Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Atharaxis    03/05/2021    4 recensioni
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Martedì 14 Febbraio, San Valentino. La festa degli innamorati.
E la giornata era partita benissimo.
Mista sorrise gagliardo, finendo l’ultima goccia del suo caffè: il destino gli avrebbe messo sulla strada un’ottima occasione per festeggiare l’amore, era tutto già scritto. Doveva condividere questa sensazione con qualcuno: pervaso dal buonumore, prese il telefono e compose il numero in automatico.
Il telefono squillò a lungo finché dall’altro capo rispose una voce impastata e flebile.
[...]
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bruno Bucciarati, Guido Mista, Leone Abbacchio, Narancia Ghirga, Pannacotta Fugo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kintsugi'
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MISTA’S BIZARRE ADVENTURE



“...So come on, come on, do the locomotion with me
You gotta swing your hips now
Come on baby, jump up, jump back….”

La radio-sveglia di Mista suonava tutte le mattine alle otto e trenta in punto e lui apriva gli occhi esattamente qualche minuto prima, abbracciando il cuscino e rotolandosi nel letto finché finalmente la musica ritmata della radio non gli dava la spinta per mettersi in piedi e cominciare il suo rituale del buongiorno.
Non era mattiniero per indole ma aveva ormai una consolidata serie di abitudini che se seguite alla lettera lo mettevano nella giusta predisposizione d’animo perché la giornata fosse a dir poco spumeggiante. Inutile dire che l’impossibilità di seguire questa semplice ma allo stesso tempo fondamentale sequenza di azioni lo innervosiva e veniva immediatamente interpretata come un presagio: la giornata sarebbe stata pessima.
Anche se era già sveglio era fondamentale aspettare che la musica lo invitasse appunto ad alzarsi, per abbandonare la dolce compagnia del cuscino che abbracciava con più o meno trasporto a seconda dell’umore.
A quel punto, una volta alzatosi dal letto, il primo passo era andare in bagno a lavarsi la faccia con dell’acqua non troppo calda, non troppo fredda, tiepida, con il rubinetto aperto esattamente con una certa inclinazione per raggiungere immediatamente quel risultato.
La musica di quel giorno era particolarmente ritmata e fu difficile smettere di ancheggiare ma farla fuori dal water avrebbe significato dover pulire e questo gli avrebbe  rotto il ritmo quindi si trattenne ma recuperò avviandosi con qualche mossa di ballo a metà fra il cattivo gusto e l’ambiguo fino alla cucina dove mise su la moka a fuoco medio con il suo metodo infallibile: l’acqua doveva arrivare esattamente alla valvola per evitare che l’acqua traboccasse e la polvere in quantità ottimale corrispondeva a esattamente tre, tre e assolutamente non quattro, precise cucchiaiate piccole nel filtro prelevate dalla confezione con un cucchiaino deputato a questo compito esclusivo.

“...Well you’re an untamed youth
That’s the truth with your cloak full of eagles
You’re dirty, sweet and you’re my girl
Get it on, bang a gong, get it on...”

Uh, la radio di oggi ce la stava mettendo tutta per dargli la spinta giusta: Guido sottolineò il pensiero con un paio di colpi di bacino e due impalpabili schiaffi assestati all’aria davanti a lui – estremamente sonori nella sua immaginazione.
Si passò una mano fra i fitti riccioli castani, vestito solo dei boxer: mentre la moka andava aveva calcolato di riuscire a fare attualmente, bilanciando sforzo e tecnica dell’esercizio, cinquanta flessioni, cinquanta addominali ed infine rimanere in plank sui palmi finché finalmente non sentiva il divino borbottare del caffè che veniva su: a quel punto spegneva la fiamma e mentre la bevanda si raffreddava Mista usava quel tempo per sbattere quattro uova con cui avrebbe fatto come ogni mattina, usando sempre la stessa padella, un’ottima frittata. Aspettando che la padella si scaldasse, metteva nel tostapane due fette di pane ed era a quel punto che si occupava della parte più impegnativa del rituale mattutino: la colazione dei Pistols.
Aprì il frigo e prese sei fette di prosciutto apparentemente tutte della stessa grandezza e le sistemo su di un piattino, ben distanziate. La padella a quel punto era calda e ci versò sopra le uova: le girò con maestria, con un colpo secco, dopo averla staccata dai bordi con perizia.
Qualche istante dopo anche i toast uscirono fuori dall’elettrodomestico con un sonoro ding!
Adesso che c’era tutto, la frittata poteva essere tagliata a metà: una metà dentro le due fette di pane e l’altra divisa in sei porzioni – tutte assolutamente uguali – sistemate sul piattino accanto alle rispettive fette di prosciutto.
Mista prese la sua tazzina da caffè personale, che usava lui soltanto e mai gli ospiti, quella arancione, e ci versò dentro il caffè: annusò il profumo con gioia. La colazione era pronta e la giornata era iniziata meravigliosamente.

“MISTAAAAA!!”
“Miiistaaaa è prontooooo?”
“ABBIAMO FAME MISTAAAAAAAAA!”

I Pistols si precipitarono in cucina, sapendo che quella era l’ora in cui avrebbero trovato il piatto pronto senza lagnarsi troppo ma era giusto fare un minimo di storie ogni volta per ricordare a Mista che avevano delle esigenze. Anche quello faceva parte del rituale mattutino.
Guido sorrise soddisfatto, addentando il toast.
“E’ tutto già diviFo…” ciancicò mentre deglutiva. “E vedete di non rubarvi le porzioni! Ve le ho separate apposta, GUAI A VOI!”
“MISTA MA LA MIA FETTA DI PROSCIUTTO È PIÙ PICCOLA!”
“LA MIA È PIÙ BRUTTA DI QUELLA DI NUMERO SETTE”
“Finitela per favore, i maiali non li fanno di certo con lo stampino” e appena pronunciò queste parole pensò… Caspita, i maiali con lo stampino, che storia sarebbe.
“MISTA NUMERO TRE MI RUBA LA FRITTATA!”
“SPIONE! SEI SOLO UNO SPIONE FRIGNONE!”
“Numero Cinque, non piangere… Numero Tre, piantala…” borbottò Mista, ormai come se fosse un’abitudine anche quello, mentre beveva il caffè in compagnia dei Pistols che gli roteavano intorno.

“...When you hold me
In your arms so tight
You let me knows
Everything’s all right...”

Sì, la mattinata stava andando decisamente benissimo: tutto era andato alla perfezione senza nessun inghippo. Non gli era caduto l’asciugamano, non aveva sbattuto il mignolo contro lo spigolo del letto, aveva fatto tutte le ripetizioni senza affaticarsi troppo ma anche senza annoiarsi e il caffè era divino. Le lagne dei Pistols rientravano nella normalità.
Nonostante fosse ancora inverno la giornata era splendida e soleggiata anche se fuori doveva ancora essere piuttosto freddo e questo lo mise ancor più di buon umore: era meteoropatico e la pioggia lo intristiva terribilmente.
Che giorno era poi?
Era martedì, questo lo sapeva: per chi lavora con i ristoranti è il giorno più pacifico perché la maggior parte delle attività di ristoro sono chiuse. Quasi nessuno va a mangiare fuori di martedì: non è triste come il lunedì per cui puoi aver bisogno di una spinta in più per affrontare la settimana ma non è nemmeno un giorno di festa come il sabato o la domenica. Il martedì a quanto aveva imparato era un giorno piuttosto banale ma quello in cui avevano più tempo libero.

“… oggi 14 Febbraio la nostra radio fa gli auguri a tutti gli innamorati! E voi, che avete in programma di fare per questo San Valentino? Diamo la linea ai nostri ascoltatori...”

Martedì 14 Febbraio, San Valentino. La festa degli innamorati.
E la giornata era partita benissimo.
Mista sorrise gagliardo, finendo l’ultima goccia del suo caffè: il destino gli avrebbe messo sulla strada un’ottima occasione per festeggiare l’amore, era tutto già scritto. Doveva condividere questa sensazione con qualcuno: pervaso dal buonumore, prese il telefono e compose il numero in automatico.
Il telefono squillò a lungo finché dall’altro capo rispose una voce impastata e flebile.

