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Autore: whitemushroom    02/05/2021    2 recensioni
Non tutti i grandi allenatori iniziano da zero, catturando un Pokémon e partendo per il loro viaggio di crescita. Qualcuno infatti porta con sé dei Pokémon provenienti dal passato, dei compagni di squadra per cui si rischia solo di diventare l'eredità vivente di un grande Eroe. Se tanti ragazzi sognano di partire con al fianco i Pokémon più potenti della regione, la piccola Elspeth scopre che le cose non sono facili come sembrano.
L'ambientazione è tratta da una ruolata D&D ambientata nel mondo di Pokémon, ma in essa si muovono tutti personaggi originali.
Storia partecipante all'undicesimo anniversario del mitico thexiiiorderforum
Prompt: #proteggere
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Fandom: Pokémon Sunset - Journey Through the Vesper
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: giallo
Prompt: proteggere
Avvertenze: si tratta di un'ambientazione Pokémon originale, basata su una campagna in puro stile D&D

Solo il suo riflesso

Non lo ammetterebbe mai ad alta voce, ma adora Seveptapoli. I canali mormorano sotto la pioggia e durante i pomeriggi di sole; molti spettri trovano il luccicare dell’acqua piuttosto fastidioso, ma per Marshadow ha qualcosa che lo riporta indietro ai sussurri del Bosco Luccichio, a quei fruscii giocosi ed a quegli occhi pieni di vita che rincorrevano i loro passi tra i fiori appena sbocciati ed il tappeto di foglie sempre verdi.
La gente si riversa lungo le vie nel primo pomeriggio, i genitori che prendono sulle spalle gli zaini dei più piccoli prima di tornare a casa. I più grandi si lanciano nei bar per accaparrarsi i tavolini migliori e gustarsi insieme un Tapu Cocoa in attesa che escano i nomi dei nuovi partecipanti alle gare nell’arena. Il vociare aumenta mentre scivola tra un pontile e l’altro, un po’ nascosto tra le ombre del molo: un gruppo di ragazzi si sta scattando foto insieme ai propri Pokémon nella speranza di immortalare quel giorno nella loro vita, e tra di essi Marshadow ne riconosce uno che sta andando forte, un giovanotto di Kalos che ha visto passare anche in televisione. Lui ed il suo Mantyke sono scesi al centro di un canale, piedi in acqua, ed il Pokémon da competizione emerge dal riflesso del suo allenatore in anello di spruzzi d’acqua che in pochi minuti attirano tutti i bambini dell’area.
In fondo sarebbe bello avere un riflesso come gli altri Pokémon.
Un altro se stesso da salutare ogni tanto durante una pigra passeggiata della domenica, a cui mandare boccacce o lanciare la ghiaia in attesa di vederselo comparire di nuovo davanti. Uno con cui parlare quelle notti in cui i ricordi si fanno più forti.
Oggi il riflesso della sua piccola Elspeth non è bello come al solito. Ha gli occhi bassi, leggermente piegati, col sopracciglio destro che va sempre un po’ più giù del sinistro; un Goldeen schizza nel canale per mangiare le briciole cadute dal panino di un passante e cancella quel broncio che a Marshadow proprio non riesce ad andare giù.
Forse perché gliene ricorda un altro, molto più marcato.
Uno che si nascondeva sempre sotto le ampie falde di un cappello.
Fluttua alle spalle della bambina, cercando un modo di iniziare una discussione che non si sente pronto ad affrontare, specie senza Dusk e gli altri, ma lei si volta. “Marsh, ti avevo chiesto di non farlo”.
Lei si accorge sempre della loro presenza, anche quando non sono in vista. “Adesso anche Elyn non vuole più giocare con me”.
Marshadow scivola al suo fianco.
Si porta lungo il parapetto, lo sguardo ancora fisso sul riflesso della sua padroncina: i ciuffi neri scappano a destra ed a sinistra, incapaci di rimanere fermi nell’elastico improvvisato. I capelli le crescono davvero molto in fretta.
“… e io alla festa di compleanno di Elyn ci volevo davvero andare”.
Il punto non è che non gli piace Elyn, che a otto anni già pensa di essere un’adolescente e perde tempo a farsi i selfie invece che pensare a fare i compiti.
Ed il punto non è nemmeno che non gli piace il suo Spinarak.
