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Autore: heliodor    03/05/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il prigioniero
 
Qualcuno la scosse con forza strappandola al sonno e ai sogni che stava facendo. Shi’Larra aprì gli occhi ancora offuscati e faticò a mettere a fuoco il viso che aveva di fronte.
È Hallen, si disse riconoscendo i capelli grigi e l’espressione serena dell’erudito.
“Perdonami” stava dicendo. “Non volevo svegliarti di soprassalto, ma c’è qualcuno che dovresti vedere.”
“Qualcuno?” chiese Shi’Larra con voce assonnata. “Chi?”
“Il prigioniero” rispose l’erudito.
Shi’Larra lo seguì fuori dalla tenda. Da quando Hissarion li aveva prelevati per condurli a nord con la sua armata, non aveva più dormito in una baracca o in un letto vero.
Proprio quando iniziavo ad abituarmi ai loro giacigli, si disse.
Rimpiangeva le comodità d cui aveva goduto quando stava con Nimlothien. Il villaggio era piccolo e abitato da persone che non partecipavano alla guerra e speravano che finisse presto per tornare alle loro normali vite, non da soldati che non vedevano l’ora di battersi.
Parlando con gli abitanti, aveva scoperto che molti di loro si erano uniti all’orda per seguire un loro caro, un fidanzato o un amico. Lura, per esempio aveva scelto l’orda per stare vicina al suo amato, anche se ora per colpa sua ne era stata separata per chissà quanto tempo.
“Ti prego di non avercela con me” le aveva detto la sera che si erano messi in viaggio con Hissarion e la sua scorta. “Non era mia intenzione separarvi” aggiunse usando le parole che aveva imparato a usare stando in mezzo a loro. Quel linguaggio, anche se simile al suo, aveva molti più termini e spesso usarne uno invece di un altro, anche se simile, poteva cambiare del tutto il senso di una frase.
Lura le aveva sorriso mesta. “Non è colpa tua Shi” disse con tono rassegnato. “E in ogni caso, non avrei potuto rivedere Ash per chissà quanto tempo ancora.”
Il campo di Hissarion era una distesa di tende ordinate su un centinaio di file e altrettante colonne. In ognuna di esse vi trovavano rifugio almeno tre soldati o uno stregone.
Shi’Larra aveva imparato che avere il dono, come molti lo chiamavano, comportava sia dei doveri che dei privilegi. Tutti i mantelli grigi avevano una tenda personale e spesso un servitore che si occupava dei loro bisogni.
Hissarion ne aveva cinque o sei mentre i suoi luogotenenti, i cui nomi aveva imparato in pochi giorni, almeno tre a testa.
Tutte queste persone erano accampate fuori dal recinto vero e proprio, una palizzata di legno che circondava il campo.
Poco fuori c’era un secondo campo fatto di tende meno ordinate, dove risiedevano i servitori dell’armata, i cuochi, le ancelle che servivano i pasti, i guaritori e i preti del culto.
Shi’Larra ne aveva visti alcuni predicare ai soldati e agli stregoni, anche se questi seguivano molto di meno. Hissarion aveva vietato assembramenti dentro il campo principale, ma aveva concesso loro uno spiazzo in quello esterno, dove tenevano le loro funzioni, pregavano e parlavano a quelli che si radunavano per ascoltarli.
Qualche giorno prima Lura l’aveva invitata a uno di quei discorsi e lei c’era andata per far contenta l’amica e per curiosità.
Il prete vestiva con una tunica blu scuro stretta in vita da una cintura grigia. Calzava sandali aperti e aveva la testa rasata. Parlava alla folla sottolineando ogni frase con dei gesti.
“Il ritorno dell’eroe è vicino” stava dicendo. “I segni sono ormai visibili. Uno solo può guidarci verso la vittoria e una nuova epoca di pace e di giustizia. Gridate il suo nome affinché i nostri nemici possano sentirlo ovunque si trovino.”
“Malag” aveva urlato la folla. “Malag. Malag.”
“Malag” aveva sussurrato Shi’Larra. “Tu lo hai mai visto, Lura?”
“Pochi hanno avuto questo onore” aveva ammesso la ragazza arrossendo. “Ma quelli che hanno parlato con lui giurano di essere stati illuminati dalla sua saggezza.”
“E non l’hai mai visto?”
Lura aveva scosso la testa. “Ho sentito dire che una volta abbia fatto sosta in un villaggio vicino a quello in cui mi trovavo, ma si fermò per poco tempo e ripartì subito.”
“Quindi tu non l’hai mai sentito e non l’hai mai visto.”
