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Autore: BlueMagic_96    03/05/2021    3 recensioni
[SPOILER!! Questa storia contiene riferimenti agli avvenimenti che si vedono nel manga, indicativamente fino al capitolo 309] [Angst] [Bakugou Katsuki e Todoroki Shouto]
E’ notte alla Yuuei e Bakugou ha sete, così decide di scendere nella Sala Comune per prendersi un bicchier d’acqua e tornarsene a letto. Quello che non immagina è che, una volta di sotto, si ritroverà a dover prendere una decisione inaspettata: fare dietro-front e fingere di non aver visto nulla, o annunciare la propria presenza ad un Todoroki nel bel mezzo di una crisi di pianto.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“Neanche trenta minuti dopo aver ricevuto le vostre Licenze Provvisorie avete dimostrato doti eroiche capaci di gettare in ombra i Pro-Heroes!” la voce dell’intervistatrice era acuta e sgradevole alle sue orecchie. Certo, idiota, stai parlando con il futuro Eroe Numero Uno del Giappone! I Pro-Heroes possono mangiare la mia polvere! Bakugou non voleva nemmeno essere lì, lo avevano costretto.

Non era passato neanche un anno da quando aveva iniziato a studiare alla Yuuei, eppure quella era già la quarta volta che si ritrovava in quella situazione: non andava per niente fiero delle tre interviste precedenti, anche se la maggior parte dei suoi compagni continuava a ripetergli che era comunque pubblicità e che avrebbe dovuto sfruttare al meglio quelle occasioni per farsi conoscere. Idioti.

Non gli erano mai interessati né la pubblicità, né gli applausi o i sorrisi della gente: voleva diventare un eroe per annientare e catturare tutti i criminali che gli incrociavano la strada, non per trasformarsi nel beniamino della folla. Avrebbe dimostrato al mondo di essere il migliore, ma lo avrebbe fatto senza l’aiuto dei media.
“Dovete essere diventati molto amici durante i vostri allenamenti!” Katsuki era improvvisamente sbiancato. Ecco un altro motivo per cui odiava le interviste: le domande stupide e insensate dei giornalisti.
Perché cazzo alla gente dovevano interessare quelle cose?! Che razza di domanda era!?
“E’ meglio che tu faccia un salto da un bravo oculista o da un neurologo, se questa è davvero l’impressione che hai avuto!” le aveva risposto, senza preoccuparsi di suonare sgradevole. Ne aveva già abbastanza di quella pagliacciata, non gli importava; voleva solo che finisse in fretta per potersi riposare.
“Sì, siamo amici” la voce monocorde e inflessibile di Todoroki si era quasi sovrapposta alla sua e Katsuki sentì uno strano calore pervadergli il corpo e imporporargli il volto per la rabbia e la vergogna.

Amici?! Che cazzo stava blaterando?! Aveva spalancato gli occhi e si era voltato verso il compagno, che continuava a guardare dritto davanti a sé, seduto rigidamente sul divanetto della Sala Comune: “Beh, abbiamo passato molto tempo insieme, durante il corso per la Licenza...” aveva aggiunto il bastardo a Metà subito dopo, percependo il suo sguardo omicida e voltandosi verso di lui per guardarlo con sincera confusione. Dio, non lo sopportava quando faceva così! Davvero non si rendeva conto delle stronzate che diceva o lo faceva apposta? Perché faceva dichiarazioni del genere davanti ai giornalisti!?

“Non funziona così! Da quando in qua il tempo speso insieme corrisponde all’amicizia?!” aveva gridato di rimando, stringendo i pugni per trattenere le esplosioni che avrebbe voluto lanciargli dritto in faccia. L’espressione gentile e cordiale dell’intervistatrice si era rapidamente trasformata in una maschera di terrore e imbarazzo; almeno di questo, Bakugou era felice.
Ignorando i tentativi della donna di calmarlo e i suoi inviti a parlare più piano, Katsuki aveva continuato ad inveire contro Todoroki, rinnegando la loro presunta amicizia ed eludendo le altre domande.
Metà e Metà, dal canto suo, rispondeva educatamente a tutto, ma non per questo se la cavava meglio di lui: a volte rispondeva a monosillabi, altre volte aggiungeva così tanti dettagli irrilevanti e noiosi che era la giornalista stessa a doverlo fermare, disperata; le sue argomentazioni erano spesso troppo dirette e sincere, senza filtri, e più di una volta aveva completamente frainteso la domanda che gli era stata posta.

Insomma, sarebbe stata l’intervista più inutile e soporifera nella storia mediatica giapponese.

+++++++

‘Sì, siamo amici.’
Erano passate diverse settimane da quell’intervista e Bakugou non credeva che avrebbe mai ripensato a quelle parole. Le aveva archiviate, chiuse in un cassetto remoto della sua mente, e pianificava di lasciarle lì a coprirsi di polvere e muffa per il resto della sua vita.
Eppure eccolo lì, nella penombra del corridoio che portava alla Sala Comune, a domandarsi cosa fosse meglio fare: tornarsene silenziosamente in camera e fingere di non aver visto nulla, o annunciare la propria presenza e costringersi ad affrontare una conversazione che chiaramente non era in grado di portare avanti? Da quella prospettiva, la scelta era abbastanza ovvia: Katsuki aveva già fatto dietro-front quando un rumore di cocci rotti lo fece sobbalzare e voltare verso la fonte del rumore.

“Cazzo...” la voce di Todoroki gli arrivò da lontano, ma sembrava distante anche per altri motivi.
Quando era sceso al piano terra, Katsuki voleva solo prendere un bicchiere d’acqua, ma si era bloccato quando aveva riconosciuto la sagoma di Todoroki seduta di spalle sul divano. Normalmente la cosa lo avrebbe infastidito (era stanco e non aveva voglia di parlare con nessuno), ma non di certo paralizzato: quella volta, però, aveva smesso di avanzare non appena aveva capito che Todoroki stava piangendo.

Oh cazzo, era tutto quello che era riuscito a pensare, prima di immobilizzarsi sul posto.
Lo aveva semplicemente sentito singhiozzare un paio di volte e tirare su col naso, ma gli era bastato per capire che era meglio non farsi notare: dopotutto, anche se avesse voluto aiutarlo, Katsuki Bakugou non era certo la persona più adatta a consolare un amico. Amico?

Si era sorpreso da solo di quel pensiero ed era stato proprio in quel momento che aveva inconsciamente iniziato a chiedersi cosa fosse meglio fare. Non sapeva cosa fosse successo di preciso e non gli interessava: le emozioni della gente lo mettevano a disagio e la maggior parte delle volte non le capiva; sapeva a malapena gestire le sue, figurarsi quelle degli altri!
Quel rumore di vetri infranti, tuttavia, fece sì che le sue gambe si muovessero da sole verso il salotto, senza sapere bene perché: aveva deciso di tornarsene in camera, ma il suo cervello doveva aver cambiato idea senza prendersi la briga di chiedere un suo parere.

