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Autore: Dreamer In Love    03/05/2021    0 recensioni
Un trono esurpato da un crudele tiranno.
Una principessa dal cuore di ghiaccio a cui la vita a riservato solo dolore e falsità
Un ragazzo temerario che sogna la libertà, per se e per il suo popolo.
Ma ne vale davvero la pena di rischiare la propria vita?
La vendetta non porta mai a nulla di buono e Shade lo sa ma come potrà perdonare l'uomo che gli ha reso la vita impossibile?
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fine, Nuovo Personaggio, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Rebel'
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41. La principessa
 
Stavano volando in circolo sulla parte est della città.
Fine guardava con gli occhi sgranati e il fiato mozzato, l’edificio in fiamme in cui era precipitata Zahira. Le macerie crollavano inesorabili nel buio e profondo buco creato dal corpo pesante dell’animale e il fuoco crepitava vivido e bollente.
Qualche minuto prima, Zahira si librava agile nel cielo con in groppa il suo cavaliere, lanciando vampate di fuoco ai nemici per indebolirli alle spalle e permettere ai ribelli di sfondare le loro difese. Poi, c'era stata una forte esplosione e il drago ne era stato investito in pieno. Si era contorto su se stesso, travolto dal calore e dall'onda d'urto, librando nel cielo un verso stridulo che aveva costretto tutti i presenti a tapparsi le orecchie; poi, era caduto sgraziatamente sulla città.
Narlo si era aggrappato alla sua groppa ma la principessa sapeva bene che l'impatto al suolo poteva essere stato fatale per entrambi.
Dovevano soccorrerli al più presto.
Nagino cercò di far abbassare Hakim sulla via ma lo spazio tra gli edifici era troppo stretto e non faceva altro che peggiorare la situazione: il turbine d'aria delle sue ali dava energia alle fiamme, che crepitavano selvagge consumando ogni cosa; le scintille del rogo che aveva ormai divorato i tetti di una ventina di abitazioni venivano portate a diversi metri di distanza con il rischio di espandere l’incendio e far scattare altre trappole.
Infatti, si sentì di nuovo un forte boato, accompagnato da numerose urla. Il fumo si alzò da alcune case che si trovavano a qualche via di distanza.
La Principessa Fine osservava allibita il caos che regnava.
In pochi stavano ancora combattendo: molti uomini, sia della ribellione sia dell'esercito reale erano rimasti coinvolti nell'esplosione. Brandelli di corpi, sangue, parti carbonizzate, rantoli di dolore… qualcuno stava cominciando a prestare soccorso, a cercare di spegnere il fuoco ma ogni tentativo sembrava inutile, ogni gesto infruttuoso.
Quella visione disastrosa e disperata la faceva sentire paralizzata: dalla paura di non essere in grado di gestire la situazione e dalla consapevolezza di esserne la causa. Nonostante le precauzioni prese e gli sforzi fatti per cercare degli alleati, era ormai chiaro come quella battaglia si stesse rivelando una vera e propria carneficina: non solo le vittime erano colpite in maniera indiscriminata, ma si rischiava che la città venisse rasa al suolo.
Suo zio era un pazzo, disposto a sacrificare vite innocenti pur di salvaguardare la corona. Era anche una sua responsabilità se quell’uomo era stato per così tanti anni l’incubo e l’aguzzino del suo popolo. Doveva assolutamente fermarlo, fare qualcosa per mettere fine a quello scempio. Perché dopo tutti i sacrifici che erano stati fatti, non solo da lei ma anche da tutte le persone che avevano deciso di seguirla, di credere in lei, pensare di arrendersi, perdere, era qualcosa d’inconcepibile.
- Porta al sicuro Tabi. -, disse a Nagino con un’espressione seria sul volto. – E avvisa gli altri draghi di non usare il fuoco. –
L’uomo le annuì breve.
Poi, si voltò verso Ashiq.
- Vengo con voi. -, avvisò il suo cavaliere prima di lanciarsi nel vuoto.
Atterrò malamente sulla groppa del piccolo drago e fu grazie all’intervento di Solo se non cadde. L’afferrò per un braccio e la fece sistemare dietro di lui.
Solo era poco più grande di lei, con corti capelli castani e un viso dai lineamenti dolci. Aveva un carattere estroso e una parola gentile per tutti. Il suo drago, Ashiq, era altrettanto affabile e molto coraggioso. Inoltre, le sue proporzioni gli permettevano di muoversi agilmente e di atterrare sul selciato della via per consentire alla principessa di scendere e avvicinarsi all’edificio in cui era precipitata Zahira con Narlo.
Mentre si abbassavano, Fine si rese conto di essere stata riconosciuta sia dai ribelli sia dai tanin che presidiavano quella parte della città. Non appena mise piede a terra, infatti, fu circondata da alcuni dei suoi sottoposti.