Lura aveva sorriso. “Lo so, sembra sciocco.”
“Non volevo dire questo. Anche noi, voglio dire, il mio popolo, crede che in ogni pianta e ogni animale vi sia uno spirito, anche senza averlo mai né visto né sentito. Ma se la vecchia zia Ma’Vena fosse qui e glielo domandassi, ti risponderebbe che esistono senza alcuna esitazione.”
“Quando eravamo molto piccole” aveva detto Lura con l’espressione di chi pesca dalla memoria un ricordo vecchio e struggente. “Io e mia sorella Arba eravamo molto povere. I signori che vegliavano sul nostro villaggio pretendevano un tributo molto alto e a noi restava quello che bastava appena per mangiare. Ma non sempre eravamo così fortunati. Un inverno fu così duro che molti morirono di fame, compresa Arba, che era stata sempre debole.”
“Mi dispiace” aveva detto Shi’Larra. “Deve essere stato tremendo.”
“Lo fu, per un po’, ma avevamo di più da mangiare” aveva risposto Lura.
Shi’Larra aveva taciuto.
“Prima di ogni inverno, quando i signori venivano a pretendere il loro tributo, temevamo di non avere abbastanza cibo per sopravvivere e guardavamo ai più deboli sapendo che per alcuni di loro sarebbe stato l’ultimo.” Aveva sorriso. “Poi, prima dell’ultimo inverno, invece dei signori si presentarono Nimlothien e i suoi soldati. Ci dissero che il dominio dei vecchi signori era finito e che da quel momento in poi non avremmo più dovuto cedere i nostri raccolti come tributi, ma che avremmo potuto venderli o scambiarli con loro in cambio di altre cose utili. Fu allora che udii per la prima volta il nome di Malag.”
“Da questa parte” disse Hallen strappandola ai suoi ricordi. “Lo hanno portato qui.”
Shi’Larra si scosse dal torpore che l’aveva afferrata. “Perché devo vederlo?”
“Hissarion pensa che sia importante” rispose l’erudito. “E anche io lo penso. Voglio verificare una mia ipotesi.”
Shi’Larra aveva imparato quella parola grazie a lui e anche molte altre. Per Hallen c’erano sempre delle ipotesi da fare, delle tesi da verificare, degli indizi da raccogliere, da elencare e trascrivere nei suoi libri.
Le stava insegnando a leggere quella scrittura fatta di linee e punti che a Shi’Larra sembrava tanto meravigliosa quanto bizzarra.
Bizzarro è un’altra parola che aveva imparato.
Io devo sembrare bizzarra a queste persone, si era detta più di una volta.
La tenda era sorvegliata da una dozzina di soldati e almeno dieci stregoni. Non ne aveva mai visti così tanti riuniti in un solo punto a parte quando erano stati in marcia.
“Dove andate?” chiese una strega dai capelli raccolti in una coda di cavallo. Aveva la pelle più bianca che avesse mai visto, persino più di Nimlothien e parlava con un accento strano, come se parlando masticasse del pane.
Hallen le rivolse un rapido inchino. “Siamo io e l’indovina.”
La strega gettò un’occhiata disgustata a Shi’Larra. “È lei quella di cui parlano tutti qui al campo?”
“Hissarion ci sta aspettando” disse Hallen.
La strega annuì senza distogliere gli occhi da Shi’Larra. “Mi ha avvertita che vi sareste presentati. Entrate” disse aprendo il velo che chiudeva l’ingresso.
Prima Hallen e poi Shi’Larra si infilarono nella tenda. L’interno era ampio e seguiva la forma rotonda del telone, sostenuto da sei pali di legno infissi nel terreno sistemati a formare un esagono. Al centro vi era un braciere che ardeva spargendo una luce tetra sui volti di quelli che erano presenti.
Riconobbe subito Hissarion e i suoi due luogotenenti. Vylan e Florithe. La quarta figura era quella di un ragazzo sui venti anni. Indossava una tunica abbottonata sul davanti e pantaloni. Dalle spalle ampie scendeva un mantello bianco ricamato con fregi dorati che risplendevano alla luce del braciere.
Quando si accorse del loro arrivo Hissarion rivolse loro un cenno della testa. “Mi spiace averti svegliata a quest’ora, divinatrice, ma ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vederlo.”
Shi’Larra non capiva, ma aveva imparato come rispondere con cortesia. “È un piacere poter servire.”
Hissarion indicò il ragazzo dal mantello bianco. “Lo riconosci?”