“Ehi!” Perfetto, ora anche la sua bocca si muoveva da sola.
Todoroki si voltò di scatto verso di lui, sorpreso e quasi spaventato dalla sua presenza: ora che poteva vederlo meglio, Katsuki ebbe la conferma che stava piangendo.
Merda. Perché cazzo non sono tornato indietro? Il Bastardo a Metà si portò rapidamente una mano sul viso per asciugarsi le guance, nel disperato tentativo di ricomporsi e di nascondere le lacrime: chiaramente non voleva farsi vedere in quelle condizioni, men che meno da Bakugou. Sì, beh... è tardi, idiota!

“B-Bakugou... cosa ci fai qui?” gli rispose, cercando di apparire disinvolto. Me lo sto chiedendo anche io.
“Non sono affari tuoi... woah, ma che...?!” Katsuki, che aveva continuato ad avanzare verso di lui, si fermò di colpo quando vide il casino che c’era sul pavimento di fronte al divano. Alzò gli occhi sull’altro ragazzo, che evitò di incontrare il suo sguardo, poi li abbassò di nuovo seguendo una linea immaginaria che lo condusse alla sua mano: ora che era più vicino, vedeva chiaramente il taglio che gli attraversava il palmo e il sangue che lo ricopriva. “Stai cercando di ammazzarti, per caso?!”
“E’ solo un taglio” rispose l’altro, stringendo le labbra in una smorfia e allontanando la mano ferita dallo sguardo accusatore di Bakugou,“Mi è scivolata mentre venivo verso il divano, adesso ripulisco tutto” aggiunse, indicando i resti di quella che un tempo doveva essere una tazza e che ora giaceva a terra in grosse schegge affilate.

“Sì, certo!” Bakugou sollevò le sopracciglia, infastidito. “Puoi prendere per il culo gli altri idioti ma non prendi per il culo me, Metà e Metà. Eri già sul divano quando ‘ti è scivolata’... a due metri da dove eri seduto, aggiungerei” disse, facendo i segni delle virgolette con le dita e indicando il disastro che ricopriva il pavimento tra loro.
Todoroki analizzò mentalmente ciò che Bakugou gli aveva appena detto: “Come... aspetta, mi stavi spiando?” gli chiese, inclinando leggermente la testa e corrugando la fronte, a metà tra il confuso e il preoccupato.
Bakugou trasalì, realizzando di aver lasciato trasparire troppo dalle parole di poco prima: “Cosa!? Ti pare?” Era rimasto a guardarlo dalla penombra per qualche secondo di troppo, sì, ma non lo stava spiando.

L’altro ignorò la sua provocazione: “Da quanto sei qui?” gli chiese, quasi infastidito.
Lui è infastidito? E io cosa dovrei dire?! Non l’ho chiesto io di ritrovarmi in questa situazione di merda! Se solo fosse rimasto a piangere in camera sua...
“Abbastanza da sapere che quella tazza non ti è scivolata” si ritrovò a rispondere alla fine, lanciandogli uno sguardo eloquente. L’altro ragazzo aprì la bocca, come per ribattere, ma la richiuse subito dopo.
Per quanto lo trovasse fastidioso e irritante, Todoroki era uno che come lui non amava mettersi a nudo davanti agli altri: era una persona riservata, orgogliosa, e sicuramente anche lui non vedeva l’ora di tirarsi fuori da quella conversazione. Nessuno dei sue voleva affrontare l’argomento, caso chiuso.

“Scusami, non volevo farti assistere a questa... cosa. Fai pure quello che devi fare, non ti ruberò altro tempo” proseguì, dopo un attimo di riflessione. Bene, perfetto.
Era proprio quello che Bakugou voleva sentirsi dire, eppure... era vergogna o risentimento quello che sentiva nella voce di Todoroki? Katsuki osservò l’altro chinarsi a terra per raccogliere i cocci della tazza che aveva appena distrutto, in quello che probabilmente era stato un impeto di rabbia e frustrazione: “Fermo, idiota! Stai sgocciolando ovunque, devi prima sistemarti quella mano...” lo rimproverò, allungandosi istintivamente verso di lui.
“Oh... sì” rispose l’altro con tono assente, come se si fosse ricordato solo in quel momento della mano sanguinante e del taglio che gli attraversava il palmo.

“Fa vedere” Bakugou si rese conto solo dopo di quello che aveva appena detto. Perché lo sto aiutando?
“Non è nulla, faccio da solo” Todoroki aveva ritratto la mano e, per qualche motivo, Bakugou si sentì offeso da quel gesto. Bene, arrangiati allora! Alzò le mani e decise che si sarebbe bevuto il suo fottuto bicchiere d’acqua e sarebbe tornato a letto, come avrebbe dovuto fare sin da subito.
Dio... era così che si sentiva Deku ogni volta che si proponeva di aiutarlo e lui gli ordinava di farsi da parte? Katsuki scacciò immediatamente quel pensiero. Non voleva pensare a quell’idiota e, in ogni caso, lui non era Deku, non lo sarebbe mai stato; e Todoroki non era certo suo amico.

L’unica persona che Bakugou avrebbe potuto chiamare con quell’appellativo era Kirishima: non glielo avrebbe mai detto, ovviamente, perché se lo avesse fatto sarebbe stato come ammettere pubblicamente una sconfitta, ma non aveva bisogno di farlo. In ogni caso, Todoroki non era Kirishima.
Era già un problema che Bakugou si sentisse in quel modo nei confronti di Eijirou, non aveva bisogno di altri problemi. Ci era già passato con Deku e non aveva intenzione di ripetere quel tormento per Metà e Metà.

Katsuki Bakugou non aveva amici, non si affezionava alle persone, non le trattava con premura. Katsuki Bakugou non aveva bisogno di nessuno, era destinato a diventare l’Eroe Numero Uno, e l’Eroe Numero Uno non poteva permettersi distrazioni di quel tipo. O almeno, questo è quello che continuava a ripetersi: da quando si era trasferito alla Yuuei era stato costretto a rivedere le sue certezze, per quanto non volesse ammetterlo. Come quando, la settimana prima, aveva dato il suo primo abbraccio ad una persona che non fossero i suoi genitori, cosa che già di per sé non accadeva da quando aveva dodici anni.

Con queste riflessioni ad affollargli la mente, si era diretto in cucina e aveva aperto il rubinetto per riempirsi il bicchiere, mentre Todoroki si sciacquava la mano sotto l’altro lavello e prendeva della carta per ripulirsi. Bakugou seguì i suoi movimenti con la coda dell’occhio, mentre sorseggiava il contenuto del suo bicchiere con estrema lentezza: Metà e Metà sembrava distrutto. Il taglio aveva praticamente smesso di sanguinare ed effettivamente non era nulla di che, ma quello che lo aveva colpito di più era il suo viso: era più pallido del solito, aveva il naso arrossato e delle pesanti ombre sotto gli occhi, che sembravano spenti e arrossati. Bakugou, per quanto si maledicesse, aveva sempre trovato che fosse un bel ragazzo, di quelli fastidiosamente perfetti: era consapevole che molta gente dicesse lo stesso di lui e la cosa non gli dispiaceva per nulla, ma il fatto di essere lui stesso a pensarlo di un’altra persona lo turbava parecchio.

Gli lanciò un'altra occhiata sfuggente e realizzò che quella bellezza eterea era stata cancellata dalle troppe preoccupazioni e dalla mancanza di sonno. Era stato un periodo difficile per tutti, lui stesso non se la cavava benissimo, ma probabilmente Todoroki era quello che se la stava passando peggio: Jaku City, Endeavor, suo fratello... e ora Deku. Il solo pensiero di quel Nerd di Merda gli fece venire la nausea e digrignare i denti.
Maledetto.

