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Autore: MaryElizabethVictoria    03/05/2021    1 recensioni
Morgan Stark e Sarah Rogers sono partite ormai da un anno, di nascosto dalle rispettive famiglie, in una disperata missione alla ricerca del fratello di Sarah, Philip. Il ragazzo, creduto morto, di recente è ricomparso misteriosamente per aiutarle a fuggire da un laboratorio dell'Hydra dove hanno tentato strani esperimenti sui ragazzi, per poi scomparire di nuovo. 
Le due non si daranno pace finché non capiranno cosa c'è dietro.
Intanto la diciottenne Ellie Smith, una ragazza apparentemente priva di poteri dal passato incerto, si è iscritta all'Accademia SHIELD per diventare un'agente proprio come il suo fidanzato Michael Coulson. Anche Blake Foster, Cali Erikssen, Sebastian Strange e i gemelli William e Tommy Maximoff si sono gettati a capofitto nel loro primo anno di college, dove tra esami incombenti, poteri fuori controllo e drammi familiari in agguato i guai non mancheranno di seguirli...
I fatti narrati si volgono circa un anno dopo quanto accaduto in 'The Young Avengers' di cui è consigliata la visione per contestualizzare meglio i personaggi e il loro percorso. Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarah Rogers si trovava da circa venti minuti seduta al Lounge Bar di dubbio gusto di un albergo poco distante dal centro di Bangkok. Indossava un abito nero molto corto e tacchi alti, i capelli biondi nascosti sotto una parrucca scura, che copriva anche l'auricolare tramite il quale poteva comunicare a distanza con Morgan Stark.
L'amica si trovava in auto, a pochi metri di distanza, da dove stava monitorando la situazione.

L'uomo che le ava dato appuntamento, tale Doyle, era stato in passato uno stretto collaboratore degli Smith, anche noti come RedDoor, la famiglia di scienziati svitati affiliati all'Hydra, che li aveva sequestrati l'anno scorso e che suo fratello aveva cercato di combattere. Second la loro ipotesi Philip Rogers manteneva la clandestinità proprio per potersi muovere più agilmente nelle sue indagini, se seguivano la sua stessa pista alla fine avrebbero finito con l'incontrare anche lui.Per Sarah Philip era famiglia, per Morgan qualcosa di più...qualcosa che non era mai stato detto esplicitamente tra di loro ma che era sempre stato lì, poco al di sotto della superficie. Quando lo avesse ritrovato si ripromise che glielo avrebbe finalmente detto.

-Ancora niente- commentò Sarah, scoraggiata.

-Dipende dai punti di vista...il cocktail non sembra male - disse Morgan dall'auricolare.

-In effetti...è un vero peccato- Sarah giocherellò con il bicchiere ancora pieno davanti a sé.

Ovviamente non ne avrebbe toccata una goccia, non solo per mantenersi lucida, ma soprattutto perché voleva evitare che qualcuno cercasse di drogarla. Ad avere a che fare con certa gente non si poteva mai sapere e da quello che sapevano di Doyle si trattava di un criminale della peggior specie. Specializzato nella tratta di esseri umani.

Adesso voleva uscire dal giro del crimine organizzato, avendo visto a suo dire cose che avrebbero popolato i suoi incubi per il resto della vita... Ovviamente era propenso a separarsi da alcuni dei suoi segreti in cambio di una cospicua somma di denaro, motivo per cui avevano concordato quell'appuntamento con le ragazze, che a loro volta si erano spacciate per agenti governativi.

Sarah aveva rubato gli accessi di sua madre, attuale direttrice dello SHIELD, e poi Morgan aveva fatto il resto. Non se l'erano cavata male per avere solo diciotto anni ed essere di fatto alla prima esperienza come spie.

-Oh.

-Che vuol dire 'oh'?

-Non lo vuoi sapere.

-Morgan...sono seduta qui da una vita, vestita da escort. Stanno cominciando a fissarmi in una maniera strana! Del tuo contatto neanche l'ombra... Non dormo più di due ore a notte da un anno ormai, ho gli occhi che mi bruciano terribilmente e tra due giorni dobbiamo essere dall'altra parte del mondo al compleanno dei gemelli...

Ci fu un istante di silenzio dall'altro lato dell'auricolare, poi Morgan Stark sganciò la bomba.

