Anime & Manga > Haikyu!!
Segui la storia  |       
Autore: GReina    03/05/2021    3 recensioni
[sakuatsu]
La vita di Atsumu ha raggiunto una perfetta routine quotidiana insieme a Kiyoomi fin quando un uomo non bussa in casa loro con una notizia: Atsumu ha due figli di quattro anni e dovrà prendersi cura di loro.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 10

Se il giorno successivo – nonostante i salti sul letto della sera prima – trascorse tranquillo, lo stesso non poterono dire di mercoledì. Avevano finito i loro allenamenti e ripreso come al solito i bambini all’asilo, mangiato il loro dango e rientrati in casa per preparare il pranzo. Fu mentre Kiyoomi prendeva gli ingredienti che – per la prima volta dopo mesi – avvenne. Atsumu era arrugginito ed anche se sapeva che gli attacchi di panico si potevano manifestare dal nulla e all’improvviso, ci mise un po’ per rendersi conto della situazione. Kiyoomi gli dava le spalle, il frigo era ancora aperto davanti a lui, e fu solo quando l’elettrodomestico iniziò a suonare per essere rimasto aperto troppo a lungo che l’alzatore si rese conto che qualcosa non andava. Guardò le spalle di Sakusa e le vide tremare, poi buttò gli occhi sulla mano che reggeva lo sportello del frigo e la vide bianca tanto forte si stava stringendo.
“Cazzo.” sibilò. Akihiko gli sbarrava la strada, quindi lo afferrò da sotto le ascelle e lo tolse di mezzo per poter raggiungere Kiyoomi.
“Bambini, state indietro.” disse guardandoli a malapena. Afferrò il braccio di Sakusa e lo tirò in modo tale che potessero spostarsi dall’aria fredda del frigo. Lo fece appoggiare al bancone di marmo e cercò di valutare in fretta la situazione: il suo compagno era pallido, tremante e stava sudando freddo. I suoi occhi sembravano vuoti e faticava a respirare. Con due bambini in casa Atsumu non aveva il privilegio di potersi concentrare solo sul misofobo, quindi continuò a tenere d’occhio anche loro mentre però continuava a fissare Kiyoomi.
Una rapida analisi lungo tutto il suo corpo gli fece capire cosa avesse manifestato quella crisi: in mano aveva una forma di formaggio. Lui e Sakusa ormai erano più che esperti nelle faccende di pulizia, tanto che casa loro avrebbe potuto benissimo sembrare essere presa da un catalogo di interni, ma i due giocatori rimanevano due esseri umani, ed anche a loro capitava di trascurare, di tanto in tanto, qualche particolare, che in quel caso era una forma di formaggio troppo stantia e quindi attaccata dalla muffa. Atsumu se ne accorse quando la afferrò dalla sinistra di Kiyoomi.
“Cazzo.” ripeté ancora a bassa voce. Buttò in fretta il formaggio nel cestino e corse a prendere un panno umido e dell’alcol igienizzante. Pulì le mani del suo ragazzo, poi fece lo stesso con le proprie e posò il panno.
“Omi.” lo chiamò mettendogli le mani a coppa sul viso “Omi.” ripeté. Se i primi tempi in cui si erano frequentati aveva optato per risolvere quel tipo di crisi senza toccarlo, presto aveva capito che – al di là di ogni logica – Kiyoomi sembrava riprendersi più in fretta entrando in contatto con lui (e soltanto con lui).
“Va tutto bene, tutto bene.” sussurrò. I bambini ancora controllati con la sua coda dell’occhio.
“Respira con me.” inspirò ed espirò, poi lo fece più lentamente e più lentamente ancora fin quando l’attacco di panico non iniziò a passare.
Come sempre, ci vollero parecchi minuti perché Kiyoomi riprendesse a respirare normalmente. Non appena avvenne lo aiutò a camminare e lo fece stendere sul loro letto. Lo baciò sulla fronte, gli accarezzò i capelli, poi prese un panno umido dal bagno e gli tamponò il sudore. Presto si sarebbe fatto una doccia, ma adesso aveva bisogno di riposare. Infine, Atsumu lasciò la stanza e lì, fermi sulla soglia, vide i gemelli. Viste le loro espressioni sorrise incoraggiante, poi si inginocchiò per raggiungere la loro altezza.
“Che cos’ha Omi?” chiese preoccupato Akihiko.