- Che cosa facciamo? -
- Dove è Eclipse? –
- Abbiamo perso. –
Si creò una certa confusione e la ragazza si rese presto conto che era ancora ben lontana da essere vista come un punto di riferimento da loro. Il suo nome era inesorabilmente legato a quello di Eclipse; un gradino sotto quello di Eclipse. Leggermente indispettita, cercò di rimettere ordine e dare alcuni comandi. Riuscì a mandare degli uomini ad avvisare la retroguardia degli ultimi avvenimenti ma i ribelli rimasti stavano discutendo animatamente senza tenere conto di lei.
Poi, si accorse che i soldati della guardia reale si erano avvicinati.
- Principessa Fine? -, chiese una voce di donna sotto uno degli elmi.
I ribelli si misero subito in guardia e le intimarono di rimanere indietro; ma Fine sapeva benissimo difendersi da sola. Si fece avanti con le spalle dritte e senza alcun timore. I suoi capelli rossi, ereditati da sua madre e da sua nonna, erano inconfondibili per chi abitava nella cittadella.
- Sì, sono io. –
Subito, un uomo le corse incontro con un urlo rabbioso, cercando di colpirla con la punta della lama. Lo scansò facilmente e, con uno sgambetto, lo obbligò a terra, puntandogli la spada alla gola. Scorse un viso familiare e riconobbe il soldato come uno della scorta di suo zio.
- Hai deciso a chi essere fedele. -, disse guardandolo dritto negli occhi. – Ma c’è un’altra possibilità. –
Continuando a tenerlo sotto tiro, alzò lo sguardo sulla platea di uomini e donne che la circondavano.
– Sono a conoscenza della condizione in cui Re Aaron vi ha messo. In questo momento Eclipse sta andando a salvare le vostre famiglie. V’invito a unirvi a noi per spodestare definitivamente il tiranno. Per chi è ferito, nella retroguardia troverete delle guaritrici che vi cureranno. –
Dopo un lungo momento di silenzio, una guardia reale a pochi metri da lei parlò.
- Sapevo che era viva. -, disse inchinandosi a terra.
Fu imitato da qualche decina di soldati, probabilmente tutti popolani obbligati a combattere.
I ribelli presenti assistevano stralunati alla scena.
Dopotutto, i cittadini di Lilian avevano sempre avuto una simpatia particolare per la dinastia reale rispetto agli altri abitanti del regno. Il castello dava da lavorare alla maggior parte delle famiglie della città da generazioni.
- Vi prego amici, alzatevi. -, cominciò la principessa
- Come possiamo aiutare? –, domandò un altro ancora.
Fine si guardò attorno, meditabonda e con una punta di soddisfazione a pungolarle l’animo: finalmente qualcuno che le dava retta.
- Diffondete la voce, stanate i mercenari che stanno ancora combattendo e bloccateli. Poi, dirigetevi verso il castello. –
Qualcuno si fece avanti per prendere in custodia il soldato della guardia reale che aveva atterrato poco prima. Altri si dileguarono tra le vie della città per avvisare gli abitanti di Lilian dell’arrivo della principessa.
Ora la priorità era spegnere l’incendio, e l’edificio su cui era caduta Zahira era quello in cui il fuoco crepitava più vivamente. Il drago e il suo cavaliere dovevano essere salvati.
Si tirò su le maniche della casacca.
- Con me. -, disse sicura e iniziò a dare indicazioni precise agli uomini presenti, facendo con tutti loro avanti e indietro dalla fontana per riempire i secchi di acqua e per tentare di soffocare le fiamme.
Ci volle più di mezzora per riuscire a liberare l’ingresso e spostare le macerie incandescenti che ostruivano il passaggio.
La futura erede al trono si preoccupò di bagnarsi nella vasca e mettere sul capo e sul naso uno straccio intriso d’acqua. Insieme con lei, una decina di soldati la imitarono. Poi, entrò nell’edificio e la visione che le si presentò davanti le fece raggelare il cuore.
L’enorme buco nel tetto illuminava la figura scomposta del grosso drago beige che respirava a fatica e mugolava silenzioso il suo dolore. Un’ala era parzialmente dispiegata, incastrata e trafitta da alcune travi di legno. Il sangue scuro colava sul pavimento fumante e bollente.
- Che facciamo? -, le chiese uno degli attendenti.
- Aspettate qui. -
Fine si avvicinò cauta e accarezzò piano la pelle dell’animale che, nonostante il calore infernale che si respirava, era fredda, quasi senza vita.
Zahira si divincolò dalle sue dita, agitata, e la ragazza cercò di chetarla con parole dolci.
- Non preoccuparti cara. Ora ti portiamo al sicuro. –
L’animale parve riconoscere la sua voce e le rispose con un suono basso e gutturale.