Il problema è che quello Spinarak sulla testa della sua principessa non ci doveva proprio salire. Punto.
Le fluttua davanti, allargando le braccia e le gambe, estendendole un po’ fino a farle sembrare le zampe dello Spinarak; le salta sulla testa, scompigliandole i capelli, e non appena si accorge della bava dell’altro Pokémon cerca di pulirgliela. Quello Spinarak dovrebbe considerarsi molto fortunato ad essere stato mandato al tappeto con tutte le zampe intere.
Dopotutto poteva esserci Aegi di guardia.
“Quante volte vi ho detto che dovete controllarvi di più? Se continuate così nessuno vorrà più giocare o allenarsi con me!”
“Guarda, per una volta mi sento di dire che la colpa non è di quella mummia di Marsh …”
La voce che li interrompe appartiene ad una delle tre persone che Marshadow non vorrebbe mai sentire accanto a quella della sua piccola Elspeth.
E non è sicuro che Derrick o Zeltrut siano al primo posto.
“… il problema è solo tuo, Elspeth”.
Lyfia Frostfire. Umile come un Ninetales da competizione, calma come un Gyarados, sicura come un Magmortar in una fabbrica di esplosivi e soprattutto affidabile come un Mismagius. La coordinatrice gli scocca il suo solito sguardo scocciato ed a bella posta si immette proprio nel suo spazio, costringendolo a muoversi per cercare di recuperare l’attenzione della sua principessa ormai calamitata dalla nuova arrivata. Lo sguardo stressato di Shadow, la Chandelure che le fluttua su una spalla, la dice lunga sulla bruttissima piega che sta per prendere la conversazione. “Il problema non è che i tuoi Pokémon siano più forti degli altri …”
Il riflesso di Elspeth scintilla, catturando per un attimo tutta la luce del sole. “… il problema è che non sono tuoi”.
Marshadow per tutta risposta emette un verso e si piazza davanti alla faccia sprezzante della ragazza, accendendo le leggere fiamme intorno agli occhi che di solito cerca di soffocare per non spaventare i passanti. Il gesto intimorisce la Chandelure, ma chiaramente non la sua padrona.
Lyfia incrocia le braccia, buttandosi di peso contro il parapetto che li separa dall’acqua sottostante, fissandolo con le stesso sguardo ostile con cui si erano conosciuti per la prima volta, otto anni addietro, quando molte cose erano diverse.
Tutto, ad essere onesti, era diverso.
Aumenta ancora l’intensità delle fiamme, ma l’effetto è quello di lanciare un Magikarp in battaglia e sperare che vinca. “Piantala, Marsh. Prima o poi qualcuno avrebbe dovuto farglielo notare”.
Il punto, come vorrebbe spiegarle il Pokémon, è che quel qualcuno sarebbe potuto essere qualunque altro essere vivente sulla faccia di Maxia. Letteralmente qualunque altro.
La sua padroncina abbassa la testa.
Marshadow fissa Lyfia con odio quando le labbra della bambina tremolano, delle grosse lacrime che iniziano ad uscire dagli angoli degli occhi.
“SONO I POKÉMON DEL MIO PAPÀ!”
“Appunto”.
Il corpo etereo di Marshadow carica un Palmoforza pronto ad essere scaricato sulla faccia della coordinatrice a tutta potenza solo per buttarla giù e farle sparire quell’odioso ghigno sulla faccia, ma si ferma solo quando nota che il riflesso delle due figure tremola e si tinge di scuro, avvisandolo del potenziale pericolo.
Attaccare Lyfia Frostfire in prossimità di uno specchio d’acqua è uno di quegli errori che l’ha resa la seconda coordinatrice più popolare all’arena di Seveptapoli.
Marshadow trattiene il proprio arto, accontentandosi della brutta cera che sta prendendo la Chandelure.
“Nessuno ti rispetterà mai se continui a girare con i Pokémon di qualcun altro. Anche se si tratta di un allenatore come tuo padre. Anche se si tratta dei Pokémon più potenti della regione” risponde la ragazza, spostandosi i capelli di lato con quel suo fare sprezzante, quasi ad istigarlo ad attaccarla per il pure piacere di vedere gli esiti del risultato. “Finché ti farai proteggere da quelle sei mummie incartapecorite non sarai altro che il suo riflesso. Mettitelo bene in testa”.