“Ha avuto un attacco di panico, piccolo. Ad Omi non piace lo sporco, quindi quando per caso tocca qualcosa che lo insudicia inizia a sentirsi male.”
“È per questo che quando siamo fuori ha la maschera e i guanti?” Atsumu guardò Kamiko con occhi orgogliosi.
“Esatto. Ed è anche per questo che vi facciamo lavare così spesso.” rise, ma i bambini sembravano troppo scossi per riuscire a ricambiare.
“Ora sta bene?” chiese ancora Akihiko. Atsumu si voltò e guardò per un momento Kiyoomi sul letto.
“Sì, sta bene. È solo un po’ stanco. Che ne dite se gli portiamo un po’ d’acqua?” felici di poter fare qualcosa, corsero entrambi in cucina e – dopo una piccola battaglia – decisero che gli avrebbero portato un bicchiere ciascuno. Quando raggiunsero Sakusa, questi sorrise e bevve prima da uno e poi dell’altro bicchiere. Subito dopo Akihiko corse via, ma il resto di loro non dovette chiedersi a lungo il perché.
“Ecco, Omi!” gli porse delle salviettine igienizzanti “Le ho prese dal bagno, così ce le hai sempre vicino!” le appoggiò sul comodino. Atsumu guardò intenerito prima il figlio, poi lo schiacciatore ed entrambi sorrisero. Il biondo capì subito quanto Kiyoomi volesse abbracciare Akihiko, ma subito capì anche che era ancora troppo provato per un qualsiasi contatto umano che non fosse il suo, quindi Atsumu prese le sue veci e strinse forte il bambino mentre lo baciava in mezzo ai capelli.
“Dai,” li esortò “lasciamo riposare Omi adesso, va bene?” i piccoli subito annuirono e lasciarono la stanza. Atsumu si sedette un momento in bilico sul materasso: “Ti porto il pranzo tra un po’, quando ti sentirai di mangiare.” Kiyoomi annuì.
“Grazie.” rantolò “E scusa…” Atsumu rise.
“Me lo dici dopo ogni attacco di panico, ed ogni volta io ti dico che non devi farlo. Quando la smetterai?”
“Credo mai.” ammise l’altro. Atsumu lo guardò con rimprovero e gli si avvicinò. Poggiò la fronte sulla sua e gli passò una mano tra i capelli.
“Non c’è nulla per cui tu debba scusarti, Omi.” gli sussurrò, poi si baciarono.
“Adesso tu pensa solo a riprenderti. Vengo a controllarti tra un po’.” il corvino annuì, quindi Atsumu lasciò la stanza.
Finì di preparare il pranzo per tutti e quando si misero a tavola subito i bambini iniziarono a fargli domande sulla misofobia. Atsumu rispose come meglio poté, ma per quanto fosse preparato in materia c’era un limite ai Perché ai quali poteva rispondere. Kamiko e Akihiko, in ogni caso, sembravano aver capito pienamente la situazione e gli promisero che sarebbero stati attenti in modo da far star bene Omi. Ancora una volta nell’arco di pochi giorni, Atsumu si ritrovò a stupirsi dei propri figli: se qualcosa gli faceva credere di non poterli amare più di quanto già non facesse, subito dopo veniva smentito dalle loro azioni “Perché non c’è limite.” capì in quel momento: “Non c’è limite a quanto posso amarli”.

 
===
 
Era avvenuta. La più grande paura di Kiyoomi da quando avevano preso i gemelli a casa dei loro nonni era avvenuta.
Combatteva con la misofobia da tutta la propria vita e sapeva bene quanto potesse essere fastidiosa non solo per sé stesso, ma anche per coloro che gli stavano intorno. Atsumu aveva dovuto faticare, e non poco, quando dopo molti mesi di frequentazione assidua entrambi avevano capito che la loro relazione stava diventando seria. Chiunque, vedendoli dall’esterno, avrebbe detto che fosse Kiyoomi quello maggiormente pronto e sicuro tra i due a costruire qualcosa di stabile, eppure era tutto l’opposto. Era stato Atsumu a mantenere unita la loro relazione quando Kiyoomi con tutte le proprie forze aveva tentato di distruggerla; era stato Atsumu a convincerlo a lottare per loro quando Kiyoomi si era convinto di doverlo lasciare andare. Era stato Atsumu a fargli capire quanto l’uno fosse importante per l’altro; più importante di ogni altra cosa. La sua misofobia era il motivo per cui lui e Miya non avrebbero mai potuto adottare un neonato; era il motivo per cui non potevano avere neanche un animale domestico o perché non potevano usare i mezzi pubblici; era il motivo per cui dovevano saltare molte feste e perdersi tantissime belle occasioni in compagnia dei propri amici. Era il motivo per cui erano saliti su un aereo una volta soltanto senza possibilità di ripetere l’esperienza ed era il motivo per cui gran parte della loro routine giornaliera comprendeva atti di pulizia.
