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Autore: Rey Skywalker    02/05/2021    1 recensioni
Che cosa è accaduto nel periodo intercorso tra la fuga di Belle dal castello, dopo aver subito le ire della bestia, e il suo successivo salvataggio dai lupi da parte di lui? Che cosa ha provato la bestia? Quali sono stati i suoi pensieri?
Con questa one shot ho voluto provare a immaginarli e a descriverli.
"Ad un tratto, però, una consapevolezza gli trapassò la mente come una freccia appena scoccata: la rosa non era altro che una semplice clessidra, una straziante rimembranza che, come un pugno in faccia, gli rammentava l’orrendo essere che era stato e che era ancora. Ma a conti fatti rimaneva pur sempre un mero oggetto.
No. Non era quel fiore a essere la sua ultima possibilità. Era la fanciulla stessa. Colei che aveva fatto fuggire e terrorizzato, con tutta probabilità in maniera inesorabile."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adam, Belle, Lumière, Tockins
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La bestia respirò profondamente per riprendersi e riordinare i pensieri. E avrebbe voluto non averlo mai fatto, perché non appena realizzò ciò che era successo si portò una zampa agli occhi con un’espressione sconsolata.
Che cosa aveva combinato?
Aveva davvero esagerato, l’aveva spaventata di nuovo e questa volta ancora più del solito. La sua furia era stata talmente grande da indurlo a distruggere tutto quello che aveva davanti e al pensiero che probabilmente avrebbe potuto fare del male anche a lei, sentì una fitta al cuore.
Tentò in ogni modo di alleggerirsi la coscienza: la colpa era della ragazza, l’aveva provocato. Aveva disobbedito ai suoi ordini, era entrata nell’unico luogo in cui lui le aveva espressamente vietato di andare e per di più aveva osato avvicinarsi alla rosa, la sua rosa, l’unico legame con la persona che era stato ormai molto tempo addietro, l’unico strumento di salvezza, la sua ultima possibilità di redenzione. E chissà cosa avrebbe mai potuto fare quella sciagurata al fiore, non aveva la minima idea del potere che si trovava davanti agli occhi.
Ad un tratto, però, una consapevolezza gli trapassò la mente come una freccia appena scoccata: la rosa non era altro che una semplice clessidra, una straziante rimembranza che, come un pugno in faccia, gli rammentava l’orrendo essere che era stato e che era ancora. Ma a conti fatti rimaneva pur sempre un mero oggetto.
No. Non era quel fiore a essere la sua ultima possibilità. Era la fanciulla stessa. Colei che aveva fatto fuggire e terrorizzato, con tutta probabilità in maniera inesorabile.
Sospirando, si odiò con tutto se stesso. Già. Odio. Rabbia. Egoismo. Cattiveria. Lui non era altro che un insieme di tutte queste cose. Non sapeva più amare, forse non ne era mai stato nemmeno capace. E se voleva spezzare quella dannata maledizione, se voleva tornare un essere umano, doveva amare e, cosa ancora più difficile, farsi amare. E finora non aveva fatto nulla per provarci davvero. Si considerava perduto, senza speranza. Del resto, un mostro non poteva essere amato da nessuno.
Eppure improvvisamente nel suo castello era arrivata quella ragazza. Che fosse un segno del destino? Una sorta di messaggio da parte di qualche entità soprannaturale per dirgli che poteva ancora rimediare? Che poteva cambiare? Forse era impossibile amare un mostro, ma per l’uomo intrappolato al suo interno magari c’era ancora qualche chance. E da quella prigione potevano liberarlo solo due cose: lui stesso e la fanciulla.
Alla fine si decise e uscì a passo lento dall’ala ovest. Doveva parlarle, doveva scusarsi. Era sicuro che non l’avrebbe mai perdonato, forse nemmeno ascoltato o voluto vedere mai più, ma almeno doveva tentare.
Si diresse verso la stanza della ragazza, dando per scontato che si fosse rifugiata lì dopo il suo gesto sconsiderato, ma mentre meditava attentamente sulle parole che avrebbe potuto dirle, vide Lumière e Tockins che risalivano a perdifiato le scale dell’atrio correndo nella sua direzione con espressioni disperate.
“Padrone!” urlarono all’unisono.
“Che succede?” domandò leggermente alterato, anche se sapeva già chi riguardasse la risposta.
“Se… Se n’è andata…” disse respirando con affanno il candelabro.
“E’ fuggita.” Aggiunse tristemente l’orologio.