- Dov’è Narlo? –, si azzardò a chiedere.
Il drago tentò di alzarsi sulle quattro zampe ma l’ala incastrata le faceva produrre versi lamentosi e strazianti.
- Zahira, fermati. Prima dobbiamo trovare il modo di liberarti. –
Il muso dell’animale si fece vicino e si strusciò contro di lei. Gli occhi rossi si rivolsero alla principessa sofferenti e disperati. Guaì un verso lungo, mentre alzava la coda e spostava faticosamente il corpo accasciato di Narlo.
La giovane fece cenno ai suoi uomini di avvicinarsi al tanin. Si assicurarono che il battito fosse presente mettendogli due dita sul collo.
- È ancora vivo. -, disse un ribelle.
- Portatelo fuori. –
Narlo fu caricato con cautela e fatto uscire.
Fine diede un buffetto sul muso a Zahira e le sorrise incoraggiante.
- Lo hai salvato eh. -, si complimentò con lei.
Poi, tornò a studiare l’ala incastrata.
- Vediamo di farti uscire da qui. -, le annunciò. – Probabilmente farà male. –
Studiò un intricato sistema di leve e corde per assicurare l’ala ed evitare movimenti avventati. Poi, salì sulle spalle di due soldati per poter essere all’altezza giusta ed esaminò la ferita. Alcuni detriti che perforavano la leggera membrana erano facili da togliere ma una trave aveva rotto e lacerato la struttura scheletrica dell’arto. Con l’aiuto dei presenti, sfilò cautamente ogni pezzo e cercò di tamponare l’emorragia con tessuti trovati nelle case vicine.
Zahira rantolò tutto il suo dolore. Ashiq, che assisteva al recupero dall’alto, le rispondeva e la incoraggiava con versi potenti a resistere.
Alla fine l’ala crollò a terra pesante, non più utilizzabile.
Con delle lunghe corde legarono poi il drago per rendere più facile e comodo il suo spostamento.
La principessa uscì dall’edificio e salì in groppa con Solo.
- Voi continuate a spegnere il fuoco e cercate di coinvolgere più soldati possibili. L’incendio ha la priorità. -, ordinò sbrigativa.
Poi, prese Narlo tra le braccia, ancora incosciente ma apparentemente incolume, e spiccarono il volo.
Ashiq si abbassò solo per recuperare l’imbragatura di Zahira e issarla da terra.
Con fatica ma tenacia riuscirono a trasportare entrambi verso la porta principale di Lilian.
 
 
Maria vagava agile, sicura e determinata tra le numerose brandine improvvisate che erano state allestite sotto la tenda dell’infermeria.
Il suo cuore piangeva sinceramente ogni sofferenza che scorgeva sul volto degli uomini e delle donne che doveva curare: tagli profondi, arti mozzati, costole rotte e altre decine di tipologie di ferite che la guerra poteva infliggere.
Non poteva definirsi una guaritrice esperta ma poteva vantare una buona dose di esperienza, data per lo più dal carattere vivace dei suoi figli e dallo spirito indomito del suo caro marito.
Quello con Eclipse era stato un matrimonio d’amore: lei era l’unica figlia di una nobile famiglia in declino, lui un giovane locandiere.
Non aveva ancora compiuto diciotto anni quanto lei e la sua famiglia si stanziarono al limitare del deserto dopo l’esilio della regina. Suo padre cercava di riportare in auge il patrimonio dei Moon attraverso il commercio con regni vicini e la locanda di Eclipse era un buon punto di transito per prendere contatti con investitori e mercanti.
Stanca delle giornate passate in camera con la madre mentre il padre contrattava e si faceva nuovi amici, Maria aveva iniziato a bazzicare la taverna della locanda, conversando con gli ospiti e facendo amicizia con il locandiere.
Eclipse aveva quasi trent’anni, aveva modi spicci e un carattere gioviale. Il suo sorriso sghembo, la sua bellezza scanzonata furono fatali per Maria che, ne fu convinta dal primo istante, non aveva mai conosciuto un uomo tanto affascinante.
Iniziò a dare una mano a servire, poi in cucina, giusto per tenersi impegnata e gironzolare attorno al locandiere. Entrarono presto in confidenza.
Lei era stregata dai suoi discorsi politici, dagli ideali di giustizia e uguaglianza che Eclipse propinava, dalla sua ferrea volontà di voler cambiare le cose.
Lui fu colpito dalla bellezza pulita e dalla gentilezza d’animo della giovane nobile.
Era inevitabile che s’innamorassero.
I suoi genitori disapprovavano la loro storia d’amore ma, senza avere prospettive migliori per il loro casato e, di conseguenza, per il futuro della figlia, acconsentirono al matrimonio.