Da quando Kamiko e Akihiko avevano messo piede in casa, anzi da prima: da quando erano andati a prenderli o addirittura da quando avevano sentito parlare di loro per la prima volta dall’avvocato, Kiyoomi non faceva altro che pensare a questo: alla propria misofobia. Sapeva che prima o poi avrebbe avuto una crisi. Che fosse perché i bambini lo toccassero senza preavviso o per la semplice troppa vicinanza. E sebbene quella paura – nel corso dei giorni – fosse stata messa da parte, non era scomparsa. L’ansia aveva continuato a logorarlo ed infine, senza che i bambini ne fossero minimamente responsabili, era successo.
Come avviene spesso in situazioni come queste, però, il fatto che la sua paura più grande si fosse manifestata lo aiutò.
“Non può succedere niente di peggio.” pensò, e con quelle parole in testa il mostro che aveva riposato sul suo petto svanì alleggerendogli il peso.
Mai pensare che il peggio sia passato.
Era giovedì pomeriggio quando il campanello della porta suonò.
Kiyoomi lasciò Atsumu con i bambini ed andò ad aprire. Avrebbe potuto essere Osamu, Motoya o il corriere che lasciava un pacco. Non era nessuno di loro e ciò che vide oltre la porta lo raggelò.
“Mamma. Papà.” ci mise qualche secondo ad elaborare ciò che i suoi occhi avevano davanti e a salutare di conseguenza.
“Kiyo!” esclamò sua madre con la sua solita aria allegra.
“Sai che odia quando lo chiami così, cara.” intervenne suo padre.
“Ma odia di più se lo chiamiamo Omi!” scherzò ancora la donna.
“Mi bastano Atsumu e la squadra per quello.” i suoi genitori risero e lui cercò di tirarsi a sua volta in un’espressione divertita, ma gli schiamazzi dei gemellini non potevano che fargli avere un solo pensiero:
“Mi scorticheranno vivo.”
Prima ancora che potesse pensare a qualsiasi cosa, Atsumu lo raggiunse.
“Omi chi è-” non finì la frase. Kiyoomi lo vide bloccarsi e deglutire, ma come riusciva sempre a fare si riprese in fretta ed indossò la sua maschera di bronzo.
“Eri-chan! Ichiro-chan!” la prima volta che il suo ragazzo aveva chiamato con quel tipo confidenza i suoi genitori, Kiyoomi era rimasto scandalizzato. Non aveva mai presentato nessuno ai signori Sakusa, quindi non aveva idea di come potessero reagire in situazioni del genere. Atsumu era stato terrorizzato al loro primo incontro ufficiale, ma si era subito sciolto e già un mese dopo il chan era stato messo sul tavolo.
Col senno di poi, Kiyoomi capì di aver esagerato con le proprie ansie. Atsumu era subito piaciuto ai suoi genitori e chiaramente i suoi progressi contro la misofobia avevano aiutato.
“Tsumu!!” rispose la donna felice varcando infine la porta. Allargò le braccia ed il biondo non si lasciò pregare: vi si buttò dentro. Eri sospirò al settimo cielo.
“Mi era mancato il mio bambino.” mormorò riferendosi ad Atsumu. Il biondo rise e Kiyoomi sbuffò.
“Mamma…” disse “io sarei qui.” lei lo guardò male e finse un broncio.
“Atsumu potrà passarti l’abbraccio più tardi dato che ti fai stringere così solo da lui! Devo dargliene una doppia dose!” e strinse più forte. Atsumu rise e si crogiolò in quella dimostrazione d’affetto. Ogni volta che si vedevano sua madre usava la scusa di dover recuperare tutti gli abbracci che Kiyoomi le aveva negato, e la cosa peggiore era che Atsumu le andava dietro dandole man forte! Sakusa fingeva di prendersela, ma nulla avrebbe potuto renderlo più felice in quei momenti.
Quando infine si separarono, Atsumu passò a salutare suo padre: sempre calorosamente, ma in maniera meno plateale.