L’immagine di Elspeth è di nuovo luminosa lungo il pelo dell’acqua.
Così come sono luminosi i suoi occhi, i suoi denti, la sua pelle chiara che non riesce ad abbronzarsi un po’ nemmeno nei mesi più caldi dell’anno.
Sono luminosi i suoi piedi come quando Marshadow le ha visto muovere i primi passi sulla riva della spiaggia nel tentativo di rincorrere Drif. Sono luminosi anche i suoi stupendi capelli scuri che le cadono sulla faccia proprio come accadeva ad Ephtar quelle sere in cui sedevano insieme in riva al mare ed il vento cercava di portargli via il cappello.
E non c’è nulla, assolutamente nulla di male nel proteggere tutto ciò che è rimasto di lui.
Vorrebbe essere un umano per dirle, per gridarle tutto quello che pensa in quel momento, ma la ragazza con uno sbuffo si stiracchia le braccia e si allontana dalla ringhiera del pontile. “Comunque, Elspeth, io e Shadow stiamo andando in spiaggia. C’è un Pokémon che devo ab-so-lu-ment aggiungere alla mia squadra. Ti va di venire?”
L’espressione terrorizzata della Chandelure non promette assolutamente nulla di buono.
“Vuoi catturare un Frillish? O magari un Seel?”
“Un Frillish? Certo che no!” sorride lei, aprendo la borsetta e rivelando una Pokéball tirata a lucido. “Quella roba la vai a pescare con lo zio Theo”.
La giornata sta evolvendo nel peggior modo possibile.
“Io pensavo a qualcosa … con più denti”.
L’invasione della regione da parte di un nuovo Team malvagio inizia a sembrare un’alternativa piacevole.
“Potrebbe essere l’occasione per vedere come te la cavi in solitaria”.
Marshadow con sommo orrore realizza di non poter morire di crepacuore per il semplice fatto di essere già morto.



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Lyfia e Shadow


“Dici che Marsh se l’è presa?”
Elspeth semplicemente adora andare in barca.
Che sia con lo zio Casimiro o con lo zio Alexander, che sia con sua madre o con la zia Angie o sul pedalò spinto da Lyfia, i pomeriggi trascorsi sopra lo sciabordare delle onde ad osservare i Pokémon rincorrersi sotto il pelo dell’acqua hanno sempre avuto qualcosa di magico. La mamma le dice spesso di non dare troppe briciole ai Wingull, ma è lo zio Casimiro il primo a passarle tutto il panino di nascosto per vedere quanti riescono ad arrivarne prima che anche i pesci vengano a reclamare la loro parte. La bambina si mette in piedi sulla prua del pedalò, osservando la sagoma d’ombra di Marshadow che fluttua sopra il pelo della riva a piccoli scatti; non riesce a vederne gli occhi, ma è chiaro che siano puntati su di loro.
Le fiaccole di Shadow seguono la brezza, piccole e flebili per l’aria umida e leggermente fredda. Le pupille saettano nervose verso l’orizzonte, in attesa di qualcosa che nemmeno Elspeth ha ben capito, ma al contrario della propria Pokémon Lyfia pedala felice, fermandosi di tanto in tanto a scattarsi un selfie. Alla sua domanda si ferma ed osserva la riva, e nemmeno il riflesso dell’acqua riesce a nascondere il suo sorrisetto. “Tranquilla, gli spettri non se la prendono troppo”.
L’espressione della Chandelure sembra confutare la frase della propria padrona, ma Elspeth non intende farglielo notare troppo ad alta voce.
Bon, scattiamoci una foto e mandiamola a tua madre. Senza darle troppe spiegazioni, s’intende!”
le dice, ed in un attimo la bambina supera il timone, il sedile e viene alle spalle di Lyfia, facendo il miglior sorriso da foto di Pokégram come le ha insegnato la zia Angie. “Spero solo che nel tuo zainetto tu abbia un cambio …”
“Perché?”
“Perché sta arrivando”.
La Chandelure fluttua velocemente dietro di lei, sibilando versi incomprensibili.
La bambina segue la direzione del suo sguardo, e dove la luce del sole colpisce l’orizzonte inizia e vedere qualcosa che increspa la superficie dell’acqua. Lyfia ripone il telefono e si mette in piedi sulla prua.