-Blake non viene al compleanno. Lo ha appena scritto Sebastian sul gruppo...dice che deve studiare.

Ovviamente nessuno ci aveva creduto e Sarah incassò quell'informazione con ammirabile autocontrollo.

Era da quando si erano lasciati lo scorso anno che Blake Foster accampava le scuse più assurde per non incrociare Sarah.
A dirla tutta non si erano proprio 'lasciati' perchè non erano neanche insieme. Lei lo aveva baciato ma poi si era tirata indietro, proprio perchè non voleva coinvolgere il ragazzo nelle ricerche del fratello. Blake, innamorato di Sarah da una vita, non l'aveva presa bene. Intanto si era trasferito dai suoi nonni in California, con la scusa del college, e vedeva pochissimo anche il resto del loro gruppo.

Anche Morgan e Sarah, in teoria, avrebbero dovuto trovarsi al college o almeno così risultava alle rispettive famiglie.

A suo padre Sarah aveva detto che preferiva trasferirsi all'interno del campus per concentrarsi maggiormente sugli studi e che lo avrebbe chiamato regolarmente per fargli sapere come stava. Almeno su quest'ultima parte era stata di parola, preoccupandosi di non destare sospetti nel genitore. Il cellulare che Morgan le aveva modificato le consentiva di chiamare a casa come se il segnale provenisse da New York, in caso avessero controllato, inoltre la ragazza le aveva iscritte entrambe fittiziamente ad una serie di corsi per fare risultare a tutti gli effetti frequentanti. Morgan si era perfino preoccupata di falsificare i loro libretti degli esami, giusto per stare tranquille.

In realtà nel corso dell'ultimo anno le due ragazze non erano state a New York per più di qualche giorno, giusto per ricorrenze particolari e per vedere di tanto in tanto i loro amici, che comunque avevano tenuto rigorosamente all'oscuro del piano. Ammesso che ancora si potesse parlare di un piano, dato che non avevano collezionato altro che buchi nell'acqua inseguendo le tracce di Philip alla cieca per mezzo mondo... Correvano dietro ad ogni voce ed esaminavano ogni pista per poterla escludere, trovandosi quasi sempre a ricominciare da zero.
Avevano ormai realizzato che Philip Rogers era decisamente in grado di coprirle sue tracce.
Erano mesi che le ragazze non si imbattevano in qualcosa di interessante, come quella traccia di attività sospette ad Ankara, per cui avevano preso il primo volo, che aveva poi finito per mandarle al centro della Thailandia.

-Doyle è appena entrato nella hall- informò Morgan sempre dall'auricolare - Ma non sta venendo verso di te...aspetta....sta salendo in ascensore!

-Come? Non erano questi gli accordi...doveva incontrarmi qui!

-Forse ha cambiato idea.

-Cazzo!

-Linguaggio- la riprese Morgan- Aspetta, forse ho qualcosa...si sta muovendo...è salito fino al piano superiore e si è fermato. No, continua a muoversi... E' molto strano Sarah, non mi piace. Vieni via di lì...dobbiamo saperne di più prima di gettarci...

Ma l'amica non la stava ascoltando.
Di piani superiori l'edificio ne aveva una dozzina e Sarah se li fece tutti di corsa, sui tacchi e senza battere ciglio, ma dell'uomo nessunissima traccia.
Giunta fin sopra il tetto, si trovò davanti solamente a una strana donna che la fissava.
Era vestita di tutto punto proprio come una delle bariste del piano di sotto, ma si distingueva chiaramente per la pelle iridescente e gli occhi curiosamente cerchiati d'oro. Le sorrideva in una maniera plastica e inquietante che le dava come l'impressione che la stesse aspettando.

Sarah si guardò velocemente introno, consatatndo che del suo obbiettivo non vi era alcuna traccia.

-Salve signorina Rogers- la salutò con finta cordialità la donna- Finalmente ti incontriamo.

-Doyle?

-Ha fatto il suo dovere ed è stato ricompensato.

-E tu chi saresti, sentiamo?

Quella per tutta risposta si portò una mano al petto, ostentando modestia.
Si trattava chiaramente di un'altra svitata, almeno quanto gli Smith, ma aveva anche qualcosa in più, qualcosa che chiamava pericolo.