Erano stati felici per molti anni.
Sorrise tra sè al ricordo del suo grande amore: lo aveva amato tanto Eclipse, nonostante spesso le sue scelte li avessero portati in situazioni pericolose; nonostante Maria avesse capito presto che i suoi ideali avrebbero sempre avuto la priorità sulla loro relazione. Eppure non riusciva a fargliene una colpa. Aveva dato la vita per perseguire ciò in cui credeva e la donna aveva sempre ammirato quel lato di lui, del coraggio incosciente che portava aria di rivoluzione.
E l’aveva letteralmente messa in atto una rivoluzione. Come una valanga, quel sassolino caparbio di suo marito, aveva dato il via a quella che ora era diventata un’insurrezione. La sua eredità era stata tramandata alle nuove generazioni; la sua come quella di Elsa, e ora i loro figli stavano combattendo per portarla a termine.
Per quanto la preoccupazione avesse la meglio, era davvero fiera di Shade, Fine e di tutti i giovani uomini e le giovani donne che la circondavano: sua figlia Milky vegliava con gentilezza su un uomo ferito alla testa; Rein e Sophie stavano fasciando la gamba di una donna priva di sensi; Altezza e Auler pattugliavano l’ingresso e gestivano la retroguardia.
Guardò con espressione incoraggiante l’uomo che stava ricucendo e che sibilava il suo dolore con denti contratti e sigillati. Si accorse di aver finito l’acqua per disinfettare e si avviò verso l’abside per rifornirsi.
Superò la soglia e si paralizzò sul posto.
Un uomo dal viso pallido e scavato, gli abiti sgualciti e sanguinanti e i capelli neri e spettinati, la guardava disperato e terrorizzato con i suoi intensi occhi verdi. Ma quello che davvero l’aveva ghiacciata era la terribile condizione in cui versava la ragazza che teneva teneramente contro il petto; come fosse stata un oggetto prezioso e fragile; come fosse stata un appiglio di salvezza del naufrago alla deriva che era Black.
Maria non lo aveva mai visto ma era sicura si trattasse di lui: Lione era stata generosa di dettagli e, dopotutto, era proprio lei che era accasciata incosciente e ricoperta di sangue tra le sue braccia.
- Aiutala. -, sussurrò lui fissando le iridi chiare e straziate in quelle di Maria.
- Salvala. -, ripeté ancora, come se da quello ne dipendesse anche la sua vita.
La adagiò con una delicatezza disarmante e commovente a terra. Indugiò a osservare ancora per qualche secondo il viso di Lione e si concesse una leggera carezza sulla sua guancia.
- Amore mio. -, pronunciò flebile.
Poi, si dileguò velocemente oltre il tessuto della tenda.
Maria però le aveva viste chiaramente le lacrime che rigavano il suo volto. Con una nuova angoscia nel cuore, la cobalto si precipitò chiamando aiuto al capezzale di Lione per accertarsi fosse ancora viva.
 
 
Altezza non riusciva a trovare pace: fremeva e scalpitava dall’inizio della battaglia, da quando erano cominciati ad arrivare i primi feriti e notizie frammentate dal fronte; ma dopo Nagino e il racconto del giardiniere Tabi, era diventata proprio incontenibile.
Aveva cominciato a supplicare Auler di scendere in campo per correre da Fine e andare a salvare Narlo. Con lei, Milky pregava stesse bene e Sophie, per rallegrare gli animi, oracolava presagi di morte e distruzione, tormentata dalla possibile perdita di uno dei suoi prediletti.
Le cose erano solo peggiorate quando Maria aveva chiamato tutti loro a gran voce per aiutarla ad occuparsi di Lione. Erano rimasti sconcertati alla vista della ragazza ricoperta di sangue. Il battito debole e l’estesa emorragia non facevano altro che peggiorare la situazione. Ogni risorsa era stata focalizzata per salvare Lione ma la cobalto era stata chiara con tutti loro: probabilmente non sarebbe sopravvissuta.
Auler guardava rapito e confuso Rein, Milky e Maria trafficare sul corpo ferito di Lione.
Fu un errore fatale.
Si accorse troppo tardi che Altezza non era più al suo fianco.
Uscì dalla tenda, sperando di scorgerla tra la marmaglia di soldati che cercava riparo dalla battaglia.
E lei camminava, inesorabile e implacabile, verso la città: il passo era veloce e nervoso e una mano si trascinava dietro una grossa spada, sproporzionata rispetto alla statura della sua proprietaria. Eppure un brivido percorse la schiena di Auler perché era convinto che, in vita sua, non avesse mai visto nulla di più pericoloso. Il suo istinto di sopravvivenza gli intimava di non immischiarsi, di evitare di andarla a fermare. Altezza era in vena di fare una carneficina ed era abbastanza sicuro che, come lui, i nemici avrebbero tremato al solo vederla.