“Eccellente, Max …” sussurra, con un’espressione indicibile sulle labbra “… portalo qua”.
L’increspatura dell’acqua si avvicina ad una velocità impensabile; Elspeth d’istinto si piega, appoggiando le mani al sottile parapetto della prua per tenersi in equilibrio, ricordandosi di colpo tutti i consigli dei suoi prozii per non finire in acqua. Il verso di Marshadow dalla riva viene immediatamente cancellato dal turbinare delle onde che iniziano a sollevarsi, dirette proprio contro di loro. Dal pelo dell’acqua emergono le pinne colorate di Max che saltano a tratti fuori dall’acqua, alzando una schiuma densa che in pochi secondi viene inghiottita dalle onde ben più forti che lo seguono. La superficie del mare si illumina di azzurro, chiaro segno di un attacco Pokémon non andato a buon fine, e non appena Elspeth si sporge ancora di più per vederne l’origine si accorge della pinna triangolare ormai a pochi metri da loro.
“Tuo padre era una persona particolare. Ma, se posso essere sincera, non mi è mai piaciuto. Nemmeno un po’. E sai cosa mi fa veramente perdere le staffe?”
Elspeth sente il cuore martellarle fin dentro la pancia.
Il pedalò sobbalza per l’onda in arrivo, ed i primi schizzi le atterrano sui vestiti. Dietro di lei lo zaino con i libri di scuola rotola fino alla poppa e per poco non finisce oltre il bordo.
“Che tutti, anche i suoi Pokémon, ti trattano come se fossi il suo riflesso. La loro principessina da proteggere” sorride, e prima che possa anche solo risponderle una Pokéball le atterra tra le mani “Ma io penso che tu possa essere qualcosina di più …”
Max con un salto perfetto esce dalle onde, rientrando nella Ball in un unico lampo di luce.
“… qualcosina di meglio”.
Gli occhi rossi dello Sharpedo emergono dal mare, iniettati di sangue. D’istinto la bambina fa un passo indietro, voltandosi verso la riva in direzione di Marshadow, ma le fiamme azzurre e le lunghe braccia di Shadow le fluttuano accanto.
Elspeth non saprebbe dire se la Chandelure si stia nascondendo dietro di lei o se stia cercando di difenderla in qualche modo; ha sempre avuto dei legami speciali con gli spettri, ma le ombre che scivolano lungo il bulbo cerebrale della creatura sono diverse da quelle che solcano puntualmente l’espressione di Marsh quando ha qualcosa che non va. Lyfia a sua volta si lancia verso il parapetto, un piede sulla ringhiera come se volesse tuffarsi da un momento all’altro. “Elspeth, ti affido Shadow per questa caccia. Fatemi vedere qualcosa di spettacolare!”
“Ma Shadow è un tipo Fuoco Spettro! E quello è un Acqua Buio!”
“Appunto”.
Lo Sharpedo vira con un guizzo sul lato destro del pedalò, e la sua coda urta la chiglia facendole sobbalzare. “Ma anche Raido è un Acqua Volante, eppure sono certa che Derrick stia ancora cercando le rotelle del suo Magnezone in giro per Maxia”.
Poi, come se non ci fosse alcun Pokémon assetato di sangue ed inferocito accanto a loro, ritorna nella seduta del pedalò ed incrocia le braccia. “Perché non state ancora attaccando, mademoiselles?”
Il cielo da azzurro si è tinto quasi di nero.
Gli occhi le corrono verso la riva, ma lo schizzo del nuovo arrivato le arriva fin dentro le pupille. Sente bruciare e si porta la mano destra davanti alla faccia per liberarsene, e la Chandelure a quel gesto le si porta al fianco.
Nuove ombre si proiettano sul globo chiaro, ed Elspeth si rende conto che lo spettro sta aspettando un suo comando.
“Shadow …”
Poi la lingua le si blocca.
Rimane attaccata al palato, proprio come ogni tanto succede alla zia Angie quando deve dire delle cose alla mamma.