“Se devi dirmi qualcosa, fallo subito” la voce di Todoroki lo fece tornare al presente e solo allora si rese conto che lo stava fissando da un po’ troppo tempo.
In realtà era solo perso nei suoi pensieri e si ritrovò colto alla sprovvista: “Calmati, Metà e Metà, non ho nulla da dirti” dopodiché si mise a sciacquare il bicchiere.
“Bene” e con quello, Todoroki uscì dalla cucina per incamminarsi nuovamente verso il divano, con in mano una garza che aveva sicuramente estratto da uno dei tanti kit di pronto soccorso che Aizawa aveva disseminato per tutto il dormitorio – conosceva bene i suoi studenti e sapeva che ogni occasione era buona per farsi male. Guardandolo, Katsuki non poté fare a meno di pensare che avesse l’aria di un animale ferito.

“Prima devi disinfettarla” si ritrovò a dirgli Bakugou, da dietro il bancone della cucina.
“L’ho già fatto, mentre fissavi il vuoto” rispose l’altro. “Da quand’è che ti preoccupi per me, si può sapere?” gli chiese subito dopo, con fare scettico e sarcastico. Non ne ho idea.
“Tsk. Me ne torno a dormire” gli disse, deciso a non rispondergli, mentre si incamminava verso il corridoio. “Assicurati di raccogliere tutto se non vuoi che Aizawa ti uccida, domani!” non gli chiese se avesse bisogno, perché sapeva già quale sarebbe stata la risposta. Era stato chiaro anche prima, non voleva il suo aiuto.
“Sì, lo so, non sono stupido. Buonanotte” Todoroki non lo guardò neanche in faccia e continuò a fasciarsi la mano.
Bakugou si fermò all’altezza del secondo divano, che formava una L con quello dove era seduto l’altro ragazzo: ordinò al suo corpo di proseguire ma qualcosa dentro di lui gli disse che, se se ne fosse andato così, non sarebbe stata affatto una buona notte.

Ripensò a come si era sentito la settimana prima, quando Eijirou era entrato in camera sua senza preavviso e aveva visto il buco che gli decorava il muro, dopo che il suo pugno ci si era scagliato contro; ripensò a quanto gli avesse dato fastidio quell’intrusione indesiderata, a quanto si fosse sentito fragile e vulnerabile e a quanto, nonostante tutto, una parte di lui fosse stata grata a Kirishima di essere l’insopportabile ficcanaso che era. Gli aveva urlato contro le peggio cose e lo aveva attaccato, anche fisicamente, scaricando su di lui tutta la rabbia e la frustrazione che fino a poco prima aveva diretto contro il muro.
Lui lo aveva lasciato fare, come sempre: “A volte penso che Madre Natura mi abbia dato questo Quirk perché sapeva che saremo diventati amici. Ci hai mai pensato? Sembra fatto apposta...” Amici.
Improvvisamente si sentì ipocrita ed egoista.

Per quanto la cosa lo facesse vergognare, Katsuki aveva lasciato che Kirishima lo vedesse piangere.
Solo un’altra persona aveva avuto lo stesso privilegio, prima di lui, ma quella persona era anche uno dei motivi per cui aveva sentito il bisogno di distruggere la parete di camera sua. Deku.
Kirishima lo aveva capito, gli aveva offerto il suo supporto e, per una volta, Bakugou lo aveva accettato.
Si era lasciato abbracciare, cazzo! Era stato imbarazzante, ma irrimediabilmente piacevole.
C’era qualcuno di cui Todoroki si fidasse fino a quel punto? ‘Sì, siamo amici.’  

Katsuki lo guardò e deglutì: “Senti... qualunque cosa sia, se hai bisogno di sfogarti sai dove trovarmi” si sentì arrossire fino alla punta delle orecchie e la cosa gli diede ancora più fastidio della consapevolezza di essersi indelebilmente esposto davanti a Metà e Metà.
Non osava alzare lo sguardo per paura di incrociare i suoi gelidi occhi indagatori, ma la sua voce dal tono indecifrabile lo raggiunse prima che potesse aggiungere altro: “Ti senti bene?” sembrava sinceramente sorpreso e confuso, quasi preoccupato, ma c’era anche una punta canzonatoria nella sua voce.

“Fottiti! Intendevo... insomma, non sono bravo con le parole ma se vuoi allenarti... beh, sono disponibile” stavolta non riuscì ad evitarlo e si voltò leggermente alla sua sinistra.
Todoroki lo stava fissando: “Mi stai proponendo di fare a botte?” gli chiese, alzando un sopracciglio.
“Non ti sto proponendo proprio nulla, idiota! Ho solo detto che se ti va...  ah, lascia stare!” Katsuki rinunciò a terminare la frase, stava solo peggiorando la sua posizione. Era stata una pessima idea.
Todoroki accennò un sorriso stanco, poi si appoggiò con il braccio allo schienale del divano: “Grazie, ma non tutti risolvono i loro problemi prendendo a pugni i propri amici” rispose.

Bakugou strinse i denti a quell’affermazione e cercò di non pensare al fatto che, di nuovo, Todoroki lo aveva definito suo amico: “Oh, scusa, molto meglio prendersela con le tazze!” aggiunse, invece.
“Hai ragione” si limitò a dire l’altro, stringendo le labbra in una strana smorfia e abbassando nuovamente lo sguardo. Ho sempre ragione, idiota. “Comunque vale lo stesso per me. Se hai bisogno di...”
“Non ho bisogno proprio di niente! Sei tu quello che sta avendo una crisi esistenziale, non io!” Katsuki si morse il labbro. Io la mia l’ho avuta la settimana scorsa. Quella conversazione stava prendendo una piega che non gli piaceva affatto e stava iniziando a perdere il controllo di quello che diceva: non voleva ripetere quello che era successo con Eijirou, una volta era più che sufficiente. Non era lui ad avere bisogno della sua compassione. Sto benissimo.

Todoroki, fortunatamente, non aggiunse una parola.
Bakugou, a questo punto, si sentiva troppo in imbarazzo per rimanere lì e recuperò controllo del proprio corpo: si incamminò, approfittando del silenzio, ma fu costretto a fermarsi perché Todoroki gli pose la domanda che mai avrebbe voluto sentire: “Pensi che stia bene?”

Katsuki strinse i pugni, si morse il labbro e irrigidì i muscoli, digrignando i denti dalla rabbia: “Non lo so e non mi importa. Ha fatto la sua scelta, per quello che ne so potrebbe anche essere morto” disse senza neanche voltarsi. Perché stavano parlando di Deku? Non voleva parlare di quel Nerd di Merda, non voleva e non poteva, in ogni caso. Tutto ciò lo irritava terribilmente.
“Non dirlo neanche per scherzo” la voce di Todoroki si fece improvvisamente tesa e decisa e Bakugou si girò istintivamente verso di lui. Era ancora seduto sul divano e lo fissava con rimprovero, il busto girato all’indietro e il braccio appoggiato sullo schienale.