“Pronto?”
“Buongiorno principessa. Che voce sexy abbiamo.”
“Mista…?” un altro suono che lasciava intendere che quella telefonata aveva interrotto il migliore dei sonni.
“Dai, non ci posso credere che dormi a quest’ora” Mista teneva il cellulare nell’incavo del collo mentre si liberava dei boxer e li lanciava con un tiro da tre punti nel cesto della biancheria sporca.
“MISTA CHE SCHIFO!” Un paio di Pistols si coprirono gli occhi.
“E GIRATEVI, CRETINI! È CASA MIA QUESTA!” sbuffò Guido, mentre la voce dall’altra parte del telefono continuava a borbottare qualcosa.
“Smettila di urlare, ti prego, Mista…”
“Scusa, scusa… Ma perché sussurri? Sei in compagnia?” ridacchiò Mista.
Guido sentì dall’altro capo del telefono un’altra voce in lontananza, che non stava parlando con lui.

“Fugo, chi cazzo è…” si lamentò Narancia, rigirandosi tra le coperte.
“È Mista, chi vuoi che sia a quest’ora…” sbuffò Fugo, ritornando a parlare con un tono di voce normale: ormai si era svegliato anche Narancia.
“Un momento, un momento, un momento” Guido si fermò, smettendo di frugare nel suo cassetto delle magliette in cerca di qualcosa che fosse perfetto per attirare ancora più amore in quella giornata. “Tu e Narancia avete dormito insieme?”
Dall’altro capo del telefono ci fu qualche istante di silenzio.
“A volte capita” sentenziò Fugo desiderando chiudere quel discorso.
“AH, QUINDI NON E’ NEMMENO LA PRIMA VOLTA?!” urlò Mista, con la voce che si era fatta acuta dalla sorpresa.
“TI HO DETTO CHE NON DEVI URLARE, CAZZO!”
“VA BENE MA STAI CALMO, PANNI!”
“STAI ANCORA URLANDO!”
“PERCHÉ ANCHE TU STAI URLANDO, CAZZO!”
“OHHHHHHHH MA LA FINITE!” strillò esasperato Narancia, strappando il telefono dalle mani di Fugo “Che cazzo vuoi a quest’ora, Guido.”
“Anzitutto sono le nove, smettetela di parlare come se fossero le cinque di mattina. E poi, da quando tu e la principessa dormite insieme?” finalmente Mista aveva trovato la maglia giusta: una fantastica canotta arancione fluo che esaltava la sua pelle abbronzata e recava scritto in lettere blu sulla schiena DE PUTA MADRE 69. Ottimo acquisto, decisamente.
“Direi che saranno anche cazzi nostri” ribatté Narancia piccato, mentre Fugo schiacciava il viso sul cuscino sapendo già in cuor suo che ormai il sonno gli era bello che passato.
“Ohhhh dai, permaloso…” si infilò la canotta e si guardò con soddisfazione allo specchio: favoloso. “Narancia, senti…” Mista abbassò il tono della voce al telefono “A me lo puoi dire se tu e Fugo fate certe cose…”
“Che cosa dovremmo fare io e Fugo?” domandò Narancia: si era appena svegliato e non aveva davvero capito il discorso.
“Hai capito, quelle cose lì… Un po’… Ve le fate a vicenda dai, cioè, alla fine vivete insieme e ci può stare che uno si senta solo ogni tanto. Cioè, io non lo farei ma magari a luce spenta, uno non vede, non sa…” Mista si stava attorcigliando su sé stesso, cercando di mettersi un paio di pantaloni militari che a suo parere gli facevano un culo divino. Ma del resto, se hai un bel culo cos’è che non ti fa un culo divino?
“Mista, io non ho idea di che cazzo tu stia dicendo, lo sai vero?” rispose Narancia, arrotolandosi ancora di più nelle coperte e passò di nuovo il telefono a Fugo. “Tieni parlaci tu”
Si stiracchiò, cercando di liberarsi dalle lenzuola che lui stesso aveva arrotolato e in quel momento il suo stomaco borbottò in maniera imbarazzante. “Ho fame.”
“E allora vai a mettere su il caffè che facciamo colazione” sbuffò il biondo: ormai tanto valeva alzarsi. “Guido, insomma, che cosa vuoi?” chiese Fugo esasperato quando in realtà doveva ormai essersi abituato al fatto che Mista chiamava per qualsiasi motivo, a qualsiasi ora per condividere qualsiasi cazzata gli passasse per la mente e sentisse il bisogno di voler comunicare al mondo.
Anche se il più delle volte si accontentava di mandare un messaggio, finché non li finiva.
Allora chiamava, finché non finiva anche i minuti.
A quel punto ti veniva a bussare direttamente a casa.
“Niente, oggi è San Valentino e volevo… Chiamarvi? Oddio, ora che ci penso sembra così gay, cristo…” Guido aveva già tirato fuori le sue Nike Silver ma non trovava nemmeno un paio di calzini: dovevano essere tutti nel cesto oppure fuori a stendere.
“Un po’… Però grazie del pensiero, che vuoi che ti dica” sospirò Pannacotta, trascinando le ciabatte verso la cucina. “Nara, le fragole servono per la torta, non le mangiare”
“LA TORTA?! Dai, ma allora insomma, dormite insieme, fai la torta a San Valentino…” Mista prese a canzonarlo con voce stucchevole.
“E allora? Volevo invitarti a mangiarne un pezzo ma mi ci hai appena fatto ripensare.”
“Ohhiii Panna-acida, pianino qui…” il cuore di Guido si spezzò, pensando che si era appena giocato un pezzo di dolce di Fugo: era bravo a cucinare quel maledetto, ma solo cibo di conforto. “Ti ringrazio per l’offerta ma oggi sento che sarà una bella ragazza a offrirmi il dessert”
“Lo senti? Lo ha detto il tuo oroscopo?” ridacchiò Fugo, sapendo quanto Guido fosse estremamente influenzabile da quel punto di vista.
“No, non l’ho ancora sentito stamattina… CAZZO, NO!”

Mista stava parlando fuori dal piccolo balconcino dove i suoi panni erano appesi in bella vista su delle corde: stava spostando il telefono sull’altra spalla tenendo in equilibrio la biancheria asciutta in mano quando il berretto che voleva mettersi si inclinò di quel millimetro in più perché la forza di gravità lo facesse precipitare. Guido allungò la mano per riacchiapparlo ma lo spinse di quanto bastava perché scivolasse esattamente nello spazio fra le corde e il terrazzo: lo vide fluttuare impotente e poi adagiarsi con un suono ovattato sul balcone del piano di sotto.
Troppo tardi.

“Tutto bene?” Fugo rubò uno spicchio d’arancia a Nara “Ma quanto ci mette a salire il caffè?”
“Ah boh, io l’ho messo quando me l’hai detto” Narancia si grattò la schiena con soddisfazione: quanto si dormiva bene nel letto di Fugo.
Fugo guardò la caffettiera con sospetto e sentì il manico bollente.
“Ma l’hai messa l’acqua?” chiese con preoccupazione.
Silenzio.
“Porca puttana Narancia, DUE COSE SERVONO PER FARE IL CAFFÈ, DUE, E TU SEI IN GRADO DI SBAGLIARLE!”
“MA LO FAI SEMPRE TU IL CAFFÈ, PUÒ SUCCEDERE CHE IO MI SBAGLI, NO?”
“INDOVINA PERCHÉ LO FACCIO SEMPRE IO, IMBECILLE!” sbuffò Fugo, afferrando con una presina la caffettiera che stava rischiando di sciogliersi per metterla sotto l’acqua “Mista, ci sei? Mista?” guardò il telefono. Aveva attaccato.
“Hai capito che voleva?” Narancia prese la Nutella dalla credenza e la spalmò abbondantemente in un panino che poi strappò a metà.
“Certo che no. Ma penso che non volesse niente, come al solito.” Fugo addentò la sua metà di panino mentre aspettava che la caffettiera fosse di nuovo maneggiabile.
“… Comunque mi fa molto meno male la schiena quando dormo nel tuo letto.” affermò Narancia con tono vago, come se parlasse del meteo.
“… È il mio letto.” precisò Fugo asciutto.
“Come vuoi” annuì Narancia: che gliene fregava di chi era il letto.
Bastava dormirci dentro.