Inizialmente la bestia fu sul punto di adirarsi: come aveva osato? Aveva giurato, aveva promesso di restare nel suo castello per sempre, si era offerta lei stessa di scambiare la sua vita con quella del padre… E adesso quell’impertinente aveva sfidato per l’ennesima volta la sua autorità infrangendo quel patto.
Ma poi nell’animo della creatura si fece spazio una sensazione ancora più potente e complessa dell’ira: un senso di vuoto misto a rassegnazione. Del resto, come poteva biasimarla dopo ciò che le aveva fatto?
E cosa avrebbe dovuto fare lui ora? Inseguirla e riportarla qui con la forza? Sì, avrebbe anche potuto; era grosso il doppio di lei, era più forte, non gli ci sarebbero voluti particolari sforzi per tenerle testa.
Ma cancellò all’istante quell’assurda idea dalla propria mente: costringerla a tornare e restare contro la sua volontà per una seconda volta, soprattutto dopo che lei aveva assistito a ciò di cui egli era capace nei momenti di furia, avrebbe distrutto in maniera irreparabile ogni speranza di poter instaurare con lei un qualunque tipo di rapporto che rasentasse la soglia del positivo. Se già era cominciato tutto fra loro due con i peggiori auspici, agendo così non avrebbe risolto un bel niente. Lei l’avrebbe sempre temuto e odiato, nient’altro.
L’istinto gli suggerì che la cosa migliore da fare fosse lasciarla perdere. Lasciarla andare. Lasciarla libera. Lei avrebbe ritrovato la sua felicità lontano da quel posto e da uno come lui.
Ma lui? Cosa avrebbe ottenuto a parte la misera consapevolezza di aver compiuto forse la prima buona azione di tutta la propria vita? Il ritorno alla solita routine nella sua tetra dimora a crogiolarsi nella solitudine e nell’autocommiserazione? Vivere di soli rancore e rabbia per una colpa di tanto tempo fa e per una punizione così crudele? E la sua servitù, che aveva pagato per i suoi errori? Anche loro meritavano di tornare umani, di tornare felici. A conti fatti erano tutto ciò che aveva, gli erano sempre stati fedeli e non l’avevano mai abbandonato.
Dilaniato da questi pensieri, voltò le spalle ai due servitori si diresse verso la finestra più vicina: una forte tempesta di neve aveva iniziato ad abbattersi sulla foresta che circondava il castello. Con questo tempo, la ragazza avrebbe faticato parecchio nella sua fuga, probabilmente non sarebbe neanche…
D’un tratto prese una decisione: l’avrebbe seguita. Avrebbe pensato più tardi a cosa dirle o farle, ma al momento l’unica cosa che importava era che fosse al sicuro.
Con un ruggito saltò dalla cima delle scale atterrando nell’atrio, aprì l’immenso portone del castello e corse fuori più veloce che poté, il tutto sotto lo sguardo attonito del candelabro e dell’orologio.
 
Nonostante l’intenso gelo e i copiosi fiocchi di neve uniti al vento furioso che gli ferivano il muso come artigli, la bestia continuava a correre, fermandosi di tanto in tanto solo per controllare le impronte del cavallo sul quale la ragazza era fuggita. Fortunatamente il cattivo tempo non le aveva ancora cancellate del tutto e in più, nel caso le cose si fossero messe male, poteva anche contare sul proprio olfatto. Per pochi secondi fu quasi contento delle qualità del corpo animale in cui era imprigionato.
Mentre continuava ad avanzare nella tempesta notò che, ad un certo punto, oltre alle tracce degli zoccoli, se ne aggiungevano altre di tutt’altro tipo: lupi. Un intero branco. E li stavano palesemente inseguendo.
La bestia accelerò ancora di più il passo, pregando di arrivare in tempo: adesso sì che la ragazza era davvero in pericolo. Sperò che fosse ancora viva, che non le fosse accaduto nulla di male.
Dopo aver proseguito per qualche minuto, finalmente in lontananza li vide: erano completamente circondati dal branco. Il cavallo, le briglie incastrate nel ramo di un albero, tentava disperatamente di allontanare i predatori a suon di calci, mentre la fanciulla era riversa a terra, un lupo che le agguantava aggressivo il mantello e un altro ancora che stava per saltarle addosso. La ragazza urlò terrorizzata, ma l’animale non fece neanche in tempo ad avvicinarsi a lei che subito la bestia lo afferrò per il collo, ruggendogli contro minaccioso, e lo scagliò lontano piazzandosi sopra la fanciulla a mo’di scudo. Se quei lupi volevano farle del male, avrebbero dovuto passare sul suo corpo.
   
 
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