Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    03/05/2021    1 recensioni
Roxanne è sempre vissuta nella sua valle in miniatura, lontana da ogni pericolo e minaccia del mondo esterno. Il suo sogno è quello di poter conoscere ciò che si cela oltre la siepe di arbusti. Una vicenda terribile la porterà ad affrontare una grande impresa, ma da sola è così difficile e pericoloso. Per fortuna, o quasi, si ritroverà in una tribù di fauni selvaggi, e il loro capo Clopin Trouillefou, la aiuterà nella missione; trovare e fermare una mostruosa creatura che sta seminando il caos in tutto il territorio. Se amate la mitologia greca allora adorerete questo crossover tra i personaggi del gobbo di Notre Dame e le trame di intriganti leggende, con tanto di creature fantastiche.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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                                    Le parole giuste

Un nuovo giorno stava nascendo nella selva mistica, dove la tribù dei fauni si stava preparando per un importante incontro. Infatti, quella mattina Klopin avrebbe ricevuto la visita del padrone dei territori al di là dei confini: il capo dei centauri. La straordinaria vicenda dello scontro tra il capo fauno e il temibile guardiano, si era diffusa non solo tra la tribù dei “uomini-capra”, ma era anche giunta alle orecchie sensibili dei “uomini–cavallo”. Siccome Klopin era ancora inchiodato nella sua tenda per via delle brutte ferite, non poteva recarsi al cospetto del suo vicino. Così, fu quest’ultimo a muoversi e fare la sua comparsa nell’accampamento dei fauni. Esme aveva ricevuto l’incarico di accoglierlo. Una certa curiosità si faceva spazio dentro la giovane amazzone, dato che di lì a poco avrebbe conosciuto una delle creature più rispettate del circondato.

PV.Esme

L’arrivo del capo centauro non si fece attendere. D’altronde avevamo percepito la sua presenza ancora prima che mettesse “piede” nel nostro territorio. Nel frattempo, tutti erano ansiosi e si era creato un brusio generale. Dopotutto non eravamo abituati ad avere ospiti, e per di più di così alto livello. Avevo sentito spesso parlare di lui, ma mai mi era capitato di incontrarlo. Mi chiedevo che tipo fosse. Quando il centauro si presentò tutti i miei interrogativi si dissiparono, ammirandolo così da vicino mentre mi porgeva il suo saluto.
-I miei omaggi, fanciulla- disse rivolgendosi a me – posso chiedere udienza a Klopin, il capo fauno?-.
Era un uomo alto e dal busto ampio. I capelli avevano il colore dell’oro e gli occhi erano profondi come due specchi d’acqua. Uno scialle blu intenso, dalla stoffa pregiata e dai ricami perfetti, gli ornava il collo e metà del petto. Naturalmente al di sotto dell’ombelico, dove terminava la forma umana e iniziava quella animale, si manteneva su quattro possenti zampe, la cui base si allargava su grossi zoccoli. La linea che divideva le due metà era nascosta da una spessa cintura in cuoio, con la fibbia dorata che luccicava splendente. Infine, il suo mantello ben curato aveva il colore dell’ocra grigiastra. Dovevo ammetterlo, quello era il centauro più maestoso che avessi mai visto. Ero certa che non ne esistessero di altri così belli ed eleganti.
-Permesso concesso. Vi stavamo aspettando- dissi, con un tono serio ma più garbato possibile.
Detto ciò, lo feci accomodare all’interno della tenda. Mentre si presentava al cospetto di mio fratello, io rimasi in un angolo della stanza, intenta a preparare un infuso di erbe.
-Vi porgo i miei sinceri saluti, capo Klopin- lo sentì dire – vi ringrazio per avermi ricevuto nel vostro rifugio-.