***

Guido rimase a guardare il cappellino per svariati secondi, riflettendo sul significato di quel segno: non poteva mettere nessun altro cappello perché era esattamente quello di cui aveva bisogno per completare il suo outfit perfetto e studiato per una giornata perfetta, la giornata dell’amore in cui l’universo gli aveva già fatto capire che sarebbe andato tutto benissimo.
Perché era successo?
Rifletté ancora e poi cercò di capire di chi fosse il balcone dove era caduto il suo prezioso berretto. Facendo un rapido calcolo dei piani e dei campanelli… Improvvisamente capì.
Il destino non gli aveva voltato le spalle, tutt’altro: gli aveva dato un’occasione.
Il balcone su cui era caduto era quello della coppia del piano di sotto, prima porta a destra: li aveva sentiti litigare l’altra sera e lui se n’era andato sbattendo la porta.
Probabilmente in quell’appartamento c’era una povera ragazza sconsolata che non aspettava altro che un meraviglioso emissario del fato la prendesse per mano e la risollevasse da un destino amaro, regalandole un San Valentino romantico e inaspettato, come nelle favole.
Sì, Guido era pronto a rispondere alla chiamata del Dio dell’amore.

Corse in bagno e si annusò: no, non puzzava ma comunque fece un passo indietro, spruzzò una grossa nube di profumo davanti a lui e ci si immerse dentro, a testa alta. Fece per riporre la boccetta ma poi ci ripensò: si abbasso l’elastico dei pantaloni e diede una spruzzata anche lì, sai mai. Si guardò allo specchio soddisfatto, passandosi una mano fra i capelli e riflettendo sull’espressione da fare quando lei gli avrebbe aperto la porta. Sì, era bellissimo come sempre.
“Torno subito!” urlò ai Pistols, mentre apriva la porta e si precipitava al piano di sotto cercando di richiamare alla memoria l’aspetto della ragazza: aveva i capelli lunghi, sì, di questo era sicuro, ma gli occhi… Boh, non sapeva di che colore avesse gli occhi, però aveva un gran bel paio di…

“Ciao, scusami se ti disturbo, io…” la approcciò con un sorriso smagliante non appena le aprì la porta, ma ebbe un momento di esitazione quando la vide con gli occhi gonfi che cercava di darsi una sistemata, chiaramente in imbarazzo.
“S-scusa, non… Non aspettavo visite” balbettò lei.
“No, scusami tu, davvero” controbatté lui, con tono sinceramente dispiaciuto: odiava vedere le ragazze che piangevano, soprattutto per colpa di un uomo. “Non volevo disturbarti, io… E’ solo che mi è caduto il cappello sul tuo balcone e… Ecco…”
“Ah, sì.. Tu… Sei il ragazzo del piano di sopra, no? Certo, entra pure…” la ragazza aprì la porta, tirando su con il naso rumorosamente. Gli fece strada fino al balcone, accompagnandolo nella stanza da letto che appariva visibilmente disfatta: l’armadio era aperto e c’era roba sparsa un po’ dappertutto ma apparentemente aveva dormito da sola.
“Scusami, vado a… Vado a soffiarmi il naso.” la ragazza si allontanò, sempre più imbarazzata per essere stata colta in un momento di debolezza da un perfetto sconosciuto.
Mista recuperò il suo cappellino, molto combattuto sul da farsi: il ragazzo era sicuramente uno stronzo. Non si fa piangere così una bella ragazza nel giorno dell’amore. Ma lei forse era fin troppo triste per un approccio… Però come poteva abbandonarla così? No, decisamente no, il fato l’aveva mandato al piano di sotto per un motivo! Oltretutto lei l’aveva riconosciuto, aveva detto sei il ragazzo del piano di sopra, quindi molto probabilmente l’aveva notato anche lei.
Si calcò il cappellino sulla testa, con orgoglio: l’avrebbe portata fuori a mangiare, sarebbero andati al cinema e avrebbero romanticamente diviso dei pop corn finché lei non glieli avrebbe passati direttamente con le labbra, sì e poi a quel punto presi dalla passione avrebbero…
“Eccomi, scusa…” la ragazza era tornata in camera. Aveva cercato di darsi una sistemata oltre che soffiarsi il naso, probabilmente sentendosi troppo sciatta: era già molto più carina.
“Smetti di chiedermi scusa. Dovrebbe chiederti scusa chi ti ha fatto piangere così” Mista la affrontò con l’orgoglio di un cavaliere che salva una donzella.
Lei arrossì, visibilmente scossa: allora il litigio si era sentito fin dal piano di sopra.
“Mi dispiace, non pensavo… Io non sono una che alza la voce di solito, ma…”
“Si capisce che sei una persona dolce” Guido si avvicinò a lei e le appoggiò una mano sulla spalla. “Devi smettere di dispiacerti. Tu non hai fatto niente.”
Lei sussultò, cercando di trattenere le lacrime, emotivamente provata da tutto quello che stava succedendo.
“Sei… Sei così carino e mi conosci appena…”
“Non c’è bisogno di conoscerti per capire che meriti di meglio.”
A quel punto, la ragazza scoppiò in lacrime disperate e Mista la strinse a sé, con fare galante: sentiva già la musica, come se fosse in un film romantico ma ehi… Aspetta… Non era nella sua testa, c’era davvero la musica…

“...So I started walking her way
She belonged to bad man, José
And I knew yes I knew I should leave
When I heard her say, yeah
Come a little bit closer...”

 Riconosceva la voce del DJ, ascoltavano la stessa radio! Era tutto perfetto, sì, era come un film, Guido non poteva crederci: stava per piangere di gioia quando la ragazza finalmente alzò gli occhi e lo guardò come se fosse il suo principe azzurro.
“Sono… Un disastro…” singhiozzò fra le lacrime.
“No, sei bellissima” sparò lui, sapendo che questa sarebbe stata la bomba che sarebbe arrivata dritta al suo cuore. Le scostò una ciocca di capelli avvicinandosi alle sue labbra e finalmente, mentre la musica li avvolgeva, sentì il sapore di quella ragazza e chissene se aveva il naso che le colava, che meraviglia… Era così morbida… Ok, magari non si era lavata i denti ma che importa… Un altro bacio mentre lei si stringeva al suo petto e finalmente poteva sentire sui sue addominali quelle due… Quelle… Beh oddio forse pensava fossero più grandi ma andava benissimo, oh sì, vai con quella lingua baby…

“MONICA! CHE COSA STAI FACENDO?!” una voce di uomo, molto incazzata.
Quella non c’era nei film romantici di solito.
“VINCENZO! IO… NON È COME PENSI!”
Oh, cazzo. Quella c’era nei film ma non quello che stava pensando di vedere Mista.
Davanti a lui c’era un ragazzo abbastanza ben piazzato, con un mazzo di fiori in mano che non sembrava particolarmente felice di vederlo. Mista era allenato ma anche quello sembrava un tipo che faceva a pugni spesso e volentieri.
“E TU CHI CAZZO SEI?! LO SAI CHE QUELLA È LA MIA RAGAZZA?!”
“Ehi amico, guarda che io non.. “ Mista si allontanò alzando le mani ma per tutta risposta si prese un pugno in pieno volto, colto completamente alla sprovvista “OUCH! OHI STRONZO, GUARDA CHE…”
“VINCENZO, FERMATI! NON HA FATTO NIENTE, È STATO UN MOMENTO DI DEBOLEZZA, TI PREGO!”
Mista lo guardò incazzato: non amava fare a botte ma se era veramente necessario era pronto a farlo. Un sacrificio di sangue per il Dio dell’amore.
“NON… NON MI TRADISCI CON QUESTO QUI, VERO? IO TI AMO… IO… Sono tornato da te, hai visto…” il tono di voce di lui si incrinò, mentre recuperava i fiori che aveva lanciato a terra per metterli fra le mani di lei. “Ti prego, perdonami…”
“Io… Non…” lei guardò Mista confusa, stringendo gli occhi. “No, certo che non ti tradisco Vincenzo, ti amo anche io, lo sai…” e riprese a piangere.
OUCH.
Il pugno aveva fatto male, ma questo ancor di più.
Com’era possibile?!
L’amore doveva vincere, doveva… Vincere.
Maledizione, aveva solo fatto tornare quei due insieme.