-Io non sono importante- affermò nuovamente, sempre sorridendo, sempre in un tono monocorde e per niente naturale quasi stesse usando una voce non davvero sua-  una mera messaggera, ma tu invece... l'incrocio tra un potenziato e una mutante...Straordinario! Gli esseri umani sono davvero affascinanti- concluse senza smettere mai di sorridere -RedDoor aveva ragione. Non eravamo sicuri che tu fossi quella giusta...fino ad ora.

Al solo sentire menzionare RedDoor Sarah Rogers trasalì.
Era un collegamento importantissimo, forse la pista migliore che avevano mai avuto!
Nel frattempo la donna non si era mossa di un millimetro, se ne stava lì con il suo dannato sorriso inquietante, proprio come un manichino che stava recitando una parte meccanica.

-Stai cercando tuo fratello? - chiese come in un acantilena- Anche noi, sai. E' stato scortese da parte sua andarsene così presto e abbandonarti al tuo Destino. Nessuno può opporsi al Destino che è stato scritto.

-Di cosa stai parlando? Cosa mi avete fatto?

-Non riesci a dormire, vero? Poverina...ma non preoccuparti. Presto non ne avrai più bisogno: tutto a suo tempo- concluse la donna dai cui occhi cerchiati d'oro cominciavano a scendere lacrime di sangue- A Loro maggior gloria!

Furono le ultime parole che pronunciò con bramosia fanatica prima di buttarsi all'indietro al di là del parapetto e poi giù nel vuoto.

 

...

Diciotto anni prima, in un grazioso appartamento di New York il dottor Stephen Strange rincasava dopo una giornata particolarmente complicata al Sanctum, dove aveva dovuto risolvere parecchi problemi. Adesso però era pronto a dedicarsi alla sua famiglia, che stava per allargarsi.
In genere non gli piaceva lasciare sua moglie da sola per troppo tempo, specialmente adesso che si trovava al nono mese di gravidanza... si sa, poteva essere un periodo complicato e poteva avere bisgno di qualcosa. Lei comunque non si era mai lamentata. Anzi, proprio quella mattina lo aveva praticamente cacciato fuori di casa dicendogli senza mezzi termini che aveva già abbastanza da fare senza averlo tra i piedi...nonostante il pancione si era rifiutata categoricamente di smettere di lavorare per l'agenzia immobiliare di cui faceva parte.

Sua moglie Kaya era una donna davvero particolare, il Dottore le aveva raccontato tutto delle sue attività mistiche e lei si era sempre dimostrata di larghe vedute.

La donna della sua vita si trovava appunto in salotto intenta in una delle sue interminabili telefonate alle amiche a cui stava raccontando per filo e per segno la sua giornata lavorativa.

-E poi ho chiuso la vendita! Esatto... no, non hanno avuto nemmeno il tempo di offrire una controproposta...lo so...grazie! Dovei vedere le loro facce...oh, ciao amore! Bentornato- lo salutò distrattamente, rigettandosi subito dopo nel fitto della conversazione.

Stephen la fissò allibito e francamente terrorizzato.

-Kaya, sei impazzita, vuoi lasciare quel telefono? Ti porto in ospedale. Subito.

Lei lo guardò, sinceramente perplessa.

-Perchè? Non sto male.

-Stai per partorire! Non c’è tempo da perdere!

La donna, che in realtà era una divinità del caos sotto mentite spoglie, restò un po' spiazzata di fronte a suo marito, che gesticolava disperato verso la pozza di liquido amniotico che si andava lentamente formando sul pavimento sotto di lei.

Ah, allora era quello il problema...

Quanto a Kaya aveva a malapena registrato che le si fossero appena rotte le acque, proprio nel bel mezzo di una delle sue lunghe telefonate. Non se ne era preoccupata più di tanto. Aveva letto da qualche parte, tempo fa, che era esattamente in quel modo che le umane mettevano al mondo i figli, così anche lei, che si era tanto impegnata per riprodurne l’anatomia corretta, aveva impostato il suo timer interno per scattare esattamente al nono mese come da consuetudine.

-Ah...per quello, certo- realizzò la divinità, che non capiva ancora come mai suo marito, da medico qual era, la stesse prendendo tanto male.

Eppure le sembrava che tutto stesse accadendo in maniera così naturale...Significava solo che il bambino stava uscendo, non era forse normale che accadesse? O forse no? Avrebbe giurato che era proprio così che nascevano gli umani dall'alba dei tempi.