Tutti i bellissimi attacchi di Dusk, Mise, Marsh e degli altri le guizzano nella testa. Ripicca, Pallaombra, Danzaspada, Megassorbimento … in un attimo le sembra di sentire la voce dello zio Theo che cerca di spiegargliele una per una con tanto di libro illustrato, ma il guazzabuglio di nomi e di parole diventa un nodo confusionario nella testa che lo Sharpedo prende come autorizzazione a farsi avanti. Le fiammelle celesti di Shadow brillano abbastanza per attirare lo sguardo del predatore, ma oltre a scansarsi quando i denti si chiudono nella sua direzione non riesce a fare.
Il suo verso è debole, ben diverso dal tono intimidatorio di Dusk.
Ma Dusk, realizza con terrore, non ha bisogno di nessun comando.
Nessuno dei Pokémon del suo papà lo fa. Loro non hanno bisogno di nessuno per vincere.
“…non lo so come si attacca!”
Per tutta risposta lo spettro cerca di convogliare la luce nelle sue torce in un unico raggio azzurro, ma quello impatta sul muso dell’avversario senza danneggiargli nemmeno un po’ di pelle.
I denti dello Sharpedo inizino ad illuminarsi, superando di molto il flebile bagliore della sua compagna; un nuovo schizzo, più forte, ed Elspeth si ritrova seduta lungo la prua della barca improvvisata. Nel punto dove il braccio ha appena sbattuto contro il parapetto si sta formando un livido.
Nella sua visuale arriva una cascata di schiuma, e quando cerca di scansarsela dalla faccia vede Chandelure aggrappata con tutte le forze al parapetto mentre l’avversario fa di tutto per staccarle un braccio e trascinarla giù. La sua coda fa girare il pedalò, ma questo non sembra preoccupare Lyfia che, a gambe accavallate, sembra guardarla come se fosse pronta a saltarle addosso anche più dello Sharpedo. “Non puoi nasconderti dietro Marsh o Mise in eterno, sai?”
Una seconda onda, ancora più forte, e le fiamme di Shadow si spengono.
“Se vuoi il rispetto te lo devi sudare”.
La Pokémon tenta una tenue offensiva caricando una sfera buia verso l’avversario, ma lo Sharpedo si inabissa tra le one, evitandolo.
“Se vuoi farti proteggere dai tuoi Pokémon … devi essere la prima a farti avanti per loro. Anche a saltare nel vuoto, se necessario” mormora, fissando prima la sua Pokémon avviluppata alla barca e poi il gorgo da cui già sta per uscire la pinna nera. “Quello Sharpedo non se ne andrà se continuate a chiederglielo per favore. E non vorrai farti salvare da Marsh per l’ennesima volta, vero?”
È solo un guizzo, ma si accorge che gli occhi della ragazza più grande sono corsi al suo zainetto. “Smettila di ragionare per tipi e fagli capire chi comanda”.
Lo Sharpedo emerge dall’altra parte dello scafo e vira di nuovo, rivolgendo il muso verso di loro.
Anche se tremolante e con una brutta crepa lungo il vetro, Shadow abbandona la propria posizione per fluttuare di nuovo accanto a lei, il verso che ormai ricorda un pigolio; a Elspeth fa anche un pochino pena per quanto è spaventata, e quando allunga la mano per toccarle uno dei bracci si accorge che è davvero molto freddo. Non le piace molto, perché sa che gli spettri non amano assumere una forma troppo corporea, ed al contrario di Drif è molto dura, quasi metallica.
Non la abbraccia forte come fa Dusk quando la loro casa trema per le nottate di bufera.
“Non avere paura, Shadow …”
Deve parlarle come fa sempre la mamma.
Come fa con i suoi Pokémon e con lei “… ci sono io con te”.
Lo Sharpedo schizza in ogni direzione, battendo la coda. Tirando un respiro, Elspeth si avvicina al proprio zaino, un passo alla volta.
“Io lo distraggo, e tu usa Spettrotuffo!”
Le iridi gialle della Pokémon si illuminano freneticamente, proprio come fa Marsh quando si arrabbia. Elspeth apre la cartella, ricordandosi quanto non le piaccia la matematica e quel librone noioso e pieno di numeri. “Anche io posso proteggere qualcuno. Proprio come ha fatto il mio papà!”
Ha ascoltato la storia tantissime volte.
La storia più bella, quella dell’uomo misterioso che salvò una bellissima fanciulla da morte certa, contraendo una triste maledizione.
L’uomo che doveva proteggere tutti con i suoi fortissimi Pokémon spettri, e che aveva anteposto la sua mamma all’intera Maxia.