Shi’Larra fissò lo straniero. Aveva lo sguardo fiero e gli occhi scuri riflettevano il fuoco che ardeva nelle braci. I fregi sul mantello bianco luccicarono a un guizzo delle fiamme disegnando complesse figure di luce.
“Concentrati come sai fare” le disse Hallen.
Da tempo le aveva insegnato a fissare le immagini che vedeva nei suoi sogni. Ogni mattina, quando si svegliava, Shi’Larra dove dettare ciò che aveva sognato, descrivendo ogni particolare.
“Non credo di averlo mai visto” disse. Aveva deciso da tempo di essere sincera con quelle persone. Specie riguardo ai suoi sogni. Dyna poteva non essere l’unica in grado di capire se stesse mentendo.
Hissarion annuì grave. “Guardalo meglio.”
“Posso avvicinarmi?” chiese.
“Non troppo” fece Florithe divertita. “Questo qui morde. Ha cercato di darmi un morso quando lo abbiamo catturato.”
“Ho solo scelto di seguirvi” disse il ragazzo. “E non ho mai morso una donna in vita mia.”
“Perdonami” disse Florithe con tono divertito. “Dimentico sempre che voi aquile usate gli artigli per afferrare le vostre prede.”
Aquile, pensò Shi’Larra. C’era un’aquila nella mia visione.
Hallen dovette accorgersi del suo turbamento. “Hai ricordato qualcosa?”
“Posso farti qualche domanda?” chiese rivolgendosi al ragazzo.
“Prima dovremmo presentarci, non trovi? Il mio nome è Zane Stanner.”
“Io sono Shi’Larra.”
Lui ghignò. “Strano nome, persino per una rinnegata. Da dove vieni? Berger? Akrodar? Candor?”
“Non conosco i posti che dici” rispose Shi’Larra. “Vengo da una terra vicina alle montgne.”
“Una selvaggia del meridione” esclamò Zane. “Abbiamo subito parecchie razzie da parte vostra. Ora vi siete alleati con il rinnegato?”
Shi’Larra ignorò l’accusa e si avvicinò.
“Attenta” disse Florithe. “Anche se può sembrare innocuo, morde davvero. E i suoi artigli possono farti male.”
Shi’Larra la ignorò e si avvicinò a Zane per guardarlo da vicino. “È vero?”
“Cosa?” fece lui.
“Che sei un’aquila?”
Zane sorrise. “È solo un titolo.”
“Titolo?”
“I mantelli scelti di Lormist” disse Florithe. “È così che amano farsi chiamare, ma non lasciarti impressionare. Le loro mani non sono meno sporche di sangue degli altri. La differenza è che loro indossano i guanti.”
Shi’Larra non vedeva guanti. “Aquile” disse. “Ho visto un’aquila nella mia visione. Volteggiava su un’armata di morti. Sopra di loro il cielo era rosso come il sangue versato da migliaia di guerrieri.”
Zane rise. Una risata genuina e squillante. “Come fate a restare seri davanti a questa qui? È troppo divertente.”
“È lui l’aquila che hai visto” disse Hissarion. “Ed è stato solo grazie a te che l’abbiamo trovato.” Fece un cenno verso Zane. “Volevo solo che lo vedessi, così nella tua prossima visione potrai scoprire altre informazioni utili su di lui e la sua armata. Dove sono, quanti sono e dove stanno andando.”
“Farò quello che posso.”
“Dovrai fare molto di più se vuoi che ti consideriamo utile, divinatrice” disse Florithe.
“Tornate a riposare. Voglio che tu faccia molti sogni stanotte.”
Hallen la riportò alla tenda.
“Sembravi turbata all’incontro” disse l’erudito.
“Tu credi che quel ragazzo sia davvero l’aquila che ho visto nel mio sogno?”
“Tutti gli indizi sembrano confermarlo. Hai visto un’aquila volare sopra Ferrador e Zane Stanner era lì quando Hissarion l’ha affrontato l’ultima volta. Hai sognato che l’aquila avrebbe volato verso le rovine di quella città ed è lì che l’hanno catturato. E Zane appartiene all’ordine delle Aquile di Lormist. Non possono essere solo coincidenze.”
“Io vorrei che lo fossero” disse fissando il vuoto davanti a sé.
Hallen la fissò accigliato. “Che cosa hai visto che ti ha turbata così tanto?”
“In quella visione” disse Shi’Larra. “Quando ho visto l’aquila volteggiare sopra l’armata distrutta sotto un cielo rosso sangue.” Deglutì a vuoto. “C’ero anche io tra quei caduti.”

 
  
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