Guido incrociò lo sguardo della ragazza e capì che quello era il momento in cui se ne doveva andare. Scosse la testa e uscì dalla stanza: il Dio dell’amore si era fatto beffe di lui. Certo, una coppia si era ricomposta ma doveva andare proprio in questo modo? Non gli sembrava affatto equo. Si sbatté la porta alle spalle mentre tornava mogio verso il suo appartamento, massaggiandosi la tempia. Aveva recuperato il suo adorato berretto e rimediato un limone ma ora probabilmente per colpa di quel buzzurro gli si sarebbe gonfiata la faccia e la sua avvenenza sarebbe drasticamente diminuita. Doveva correre in casa a metterci del ghiaccio e…

E la porta era chiusa.
Strano, era convinto di averla lasciata aperta.
Un brivido gli corse per la schiena, mentre si frugava fra le tasche dei pantaloni.
Non aveva le chiavi.
Non solo quelle di casa, non aveva nemmeno le chiavi dell’auto o il telefono o qualsiasi cosa. Figuriamoci la pistola. Non avevo assolutamente niente di niente. Era uscito di corsa ma era dannatamente sicuro di aver lasciato la porta aperta e adesso era pure rimasto fuori di casa.
“Cazzo, cazzo, cazzooooooo!!” imprecò, calciando la porta.
Doveva riflettere. Non aveva il telefono quindi non poteva chiamare nessuno.
Senza arma non poteva far fare niente ai Pistols e comunque non sapeva dove diavolo fossero le chiavi e nemmeno se potessero cercarle loro al posto suo: non aveva mai provato a dargli compiti così complessi. Si alzò e provò comunque a bussare sperando che lo sentissero ma dall’interno sentiva solo la musica della radio a tutto volume: perfetto.
Non aveva la macchina né il portafoglio quindi non poteva andare troppo lontano: Fugo aveva casa da tutt’altra parte quindi non poteva andare da loro a cercare qualcosa per forzare la serratura.
Ma come diavolo faceva ad aprire una porta senza…

Ma certo.

Bucciarati abitava a qualche chilometro di distanza: non era vicinissimo ma a piedi ci sarebbe potuto arrivare comunque agevolmente. Gli avrebbe aperto una zip e sarebbe stato dentro casa sua in meno di un secondo e senza forzare la serratura. Geniale, perfetto, incredibile.
Corse di nuovo giù per le scale, passando davanti alla porta di quella traditrice della sua vicina di casa, sentendo che avevano spento la musica e non si sentivano più le urla: maledetta bastarda. Lui e il suo cuore tenero si facevano sempre fregare dalle donne che piangono. Non era nemmeno poi così carina, e aveva pure l’alito cattivo.
Sì, avrebbe avuto decisamente di meglio oggi, ma per ora gli pulsava soltanto la tempia.
Uscì fuori dal portone e realizzò che fuori era freddo e lui era in canotta.
La gente aveva la giacca e lo guardava con una certa curiosità.
Oh, beh. Non gli restava altra scelta.
Iniziò a correre.

“Ohi, ma quanto ci mette Mista a tornare?” si lamentò Numero Cinque, dondolandosi sul tamburo della pistola.
“E che ne so… Ha detto che faceva subito ma è un po’ che è via ormai. Chissà perché non ci ha portato con lui.” gli rispose Numero Due, rosicchiando un biscotto che era rimasto incustodito sul tavolo della cucina.
“Magari ha un appuntamento” ridacchiò Numero Uno, improvvisando degli addominali mentre Numero Sei gli teneva i piedi fermi.
“Sicuro! Aveva talmente tanta fretta!” ribatté Numero Sette, tentando di rubare un pezzo di biscotto a Numero Due.
“Meno male che gli abbiamo chiuso noi la porta di casa, sennò gli avrebbero rubato pure le mutande” sentenziò Numero Tre.
“Meno male!”
“Meno male.”

***

Quando Mista arrivò davanti casa di Bucciarati non aveva più freddo.
Si appoggiò sulla ginocchia per riprendere fiato e vide con enorme sollievo che l’auto di Bruno era parcheggiata vicino casa e quindi con ogni probabilità non era uscito: realizzò solo in quel momento che la cosa non era affatto scontata.
Bene, l’universo stava ripagando il debito che aveva contratto con lui.
Non ebbe bisogno nemmeno di suonare al citofono perché una signora che stava uscendo mantenne provvidenzialmente aperto il portone: la ruota stava decisamente ricominciando a girare nella sua direzione. Forte di questo pensiero bussò con sicurezza alla porta di Bucciarati, ormai certo che lo avrebbe trovato lì e che avrebbe risolto tutti i suoi problemi.
Nessuna risposta.
Il campanello non c’era: casa di Bucciarati era un B&B che gli avevano concesso di occupare in maniera esclusiva per via dei suoi contatti con Polpo e non si erano mai preoccupati di installarlo. Bruno aveva l’udito fino e di solito rispondeva sempre e in quei rari casi in cui non sentiva bastava chiamarlo al cellulare ma Mista non lo aveva con lui.
Bussò ancora: “Bucciarati? Lo so che sei in casa, ho visto l’auto.”
Niente.
Che strano.
Dove poteva essere andato a piedi, di martedì mattina, alle nove e quaranta?
Forse a comprare il pane. O il caffè.

Si sedette sulle scale: magari la cosa migliore era rimanere lì ad aspettarlo.
Giocherellò con l’ampia foglia di una pianta ornamentale che era stata messa all’ingresso quando notò qualcosa di luccicante in mezzo alla terra.
Poteva mai essere…?
Sì, ma certo, una chiave di riserva!
Ti pare che non ne avesse nascosta una in caso di emergenza?
Ovvio, Bucciarati era sempre previdente.
Strano che non l’abbia messa in una zip, ma ehi… Così anche uno di noi può recuperarla. Pensa sempre a tutto Bucciarati, pensò fra sé e sé Mista – ed in effetti la supposizione era giusta, ma in maniera solo parziale. Bucciarati aveva pensato a qualcuno, non a tutti.
Ed in effetti, quando infilò la chiave nella serratura, la porta si aprì immediatamente: Mista si ritrovò nel piccolo disimpegno che faceva immettere nella sala da pranzo di Bruno.
“Bucciarati, sei in casa?” annunciò la sua presenza sonoramente, ma smise subito di chiacchierare quando si accorse che sul tavolo della cucina c’era una bottiglia di vino chiaramente vuota.
Caspita, forse stava ancora dormendo. Magari si era fatto un bicchiere prima di andare a letto.

“Hai sentito?” Bruno spinse via Leone, mettendosi a sedere sul letto.
“Guarda che è un trucco vecchio” ridacchiò Leone, continuando a mordergli il collo.
“No, no, ti giuro, ho sentito qualcuno in casa” insisté Bruno, visibilmente in ansia.

“Bucciarati?” a Mista pareva di aver sentito delle voci.
Cazzo, magari lo aveva svegliato, ma era un’emergenza. Come altro poteva fare?
“Bucciarati, io… Non so se ti ho svegliato, sono… Sono io, Mista. Ho trovato la chiave fuori…” forse stava facendo troppo casino, ma non sapeva più cos’era educato ormai a quel punto.

Leone si risollevò dal letto con un’espressione omicida in volto.
“CHE CAZZO CI FA MISTA A CASA TUA?”
“SSSHHHH cosa urli, fai piano! Avrà trovato la chiave fuori…”
Bruno rotolò via da un lato del letto cercando disperatamente di nascondere tutto nel caos del suo armadio quando capì che la cosa migliore era aprire una zip e buttarci tutto dentro di corsa.

Sì, c’era qualcuno in camera da letto, Mista poteva giurarci.
Bucciarati era sicuramente sveglio e forse… Parlava al telefono?
Gli sembrava ci fosse più di qualcuno. Si avviò verso il corridoio.