“Cosa ci fate qui?” chiese a quel punto Kiyoomi. I suoi genitori abitavano dall’altra parte di Tokyo, e sebbene non fosse così raro per loro vedersi, non accadeva neanche troppo spesso.
“Che domande!” fu la risposta di Ichiro “Era da tanto che non vi vedevamo, così abbiamo deciso di fare un salto!”
“Avreste potuto avvertire.” controbatté ancora il figlio, poi li guardò sospettoso e sua madre – come sempre – confessò subito.
“Okay, c’è qualcos’altro.” sospirò. I giocatori la guardarono curiosi, ma lei rispose guardandoli come se la risposta fosse ovvia: “La trasferta, no?” disse “Abbiamo sentito solo ieri che non siete andati perché Kiyo si è preso l’influenza.” spiegò, poi sospirò grave “Pensi che abbiamo dimenticato quanto erano brutte le crisi che avevi sùbito dopo pensando ai germi nel tuo corpo?” continuò mentre iniziava a togliersi le scarpe per indossare un paio di pantofole per gli ospiti. “Ora sembri stare bene, ma volevamo comunque controllare-” si bloccò quando – aperta la cassettiera – trovò le scarpe dei bambini. Scattò con lo sguardo verso i due padroni di casa, che furono capaci solo di aprire e chiudere la bocca. Quando Ichiro capì il motivo di quello stato li guardò sconvolto a sua volta e chiese:
“Di chi sono queste?” Kamiko e Akihiko evitarono loro di rispondere ridendo più forte dal salotto. Gli sguardi dei signori Sakusa saettarono in quella direzione e così, come in trance, presero a fare le loro gambe. Atsumu e Kiyoomi li seguirono subito dopo e immediatamente prima che arrivassero al salotto il biondo esclamò:
“Possiamo spiegare.”
“Papà!” esclamò Akihiko sollevando un ennesimo disegno “Vieni a vedere il mio disegno?” Kiyoomi vide Atsumu sorridere al figlio e poi guardare colpevole verso i ‘suoceri’. Si avvicinò ad Akihiko ed afferrò il foglio.
“È bellissimo, piccolo!” lo sentì dire. “Tu cosa hai disegnato, Kami?” la bambina mostrò la propria opera, ma ormai entrambi erano concentrati sugli ospiti.
“Loro sono i vostri-!?” iniziò Eri, ma Kiyoomi la bloccò.
“Ti spiego dopo, mamma.” la donna era sempre stata molto intuitiva, ma anche se non lo fosse stata il tono che aveva usato lo schiacciatore fu abbastanza per farla desistere e farle capire che quello era un discorso da non fare davanti ai bambini.
“Papà?” chiamò ancora Akihiko “Loro chi sono?” il biondo si grattò la nuca prima di rispondere:
“Sono la mamma e il papà di Omi.” i gemelli osservarono prima Atsumu, poi i signori Sakusa ed infine Kiyoomi.
“Vuol dire che sono i nostri nonni?” chiese innocente Kamiko. Kiyoomi si pietrificò e così fece Atsumu. I suoi genitori erano ancora confusi, non avevano idea di cosa quelle parole avessero appena scatenato.
I bambini non avevano mai chiamato Kiyoomi ‘papà’, eppure avevano appena dichiarato nel più chiaro dei modi che lo consideravano ugualmente come tale. Lo schiacciatore aprì la bocca per rispondere (neanche lui sapeva cosa), quando Atsumu lo precedette:
“Sì, è così.” disse flebile ma in qualche modo assolutamente deciso. Tutti si girarono verso di lui, ma l’alzatore aveva lo sguardo fisso su Kiyoomi. Si amavano da moltissimo tempo ed il suo sguardo dorato, ormai, non aveva più alcun segreto per lui. Kiyoomi vide quanto fosse sorpreso dalle proprie stesse parole; terrorizzato all’idea di cosa ciò avrebbe implicato e confuso dal fatto che fosse così giusto ciò che aveva appena detto. Deglutirono entrambi.
“S-scusate” disse ancora tremante il biondo “ho bisogno di un minuto.” guardò verso Eri e Ichiro “Vi prego, tenete d’occhio i bambini per un attimo.” e scappò verso il bagno. Kiyoomi lo inseguì correndo.
“Si può sapere cosa ti ha preso!” gli urlò piano una volta che si furono chiusi la porta alle spalle.