Ma era anche altrettanto spaventosa l’idea di perderla, che rischiasse la sua vita e quella della figlia che portava in grembo, in battaglia.
Si affrettò a seguirla e con le sue braccia potenti la bloccò per la vita. Arrivarono immediati i calci, i pugni, gli insulti.
- Lasciami! –
- Non posso. -, le disse docile, quasi timoroso di deluderla ancora.
Sapeva quando fosse difficile per lei adeguarsi a stare nelle retrovie: Altezza era uno spirito indomito e coraggioso; trattenersi non faceva parte della sua natura ed era uno dei motivi per cui l’amava tanto. Era così preziosa…
La ragazza si voltò per guardarlo: gli enormi occhi color smeraldo erano umidi e supplicanti.
- Devo assicurarmi stia bene. Non posso perdere anche lei. –
- Vedrai che Lione si rimetterà. -, tentò di calmarla.
Altezza gli riservò un’occhiata tagliente e furente.
- Non cercare di rifilarmi certe cazzate. Non hai visto in che condizioni è? Se fossi stata insieme a lei, forse sarei riuscita a proteggerla. –
- Non puoi salvare tutti Altezza. –
- Tu non capisci. –
Auler le rivolse uno sguardo fermo e deciso.
- Pensi che io non sia preoccupato? Non c’è stata battaglia che non abbia combattuto insieme a Shade, a fianco a fianco. È come un fratello per me. Eppure ho scelto di essere qui, con te. Non rendere vano questo sacrificio, perché non è solo il tuo. –
La testa riccia della ragazza si abbassò a scrutare il selciato, affranta dalle parole veritiere del suo compagno.
Due calde mani, però, le circondarono il viso e la invitarono gentilmente a tornare a guardarlo.
- Per nostra figlia. –, sussurrò dolce.
Altezza sbuffò.
- Che scocciatura. –
L’azzurro le dedicò un’occhiata di monito.
- Non lo pensi davvero. -
- Dobbiamo ancora trovare il nome. -, gli concesse lei, seccata.
- Ci servono rinforzi! -, sbraitò un uomo interrompendoli.
Proveniva da est e, insieme a lui, altri tre soldati cominciarono a cercare a gran voce qualcuno che desse loro una mano.
- Spiegati meglio. -, chiese Auler fermando uno di loro per un braccio.
Altezza, di nuovo trepidante, attendeva accanto a lui maggiori informazioni.
- Ci manda la principessa. C’è un incendio. Ah, eccola! –
In quel momento, una folata d’aria e il rumore cadenzato delle ali di un drago, fece alzare il viso al cielo a entrambi.
Il piccolo drago rosso trascinava malamente e incespicando a pochi metri da terra Zahira. La posò delicatamente al suolo. Poi, atterrò lì vicino.
Auler e Altezza accorsero.
L’azzurro prese tra le braccia Narlo, pesantemente abbandonato in uno stato di incoscienza, e lo trasportò velocemente in infermeria.
Altezza, invece, diede una mano a Fine a scendere con un balzo da Ashiq: il volto era sporco di polvere e sangue, i vestiti inzuppati di acqua e sudore ed era visibilmente stanca ma la bionda costatò, con un sospiro sollevato, che era incolume.
La principessa non le diede nemmeno il tempo di parlare.
- Devo subito tornare in città. Shade mi starà aspettando nel giardino del castello. –
Auler, intanto, era tornato da loro.
- Narlo? -, gli chiese subito Fine.
- Sembra non sia nulla di grave. Ha diverse ustioni e qualche contusione ma Milky si sta occupando di lui. -
- Ci hanno raccontato dei cittadini travestiti da guardie reali. –, intervenne Altezza, riportando l’attenzione di tutti sulla battaglia.
Fine annuì sbrigativa.
- Shade è andato con alcuni uomini nelle segrete del castello per liberarli e sconfiggere la vera guardia reale. –
- Poco fa sono arrivati dei ribelli provenienti proprio dalla battaglia nelle fogne: ci hanno detto che si stava risolvendo tutto per il meglio. –, le disse Auler.
La principessa rilassò le spalle, leggermente sollevata. Poi, tornò seria.
- C’è da mandare uomini a est della città per cercare di spegnere l’incendio che si sta propagando. Per colpa delle trappole esplosive di mio zio, la situazione è davvero critica. Ci sono molti feriti. –
L’azzurro chiamò con un cenno alcuni attendenti.
- Chi riesce a stare in piedi e ha lievi ferite, può andare a spegnere il fuoco. Raggruppate tutti quelli che potete e conduceteli alla porta est. –
Intervenne anche Fine.