“Io lo ammazzo, Bruno, te lo giuro…” Leone cercò qualcosa da mettersi ma Bruno aveva lanciato tutto letteralmente dentro al pavimento e aveva coperto la zip con un cuscino.
“Questo non succederebbe se ti decidessi a tenere quella dannata chiave” Bucciarati stava cercando in fretta in mezzo a un mucchio di panni dell’intimo che poteva definirsi accettabile per un maschio eterosessuale.
“AH, ADESSO SAREBBE COLPA MIA?” Abbacchio, agitato come poche volte nella sua vita, non trovava i suoi boxer da nessuna parte.
“SHHHHT TI HO DETTO!” Bruno aprì una zip dentro l’armadio mentre saltava letteralmente dentro un paio di slip “Entra qui dentro”
“COSA?”

“Bucciarati?” Mista bussò alla porta, tendendo l’orecchio.
Ora era davvero certo che fosse sveglio, si sentiva chiaramente un brusio nella stanza.
“Posso… Entrare?”

“MUOVITI ENTRA QUI DENTRO!” Bruno si portò le mani alla testa, disperato.
Leone non rispose ma lanciò uno sguardo che avrebbe incenerito una divinità ed entrò in quella maledetta zip.
Bruno chiuse l’anta dell’armadio e si lanciò alla porta della stanza mentre Mista stava per…

“MISTA!” si rese conto che stava urlando, mentre teneva la maniglia della porta con la mano.
Mista lo squadrò: sembrava accaldato e aveva i capelli in disordine.
“Mista.” ripeté Bucciarati, cercando di assumere il suo solito tono calmo. “Che… Che cosa ci fai qui?”
“Ehm… Scusami Bucciarati, io… Non… Non volevo disturbarti ma sono rimasto chiuso fuori casa. Non ho il telefono, le chiavi, non ho niente e non sapevo come fare, scusami, scusami…” si portò letteralmente le mani al petto, pregandolo. “Ho trovato la chiave e ho pensato…”
Bucciarati si accorse che era Mista era sudato fradicio. Doveva essere davvero disperato.
Sospirò. Non c’era mai pace.
“Va bene, ho capito. Fammi andare un attimo in bagno e andiamo.” si chiuse dietro le spalle e volò nella porta accanto, il più veloce possibile per evitare che Mista potesse notare certi segni che alla luce del giorno erano piuttosto difficili da nascondere.
“Grazie Bucciarati, sei il migliore!” saltellò Mista: sapeva che su di lui si poteva sempre contare. Si appoggiò alla porta della camera e accidentalmente la spinse: la maniglia era un po’ lenta e quasi rischiò di cadere ma riprese subito l’equilibrio. Facendo quel movimento però, lo sguardo gli andò verso l’interno della stanza e si posò su… Qualcosa.
Sapeva che non era educato guardare ma a contrasto con il pavimento e l’arredamento chiaro della camera di letto di Bucciarati era impossibile non notare… Delle… Cinghiette?
Guardò verso la porta del bagno: l’acqua scorreva.
Si sporse ancora un po’ verso l’interno della camera da letto per guardare meglio e… Eh sì, erano proprio delle cinghie in pelle, e sembravano andare sulla… Parte superiore del corpo?
Ora, Mista sapeva che ogni tanto Bucciarati metteva cose strane ma quello non era nemmeno abbigliamento, non ti saresti mai messo una roba così per uscire. Era… Una roba… Per fare…

“Mista?!” la voce di Bucciarati lo fece saltare di paura.
“S-sì?” si voltò di scatto ma per fortuna la porta del bagno era ancora chiusa.
“Mi faresti un caffè per favore?” lo pregò Bruno.
“Certo, certo Bucciarati! Come lo vuoi?” si avviò verso la cucina cercando di non pensare a quali giochi viziosi si potessero fare con quel completino.
“Lungo” rispose pronto Bruno.
Mista rovistò in giro, aprendo cassetti e credenze finché non trovò tutto l’occorrente, continuando a ragionare su quali tipo di fantasie perverse potesse avere un tipo come Bucciarati.
Allora è vero che i tipi più quieti e composti sono quelli più zozzi, pensò Mista mentre riempiva la moka con esattamente tre cucchiaini. Si sedette al tavolo mentre aspettava che il caffè salisse e un pensiero ancora più sconvolgente lo folgorò.
Cazzo, ma… Se il completo era lì, dov’era la ragazza?
Aveva lanciato solo un’occhiata ma sembrava che non ci fosse nessuno in camera da letto.
Mentre rifletteva su questa possibilità, gli cadde l’occhio su un particolare che prima non aveva notato: accanto alla bottiglia di vino c’erano due bicchieri vuoti.
Non solo: su uno dei due bicchieri c’era chiaramente traccia di un rossetto nero.
Mista lo sollevò per guardarlo come se fosse un detective in cerca di prove.
Rossetto nero, cinghiette…
Ma che tizie si scopava, Bucciarati?
Questa non era una semplice ragazza, era una…

Nella sua mente cominciarono ad accavallarsi fantasie di prosperose donne vestite di latex che pronunciavano soavemente il suo nome, meravigliose regine della notte pronte a fargli infilare la testa fra le…

“Mista??” di nuovo la voce di Bruno, stavolta fuori dalla porta del bagno, lo riscosse da quel sogno ad occhi aperti che lo stava facendo diventare rosso.
“E-eh? Sì?” Guido si passò una mano fra i capelli e si risistemò il berretto.
“Fammelo doppio il caffè, va”