-Ok...Pepper, tesoro, ti devo proprio lasciare...si, perdonami...no, è solo Stephen con le sue fisse...ma figurati, io sto benissimo...si si, va bene, ti chiamo dopo!

-Andiamo- le fece fretta il marito, requisendole il cellulare e sospingendola verso la porta.

-Va bene, va bene...arrivo, però tu stai calmo...

-Sono calmissimo Kaya. Ma tu adesso devi respirare, solo respirare e ...rilassarti. Andrà tutto bene- dichiarò con una certa sicurezza, forse più per convincere sé stesso che lei.

Stephen Strange, che a dispetto della sua affermazione non era calmo per niente, non le si scollò di dosso un minuto durate tutto il tragitto in ospedale, esortandola a non agitarsi ed elencandole metodicamente almeno una dozzina di possibili rare complicazioni. Come se ciò, secondo lui,  potesse contribuire  farla star calma. E soprattutto trovò da ridire praticamente su tutto anche quando furono fatti accomodare in sala parto.

A dispetto di tutti i timori del futuro padre, si rivelò un parto molto semplice e, come il medico di turno fu costretto a ripeter più volte al collega, assolutamente privo di rischi sia per la madre che per il bambino.

Entro un’ora Kaya aveva tra le braccia un fagottino adorabile dal sanissimo colorito rosato: Sebastian era un bambino docile e tranquillo che non aveva dato nemmeno nel venire al mondo il minimo problema.

-E’ perfetto- dichiarò il dottor Strange, quasi commosso, senza curarsi di quanto suonasse come la peggiore delle banalità.
Era esattamente quello che si sentiva di dire, sopraffatto da quella felicità così particolare che lo stordiva come solo la nascita di un figlio poteva fare.
Tutto pareva essersi svolto per il megio e il piccolo Sebastian era il ritratto della salute.

Stephen guardò la moglie, radiosa e per niente affaticata, mormorandole pianissimo un ‘Ti amo’ e il bel sorriso di Kaya a quelle parole si raggelò impercettibilmente.

Era giunta l’ora, si disse lei, adesso non poteva davvero più rimandare: avrebbe parlato con Stephen e gli avrebbe raccontato tutto, finalmente.

Gli avrebbe confessato di non essere umana.
Di essere in realtà una divinità del caos proveniente dalla dimensione oscura, il cui proposito iniziale, giunta sulla Terra, era stato quello di distruggere questo mondo, facendo si che divenisse parte del dominio del caos.

Certo, già questa non era una cosa facile da digerire, ma c’era di più... Kaya si era avvicinata allo Stregone Supremo soltanto per studiarlo, ma poi tutto era cambiato: poco a poco, sempre fingendosi un essere umano, aveva finito con l’innamorarsi di Stephen e della loro vita in quel mondo così variopinto, così diverso dal freddo nulla da cui lei proveniva.

Non esisteva niente di simile nella dimensione oscura, solo silenzio e desolazione.

Nessun sentimento paragonabile a quello che aveva iniziato a provare la sera che si erano conosciuti, una serata ‘magica’ che aveva trascorso ridendo alle sue stupide battute che non facevano ridere nessun altro... alla prima uscita era seguita una seconda e così via.

Dopo due anni, il matrimonio. Kaya ormai si era ambientata del tutto a New York, si era fatta degli amici, si era perfino trovata un lavoro come un essere umano qualunque e adesso faceva l'agente immobiliare a Manhattan. Ed era dannatamente brava a farlo.
Dopo cinque anni dacché conosceva Stephen era rimasta incinta e allora aveva capito che era troppo tardi per tornare indietro. La dea aveva alla fine rinunciato, almeno momentaneamente, al suo piano di conquista preferendo condurre una vita tranquilla e mortale con la sua nuova famiglia, che con quella nascita si era appena allargata.

Kaya non aveva mai provato un’emozione del genere, nemmeno per Stephen. Era diverso. Essere madre era un’esperienza sconvolgente che nona avrebbe mai nemmeno immaginato. Ma la poneva anche di fronte ad una scelta difficile: doveva dire la verità.

Lui avrebbe capito, ne era certa...in fondo aveva appena dichiarato di amarla, lei gli aveva appena dato un figlio e quel legame li avrebbe uniti ben oltre quello stupido segreto.
O almeno così sperava.