La sua voce risuonava virile, ma anche molto gentile. Non vi erano ormai dubbi che fosse il capo della più grande e nobile tribù esistente nella selva. Dopo aver versato l’infuso in una tazza di legno, mi voltai per assistere alla scena. Il centauro si era inginocchiato davanti a Klopin, mentre quest’ultimo se ne stava sdraiato sui cuscini. La ferita allo stomaco era ancora in fase di guarigione, e le bende di ricambio non bastavano mai, purtroppo. Mio fratello gli sorrise e fece un cenno col capo.
-Grazie, capo centauro. Quale evento particolare! Questa è la prima volta che ci incontriamo, vero Phebous?-.
-Assolutamente. Credo che questo giorno sarà scolpito nella storia di entrambe le nostre tribù-.
Il centauro di nome Phebous sorrise a sua volta al capo fauno, come due fratelli separati dalla nascita e che si incontravano dopo anni e anni di silenzio. Era comprensibile: fauni e centauri non si incrociavano mai, e non per semplice sfortuna o casualità. Ad un tratto, Klopin si fece serio.
-Ti chiedo venia, caro cugino, se non sono venuto di persona a porti i miei omaggi…e le mie scuse-.
Phebous rimase interdetto, ma annuì come se avesse compreso il significato di quella frase.
-Devo confessarti che sono rimasto alquanto sconvolto dalla vicenda. Nessuno di noi se lo aspettava. Non era mai successo…insomma, stiamo pur sempre parlando del guardiano…-.
Il centauro fu interrotto da Klopin che, mortificato e un po’ nervoso, cercò di spiegarsi.
-Lo so, hai ragione. Non sarebbe dovuto accadere. Le leggi della selva sono uguali per tutti, nessuna eccezione. Specialmente per noi fauni, le bestie più indisciplinate…così come in passato, la colpa è nostra-.
Sapevo benissimo a cosa si riferiva. Era una storia che riguardava da vicino tutti noi della tribù dei fauni. Il disastro che ci aveva causato una punizione che stavamo tutt’ora scontando. Il vero motivo per cui eravamo prigionieri nella selva e ci era vietato di passare tra le terre dei centauri. Phebous scosse la testa e alzò una mano in segno di pace.
-Caro cugino, se posso permettermi, non fasciarti le corna prima di avertele rotte- disse il centauro, con una nota ironica tra le parole. Perfino io dovetti trattenere un lieve risolino. Ma il fauno fece una smorfia contrariata, come se non fosse d’accordo. Mio fratello prendeva molto seriamente quell’argomento e ne aveva tutte le buone ragioni.
-Non serve che tu sia così indulgente. Abbiamo varcato i confini. Calpestato il tuo territorio. Scatenato la furia del guardiano. Nonostante il valido motivo, per l’ennesima volta abbiamo macchiato la nostra reputazione-.
A quel punto il fauno fece una pausa per riordinare le idee. Ne approfittai per avvicinarmi e offrire al nostro ospite l’infuso ancora caldo. Per un breve istante i nostri sguardi si incrociarono. Ebbi un attimo di soggezione e abbassai gli occhi. Infine mi allontanai lasciando che i due capo tribù tornassero alla loro discussione.
Phebous si rilassò e sorseggiò un po’ dalla tazza, per poi rivolgersi ancora a Klopin.
-Ascoltami, Nessuno più di voi ha dovuto patire le conseguenze di quell’atto di tanto tempo fa. Capisco il tuo tormento, dato che il colpevole dello scempio faceva parte della tua razza. Ma non puoi addossare tale peso a te e alla tua tribù, anche se l’ira degli Dei non si è ancora placata. Inoltre, penso che abbiano altro a cui pensare che badare a una scaramuccia -.
Sia io che Klopin rimanemmo colpiti da quel monologo. Sembrava così profondo e sincero.
Phebous allargò un sorriso amichevole. Il suo volto, marcato da una barbetta corta, era fresco e raggiante.
-Quindi non temporeggiamo con scuse inutili. Francamente sono più curioso di sapere come hai fatto a cavartela-.
A quel punto Klopin curvò un sorriso sornione, come se nascondesse chissà quale segreto.
-Se avrai un po’ di pazienza, almeno il tempo per riprendermi, ti racconterò tutto con piacere-.