Katsuki gli restituì uno sguardo furioso: se prima aveva pensato di tendergli una mano, colto da una strana ed improvvisa compassione nei suoi confronti, ora voleva solo usare quella mano per prenderlo a schiaffi.
Si sentiva in trappola e non capiva perché Todoroki, tra tutti, dovesse attaccarlo in quel modo: “Deku se n’è andato, fattene una ragione. Dovresti smetterla di piagnucolare come una ragazzina che è stata lasciata dal fidanzato. Non gliene è mai fregato niente, né di te né di me...” Katsuki sbottò e vide l’altro ragazzo sussultare di fronte alla sua affermazione.
Perché non lo capisci?! Svegliati, cazzo!

Bakugou era stanco, arrabbiato e infastidito: se quell’idiota non ci arrivava da solo a capire come stavano le cose, glielo avrebbe fatto capire lui. Non sopportava la gente che si piangeva addosso!
Deku aveva deciso di affrontare la situazione da solo perché aveva paura per loro... che pezzo di merda! Lui e il suo maledetto complesso dell’eroe! Katsuki non si era mai sentito così offeso in vita sua, così... inutile.

“Ah, ora capisco... quindi è di questo che stiamo parlando, giusto? Del fatto che anche tu sei stato lasciato indietro come tutti noi! E’ per questo che ti senti in diritto di essere così sgradevole?!” Todoroki si era alzato in piedi e lo stava guardando con rabbia. Bakugou percepiva la sua irritazione ma non era nulla in confronto a quello che stava provando lui in quel momento. Come se non bastasse, il rosso pensò di continuare il suo discorso: “So che ci stai male tanto quanto me. Volevo solo capire come...” il suo tono si era leggermente addolcito ma ormai era troppo tardi.
Normalmente, Bakugou si sarebbe scagliato contro di lui per scaricare la sua rabbia a suon di esplosioni, come aveva fatto con Kirishima, ma quella volta reagì in maniera insolita.

Si avvicinò di qualche passo e sputò quelle parole con disprezzo: “Sai che ti dico? Rimani pure qui ad autocommiserarti, in effetti è l’unica cosa che ti resta da fare” un paio di scintille brillarono sui suoi palmi, reazioni involontarie del suo corpo, che sentiva di doversi difendere da un attacco invisibile.
Si era ridicolizzato davanti a Todoroki, tutto perché aveva cercato di essere gentile, e ora lui lo stava ripagando cercando di psicanalizzarlo a sua volta?!
“Io? Se c’è qualcuno che dovrebbe smettere di autocommiserarsi quello sei tu, Bakugou!”

Fu in quel momento che perse un’occasione per stare zitto: “Non è colpa mia se la tua vita fa schifo, così come non è un mio problema se tuo fratello è uno psicopatico o se i tuoi genitori non sono mai riusciti ad amarti come delle persone normali!” urlò, pentendosi immediatamente di quello che aveva appena detto.
Gli bastò vedere l’espressione sul volto di Todoroki per capire che un pugno gli avrebbe fatto meno male: gli occhi bicolore che fino a poco prima lo guardavano con enfasi, ora si erano spenti, illuminati solo dal bagliore di quelle che avevano tutta l’aria di essere lacrime incombenti.
Che fossero lacrime di sofferenza o di rabbia, poco importava: Katsuki aveva oltrepassato il limite e ne era consapevole: “Scusa” aggiunse subito dopo, maledicendosi per la propria insensibilità.

Non era certo la prima volta che offendeva qualcuno o che diceva cose sconsiderate, era abbastanza famoso per quello e di rado sentiva di doversi scusare, ma questa volta era diverso: questa volta aveva detto cose davvero orribili, cose fin troppo personali che poteva risparmiarsi, e tutto per un capriccio.
Aprì la bocca per articolare meglio quelle scuse, senza sapere bene come, ma prima che potesse dargli qualunque spiegazione venne interrotto: “Buonanotte, Bakugou” e con quelle poche e semplici parole il rosso gli voltò le spalle, chiarendo così la sua posizione. La conversazione era chiusa.

In circostanze normali, Katsuki avrebbe accolto di buon grado quel segnale e se ne sarebbe andato a letto senza troppe preoccupazioni, ma in quel momento sentiva di non poter lasciare le cose in sospeso: era stato uno stronzo e, per quanto gli costasse ammetterlo, ferire Todoroki non era mai stata sua intenzione.
“Todor...” si allungò verso di lui, richiamando la sua attenzione, ma prima che potesse toccarlo, il ragazzo si voltò e gli sferrò un pugno sul volto. Anche se avesse voluto schivarlo, Bakugou non ci sarebbe riuscito: era stato rapido e inaspettato, ma meritato, e anche per quello decise di non reagire.
Incassò il colpo stoicamente, aspettandosene un altro che però non arrivò: Todoroki sembrava più sorpreso di lui ed era rimasto immobile, come se fosse sul punto di chiedergli scusa.

Bakugou si portò una mano alla bocca e leccò via una gocciolina di sangue dal labbro spaccato, ignorando il bruciore alla mandibola: “Ti senti meglio?” chiese subito dopo, come se non fosse successo nulla.
L’altro si ricompose e decise di seguire il suo esempio, fingendo indifferenza: “Vattene, Bakugou. Il tuo disprezzo è l’ultima cosa che mi serve” disse, chinandosi a terra per raccogliere i cocci della tazza che poco prima aveva mandato in frantumi. Non lo stava guardando, teneva lo sguardo basso, ma anche se Bakugou non poteva vederlo percepiva chiaramente la sua tensione.
I suoi muscoli si erano irrigiditi e l’aria intorno a lui si era raffreddata: che fosse per il suo Quirk o per l’imbarazzo, poco importava. Bakugou sospirò; quel pugno era riuscito a calmarlo e a farlo ritornare in sé: non sapeva bene perché si sentisse così, ma per quanto una parte di lui lo pregasse di andarsene il più lontano possibile da quella stanza, l’altra gli urlava di mettere da parte l’orgoglio e sistemare il casino che aveva appena combinato. Come cazzo ci sono arrivato, fin qui?

Per una volta che aveva cercato di dimostrarsi comprensivo e di supporto, a modo suo, era riuscito a mandare all’aria tutti i suoi buoni propositi nel giro di pochi minuti. Volevo solo un bicchier d’acqua.
“Non intendevo dire quello che ho detto...”
“Perché sei qui?” Todoroki lo interruppe e si voltò finalmente verso di lui, apostrofandolo con tono stanco e scostando con un gesto del capo un ciuffo di capelli bianchi e rossi che gli bloccavano la visuale.
Perché mi importa. Perché anche io mi sento come te da quando Deku se n’è andato. Perché, che io sia dannato, potresti davvero essere mio amico.

Katsuki si lasciò ricadere sul divano, non si ricordava neanche come c’era arrivato, poi disse la prima cosa che gli venne in mente: “Che hai fatto?” Wow. Profondo.
Todoroki, che nel frattempo aveva raccolto i cocci più grandi della tazza e li aveva appoggiati sul tavolino basso di fronte al divano, si bloccò per qualche secondo, fissandolo con quei suoi caratteristici occhi bicromatici: “Sei incredibile” disse infine, scoppiando in quella che poteva sembrare a metà tra uno sbuffo e una risata. Scosse la testa e riprese a fare quello che stava facendo, deciso a non calcolarlo.