- Utilizzate i draghi per trasportare più acqua possibile sui roghi. Ho già parlato con i cavalieri. Presto arriveranno anche gli altri draghi. –
Poi, chiese che delle guaritrici fossero mandate direttamente sul fronte insieme con alcuni soldati per cominciare a recuperare i feriti.
Altezza notò lo sguardo fermo e sicuro della principessa, che s’imponeva rassicurante e decisa ai suoi sudditi.
Si ricordava ancora della ragazza che aveva conosciuto solo qualche mese prima, spaurita, insicura e che si nascondeva dietro una maschera d’indifferenza. Non poteva esserci immagine più contrastante di quella: Fine aveva fatto un salto enorme, un faticoso lavoro su se stessa che l’aveva portata a essere una donna degna di fiducia, meritevole del titolo di Regina. Era davvero fiera di lei, di chi era diventata.
- Devo sbrigarmi. -, disse poi Fine rivolgendosi ai due amici. – Sono preoccupata per Bright e Roman. Sono già alle porte del castello. –
- Al castello? –, chiese Auler.
- Ormai la maggior parte dei nemici sono solo all’interno del palazzo. Non escludo, comunque, di incontrarne lungo la strada. –
- Senza i draghi sarà difficile raggiungerlo. Veniamo con te. -, rivelò laconico.
La principessa sorrise.
- Grazie. Sarà più facile arrivare al luogo dell’incontro con il vostro aiuto. -
Altezza, invece, lo guardava a bocca aperta.
- Anch’io? Hai cambiato idea? –
Auler le rivolse un’occhiata divertita.
- Ti voglio tenere d’occhio. E, poi, se rimanessi qui, saresti un impiccio per i ribelli: oltre a badare ai feriti, dovrebbero controllare che non combini disastri.
Invece che a insultare, meglio che tu spenda le tue infinite energie sul campo. –
Il tono era leggermente accusatorio ma tradiva una nota dolce delle parole.
La bionda si fiondò tra le braccia di Auler per un abbraccio entusiasta e caloroso. Gli piazzò un bacio umido sulla guancia e lo guardò estasiata.
- Ti amo un sacco. –
- Ruffiana. -, l’asciugò lui con un’espressione rassegnata sul viso.
Altezza si mise a saltare sulle punte dei piedi, in fermento.
- Sono pronta a combattere. –
- Andiamo allora. -, le rispose la principessa, lasciandosi contagiare dal suo entusiasmo.
Certo, non avrebbe mai permesso ad Altezza di mettere piede nella sala del trono, men che meno nel castello, ma la sua presenza la rassicurava e, grazie alla bravura di Auler avrebbe affrontato facilmente ogni ostacolo.
Iniziarono a correre verso l’ingresso di Lilian, quando l’azzurro fermò per un attimo Altezza prendendole un braccio.
Fine li fissò curiosa.
- Esmeralda. –, pronunciò eccitato, anche se un po’ timoroso.
La riccia lo fissò stralunata.
- Di che cosa stai parlando? –
- Il nome di nostra figlia. –
Subito le labbra della ragazza si aprirono in un luminoso sorriso e l’espressione si fece raggiante. Poi, tornò seria.
- Mi stai nascondendo qualcosa Auler? –
- Perché? –
- Sei troppo zuccheroso. Mi hai tradito per caso? –
L’azzurro rise isterico.
- Quando avrei avuto tempo con una guerra in corso e una donna incinta e irascibile a cui badare? –
Lei lo studiò ancora un attimo.
- Sarà! Comunque il nome è bellissimo. -, concluse riservandogli uno sguardo dolce e avvolgente.
- Avete finito di flirtare? –, intervenne Fine.
- Sei solo gelosa. -, cominciò Altezza, riprendendo a muoversi.
- Lo farei volentieri anch’io se non ci fosse una battaglia in corso. –
- Sempre che Shade sia ancora tutto intero. –
La rossa rise.
- Magari è senza un braccio. –
- O un piede. –
- Come fate a scherzare su queste cose? –, sbottò l’azzurro.
- Io mi terrei il piede se fossi in te. -, continuò imperterrita l’amica.
La principessa la guardò complice.
- Molto più ragionevole. –
- Sì, forse ci andrei d’accordo persino io. –
- Forse. -
Avrebbero continuato così per tutta la strada fino ai giardini del palazzo reale, Fine ne era certa. E la principessa si sentì immensamente grata di avere accanto a se delle persone tanto speciali. Qualsiasi cosa sarebbe successa, qualsiasi scelta, o errore, lei e Shade avessero compiuto, Auler e Altezza li avrebbero sempre supportati.
 
 
Shade si fermò per qualche secondo sul pianerottolo a riprendere fiato.
Aveva appena fatto nove dannate rampe di scale di corsa e, alzò lo sguardo, immaginò che ce ne fossero altrettante ad attenderlo.