Eccolo, il solito esibizionista, pensai tra me e me. Il centauro emise una risata divertita.
-A tal proposito, ho qualcosa che può tornarti utile-.
Il capo centauro aveva portato con sé un prezioso unguento, preparato con erbe medicinali che crescevano solo nelle praterie dei suoi territori. Grazie alle sue qualità curative, Klopin sarebbe guarito nell’arco di poche ore.
-Ti ringrazio infinitamente. Non sai che gran favore ci stai concedendo-.
-A dire il vero, sono io che ho bisogno di un favore-.
Klopin smorzò all’istante il suo entusiasmo e sul suo volto apparve un’aria interrogativa.
-Non credo che sia necessario metterti al corrente della situazione che sta vivendo anche la mia gente-.
Il tono di Phebous era divenuto più serio e preoccupato.
- Dunque, la bestia della pietra si è spinta così lontano…- disse il fauno mentre si tormentava il pizzetto con le dita.
-Esatto. I miei uomini sono abili cacciatori ma abbiamo avuto molte perdite. Tem0 che la faccenda sia più complicata e pericolosa di quanto ci aspettassimo. E anche tu, da come ho sentito, necessiti di aiuto-.
A quel punto tutto fu chiaro come la luce del giorno. Prima che il nostro ospite continuasse Klopin rispose:
-Mi stai forse chiedendo un’alleanza, Phebous?-.
Il centauro annuì con fermezza. A quel punto fui pervasa da un senso di ansia e agitazione.
-Una sola tribù non potrà fermare quella furia- aggiunse Phebous –Ma se unissimo le nostre forze avremo qualche speranza. Non ti chiederei in ginocchio il tuo aiuto se la situazione non fosse così seria-.
Klopin rimase fermo a riflettere. La sua titubanza era così palpabile che chiunque avrebbe percepito l’indecisione che non gli dava tregua. Ma poi, come un ultimo disperato tentativo, Phebous aggiunse:
- Pensaci, se accetterai avrai qualcuno che ti guarderà le spalle. E dato che ormai avete domato il guardiano del confine siete liberi di entrare nei miei territori. Giusto in tempo per partecipare alla Festa della Vendemmia-.
A quella notizia gli occhi di mio fratello si illuminarono di una luce che poteva significare solo una cosa: euforia.
Come dargli torto. La Festa della Vendemmia, che si svolgeva ogni anno nelle splendide e rigogliose terre dei centauri, era l’evento più meraviglioso a cui si potesse partecipare. Un banchetto festoso e colorato per dare il benvenuto all’Autunno. Rinunciare a tale invito sarebbe stato da folli.
-Siamo invitati alla tua festa?Possiamo davvero parteciparvi?- chiese Klopin senza mezzi termini. Nella sua voce traboccava un’inconfondibile emozione di gioia. Phebous allargò un sorriso e annuì.
-Certamente. Inoltre, e questa è una confidenza che ti faccio in largo anticipo, è probabile che durante la cerimonia possa farci visita anche il divino Bacco,con il suo gruppo di ninfe e capre-.
Ormai era evidente che il centauro stava facendo di tutto per convincere mio fratello ad accettare la sua proposta, e niente poteva far gola a un fauno più di una festa piena di vino,danze e femmine umane e ovine.
Riuscivo a sentire nel pieno silenzio l’entusiasmo soffocato di Klopin, quella stessa euforia che cercava di tenere a freno per poter ragionare in maniera lucida e prendere la giusta decisione.
-Accetto la tua offerta. Credo che questa alleanza gioverà ad entrambe le nostre tribù, in un modo o nell’altro-.
Dopo aver stipulato gli ultimi accordi e deciso il da farsi, il capo centauro era pronto per congedarsi. Mantenendo la mia solita aria impassibile lo accompagnai all’uscita della tenda. I suoi occhi mi fissarono per un brevissimo istante, che per me durò invece molto di più.
-A presto, mia signora. Vi aspetto entrambi nel mio territorio- disse con galanteria, per poi uscire dalla tenda.