***

Montarono entrambi in macchina senza dire una parola: Bucciarati si era stampato un sorriso gentile in volto ma sapeva di aver lasciato Leone a casa nudo, incazzato come una furia e a bocca asciutta. Se non fosse tornato a casa il più in fretta possibile, lo avrebbe trovato probabilmente con la testa spaccata al muro dal nervoso. Non si era nemmeno pettinato i capelli.
Mista per un po’ rimase in silenzio, osservando l’assoluta tranquillità di Bruno, continuando a riflettere sui suoi sorprendenti gusti sessuali. Chissà quando l’avrebbe detto a Fugo che faccia avrebbe fatto. Sapeva che avrebbe dovuto stare zitto, ma non riuscì proprio a trattenersi: era più forte di lui, doveva andare in fondo a questa faccenda.
“Bucciarati, io… Scusami, avrei dovuto capirlo subito che…”
“Che cosa?” Bucciarati rispose pronto, senza nemmeno guardarlo negli occhi, continuando a tenerli fissi sulla strada: una statua.
“Che non eri da solo, insomma.”
Silenzio.
Bruno era immobile ma stava sudando freddo. Come aveva fatto a capire che c’era Leone? No, aspetta, non doveva saltare alle conclusioni, magari non aveva capito niente e pensava che fosse in compagnia ma… Oh mio dio, forse aveva lasciato qualcosa fuori dalla zip…
“Mnh, tranquillo” si limitò a rispondere.
“Sì, cioè… Ecco, per sbaglio ho visto quelle… Insomma… Non so nemmeno come si chiama, però era sexy, non c’è che dire…”
Bucciarati continuò a usare tutta la sua forza di volontà per non muovere nemmeno un muscolo facciale, non stava nemmeno sbattendo le ciglia probabilmente.
“Ecco… Anche se non parliamo mai di queste cose…” Mista gli diede una pacca sulla spalla e Bruno si irrigidì ancora di più ma il suo viso continuava a non dimostrare alcuna emozione. “Devo farti i complimenti, capo… Una tipa che mette cose del genere deve essere proprio una gran p…”
“Tu… Hai visto il completo?” scandì con calma assoluta Bruno.
“S-sì, te l’ho detto, non volevo! Non era mia intenzione, ecco, era solo per… Farti i complimenti, cioè, io una così non… Non saprei… Ma sicuro deve essere bella parecchio, eh, ci scommetto Bucciarati, le tipe stravedono per te…”
Bruno si morse il labbro per non ridere d’imbarazzo: Mista aveva capito ma allo stesso tempo non aveva capito assolutamente niente. Questa la devo dire a Leone, pensò e poi accelerò ripensando che probabilmente Abbacchio non avrebbe riso proprio per nulla.
Mista era un po’ deluso: niente, non c’era modo, Bucciarati non si sbottonava. Non erano in confidenza ma si aspettava almeno un paio di particolari piccanti…
“Dai, insomma… Dove l’hai trovata una così?” lo incalzò, ostinato.
Bucciarati sospirò: aveva capito che Mista non si sarebbe arreso se non avesse avuto qualche dettaglio in più. “A dire il vero… Mi ha trovato lei.”
“AHHHHH, NON CI POSSO CREDERE BUCCIARATI, TI CADONO LETTERALMENTE AI PIEDI!” Mista si sbatté i palmi sulle ginocchia: ma come faceva? Un vero seduttore.
Bruno alzò le spalle.
“E te ne stai lì come se fosse normale, cioè, pensa quanto sei abituato a essere circondato da belle ragazze” Mista scosse la testa, sconvolto da come quella fosse a quanto pare la normalità per il suo affascinante capo. “Ma hai un segreto? Fai qualcosa in particolare?”
Bucciarati ripensò ai suoi segreti e alle sue cose particolari.
“No, non direi. Cerco di… Essere spontaneo”
Incredibile. Quanto lo invidiava. Mista sospirò, tenendosi il berretto fra le mani e grattandosi la testa: si accorse che adesso puzzava davvero. Gli serviva una bella doccia.
“Beh, dai, fammi sognare. Com’era la tipa? Dai ti prego, ti prego…” lo implorò Mista. “Dimmi qualcosa.
“Beh.. Ha… I capelli lunghi e…” le spalle larghe e un grosso…
Bruno ridacchiò, pensando a quanto fosse surreale tutto quello che stava accadendo.
Mista lo vide ridere e non capì, forse era in imbarazzo a parlarne con lui. “Dai, ora è inutile che fai il timido, ti porti a letto le panterone e poi ti vergogni con me? Avanti… Oh, ti sta chiamando Abbacchio, sai? Vuoi che rispondo?” Mista vide il cellulare di Bruno buttato in quello che avrebbe dovuto essere lo spazio per una bevanda che stava vibrando e lo prese in mano.
“NO!” scattò Bucciarati, alzando lievemente il tono di voce. “Non c’è bisogno, se è urgente mi richiamerà”. Ma cosa gli saltava in mente di chiamare? Doveva solo aspettarlo, ormai erano quasi arrivati: la prossima svolta era casa di Mista.
“Ok, ok…” Guido mise di nuovo il telefono a posto. “Quindi dicevamo… I capelli lunghi e… E poi? Tette?”
Bruno tirò un sospiro di sollievo ma quando Mista lo interrogò di nuovo pensò ancora a Leone: non sapeva più se ridere o piangere. “Abbondanti.”
“LO SAPEVO, LO SAPEVO CHE SEI UN TIPO DA TETTONE… Ah, senti, una domanda importantissima che non ti ho mai fatto: tette o culo?” Mista pendeva letteralmente dalle sue labbra, quando il telefono di Bucciarati suonò di nuovo. “Ah, ti è arrivato un messaggio, forse è Abbacchio, te lo legg…”
Bucciarati inchiodò talmente forte che il telefono scappò di mano a Mista e prima che potesse cadere Bruno lo afferrò al volo e se lo mise in tasca.
“Siamo arrivati, Mista.”

“EHI, MISTA DOV’ERI?! CI STAVAMO PREOCCUPANDO!”
“MIIISTAAAAAAA!”
I Pistols accolsero Guido vorticandogli intorno senza tregua ma lui non li stette ad ascoltare: era troppo impegnato a riflettere su quello che aveva scoperto su Bucciarati. Buttò la sua bella maglietta nuova a lavare e abbandonò il resto sul pavimento del bagno: ora aveva bisogno di una bella doccia.
“Ah… Che meraviglia…” il getto bollente lo accarezzava dolcemente e si rese conto che qualcosa in mezzo alle sue gambe era stato particolarmente colpito da quello che aveva appreso.
Sperava che il Dio dell’amore gli avrebbe concesso soddisfazione in altro modo ma del resto la giornata non era ancora finita… E soprattutto nessuno sapeva amarlo più di sé stesso, giusto?
“Oh beh… Meglio di niente” si appoggiò al muro della doccia, fantasticando sui dettagli della creatura paradisiaca che poteva aver indossato quel completino da seduttrice.

“Leone?”
Abbacchio si affacciò dalla stanza con un’espressione assassina in volto.
“Sei solo?” abbaiò. Era ancora incazzato.
“Ti chiamerei mai altrimenti?” Bruno abbandonò la giacca sull’appendiabiti: erano appena le dieci e e mezzo ma si sentiva già distrutto.
Leone uscì dalla stanza a braccia incrociate, ancora nudo: Bruno aveva buttato anche la sua biancheria nella zip ed aveva rinunciato a mettersi qualsiasi cosa addosso.
“Dai, ti prego, non fare quella faccia… Adesso ti faccio ridere” Bucciarati gli schioccò un bacio veloce sulle labbra. “Guido ha visto il completo.”
Leone lo guardò con tanto d’occhi. “E cosa ci sarebbe da ridere?”
Bruno scosse la testa, ridacchiando. “Pensava fosse di una ragazza. E ha detto che una tipa così, dev’essere proprio… “ si avvicinò al suo orecchio per sussurrargli la fine di quella frase.
Leone si sforzò di rimanere serio ma il fatto che Mista non avesse la minima idea che stava dando della gran qualsiasi cosa volesse dire ma sicuramente non un poetico complimento a Bruno aveva un ché di comico che riuscì a strappargli un minuscolo sorriso all’angolo della bocca.
Bruno lo beccò subito e sorrise in risposta, cercando di nuovo le sue labbra, ma Leone si allontanò per fargli dispetto: sospirò, immaginando già che avrebbe fatto un po’ il prezioso per averlo mollato a casa in quel modo. Ma che altro avrebbe dovuto fare?
Leone stavolta rise con più convinzione, scuotendo la testa.
“E’ proprio un coglione. Però… Non ha tutti i torti.”
Bruno lo guardò con aria interrogativa e poi capì a cosa si riferiva Leone.
“Non sai nemmeno cosa voleva dire” gli lanciò uno sguardo languido.
“Allora facciamo che te lo dico io” Abbacchio lo tirò a sé e glielo sussurrò nell’orecchio.
Bruno ridacchiò compiaciuto e si baciarono ancora, stavolta con più trasporto.
“Allora… La chiave…”
“Sht. Dopo.”

***

“… l’avresti mai detto, eh? Che storia, cazzo…”
Fugo stava mescolando le uova con l’olio di semi mentre era al telefono con Mista, ascoltando i clamorosi scoop sulla vita sessuale di Bucciarati. Peccato che lui ne sapesse fin troppo sulla vita amorosa di Abbacchio per riuscire a unire tutti quei puntini e figurarsi un quadro che non era finito in tragedia per puro miracolo.
“Allora, non dici niente? Sei scioccato?” lo incalzò Mista.
“S-sì… Cioè… Chi l’avrebbe mai detto, eh? Bucciarati che fa certe cose…” Fugo continuò ad agitare il composto, ringraziando i cieli che Mista avesse una sorta di provvidenziale velo di incapacità nel comprendere certe cose.
“Cosa, cosa? Cosa fa Bucciarati?” si intromise Narancia dall’altra parte della cucina, che si stava occupando della parte solida del dolce.
“Niente Narancia, lascia stare… Hai fatto?”
“Sì ma il lievito non ci basta, sai?”
“Come non ci basta? Ne avevamo quattro bustine” Fugo lo guardò perplesso.
“Eh sì, ma nella ricetta dice di mettere 102 cucchiaini di lievito, sono tanti 102 Fugo”

Fugo si avvicinò a Narancia e al foglio con la ricetta della torta di fragole, l’unica cosa che aveva ereditato dalla sua famiglia. Aveva trovato quel foglietto in una vecchia giacca che utilizzava per andare da sua nonna in campagna: non ricordava nemmeno di averlo mai scritto.
Era l’unica persona che gli avesse mai dimostrato un po’ di affetto ma era morta quando aveva dodici anni e trovare quell’appunto lo aveva riempito di nostalgia: la torta di fragole era la sua preferita. Chissà quando gliel’aveva messo in tasca quel pezzo di carta.