-Stephen...- incominciò, ma le parole che voleva dire le morirono in gola.

Per la prima volta nella sua millenaria esistenza la dea conobbe la paura perchè per la prima volta aveva qualcosa da perdere.

-Amore...Ti senti bene?

-Ma certo. Sono solo un po’ stanca...- si giustificò lei, sforzandosi di sorridere.

-E’ naturale... il tuo corpo è appena stato sottoposto a un grande sforzo- Stephen le circondò le spalle con un braccio permettendole di appoggiarsi a lui- Sei stata bravissima- mormorò direttamente sui suoi capelli, facendola sentire sempre peggio.

Erano il ritratto della famiglia perfetta e Kaya esitava ogni secondo di più.

-Io devo dirti una cosa... una cosa importante che riguarda anche nostro figlio.

-Credo di sapere a cosa ti riferisci- sorrise lui- E per me va bene.

Kaya lo fissò esterrefatta.

-Veramente?!

-Certo. A me sarebbe piaciuto Sebastian, come mio nonno, ma se ancora non ti convince mettigli pure il nome che preferisci. A me basta che stiate entrambi bene... Ma ti prego che sia un nome non troppo stravagante, non voglio che si senta in imbarazzo il giorno che si iscriverà a medicina...

-Sembri parecchio sicuro di quale sarà il suo futuro- commentò là moglie, scettica- non è che hai barato e sei andato a dare una sbirciata? Ti avevo pregato di non farlo mai con noi.

Naturalmente quella richiesta non era stata fatta per caso. Era fondamentale affinché il suo segreto rimanesse tale.

-Non ne ho alcun bisogno: è mio figlio- le rispose Stephen carezzando il neonato con lo sguardo- So già che sarà affascinante come sua madre e intelligente come suo padre.

-Soprattutto modesto- sottolineò lei, che come suo marito si soffermò a guardare pensierosa quella creatura a così piccola e indifesa che aveva tra le braccia- E comunque spero proprio che non ti somigli affatto... non abbiamo una casa abbastanza grande per un altro ego come il tuo.

-Se siamo riusciti a farci entrare tutte le tue paia di scarpe senza usare la magia vedrai che lo spazio lo troviamo- assicurò lui, baciandola velocemente sulla fronte.

Erano talmente rari i momenti di calma tra loro due che sarebbe stato un vero delitto rompere quell'atmosfera pacifica, ma ci doveva provare.

-Stephen vedi...io...

-Va bene, un piccolo incantesimo l’ho dovuto usare per le tue scarpe. E per le borse. Di quelle ne hai una quantità tale che sfugge alla mia comprensione.

-Lascia perdere le borse, io volevo dirti...

Kaya stava per cominciare il suo discorso quando nella stanza fecero irruzione a sorpresa  tutti gli ex colleghi dell’ospedale di Stephen, accorsi alla lieta notizia a congratularsi per la nascita del suo primo figlio.

Lui, ancora su di giri per la felicità, strinse calorosamente la mano a tutti, con un entusiasmo che non aveva mai manifestato prima, ricevendo in cambio sonore pacche sulle spalle e commenti scherzosi. Infine suggerì che si spostassero tutti nella stanza accanto per non disturbare troppo Kaya che aveva appena partorito e il piccolo.

-Stephen...

-Torno subito da voi- assicurò premurosamente alla moglie- e dopo potrai dirmi tutto quello che vuoi, va bene? Intanto cerca di riposare ancora un po’.

Kaya si arrese al fatto che non avrebbe potuto parlargli del suo segreto proprio in quel momento di festa. Avrebbe atteso più avanti, il giorno dopo... o forse un’occasione più favorevole. Magari quando Sebastian avesse avuto un anno o due... in fondo un paio di anni passavano subito, non era una grande differenza per lei, che era più antica del mondo stesso...però più il tempo scorreva e più diventava difficile per lei accettare di rischiare tutto.

Era ancora assorta tra quelle considerazioni quando l’aria della stanza si fece diversa... Kaya percepì l’arrivo della creatura ancor prima che si manifestasse. Un po’ si era aspettata la venuta di una Iris, le creature messaggere che fanno da spola tra gli dei per comunicare le loro volontà.