“Cosa?” Bakugou sapeva perfettamente che la sua domanda di poco prima sembrava assurda, considerando quello che si erano detti, ma si sentiva comunque offeso da quella reazione.
Stava cercando di rimediare facendo quello che avrebbe dovuto fare sin da subito: perché quel Bastardo a Metà doveva rendergli le cose ancora più difficili di quanto non fossero già?

Todoroki, chiaramente spazientito, appoggiò con veemenza una scheggia di ceramica sull’angolo del tavolino: “Senti, non hai nulla di cui scusarti, ok? Siamo pari” gli disse, riferendosi chiaramente al gancio destro con cui lo aveva appena colpito, “In ogni caso hai ragione, non è colpa tua e non è un tuo problema, quindi per favore... lasciami in pace” terminò, con una lieve punta di tristezza.

Bakugou improvvisamente capì cosa intendeva Kirishima quando gli raccontava di quanto fosse complicato ed esasperante discutere con Ashido: “E’ come cercare di attraversare un campo minato!”; a quel punto, solitamente, Kaminari rispondeva con un “Mina-to! Hah!” ed entrambi scoppiavano a ridere, mentre Bakugou minacciava di farli esplodere. Todoroki non era chiaramente una ragazza, men che meno la sua fidanzata, eppure non aveva mai compreso a fondo le parole di Eijiro come in quel momento.

“Ti ho chiesto cos’hai fatto perché hai un aspetto di merda, non perché sto cercando il tuo perdono. Mi sono già scusato in abbondanza e non starò certo qui a supplicarti" sbottò, infine. Non era sicuro che fossero le parole giuste da usare ma non aveva trovato un modo migliore di formulare la frase.
“Grazie?” Todoroki non sembrava troppo convinto, eppure per qualche motivo accennò un sorriso. Era un passo avanti. “Sì, immagino di essere stato meglio” si decise ad ammettere.
Todoroki si rimise a sedere sul divano e Katsuki ebbe modo di guardarlo meglio: i capelli erano troppo lunghi e gli ricadevano davanti agli occhi, che a loro volta erano cerchiati da profonde occhiaie che risaltavano sulla pelle quasi cadaverica; lo stava fissando con uno sguardo ricolmo di stanchezza e tristezza, ma anche di rabbia e frustrazione.
Bakugou non voleva ammetterlo ma spesso, quando si guardava allo specchio, vedeva la stessa immagine. Ci fu un attimo di silenzio che nessuno dei due sembrava intenzionato ad interrompere: erano chiaramente in imbarazzo, ognuno per un motivo diverso, ma non potevano più tirarsi indietro.

“Non sono Deku. Non sono bravo in queste cose... ”
“Pensavo fossi bravo in tutto” lo canzonò l’altro con tono sarcastico, lasciandosi andare con la schiena contro il divano.
Bakugou decise di ignorarlo: “Non ho chiesto io di assistere al tuo crollo psicologico, ma è successo e sto cercando...” Cosa stava cercando di fare? Sto cercando di fare quello che farebbe lui.
“Lo so” la voce di Todoroki sembrò rispondere ai suoi pensieri. “Sei pessimo, ma ti ringrazio” continuò con tono neutro. Non stava cercando di offenderlo o di stuzzicarlo, sembrava sincero, quasi divertito. Ci fu qualche secondo di silenzio dopodiché lo indicò e aggiunse: “Mi dispiace per il labbro.”
Katsuki sbuffò, riaprendo leggermente la ferita: “Bugiardo.”
Todoroki rispose con un mezzo sorriso: “Immagino che avessi ragione. Meglio le persone delle tazze” disse con una strana luce negli occhi. Ho sempre ragione.

Calò di nuovo il silenzio, ma stavolta Bakugou non ebbe il coraggio di interromperlo: Todoroki stava guardando davanti a sé, come se stesse pensando a qualcosa di importante. Dopo un minuto di assenza, infilò una mano nella tasca dei jeans e tirò fuori il cellulare. Sbloccò lo schermo e lo fissò per qualche secondo, prima di parlare: “Non riuscivo a dormire e sono sceso per provare una delle tisane di Momo. Ne parla come se fossero miracolose e ho pensato che potessero aiutarmi, ma ...”
“Ma hai scoperto che in realtà non servono a un cazzo, quindi hai pensato bene di sfogare la tua delusione sul recipiente. Molto maturo...” Bakugou non si era mai definito un tipo spiritoso e si sorprese da solo di quell’uscita. Le parole non sono proprio il mio forte, pensò, eppure Todoroki sorrise di nuovo.

Era un sorriso stanco e malinconico, ma il solo fatto che non si fosse offeso era da considerarsi un traguardo. Forse non sono poi così male, ma non fece in tempo a gongolarsi di quella consapevolezza che Todoroki gli porse il cellulare, senza dargli alcuna spiegazione. Bakugou sul momento rimase confuso, ma accolse l’invito di Todoroki e allungò il braccio fino ad afferrare il suo iPhone.


 
IL CASO DELLA FAMIGLIA TODOROKI

 
Continuano le ricerche del criminale conosciuto come Dabi, che con le sue scioccanti rivelazioni ha sconvolto l’intero Giappone. Il ragazzo avrebbe dichiarato di chiamarsi Touya Todoroki e di essere il primogenito del nostro Eroe Numero Uno: la notizia è stata confermata da Endeavor stesso e dal Comitato degli Eroi, che si è comunque dichiarato estraneo alla vicenda. A quanto pare, Enji Todoroki avrebbe agito da solo e tutti si stanno chiedendo che ne sarà di lui e della sua famiglia: il duro colpo subito dal nostro Eroe Numero Uno sta già avendo importanti ripercussioni sulla sua immagine pubblica e sulla sua credibilità agli occhi della popolazione, che dopo i terribili avvenimenti di Jaku City cerca stabilità e sicurezza.


Bakugou sollevò lo sguardo dal cellulare per posarlo su Shouto, con aria interrogativa: fino a lì non aveva letto nulla di nuovo, per quanto potesse essere spiacevole. Era da settimane che i giornali non parlavano d’altro: Enji Todoroki era sulla bocca di tutti e da un lato se lo meritava; dall’altro, Bakugou poteva immaginare come si dovesse sentire Metà e Metà, ora che tutto il mondo conosceva la sua storia.

Era sempre stato molto riservato al riguardo, probabilmente perché non voleva che il suo passato lo definisse agli occhi degli altri, e Bakugou lo aveva sempre rispettato per quello: lui stesso era venuto a sapere molte cose solo perché le aveva origliate da una conversazione che Todoroki aveva avuto con Deku.  
“Scorri” si limitò a dire l’altro, rispondendo al suo sguardo confuso. Bakugou fece come gli era stato detto e saltò un pezzo dell’articolo, andando direttamente alla conclusione:


In molti stanno mettendo in discussione anche il ruolo del giovane Shouto, ultimogenito della famiglia Todoroki, nonché giovane promessa della Yuuei. Vittima di ripetuti abusi da parte di entrambi i genitori, la domanda sorge spontanea: possiamo davvero fidarci di lui?
Diversi specialisti ritengono che sarebbe opportuno svolgere delle perizie psicologiche sul ragazzo, per verificare la sua integrità e per scongiurare la possibilità che segua le orme del fratello maggiore.
Altri sostengono che, per il suo bene, sarebbe meglio sospenderlo dal servizio fino a data da destinarsi, mentre i più complottisti ipotizzano che la sua storia sia stata costruita ad opera d’arte per fini mediatici.
Insomma: vittima o complice? Possiamo solo...