L’uomo che lo guidava, un macellaio che forniva selvaggina al castello, respirava affannosamente accanto a lui, appoggiato con una mano al muro in pietra.
- Siamo quasi arrivati. -, rivelò al capo dei ribelli tra un ansito e l’altro.
Il cobalto gli rivolse un’espressione divertita.
- Sono sopravvissuto a numerose battaglie, ma questa scalinata mi sta dando filo da torcere. –
Il macellaio sorrise.
Dietro di loro alcuni uomini non esitarono nel ridere sguaiatamente.
Erano una cinquantina e la maggior parte di loro provenivano dal limitare del deserto: ribelli che da mesi combattevano al suo fianco e che, anche questa volta, lo avrebbero sostenuto. Avrebbero preso di sorpresa la guardia reale che presidiava il portone e demolito quell’ultima resistenza.
Shade fu contento di aver alleggerito un po’ l’umore.
Erano tutti stremati dopo ore di combattimenti e l’eccitazione data dalla battaglia stava scemando lasciando il posto alla stanchezza. Eppure mancava così poco a compiere la loro missione, a raggiungere l’obiettivo che si erano prefissati. Una volta entrati nel castello, trovare Aaron sarebbe stato facile e, finalmente, avrebbero potuto mettere la parola fine alla tirannia che aveva distrutto e spezzato il loro regno.
Ripresero a correre e finalmente sbucarono in uno dei corridoi della servitù.
Erano passati sette anni dall’ultima volta che Shade aveva messo piede a palazzo e fu travolto da una sensazione familiare. Quei luoghi erano legati alla sua infanzia, anche se erano stati teatro di uno degli episodi più strazianti della sua vita.
Assistere alla morte di Elsa e Toulouse, prendere coscienza delle conseguenze di quell’avvenimento e realizzare, impotente, che Fine sarebbe stata ostaggio di suo zio aveva tormentato per anni i suoi sonni, e ancora oggi, a volte, se ne sentiva sopraffatto. Aggrappandosi disperatamente all’idea di vendicarsi, era riuscito a resistere e a portare avanti la sua battaglia anche quando aveva creduto di aver perso ogni speranza. Oggi, però, sapeva di combattere per qualcosa di diverso: per Fine, per il futuro, e voleva credere con tutto il cuore che ciò sarebbe bastato a dargli la forza di compiere l’atto finale.
Invece di inoltrarsi negli appartamenti reali, proseguirono verso l’esterno, sbucando in una delle ampie terrazze che costeggiavano il castello e che si affacciavano sulla città bassa. I prati erano ben curati, le siepi potate e gli alberi disposti in un ordine regolare ed esteticamente appagante. Le aiuole di fiori, deliziosi ciclamini alternati a margherite e sbuffi di lavanda, circondavano fontane zampillanti e panchine di marmo intarsiate. Quell’atmosfera colorata e rinfrancante, quella natura pittoresca, era così in contrasto con le grida della battaglia che imperversava a una decina di metri sotto le mura che per un momento Shade si dimenticò di essere ricoperto di sangue e polvere e di tenere ancora tra le dita una spada insanguinata.
Era identico a come lo aveva lasciato e sentì lo stomaco contorcersi: su quel pino lui e Fine erano soliti arrampicarsi in prove di coraggio; il gazebo in ferro battuto, lì in fondo, vicino alla balaustra, era stata sede di merende in compagnia dei loro genitori; ecco là l’ingresso del giardino delle rose che costeggiava l’ala est del castello e che si trovava proprio sotto gli appartamenti della principessa. Quante volte era sgattaiolato tra i cespugli, graffiandosi le gambe e le braccia con le spine, per andare a trovarla in piena notte?
Mentre i ricordi si riversavano nei suoi occhi, si rese conto di quanto fosse stranito dall’immagine che gli si presentava davanti.
Si era aspettato desolazione e incuria, una tristezza e una malinconia aleggiante e stordente. Poteva ben capire ora come, nonostante gli accadimenti avvenuti, per Fine fosse stato facile rifugiarsi in quei luoghi familiari e ricchi di ricordi. Re Aaron aveva creato una gabbia dorata per la nipote: la ragazza non avrebbe mai avuto motivo di dubitare della veridicità delle sue parole e del suo affetto, al di là degli screzi della vita quotidiana.
Il lieve sentimento di pregiudizio che aveva sempre custodito nel suo cuore nei confronti della principessa, svanì. Anzi, fu pervaso dall’ammirazione e dall’orgoglio per la ragazza che amava. Non solo in quei mesi aveva dimostrato grande determinazione nel combattere al suo fianco nonostante le incertezze che inizialmente covava, ma aveva avuto anche l’incosciente coraggio di abbandonare la sicurezza del castello per affrontare la verità; una verità triste, scomoda, patetica per certi versi.