 “Narancia…” Fugo sospirò, portandosi una mano alla fronte.
“Che c’è? CHE HO FATTO? HO SEGUITO LA RICETTA!” iniziò subito a giustificarsi Narancia, sapendo già che quando Fugo faceva così c’era un cazziatone in arrivo.
“C'È SCRITTO UNO O DUE CUCCHIAINI DI LIEVITO! COME FAI A ESSERE COSÌ SOMARO, NON È POSSIBILE!”
Mista sentì chiaramente il rumore di qualcosa che si rompeva.
“MA È SCRITTO MALE FUGO, MI SONO SBAGLIATO!”
“IL TUO CERVELLO  È SCRITTO MALE, COME CAZZO FAI A PENSARE CHE CE NE VADANO CENTODUE! CENTODUE SONO I CEFFONI CHE…”

La telefonata si interruppe con un paio di altri suoni che indicavano chiaramente che Fugo stava lanciando tutto in aria.
Mista appoggiò il telefono sul sedile, come se avesse paura che potesse volargli un piatto in faccia da un momento all’altro.
Caspita, qui il più normale era lui in quel gruppo sgangherato.

Continuò a guidare in cerca di un parcheggio mentre ripassava il da farsi nella testa.
Bisognava andare dalla moglie di un affiliato di Passione per riscuotere un debito: Polpo aveva chiamato Bucciarati mentre erano a casa di Mista e Guido per sdebitarsi dell’aiuto con la porta si era offerto di andare al posto suo.
Bruno fu ben lieto di cedergli l’incombenza e gli spiegò i particolari nel dettaglio: il marito aveva chiesto un prestito a Passione per aprire una piccola attività commerciale che però non stava andando così bene. Il debito si era progressivamente ingigantito al punto che il tipo aveva preferito darsela direttamente a gambe e per ora ci era riuscito piuttosto bene.
Dal momento che la gestione di Bruno era per usare al minimo i modi violenti, avevano deciso di fare un ultimo tentativo cercando di fare ragionare la moglie: magari lei, preoccupandosi per la salute del marito, avrebbe sganciato qualcosa o almeno lo avrebbe convinto a tornare per avere salva la vita e contrattare i termini della riscossione. Chi scappava non faceva mai una bella fine.

Il telefono di Mista squillò di nuovo: era Fugo.
“Tutto bene?” chiese preoccupato Guido.
“Guido…” la voce di Fugo era di una calma ultraterrena. “Potresti comprarci del lievito per favore, già che sei fuori.”
“Certo” Mista non immaginava in che condizioni fosse la cucina.
“E anche… Delle garze, per cortesia.”

Mista arrivò all’indirizzo che gli aveva dato Bucciarati: era un piccolo appartamento a piano terra, una casetta isolata con il portone principale che dava direttamente sulla strada protetto da una grata metallica. Non sembrava la casa di qualcuno che avesse dei soldi in effetti, ma ehi, era il loro lavoro e Bruno era un tipo morbido: altri spezzavano le gambe ai debitori e fine della storia.
Bussò guardandosi intorno con aria circospetta, non sapendo bene che cosa aspettarsi: la moglie poteva essere in allerta e non aprire a nessuno.
Attese un po’ davanti alla porta giocherellando con il calcio della pistola finché una voce dall’altra parte del portone non rispose con un deciso “Chi è?”
“Signora… Io… Sono di Passione” Mista preferì essere diretto. “Devo parlarle di suo marito.”
Di solito a quel punto le persone o diventavano estremamente servili e aprivano immediatamente oppure si barricavano in casa sperando che andasse tutto per il meglio.
La signora si limitò a rispondere “Certo” e si sentì il rumore di qualcosa che girava nel chiavistello. La pupa ha sangue freddo, non c’è che dire, pensò Mista.
Quando il portone si aprì c’erano ancora le grate a separarli ma Guido vide subito che non sembrava nemmeno una vecchia bacucca, anzi… Effettivamente non si era informato sull’età e…
Wow.
Davanti a lui c’era una ragazza splendida: poteva avere al massimo una trentina d’anni ma non era importante l’età, non era mai stato un problema finché erano maggiorenni.
Capelli liscissimi e meché bionde, unghie lunghe laccate di rosso, ciglia infinite e soprattutto due enormi, gigantesche…
“Prego, entri pure. Le offro un caffè” sorrise lei suadente: aveva un diamantino sull’incisivo.