“Lo so, Omi, lo so!” gli dava le spalle e si era messo le mani tra i capelli “Non c’è bisogno che tu me lo dica!” ma Kiyoomi aveva intenzione di farlo ugualmente:
“Tra pochi giorni dovranno tornare dai loro nonni! È già grave che si siano affezionati così tanto! Non puoi dirgli cose del genere!!” afferrò il proprio compagno per il gomito e lo tirò con forza affinché si voltasse. Stava piangendo. Il cuore di Kiyoomi si sciolse e subito si sentì in colpa. Attirò Atsumu in un abbraccio e lo strinse come meglio poté. Lo accarezzò sulla schiena e lo baciò tra i capelli mentre quello iniziava a singhiozzare più forte.
“Lo so…” disse piangendo “Lo so.” ripeté ancora tra i singhiozzi. “Tra poco andranno via e chissà quando potremo rivederli. Hyogo è a sette ore da qui e non è giusto!” Kiyoomi non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto con tutto il cuore rimanere con i bambini, ma dovevano pensare a cosa fosse meglio per loro.
“Sono i nostri bambini, Omi. Miei e tuoi. Hai visto come ti guardano, e io ho visto come tu guardi loro. Sei loro padre almeno quando me, lo sai benissimo anche tu. Lo so che lo sai.” Kiyoomi strinse ancora di più la stretta. Sì, lo sapeva. L’aveva capito da giorni, ma aveva negato l’evidenza perché sapeva che se avesse riconosciuto la cosa sarebbe stato impossibile lasciarli andare.
“Sì.” ammise ad alta voce ed i cuori di entrambi – in contatto tra i petti stretti – iniziarono a battere più velocemente. “E proprio per questo dobbiamo prenderci cura di loro e dargli la migliore opportunità di vita.” disse con la morte nel cuore. Atsumu si irrigidì e Kiyoomi non riuscì più a trattenere una lacrima. “Sono felici qui con noi, ma lo sono stati anche con i loro nonni per quattro anni. Li amano tanto quanto li amiamo noi e se ne potranno prendere cura a tempo pieno. Vivranno dove è vissuta loro madre.” l’alzatore si strinse tra le braccia di Kiyoomi.
“Lo so.” sussurrò “È solo… così difficile.” il corvino lo baciò ancora tra i capelli e rimasero in quella posizione per diverso tempo per permettere a entrambi di riprendere il controllo.
“Quando Aki ha rotto il vaso credevano che l’avremmo picchiato.” Atsumu lo disse in un sussurro; lo disse con certezza, senza il minimo dubbio che la sua ipotesi potesse essere avventata. Lo disse come se non stesse facendo altro che pensarci da quando quel vaso di porcellana era caduto, e probabilmente era così. Anche Kiyoomi aveva ripensato spesso a quell’episodio: a come Akihiko si fosse spaventato, ma soprattutto a come Kamiko sembrava essere impazzita.
Non dissero più nulla. Si limitarono a rimanere abbracciati cercando la forza per uscire da quel bagno ed affrontare la realtà.
Quando finalmente ci riuscirono, i suoi genitori non chiesero perché avessero quelle facce, né perché Atsumu era tanto gonfio in viso. Anche Akihiko e Kamiko si accorsero dello strano aspetto del biondo, così gli stettero addosso tutto il tempo. Kiyoomi immaginò che la loro vicinanza, in quel momento, fosse un balsamo tanto quanto una pena per Atsumu, tuttavia lo vide sorridere e decise di non allontanarli.
“Papino?” lo chiamò a un certo punto Kami “Mi aiuti a mettere una gonna?” Kiyoomi si stupì di quella richiesta: da quando le avevano comprato i pantaloni si era del tutto rifiutata di mettere di nuovo le calze.
“Certo, amore.” le rispose confuso l’alzatore “Ma perché vuoi mettere la gonna?”
“Per i nonni, no? Quando ci sono i nonni devo sempre mettere la gonna.” Kiyoomi guardò verso Atsumu ed il biondo fece lo stesso verso di lui. Si scambiarono uno sguardo comprensivo: il vaso, i disegni vietati sul frigorifero, le partite di pallavolo viste solo quando i nonni non c’erano, il testamento di Isako. Era pericoloso pensare a tutto quello, eppure non potevano più farne a meno.
“Perché non ci accompagni, Aki?” disse Atsumu al bambino mentre si alzava con Kamiko. Guardò verso Kiyoomi e poi fece cenno verso i suoi genitori.
“Diglielo.” sembrava suggerirgli, e così Kiyoomi fece.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: GReina