toccarmi!” Gridò lui allontanandolo. In quel momento la porta si aprì di nuovo e Bones entrò a passo svelto.

“Si può sapere che diavolo succede qui? Jim, per l’amor del cielo, rimettiti a letto! Ti ho somministrato un forte coagulante solo due ore fa! E lei, Spock, perché diavolo non lo aiuta?” Spock fece un passo indietro e lasciò che Leonard tirasse su Jim e lo rimettesse sul divano. “Allora chi dei due mi risponde?” Jim si chiuse in un ostinato silenzio. Toccò a Spock rispondere.

“Il capitano si è alterato perché ha conosciuto T’Pring.” Disse solo e Jim rise di un riso amaro.

“Forse se mi diceste chi è T’Pring, capirei meglio. Io non leggo nella mente di nessuno dei due.” Rispose il dottore. 

“Se è per questo neanche io. Non più, ma almeno ora so perché. Ci sono questioni personali che il signor Spock non vuole condividere. Peccato che abbia una moglie chiacchierona!” Sbottò Jim.

“Moglie?” Sussurrò Bones mentre si girava a guardare Spock.

“E’ chiaro che il capitano non comprende le più basilari fondamenta della cultura vulcaniana.” Insistette Spock.

“Cioè la poligamia?” Ironizzò Bones incrociando le braccia.

“Illogico. Io e il capitano non abbiamo quel genere di legame.” 

“Ah!” Strillò istericamente Jim. “Ho male interpretato il termine ‘T’hy’la’ di sicuro!” 

“Jim, sdraiati e sta’ zitto. Spock, venga fuori con me.” Spock seguì Bones oltre le porte. Quando il dottore fu certo che Jim non potesse sentirli, riprese. “Spock! Lei è sposato?”

“Almeno lei, dottore, vuol darmi il modo di spiegare?”

“In termini semplici e comprensibili anche da una persona emotivamente compromessa come lo sono io ora.”

“T’Pring è mia moglie per un rito officiato quando entrambi avevamo sei anni. Hanno fatto tutto le nostre famiglie. E’ una pratica comune e serve a garantire la salvaguardia della nostra specie. Oltre questo non posso dire.”

“Che significa che non può dire altro? Ha appena detto a Jim di essere sposato. Crede che sia una cosa su cui lui può soprassedere?”

“Il legame con Jim è di tipo non biologico.” Bones scosse la testa come se fosse confuso poi spalancò la bocca.

“Quindi tu vorresti dirmi che vorresti intrattenere un legame platonico con Jim mentre fai sesso con questa T’Pring?”

“Dottore! Non riduca in termini semplicistici il complicato sistema di accoppiamento vulcaniano.”

“Con il tenente Uhura però ci è andato a letto! Con lei aveva una relazione di tipo biologico!” Spock aprì le labbra per controbattere ma le parole che pronunciò furono diverse da come le aveva pensate.

“Ho chiesto scusa al tenente. Per quanto le abbia spiegato che io e T’Pring non abbiamo mai avuto rapporti biologici, ho compreso il motivo per cui si sia sentita tradita dalla mia omissione. Le ho spiegato che prima del mio Koon-ut-kal-if-fee, non si tratta di un vero e proprio matrimonio come lo considerate sulla Terra.”

“Mi arrendo. E’ tutto troppo complicato per me. Però le faccio una domanda. Se Jim le avesse nascosto una moglie o un’amante, lei come si sarebbe sentito?” Bones si girò e rientrò nella stanza dove aveva lasciato Jim. Spock lo seguì ma restò sulla porta.

“Avanti, Jim, lasciati misurare la pressione.” Mentre il dottore passava i suoi strumenti sul corpo del capitano, Spock si ricordò del motivo per cui era andato da Jim, tuttavia si rivolse a McCoy.

“Dottore, l’ammiraglio Pike ha mandato una richiesta a Sarek. Vuole sapere quando ritiene che il capitano possa tornare sulla Terra.”

“E’ ancora presto. Ci vuole almeno un’altra settimana di terapia.” Kirk lo fermò.

“Niente affatto. Sono guarito. Terminerai la mia terapia a bordo dell’Enterprise.”

“Jim per favore.” Provò a dire Bones.

“No. Abbiamo approfittato fin troppo dell’ospitalità di Sarek. Basta.” E, a questo punto, Bones non se la sentì di insistere. Sentì solo che la porta si aprì e richiuse. Spock se n’era andato.

  
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