Era quasi una prassi che alla nascita di ogni figlio degli dei una Iris fosse inviata dalle divinità che governano il Destino, le potenti e misteriose Norne, per predirne il futuro.
Non era mai una buona idea rifiutare un loro consiglio poiché esse servivano direttamente le Tre Signore, coloro che perfino gli dei temevano.

Al Fato che governa i mondi nemmeno una divinità poteva opporsi, quale che fosse il suo potere.

Quella Iris in particolare aveva assunto le sembianze di un’infermiera del posto ed entrò nella stanza a passo leggero; unici segni della sua natura sovrannaturale erano gli occhi cerchiati d’oro e la pelle che sembrava emanasse luce dall’interno.

-Salute a te Kaya della Dimensione Oscura. Le mie Signore si rallegrano della nascita della tua prole e ti inviano la Loro benedizione.

-A Loro maggior gloria- rispose educatamente Kaya, stringendo però maggiormente il bambino a sè.

-A Loro maggior gloria- ripetè la Iris sorridendo dolcemente, ma era un sorriso freddo e innaturale che un essere umano avrebbe trovato decisamente inquietante- Sei preparata a conoscere il verdetto del Fato?

-Lo sono- rispose altrettanto freddamente, senza mostrare alcuna debolezza.

-Il destino di tuo figlio che vengo a portarti è intriso del sangue e delle ossa del mondo e sarà collegato alla fine di esso. Il suo destino è di compiere un viaggio insieme a nove compagni per scuotere le fondamenta di questo misero universo. Per questo le mie Signore, nella loro lungimiranza, ti chiedono di affidarlo fin da subito a Loro.

Kaya faticò a maniere la calma... tutto ciò era inaudito, quasi oltraggioso!

Le Norne si credevano a tal punto superiori al resto degli dei da permettersi di reclamare ciò che era suo? Perchè Sebastian era suo, se ne rese conto in quel momento più che mai.

-Saresti saggia ad obbedire poiché questo è il Loro volere. Quindi è anche il volere del Fato- le ricordò la Iris placidamente- Tutti gli dei devono inchinarsi al volere del Fato prima o poi.

Era vero, purtroppo, ma la questione così posta era anche fuorviante.

Kaya non si lasciò intimidire.

-Le tue Signore non posseggono questa prerogativa: interpretano il Destino, non lo posseggono.

-Ti nascondi dietro alla semantica perchè sei spaventata...è una cosa talmente umana- constatò la Iris senza perdere la sua finta cordialità, senza minimamente scomporsi nonostante dai suoi occhi dorati cominciassero a sgorgare lacrime di sangue, segno che il corpo che ospitava faticava a contenerla oltre- Non devi avere paura Kaya della Dimensione Oscura. Puoi sempre avere altri bastardi dal tuo umano... sempre se ti vorrà ancora una volta scoperto il tuo tradimento- sottolineò in una velata minaccia, senza celare il disprezzo un po’ classista che le divinità riservavano a quelli di loro che si abbassavano ad accoppiarsi con gli esseri umani.

-Non oseresti...- sibilò la divinità del caos, i cui occhi si colorarono minacciosamente di giallo.

-Kaya, con tutto il rispetto....non fare la difficile. Sei così accecata dalla tua bella favola da non voler vedere che in fondo vogliono solo aiutarti...Questo bambino, è vero, lo devi dare a me perchè si compia il suo Destino. Ma dopo la tua vita tornerà come prima! Potrai restare sulla Terra e fare come più ti aggrada, con la Loro benedizione... come se nulla fosse successo. Non è quello che volevi? Se invece decidi di rimanere irragionevole...non mi lasci altra scelta che rivelare il tuo segreto al bel dottorino...

-Non mi importa! Lo avrei fatto io stessa prima della tua inopportuna venuta. Racconta pure quello che vuoi piccola Iris...ma a Stephen non importerà, lui mi ama!

La Iris non aveva smesso di sorridere, quasi con condiscendenza.

-Povera cara, hai giocato a fare la mortale per troppo tempo... tanto da dimenticare cosa sei?!- constatò con una punta di compassione, scandendo crudelmente le parole come una cantilena- In nessun caso lo Stregone Supremo potrebbe mai permettersi di amare un mostro.