Katsuki smise di leggere, sinceramente disgustato e nauseato. Chiuse l’articolo e gettò una rapida occhiata ai contenuti consigliati, in fondo alla pagina:


 
GUERRA FRATRICIDA IN CASA TODOROKI: SI POTEVA EVITARE?

TODOROKI SHOUTO: ESPERIMENTO RIUSCITO

ENDEAVOR: EROE NUMERO UNO O TIRANNO?

IL DRAMMA DELLA FAMIGLIA TODOROKI: TUTTA LA VERITA’


 

Sapeva che Todoroki e la sua famiglia, in quelle settimane, erano stati al centro di diversi dibattiti mediatici, ma mai avrebbe immaginato una cosa del genere. C’era davvero gente che pensava certe cose?
Katsuki si riscosse e guardò l’altro ragazzo come se lo vedesse davvero per la prima volta: da quanto tempo andava avanti quella storia? Da quanto tempo era costretto a leggere articoli di quel tipo? Perché non era certamente il primo che gli capitava sotto il naso, questo era piuttosto chiaro.

“Stronzate” disse, restituendogli il telefono. Todoroki trasalì e lo fissò, confuso. “Sono tutte stronzate! Non possono sospenderti dal servizio, è assurdo!” improvvisamente, il suo odio per i giornali e per i media era cresciuto in modo esponenziale.
Per il suo bene... Katsuki non aveva mai tollerato chi presumeva di sapere quale fosse il bene degli altri. La maggior parte delle volte che qualcuno diceva ‘è per il tuo bene’, lo faceva solo per un proprio tornaconto personale e per trovare convincersi di avere la coscienza pulita.

“Sì, beh... chiaramente non tutti la pensano come te” disse Shouto, rimettendosi il cellulare in tasca con aria nervosa. Il suo sguardo era tornato vitreo come prima, assente... stanco.
“E’ questo il tuo problema? Quello che pensano gli altri?!” forse la domanda gli era uscita in modo più duro del previsto, ma Todoroki non glielo fece pesare.  
“Bakugou, è mio fratello. E’ mio fratello e dovrò ucciderlo prima che lui uccida me: questo è il mio problema” aveva pronunciato quelle parole tutto d’un fiato. Oh. Chiaro. Per la prima volta nella sua vita, Bakugou si sentì stupido. “Non sono pronto a convivere con questa scelta e non credo lo sarò mai” aggiunse subito dopo, abbassando lo sguardo sotto il peso di quello che aveva appena confessato. Nessuno dovrebbe convivere con questa scelta.

“Nessuno dovrà uccidere nessuno, Metà e Metà. Lo sconfiggeremo e lo sbatteremo in prigione...”
“Ti sembra il tipo da farsi catturare e basta? Andiamo, Bakugou... non ci credi nemmeno tu” disse Todoroki con voce tremante. Effettivamente Dabi non sembrava il tipo di criminale da arrendersi tanto facilmente: un combattimento contro di lui poteva benissimo trasformarsi in carneficina,e  in quel caso c’era poco da fare. “E comunque rimane il fatto che mio fratello vuole uccidermi e che prima o poi dovrò fare personalmente i conti con questa cosa” terminò, con una nota di rassegnazione.  

Se ci fosse stato Deku, probabilmente gli avrebbe detto che tutti possono essere salvati e che insieme avrebbero trovato un modo per evitare che si arrivasse a tanto, ma lui non era Deku. Bakugou rimase in silenzio: avrebbe potuto dire qualsiasi cosa e sarebbe comunque stata la cosa sbagliata; ogni parola gli sembrò improvvisamente inutile, per cui decise che si sarebbe limitato ad ascoltare. Era un buon compromesso e Todoroki sembrò interpretare bene il suo silenzio, perché continuò il suo discorso: “Quel che è peggio è che per la Stampa tutto questo è solo l’ennesimo scandalo su cui lucrare e fare gossip da quattro soldi. Sono settimane che non faccio altro che leggere notizie false su di me e sulla mia famiglia, che cerco di sfuggire a paparazzi e giornalisti perché ho paura di quello che potrebbero chiedermi e non mi fido di quello che potrei rispondere. Fuyumi rischia di perdere il lavoro, Natsuo è fuori di sé e io mi sono improvvisamente trasformato in una specie di fenomeno da baraccone. Questo è il mio problema” terminò.

Katsuki capì solo allora quanto Todoroki avesse sofferto in quelle settimane: il pensiero di suo fratello doveva averlo tormentato giorno e notte e i media non gli avevano concesso un attimo di respiro.
Si era dovuto fare carico di un peso chiaramente troppo grande per lui, un peso troppo grande per chiunque, ad essere sinceri: Bakugou non aveva fratelli ma poteva immaginare cosa significasse dover affrontare un proprio parente, per di più sotto gli occhi e le aspettative di tutto il Giappone.
Al suo posto non sapeva come avrebbe potuto reagire: probabilmente si sarebbe lasciato consumare dalla rabbia e dalla voglia di far esplodere tutte le testate giornalistiche nazionali.

“Capisco” disse infine, conscio di essere stato in silenzio troppo a lungo. “Mi dispiace per tua sorella, non sapevo fosse finita anche lei nel mirino... è assurdo. Tutto questo è assurdo” Bakugou non sapeva bene perché avesse parlato di sua sorella, nello specifico, ma gli stava simpatica ed era sinceramente dispiaciuto di sapere che rischiava il lavoro per colpa di quella storia. Sapeva anche che Todoroki era molto affezionato ai suoi fratelli – a quelli sani di mente, almeno – e che probabilmente si stava preoccupando più per loro che per se stesso; dal modo in cui piegò le labbra, Katsuki capì che aveva apprezzato il pensiero.
“Già... a quanto pare non si salva nessuno” scherzò con aria malinconica.

“Devi fregartene di quello che dicono quegli idioti, non sanno un cazzo!”
A quel punto, Todoroki sembrò animarsi: “Facile per te dirlo! Non sono ancora diventato un Pro-Hero che già il mondo sembra essersi dimenticato il mio nome! Parlano dell’esperimento riuscito di Endeavor, del suo povero figlio maltrattato, ma nessuno parla di me. Per colpa dei media e dei loro stupidi articoli sarò per sempre legato al nome di mio padre, lo capisci?” i suoi occhi erano accesi dalla disperazione e dalla rabbia. Era chiaro che si stesse trattenendo per non mandare a fuoco il divano o trasformarlo in un blocco di ghiaccio, e Bakugou capiva bene quel sentimento.