“Ehi, brutto pescecane, prendi questo!”
Il libro atterra perfettamente al centro del muso dello Sharpedo.
Elspeth si accorge solo dopo che forse il giorno dopo la maestra non sarà così felice di questo, ma gli occhi sottili del nemico non sono più su Shadow e puntano immediatamente nella sua direzione; il Pokémon manda il suo verso di battaglia illuminando i denti di azzurro e prende la rincorsa verso la barchetta improvvisata ed in quel momento la Chandelure si tuffa contro la scafo del pedalò, lasciando la sua forma corporea. Lo Sharpedo è contro di loro proprio nell’istante in cui l’ultimo braccio sfuma nell’ombra flebile della ringhiera e Elspeth si lancia all’indietro; le fauci del Pokémon stringono la ringhiera e con un solo morso la fanno esplodere in mille pezzi, ma in quel momento la bambina si accorge con gioia di avere già tra le mani il libro sulla cura dei Pokémon, quello pesante che chiede ogni tanto a Dusk di portare al posto suo. “Lyfia, puoi girare il pedalò?”
“La prima cosa sensata che mi hai detto da stamattina”
Lyfia si sporge dalla sedia e tira la barra verso di sé con abbastanza forza da far ondeggiare violentemente l’imbarcazione; Elspeth si tiene in piedi come le ha insegnato lo zio Alexander, ma lo Sharpedo non si era aspettato chiaramente questo squilibrio e perde la presa, inabissandosi di nuovo.
Il tempo giusto per consentire alla bambina di prendere anche l’astuccio.
L’acqua sotto di loro diventa sempre più agitata, e con un guizzo Elspeth nota la sagoma schizzare sotto i fluttui, diretta dall’altra parte della barca, proprio nel punto opposto al suo attacco; i movimenti sono velocissimi, quasi come quelli del Primarina della sua mamma, ma sentendo il cuore che le batte al massimo sente quasi di avere un po’ meno paura davanti a quel mostro affamato e feroce.
Stavolta tira ancora prima che esca il muso, mirando alla pinna sulla schiena. Il lancio non le riesce preciso come i precedenti, ma muove l’acqua abbastanza da disturbare i movimenti del predatore, che stavolta ruota su se stesso percependo un attacco ravvicinato. Due colpi di coda sollevano di nuovo una massa di schiuma, ma stavolta il movimento gioca a loro favore.
Nella confusione dell’acqua, degli schizzi e dell’astuccio fatto a brandelli, Shadow riappare proprio alle spalle del nemico, nel punto cieco di quegli occhi rossi impazziti dalla furia. “Sparagli un Fuocofatuo!”
Non ha seguito decine di gare di coordinazione di Lyfia alla televisione per non conoscere qualcuna delle sue mosse coreografiche.
“So che ce la puoi fare!”
Le fiammelle della Pokémon divampano di nuovo, accendendosi una dopo l’altra in rapida successione. L’attimo successivo l’attacco prende forma, disegnando un cerchio azzurro che risplende nonostante tutto intorno a loro sia diventato buio ed umido. Elspeth esulta quando vede lo Sharpedo accorgersi della Chandelure, ma è troppo preso dall’astuccio e dal pedalò per scansarsi in tempo. La magia di fuoco gli scivola intorno alla testa senza lasciargli alcun segno, ma di colpo penetra nel corpo e svanisce, insieme a Shadow che con un fulmineo Spettrotuffo si porta di nuovo nel piano incorporeo.
Lo Sharpedo inizia a muoversi a scatti, scottato dal Fuocofatuo. Si immerge in maniera scoordinata, cercando di levarsi la sensazione urente provocata dall’attacco, ma anche la mamma le dice sempre che anche il mare non riesce a rimuovere la scottatura causata da un attacco ben assestato. La sua sagoma si muove intorno al pedalò in movimenti circolari, forse indeciso se attaccarle di nuovo o scappare. Shadow ritorna accanto a lei, emettendo un verso quasi sollevato, ed Elspeth poggia la mano contro la sua testa vetrosa, facendole una carezza.
“Lo andiamo a prendere, piccola?”
La Chandelure sembra contare per qualche secondo, poi senza che lei le possa dare un altro comando lascia di nuovo il ponte, stavolta fluttuando sopra il vortici lasciati dal predatore furioso. Si illumina di nuovo, stavolta pacata, rilasciando leggere pulsazioni che brillano come un faro nella nebbia.