Kaya ebbe pochissimo tempo per valutare la situazione e per riuscire a governare la tempesta che aveva dentro. Guardò il piccolo Sebastian, addormentato tra le sue braccia, e prese la sua decisione.

-Porterai alle Tre Signore un messaggio...da parte mia?- chiese lentamente la dea del caos, avvicinandosi alla Iris che la attendeva a braccia aperte, pronta a prendere il piccolo .

-Certamente- annuì la creatura dalla pelle iridescente, ormai certa di aver vinto.

Il sangue che le colava dalla faccia le macchiava tutta la divisa di chiazze purpuree e aveva cominciato a lasciare piccole gocce tutto attorno.
Kaya le si avvicinò ulteriormente, ma anziché consegnarle suo figlio come quella si aspettava, la prese per il collo con forza sovrannaturale, spezzandole il respiro.

-Dirai a Loro, agli altri dei e a chiunque sia abbastanza folle da voler ancora minacciare la mia famiglia che quello che gli farò, se solo provano ad avvicinarsi, sarà molto peggio di quanto sta per succedere a te- disse Kaya mentre quella, intrappolata nel corpo mortale che stava occupando si contorceva per la sofferenza.

La morte sarebbe stata troppo poco: Kaya aveva sempre trovato il dolore molto più convincente.

-Lasciami...ti prego...porterò il tuo messaggio come mi hai chiesto!- boccheggiò quella con estrema fatica.

-Mia piccola Iris... il mio messaggio per loro sei tu.

Dopo aver pronunciato queste parole, Kaya gettò il corpo della creatura in un varco che aveva creato direttamente nella dimensione oscura, dove i demoni sempre affamati che vi abitavano le si gettarono immediatamente addosso, fiutando l’odore del sangue.

Il varco si richiuse sulle urla della Iris fatta a pezzi e dilaniata.
Kaya si ricompose per cullare il piccolo Sebastian, che nel percepire la sua tensione si era svegliato piagnucolando, mentre i suoi occhi tornavano gradualmente normali.

-Shhhh sei al sicuro, sei al sicuro...- ripetè più volte, quasi per convince sè stessa che fosse vero.

Così la trovò Stephen Strange al suo ritorno, quando finalmente ebbe finito diversi giri di brindisi, con quello che non era esattamente thè, con tutti i vari amici e conoscenti. Vederla in piedi al centro della stanza con lo sguardo perso, il bambino stretto al petto come se potesse scomparire da un momento all’altro e gocce di sangue fresco sul pavimento di fronte a lei lo fece trasalire di un bruttissimo presentimento.

-Kaya, cosa ci fai in piedi? Dovevi riposare...e quel sangue? Stai bene?

-Si, si non preoccuparti. Devono essersi riaperti i miei punti...- si giustificò lei- ... ma non ce la facevo più a starmene a letto, lontana da te- aggiunse fiondandosi tra le sue braccia.

Era rarissimo che Kaya si abbandonasse così, proprio lei sempre così forte e indipendente.
Solo questo bastò a mettere il dottore maggiormente  in allarme.

-Amore, è colpa mia... non dovevo lasciarti sola così presto, perdonami- disse, cercando di capire cosa l’avesse tanto turbata- Prima c’era qualcosa che volevi dirmi?

-Niente di importante- rispose Kaya, nascondendo il volto contro il suo petto perchè non potesse vedere le sue lacrime- Solo...ti giuro che non permetterò mai a nessuno di fare del male a te o a Sebastian.

Se Stephen sospettò qualcosa a quelle parole non ne fecemai parola. Certo, era strano, ma ci potevano essere mille spiegazioni.
Finì con l'attribuire quello strano atteggiamento della moglie alla stanchezza, agli ormoni, alla forte emozione che li aveva travolti entrambi quando erano diventati ufficialmente genitori e alla fine lasciò correre, senza che però il brutto presentimento lo lasciasse.

-Così ... sarà Sebastian?- domandò speranzoso alla moglie, anche un po' per alleggerire la tensione.

-Sarà Sebastian- confermò lei stringendosi nel suo abbraccio.

Le parole crudeli della Iris le risuonavano ancora in testa come un veleno.

'In nessun caso lo Stregone Supremo potrebbe mai permettersi di amare un mostro'

Non lo saprà mai, decise la divinità del caos, senza sapere che ancora una volta si sbagliava.

 

  
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