“Sì, lo capisco” rispose, sinceramente. “Stai parlando con quello che è stato due volte vittima di un attacco criminale, ricordi?” continuò, infossandosi sempre di più nel divano.
Uno dei quali ha portato alla fine di All Might e dovrò convivere per sempre con questo peso.
Todoroki sembrò leggergli nel pensiero: “Non è stata colpa tua” gli disse, ritrovando la calma.
Katsuki trattenne il fiato, cercando di non agitarsi, ma con sua grande sorpresa si accorse che quelle parole non lo avevano affatto infastidito: “Sì, beh, poco importa” convenne. Prima che Todoroki potesse aggiungere qualcos’altro, riprese: “La maggior parte della gente pensa che io sia instabile e inaffidabile, che starei meglio tra le fila dei criminali. Cazzo, Shigaraki e tuo fratello mi hanno rapito proprio perché pensavano la stessa cosa! Eppure io so chi sono meglio di loro: non mi importa di quello che pensano gli altri, finché sono in controllo di me stesso” concluse, sentendosi stranamente più leggero.

Non aveva mai parlato in quel modo a nessuno ed era strano: continuava a ripetersi che lo stava facendo per Todoroki e non per se stesso, che lui non aveva bisogno di sfogare proprio nulla, eppure...
“Non ho mai pensato a te come ad un criminale” la voce di Todoroki lo sorprese. “Instabile sì, ma certamente non inaffidabile... bisognerebbe essere ciechi pensarlo” Katsuki si sentì arrossire.
Amava i complimenti e gli elogi, amava sentirsi riconosciuto, ma non in quel modo. Non da Metà e Metà.

“Instabile?! Tsk, per favore!” gli rispose, fingendosi offeso. Todoroki sembrava sul punto di ribattere ma si trattenne, tornando a guardarsi le mani e a giocherellare con le proprie dita: aveva tutta l’aria di qualcuno che si stava chiedendo se valesse la pena o no aprire la bocca. 
Bakugou fu più veloce: “Quello che voglio dire è che non importa quello che pensano di te, l’importante è quello che pensi tu di te stesso: se continui a puntare in alto, prima o poi anche gli altri saranno costretti a vederti per quello che sei”. Uno strano silenzio seguì le sue parole: Todoroki lo stava guardando con sincera sorpresa, era chiaro che non si aspettasse quella risposta; Bakugou lo fissava con determinazione e stavolta nessuno dei due distolse lo sguardo, per qualche strano motivo.
“Sai, forse non sei così pessimo come pensavo” Todoroki ruppe il silenzio.

Katsuki era sorpreso tanto quanto lui, ma una parte del suo cervello continuava a ripetergli “forse sono davvero bravo in tutto, è una maledizione”. Bakugou rispose con un cenno del capo, ma ancora non era del tutto convinto che l’altro si fosse calmato: “Endeavor si rimetterà. L’ho visto combattere e, per quanto mi scocci ammetterlo, c’è un motivo se è l’Eroe Numero Uno. Non sottovalutarlo, sono sicuro che...”

“Mio padre chiaramente non può affrontare questa cosa da solo” lo interruppe Todoroki. “L’ho visto, Bakugou... non pensavo lo avrei mai detto, ma per la prima volta nella mia vita ho provato compassione per lui. E’ l’ombra di se stesso e sto cercando... sto cercando di farmi forza, di convincermi che sono migliore di lui, ma la verità è che sono terrorizzato. Prima hai detto che l’importante è ciò che pensi di te stesso, ma ultimamente non lo so più nemmeno io. Non faccio altro che pensare...” si interruppe e Bakugou lo vide stringere i pugni, chiaramente agitato da ciò che stava per dire. “E se avessero ragione? E’ da settimane che non riesco a dormire perché mi chiedo... mi chiedo cosa sarei diventato se al suo posto ci fossi stato io.”
Bakugou stavolta non riuscì a stare zitto: “Non mi pare che tu abbia avuto un’infanzia tanto migliore della sua, senza offesa... eppure eccoti qui” gli disse, tirandolo fuori dal suo flusso di pensieri .

Todoroki sembrò incuriosito da quelle parole, ma poi si rabbuiò: “Io avevo Natsuo e Fuyumi. Non ero solo... più o meno. Nonostante questo credi che non ci abbia pensato? Credi che non abbia mai desiderato di ripagare mio padre con la stessa moneta?”
“Beh, lasciatelo dire, tuo padre è uno stronzo. Credo che chiunque sano di mente, nella tua posizione, avrebbe desiderato vederlo soffrire almeno un po’... ” gli disse Katsuki, senza troppi peli sulla lingua. Possibile che si sentisse in colpa per quello? Davvero?
“Lo so, ma...” cercò di intervenire Todoroki, per nulla scosso da quell’affermazione.

“Ho conosciuto tuo fratello e non gli assomigli per niente” sbottò Katsuki, prima che l’altro potesse continuare con le sue paranoie. Ricordava bene Dabi, le sue mani intorno al collo, la sua risata soddisfatta: era stato lui a prenderlo in ostaggio per conto di Shigaraki e il suo sguardo carico di odio e risentimento non aveva nulla a che vedere con quello del ragazzo che gli stava di fronte. “Non so cosa abbia dovuto passare e cosa lo abbia fatto diventare così, ma non ci sono scuse per quello che ha fatto” concluse con fermezza, assicurandosi che Todoroki avesse recepito il concetto. “Non mi fa compassione e non cerco di comprenderlo, proprio perché tu sei la prova vivente che, se è diventato quello che è, la colpa è solo sua” Todoroki si irrigidì e Bakugou si ricordò che stava parlando di suo fratello e che forse non aveva piacere di sentirne parlare in quei termini, ma non gli importava. Era la verità. Voleva il suo aiuto? Bene, avrebbe dovuto accettare quello che aveva da dire senza lamentarsi.

“Avresti tutti i motivi per volerti vendicare di come sei stato cresciuto ma hai deciso di diventare un Eroe e di lasciarti alle spalle tuo padre e le sue stronzate. Se lui non è stato abbastanza forte da fare lo stesso, il problema è solo suo” concluse infine.
Il discorso era stato più animato del previsto, ma era stanco di vedere Todoroki così abbattuto.
Per quanto inizialmente non lo sopportasse e per quanto ancora lo considerasse un suo rivale, lo aveva sempre ammirato per la sua forza e per la sua determinazione. Era un degno avversario, una degna sfida, ma in quelle condizioni non sarebbe stato utile nemmeno come spalla durante un pattugliamento.

Todoroki lo stava fissando quasi con diffidenza, come se non riuscisse a credere a quello che gli era appena stato detto. Bakugou era perfettamente conscio di non essere la persona più piacevole del mondo, ma una parte di lui si sentì quasi offesa da quella reazione: che c’è, solo perché non mi piace parlare con la gente non significa che non sappia farlo!

“Pensi davvero queste cose di me?” chiese il rosso, sinceramente curioso.
Katsuki si sentì avvampare – di nuovo – e la cosa lo stava facendo andare su di giri: “Sì, idiota, perché cazzo avrei dovuto dirtele, se no?!” sbottò, squadrandolo con aria infastidita.
Non voleva ripetersi, era già abbastanza imbarazzante sapere di avergli detto certe cose.
“Grazie...” si limitò a dire l’altro, con sincera gratitudine. Bakugou non era abituato a quelle parole, specialmente se pronunciate in quel modo. Cosa si rispondeva in quei casi?