In modi diversi, erano entrambi ribelli. E sarebbero arrivati fino alla fine di quella storia, insieme.
Con quei pensieri, rizzò la schiena e guardò con una nuova determinazione i suoi uomini.
Era di nuovo pronto a combattere.
 


 
Angolo dell'autrice!
Eccoci, dopo un anno di attesa, con un nuovo aggiornamento. Che dire? Ormai siete abituati ai miei infiniti ritardi ma vi avevo promesso la parola fine a questa storia e, come Shade, non vedo l'ora di metterla. 
Ho i miei tempi, i miei rituali, ma alla fine sono riuscita a pubblicare il capitolo. Ce ne sarò ancora solo uno. Poi l'epilogo e ci dovremo salutare. Se l'epilogo è già in fase di stesura, l'ultimo capitolo no. E' tutto super chiaro nella mia testa ma dopo un po' scrivere solo sulla battaglia mi risulta un po' noioso e devo essere ispirata. 
La prospettiva è comunque per questa estate di chiudere. Vediamo se ci riuscirò davvero. Le mie promesse sono come dei palloncini sgonfiati tanto ahahhaha
Torniamo alla storia. 
Ecco l'evoluzione definitiva della principessa, a cui il capitolo è dedicato. E' tornata nella sua città, tra la sua gente, e finalmente si sente ascoltata e capita. Riesce a prendere in mano la situazione e i testimoni delle sue imprese saranno tanti e tutti entusiasti di averla sul trono, soprattutto dopo una tale dimostrazione di coraggio e sicurezza. La priorità è tenere al sicura la città e i suoi abitanti. Lascia la prima linea a Roman e a Shade per aiutare. E, diciamocelo, il capo dei ribelli non si sarebbe mai fermato ad ascoltare un povero giardiniere obbligato a combattere: Fine mostrà così di essere sagace, intelligente, empatica e buona. La sua ascesa è solo all'inizio; ci darà soddisfazioni anche da regina. 
Il capitolo si chiuse con alcune considerazioni di Shade su quanto, nonostante le incertezze avute, alla fine anche Fine possa essere considerata al suo stesso livello come una vera ribelle. Ogni dubbio che il ragazzo covava ancora nel suo cuore è svanita. Potrà esservi sembrata un po' ridondante questa parte ma per me è fondamentale, in vista di ciò che accadrà in seguito. Gli amoreggiamenti tra loro sono stati pochi, lo so, ma significativi e entrambi hanno dovuto continuamente lottare contro il proprio orgoglio per evitare le incomprensioni. Pur di stare insieme, di credere nel loro amore, entrambi hanno dovuto rinunciare a qualcosa. Il fatto che si amino non vuol dire che non ci siano ancora questioni irrisolte e le incomprensioni sono dietro l'angolo. Ora, la forza del loro legame va ben oltre ormai a certe piccolezze, ma per Shade rendersi conto che per Fine è stato difficile lasciare il palazzo non è da poco. Finalmente riesce a riconoscerle i suoi meriti e li accetta, fiero. 
Mi piaceva poi inserire qualche particolare su Eclipse e Maria... non è ho mai parlato in maniera ampia nei 41 capitoli fino ad ora pubblicati e questo paragrafo non si può considerare tale ma mi sembrava doveroso rendere omaggio a colui che aveva dato inizio a tutto. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate della storia d'amore con Maria. 
Per quanto riguarda Black non ho parole. Sono straziata ogni volta che scrivo di lui e Lione. E' un baratro da cui non so se riuscirò ad uscire. 
Ed ecco anche l'ultimo momento, degno di questo nome, dedicato ad Auler e Altezza. E una parte di me ha inesorabilmente pianto nello scriverla: lei, Altezza, la mia voce e la voce di tutti voi lettori, che ribalta Fine, tenta di ammazzare Shade, castra uomini e beve birra, verrà accantonata per l'ultimo capitolo. 
Le luci della ribalta saranno sui nostri protagonisti e, lo sapete, era inevitabile. Spero comunque che questo paragrafo abbia reso loro giustizia a due personaggi che sono stati fondamentali per questa storia, a una storia d'amore che è stata facile da scrivere dal primo momento e che ci ha fatto un po' sognare. Quale miglior epilogo per loro poter combattere accanto alle due persone a cui vogliono più bene, che sono diventate la loro famiglia, e sognare del loro futuro insieme, sul nome della figlia che presto potranno stringere tra le braccia, e battibeccare come sempre. 
Mi mancheranno tantissimo, davvero. 
Ora vi saluto, l'angolo autrice è più lungo della storia stessa quasi ahaha
Spero di leggere qualche recensione e spero di tornare presto ad aggiornare, 
Dreamer In Love
 
  
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