Guido si ringalluzzì: ecco il vero regalo del Dio dell’amore.
Oggi, nella festa dell’amore, quella povera donna era rimasta sola. Il marito era fuggito, chissà quando sarebbe tornato e lei era così bella perché molto probabilmente sperava che qualcuno potesse consolarla per quella perdita. Oppure, ancora più astuta, immaginava che prima o poi sarebbe venuto qualcuno di Passione e sperava di sedurlo con la sua bellezza per trattare il debito del marito. Inutile dire che con Mista avrebbe funzionato bene a tal punto che l’avrebbe pagata lui la prima rata per uno schianto del genere. Anche intelligente, sì, gli piaceva quella teoria.
Mista si sistemò il cappellino sulla testa, si tirò ben dritto sulla schiena ed entrò in casa ringraziando mentalmente Bucciarati per avergli mollato quel compito – ecco, ora aveva tutto senso, anche essere rimasto chiuso fuori casa era una macchinazione del destino per far sì che quelle due anime solitarie si incontrassero, persino la vicina era soltanto una piccola deviazione per portarlo qui!
La ragazza lo fece accomodare in cucina, piuttosto dimessa ma con evidenti tocchi femminili che ne ingentilivano l’aspetto umile: la moka era rossa fiammante e Guido era troppo preso dall’esaminare le sue curve per notare che aveva messo quattro cucchiaini di miscela nella caffettiera.
“Allora… Come hai detto che ti chiami? Oh scusami… Ti sto dando del tu…” iniziò ad attaccare bottone lei, con aria un po’ svampita.
“Oh ma certo, dammi pure del tu… Siamo così giovani” Guido ridacchiò, buttando all’aria tutta la serietà che si suppone dovesse avere un mafioso che andava a riscuotere una cifra considerevole “Io sono Guido, e tu sei…?”
“Angela, molto piacere” lei allungò la mano, un po’ ruvida ma perfettamente curata: Mista la strinse e decise di lanciarsi in un baciamano che in quel momento gli sembrava estremamente galante.
Angela, quale altro nome poteva avere una creatura così splendida.
La ragazza sorrise, ridacchiando imbarazzata “Ma che gentile… Non pensavo che quelli di Passione fossero così giovani… E carini…” Prese un paio di tazzine dalla credenza, alzandosi sulle punte e lasciando che le sue forme generose fossero ancora più in vista: Mista non si sforzò nemmeno di guardare da un’altra parte ma anzi approfittò per valutare anche il lato B: dieci.
“G-grazie… Beh… Non tutti ma… Io sono un dei più carini, modestamente” meglio mettere subito le cose in chiaro, prima che la tipa pensasse che ci fosse un catalogo su cui scegliere. Ah, e poi Bucciarati questa qui non doveva mai vederla altrimenti avrebbe fatto il suo incantesimo e bum! Ci sarebbe cascata pure lei. Continuò a ringraziare mentalmente di essersi offerto al posto suo.
“Non ne dubito” rispose lei pronta “Quanto zucchero?” sorrise gentile.
Mista ridacchiò di nuovo, ma poi pensò che era comunque al lavoro e non poteva rispondere tutto quello che vuoi, bambola. “Uno. Uno mi basta…”
Angela gli mise davanti la tazzina e si sedette accanto a lui, prendendo la sua: entrambe avevano un che di kitsch, con dei cuori rossi disegnati sopra, ma anche questo Guido lo prese come un segno del destino. Lei era praticamente già sua.
“Senti Guido… Io… Immagino che tu sia venuto qui per i soldi, e devo dirti… Ero molto spaventata quando hai bussato…” lei gli appoggiò una mano sulla gamba e Guido cercò di trattenere uno scatto. Caspita, la cosa stava andando veloce, molto veloce. Meno male che si era fatto la doccia.
Butto giù il caffè in un sorso e appoggiò la mano su quella di lei. “Non preoccuparti, non sono qui per farti del male Angela. Ma dobbiamo parlare di tuo marito.”
Lei annuì, accarezzando delicatamente la mano di lui. “Sì, certo, lo immaginavo che non fossi qui per me” sorrise timidamente.
Lui ricambiò il sorriso: fosse stato per lui, altro che marito. Anzi, meno male che era scappato.
“Purtroppo sono qui per lavoro, però… Certo, io non scapperei con una moglie così bella accanto, se può consolarti” Guido le strinse la mano, sapendo che doveva giocare bene le sue carte per portare a casa capra e cavoli.
“Oh, Guido, lo dirai sicuramente a tutte… Un tipo come te chissà quante ne deve avere di ammiratrici”
Mista avrebbe voluto piangere: finalmente una donna che aveva buon gusto, che lo apprezzava!
“Non… Cioè… Non lo dico per dire, sei veramente bellissima, credimi.” Mista intrecciò le dita con le sue. “E per questo mi dispiace ancora di più venire da te a parlare di soldi, ma vedi, tuo marito ci deve una grossa cifra e se tu potessi aiutarci a rintracciarlo…”
“Non mi ha detto dov’è andato…” lei scosse la testa, abbassando lo sguardo. “Sono rimasta tutta sola…”
Perfetto. Cioè, terribile. Nel senso, di solito Passione se la prendeva con la famiglia e sapeva benissimo che a quel punto avrebbe dovuto minacciarla per far sì che il marito tornasse o almeno fare pressioni. Ma allo stesso tempo lui se l’era data a gambe quindi c’era almeno una metà del letto vuota che poteva benissimo essere scaldata da Mista.
“Certo… Io… Mi dispiace, è davvero uno stronzo ma io… Capisci, in qualche modo dobbiamo riscuotere il debito e tu sei sua moglie quindi…”
Lei cambiò radicalmente espressione quando cominciò a intendere che c’erano anche i suoi soldi in ballo ma cercò di mantenere la facciata.
“Non capisco… Sono cose complicate sai, magari potresti spiegarmi meglio” lei gli si avvicinò al viso, protendendo le labbra in maniera provocante.
Mista la guardò, completamente schiavo di lei: fanculo i soldi, fanculo tutto, ne valeva la pena per una così ma… Cristo, se non avesse recuperato quei soldi Bucciarati si sarebbe incazzato, sarebbe venuto a trattare di persona e sarebbe tutto finito.
“Ascolta… Di solito non lo faccio ma magari posso chiedere una proroga intanto che racimoli un po’ di soldi, magari il mio capo può parlare col Boss…” le accarezzò i capelli, scostandoglieli dal viso, mentre si avvicinava a quelle labbra che sembravano così invitanti…
Angela si irrigidì immediatamente. “Devo… Devo pagare io?”
Mista rimase lì, a un passo da quella bocca. “Beh, magari non subito ma… Sei sua moglie e il ristorante è intestato a entrambi quindi… Prima o poi…” poi, poi, parliamone dopo, per favore pensò Guido mentre si spingeva avanti di un altro millimetro.
“BASTARDO! INFAME!” Angela si alzò di scatto e quella meravigliosa creatura d’un tratto divenne un demone infernale. “IO NON PAGO NIENTE, HAI CAPITO? E’ INUTILE CHE PROVI A FARE IL CASCAMORTO CON ME!”
Guido rimase di sasso, immobile in quella posizione: si poteva ancora intravedere il contorno di lei che si supponeva stesse accanto alla mano che ora pendeva a mezz’aria.
“Il… No, ma hai frainteso… Cioè, senti, stai tranquilla ora…”
“IO NON STO TRANQUILLA PROPRIO PER NIENTE! IO NON CACCIO FUORI UNA LIRA PER QUEL CORNUTO DI MIO MARITO, HAI CAPITO? PER QUANTO MI RIGUARDA POTETE PURE BUTTARLO A MARE CON UN SASSO, IO NON PAGO!”
Ora Mista aveva paura, seriamente. Come erano arrivati fin qui? Cosa aveva sbagliato?
“Angela, non… Non lo buttiamo al mare, e nemmeno te…”
“AH, QUINDI ERA QUESTO IL TUO PIANO! VOLEVI SEDURMI PER POI AMMAZZARMI!” e a quel punto la situazione degenerò in maniera irreparabile: Angela cominciò a tirargli addosso tazzine, stoviglie, pentole e un quantitativo inimmaginabile di attrezzi da cucina al punto che Mista dovette farsi scudo con entrambe le mani.
“AHI! AHIA! ANGELA, PERÒ TI DEVI STARE CALMA, MI FAI MALE!”
“FUORI DA CASA MIA O CHIAMO LA POLIZIA E DICO CHE HAI CERCATO DI VIOLENTARMI! FUORI!”
Guido era disperato ma quel cazzo di forchettone da spaghetti gli aveva fatto talmente male che decise di seguire il consiglio e precipitarsi fuori dall’appartamento.

BEEP! BEEP!
La cassiera del supermercato ne vedeva tutti i giorni di gente strana, ma quel tipo vestito alla moda, con la faccia gonfia e un sopracciglio spaccato che comprava dieci confezioni di lievito e un pacco di garze con un’aria distrutta era uno dei più strani che avesse mai visto. Forse il lievito gli serviva per tagliare la cocaina? Meglio non impicciarsi in certe cose.
BEEP! BEEP!

***

“Buona questa torta, Fugo…” Mista ne prese un altro pezzo, accomodandosi sul divano.
Fugo era seduto in mezzo e aveva lasciato la fragola per ultima, appoggiandola sul piattino. “Non doveva offrirtelo una bella ragazza il dessert?”
“Ne ho avuto abbastanza delle donne per oggi” tagliò secco Mista con aria afflitta. Si era presentato a casa dei due con una cera talmente brutta che né Narancia né Fugo osarono fare domande: aprirono il lievito e le garze e attesero che la torta cuocesse senza dirgli una parola.
“Sei tu la mia donna, Fugo”
“Che cosa gay, Mista” Narancia fece una faccia disgustata, afferrando la fragola che Fugo aveva lasciato nel piattino “Non la mangi questa?”
“NON OSARE” Fugo gli piantò una forchetta nella mano con talmente tanta forza che gli uscì il sangue.
“AHIA, TESTA DI CAZZO, CHE MALE!” Narancia gli spaccò il piattino vuoto sulla testa.
“Le garze sono sul tavolo…” ciancicò Mista, mettendosi in bocca un altra fetta di dolce.

E dire che quei due si volevano un bene dell’anima…
E a un tratto l’illuminazione.
Il pugno in faccia, i vestitini di pelle, il sangue, le botte.

Il Dio dell’amore era un tipo ben strano: meglio non averci niente a che fare.



***

Complimenti per essere arrivati fin qui!
Questa fic spin-off di Falling Home nasce anzitutto perché mi è stata commissionata da Alianorah, la mia prima lettrice che si è innamorata perdutamente di Mista. E confesso, da quando ho cominciato a inserirlo nella storia anche io ho cominciato a nutrire un debole per lui al punto di volere una storia dedicata solo a questo adorabile idiota. Ho approfittato per inserirci un po' di BROTP NaraFugo - sì ragazzi, la loro convivenza per me va così - e ovviamente non potevo dimenticarmi dei miei BruAbba, sempre presenti nel mio cuore.

Dal momento che mi serviva la spinta giusta, ho creato un'apposita playlist su Spotify con le canzoni che sono state citate nel capitolo più altre che contribuessero a creare un "Mista mood".
Le canzoni esplicitamente citate sono:
"The Loco-Motion" - Grand Funk Railroad
"Get It On" - T.Rex
"Hooked on a Feeling" - Blu Swaede
"Come a Little Bit Closer" - Jay & The Americans
  
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