“Prego” si sentì immediatamente stupido ma poi si ricordò che stava parlando con Todoroki, uno che ad interazioni sociali era probabilmente messo peggio di lui. A dimostrarlo, il fatto che entrambi si stavano fissando senza dire nulla, con l’espressione decisamente tesa e imbarazzata di chi non aveva idea di come procedere. Che cazzo dovrei fare? Dio, quanto odio queste cose!
“Se stai aspettando che ti abbracci aspetterai a lungo, te lo dico!”
“Erm... no! Dio... perché dovrei volere un tuo abbraccio?” Todoroki sembrava quasi inorridito all’idea, ma Katsuki non se la prese: almeno su quello erano d’accordo.

“Beh, direi che ora posso andarmene a letto” Bakugou decise di porre fine a quel momento pietoso.
Si alzò dal divano eTodoroki sembrò riscuotersi da un brutto sogno: “Sì, scusami... non volevo tenerti sveglio” gli disse, alzandosi insieme a lui in maniera decisamente troppo formale.
Katsuki si portò una mano dietro alla nuca e si stirò la schiena indolenzita: “Non sarei comunque riuscito a dormire”. Non aveva voglia di parlarne, ma anche lui aveva problemi a prendere sonno, ultimamente.
“Puoi sempre provare una delle tisane di Momo” lo sorprese il rosso, con quella che Bakugou non sapeva se interpretare come una battuta o come una delle sue uscite innocentemente stupide.

La sua espressione neutra non lo aiutava certo a capire cosa gli passasse per la testa.
“Solo se dopo posso spaccarti in testa la tazza, Metà e Metà!” rispose, tornando lentamente alla sua normale scontrosità. Molto meglio.
“No, meglio non distruggere altri beni scolastici. Però...” Shouto si interruppe, come se non fosse sicuro di come continuare, “se l’offerta è ancora valida mi piacerebbe tornare ad allenarmi decentemente, dalla prossima settimana” terminò, mordendosi il labbro come faceva Katsuki quando doveva dire qualcosa che lo metteva a disagio.

“Che c’è, ci hai preso gusto?” lo stuzzicò lui, felice di prendersi la sua rivincita.
“Forse” ammise l’altro con un ghigno.
“Beh, mi dispiace dirtelo ma la prossima volta non ti andrà così bene!”
“E’ tutto da vedere” Todoroki sembrava aver riacquistato un po’ di energie e di vigore, e la cosa rese Katsuki stranamente sollevato. “Senti...”

“Tranquillo, non dirò nulla se tu farai lo stesso” Katsuki sapeva già dove voleva andare a parare.
Lui stesso non ci teneva a far sapere al mondo di aver ricevuto un pugno in faccia da Metà e Metà; tantomeno di avere avuto con lui una conversazione così... intima. Se Kaminari e Ashido fossero venuti in possesso di quelle informazioni, per lui sarebbe stata la fine.

L’altro annuì, approvando quell’accordo, e prima che Bakugou potesse voltargli le spalle per dirigersi verso il corridoio gli disse: “So che non vuoi sentirtelo dire, ma se mai avessi bisogno di... insomma... ti devo un favore” chiaramente, Todoroki era consapevole di quanto Katsuki fosse suscettibile alla parola ‘aiuto’ e l’aveva magistralmente evitata.
“Sì, beh... che non si dica che non sono un buon amico...” Katsuki si accorse di quello che aveva detto quando ormai era troppo tardi. Cazzo.

Todoroki impiegò un attimo per processare quelle parole e qualcosa nel suo sguardo si ammorbidì; le sue labbra si rilassarono in un sorriso quasi impercettibile: “Non sarò certo io a farlo” gli disse infine.
Bakugou meditò di usare il proprio Quirk per farsi esplodere, tirandosi fuori da quella situazione imbarazzante una volta per tutte, ma si limitò a salutarlo con un cenno del capo e con un gesto della mano. Era stanco come non mai.

Quella conversazione lo aveva privato di ogni energia, ma c’era ancora un’ultima cosa che doveva fare: “Sta bene” disse, bloccandosi a pochi passi dal corridoio e voltandosi indietro un’ultima volta. Shouto, che stava andando a buttare i resti della tazza nel bidone in cucina, si era paralizzato, nel sentire quelle parole. Aprì la bocca per chiedere spiegazioni ma Bakugou lo bloccò prima che potesse fare domande: “Lo so e basta”.  Non posso dirti nulla, almeno per ora.

Todoroki richiuse le labbra e si limitò a ringraziarlo con un cenno del capo. Se c’era una cosa che apprezzava di lui, era il fatto che sembrava comprenderlo meglio di molte persone in quella scuola.
Katsuki decise che il giorno dopo avrebbe parlato con All Might: anche se ora tutti i suoi compagni sapevano di Izuku e del suo legame con l’ex-Eroe Numero Uno, nessuno di loro sapeva esattamente cosa quel Nerd di Merda stesse facendo; nessuno tranne Katsuki.

Aveva assillato All Might per giorni, dopo la scomparsa di Deku, finché questo non aveva capito che era meglio spiegargli la situazione nel dettaglio, per tenerlo fermo ed evitare che combinasse disastri. Glielo doveva, dopotutto: Bakugou aveva custodito il loro segreto, era stato loro complice per mesi, ed era giusto che continuasse ad esserlo. Non potevano metterlo da parte.

Il solo fatto che Deku stesse giocando a fare l’eroe senza di lui lo mandava fuori di testa, e se davvero All Might voleva che se ne stesse con le mani in mano alla Yuuei, doveva dargli almeno una buona motivazione. Quando gli aveva spiegato i loro piani, Bakugou si era trovato costretto ad ubbidire, a patto che lo tenessero aggiornato sui loro movimenti: Katsuki non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe ritrovato a ricattare quello che era da sempre stato il suo mito, eppure...

Sebbene fosse solo un ragazzino, aveva dimostrato di essere in grado di gestirsi meglio di molti Pro-Heroes e All Might glielo aveva riconosciuto: non poteva seguirli fisicamente, ma avrebbe sempre saputo quello che stavano facendo. Questo era l’accordo.

Quella sera, negli occhi di Todoroki, aveva letto qualcosa che gli aveva fatto capire quanto fosse ingiusta tutta quella situazione: se fosse stato per lui, avrebbe messo al corrente dei fatti tutti i suoi compagni.
Tutti loro avevano combattuto, tutti loro erano preoccupati e stavano male al pensiero che Deku fosse da solo o che stesse male. Tutti. Ma di tutti loro, date le circostanze, almeno Todoroki aveva il diritto di sapere: anche lui aveva combattuto a Jaku City, aveva visto in prima persona quello che Shigaraki era in grado di fare e, suo malgrado, era invischiato in quella situazione per colpa di suo fratello. Aveva il diritto di sapere cosa stavano facendo Deku e All Might. Le cose dovevano cambiare.

Non potevano stare immobili per sempre. Con quel pensiero in mente, Bakugou continuò a camminare verso le scale che lo avrebbero portato alla sua stanza, lasciandosi alle spalle quella serata del tutto inaspettata.
Sì, siamo amici.




Beh, che dire... se siete arrivati fin qui vi ringrazio! Come sempre ho scritto più di quanto avevo intenzione di fare inizialmente... spero sia stata una buona lettura! Fatemi sapere cosa ne pensate!!

Ilaria;)
  
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