Deve contare fino a dieci, ma lo Sharpedo emerge di nuovo, indebolito ma pronto a sferrare un morso sul bersaglio.
Elspeth lancia la Ball, diretta proprio nelle fauci spalancate, ma all’ultimo istante chiude gli occhi.
Lo sa benissimo che lo Sharpedo non è poi così fiacco.
E lo sa altrettanto bene che è la prima sfera che lancia, e che in effetti non sa nemmeno se si debba fare qualche altra cosa prima di buttarla contro i Pokémon.
Ha sempre pensato che, in fondo, lei non ne avrebbe mai avuto davvero bisogno.
Riapre un occhio, poi l’altro.
La Ball galleggia tra i flutti, emanando violente scariche azzurre come se il Pokémon imprigionato cercasse di liberarsi. Un’onda leggera la copre, nascondendola per un istante sotto la spuma e portandola qualche metro più in là.
Si agita al ritmo del suo cuore, pulsa, gira su se stessa con tutta l’ira di un vero predatore, andando più lontana di quanto la sua mano possa recuperarla.
Poi una scossa, più forte di quelle sentite fino a quell’istante, seguita da una sagoma gigante che scorre sotto di loro fino a quando una coda azzurra grossa quanto la loro intera imbarcazione appare fuori dall’acqua, colpendo la Ball con un movimento che per poco non sposta tutto il pedalò.
Quando la sfera le atterra esattamente tra le mani Elspeth ne sente ancora la furia battere dentro la sottile lamina di metallo, ma è l’ultimo lampo di luce.
La Pokéball smette di agitarsi tra le sue dita, decretando la fine della cattura.
Pardon, Raido. Niente sushi di Sharpedo per oggi!”
Elspeth solleva la testa dalla sua sfera, giusto il tempo per vedere la coda dell’enorme Gyarados inabissarsi di nuovo, stavolta senza nemmeno uno schizzo fuori posto. Lyfia sorride con un ghigno strano che le fa ricordare un aneddoto secondo cui un allenatore col tempo assume le espressioni dei suoi stessi Pokémon. “Visto, Elspeth? Niente di meglio di un predatore con tanti denti per fortifier l’autostima di una ragazza” dice, osservando la sfera con fare critico. “Molto meglio di quattro mummie da cimitero. O, se proprio devi avere uno spettro, fai almeno che sia coreografico come Shadow e non puzzolente di alga morta come un Delmise!”
La sua primissima cattura.
Un Pokémon solo suo.
Un Pokémon non forte come quelli del suo papà, uno che può proteggere anche lei.
Rigira sempre di più la Ball tra le mani, osservando il proprio riflesso, immaginando la sagoma dell’imponente Sharpedo vorticare all’interno di essa, forte e pieno di denti come fino a qualche istante prima.
Solo il trillare allegro di Shadow le fa notare che nel frattempo Lyfia ha pedalato allegramente verso riva, fischiettando una canzoncina, e anche la luce del sole viene oscurata dall’ombra di Marsh che inizia a girarle intorno mandando una lunga serie di versi di disapprovazione, molti dei quali rivolti verso Lyfia. “Oh, lo so che a Noelle non piacerà questa cosa. Per chi mi hai preso, Marsh?”
Con un sorriso soddisfatto Lyfia prende una manciata di sabbia e la tira addosso al Pokémon, osservando i granelli passargli attraverso nonostante i movimenti infuriati e preoccupati di lui.
Per un attimo si ricorda che sono partite per quel piccolo viaggio perché la ragazza aveva detto di volere uno Sharpedo, ma ora, con la sfera ben salda nelle sue mani, Elspeth non è sicura che l’altra sia stata davvero sincera.
“Ma ovvio che no, Marsh! Io tra tre ore ho l’aereo per Kanto e senza dubbio in volo dovrò staccare il telefono …”
Timidamente, da dietro le spalle della sua padrona, Shadow emerge e lancia una fiammata sbarazzina nei confronti dell’altro spettro. “… ma infatti confido su di te per spiegare a Noelle nel dettaglio come mai sua figlia abbia portato uno Sharpedo a casa. Au revoir!”


ZlU7aku

Sharpedo
  
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