Non so il perché, ma non ebbi il fiato per rispondergli. Mi limitai a guardarlo mentre si faceva largo tra i fauni dell’accampamento. Mi voltai verso mio fratello e una domanda non si fece attendere.
-Klopin, si può sapere perché hai accettato?-.
Il fauno, nel frattempo, aveva già sciolto le bende e con le dita impastate di unguento stava procedendo alla  medicazione. Sembrava che avesse una gran fretta di rimettersi in sesto, e il motivo era intuibile.
-Esme cara, io stesso non ne sono convinto- rispose, mentre si massaggiava la ferita con cautela- ma effettivamente abbiamo bisogno di qualcuno che ci pari il fondoschiena. Col guardiano sono stato molto fortunato, ma tu sai che più ci inoltreremo in questa missione più potremo imbatterci in altri pericolosi imprevisti. Dobbiamo sfruttare questa alleanza a nostro vantaggio-.
-Quindi ti fidi di Phebous?- gli chiesi, ancora un po’ scettica.
-Non proprio- rispose lui, per poi lanciarmi un’occhiata furbetta – E’ per questo che ho bisogno di te. Devi tenere d’occhio quel cavallino-.
-Cosa?! Che hai in mente?- esclamai senza nascondere un briciolo di disappunto nella voce.
-Temo che possa tradirci da un momento all’altro- si spiegò meglio –e poi, chi ci dice che i centauri non abbiano un secondo fine? Forse, in realtà, sanno molto di più su di noi e su…-.
A quel punto non ebbi bisogno di ascoltare il resto. Roxanne, la nostra complice, poteva sembrare una semplice ninfa dei boschi. Ma dopo tutto quello che era successo, avevamo il dubbio che qualcosa di molto potente albergava in lei. Klopin aveva preso le sue difese, l’aveva custodita, le aveva fatto da scudo nella selva e si era preso l’importante compito di proteggerla ad ogni costo. Per lui, almeno da come ripeteva, era una questione di piani. Perciò, alla fine, non mi suonava così strano che stesse cercando di salvaguardare l’unica “speranza” per portare a termine la nostra missione.
-Mi raccomando, sorellina, concentrati sul nostro piano e non lasciarti distrarre da qualche puledro con la chioma dorata- mi canzonò mio fratello, provocandomi un gran fastidio da farmi innervosire.
-Con chi credi di parlare, stupido!- tuonai, portandomi le mani sui fianchi. Fingendo di guardare altrove, con la coda dell’occhio vidi Phebous che si allontanava dall’accampamento, diretto verso il sentiero che lo avrebbe condotto nel suo territorio. La sua figura possente si stagliava sullo sfondo della natura, dove il disco solare si stava alzando per dare vita a un nuovo giorno.
-Sai, il suo nome, Phebous, significa “Sole”. Curioso, vero?-.
     
PV. Roxanne

L’aria frizzante del nuovo giorno mi diede la grinta per alzarmi dal mio giaciglio di cuscini. Stiracchiandomi, mi lavai il viso con l’acqua fresca e mi pettinai delicatamente i capelli. Su un cuscino c’era piegata una nuova veste che mi aspettava. Quella di colore lilla che portavo il giorno prima era ancora sporca di terra e fango. Stavo ripensando agli straordinari eventi che io e Klopin avevamo vissuto, ma tutto sfumò quando Morò, il mio piccolo cerbiatto, sbadigliò rumorosamente. Mangiammo insieme la nostra colazione, fatta principalmente di frutta e pane. Il mio compagno di viaggio non mi aveva dato tregua la notte precedente. Dopo avermi tempestato di domande gli svelai ciò che avevo scoperto, sulla mia vera natura che era sopita dentro di me. Mi sembrava ancora così assurdo. Con mia grande sorpresa, invece Morò non si era affatto scomposto, come se lo avesse sospettato da chissà quanto tempo. “Io lo immaginavo, Sentivo che c’era qualcosa di speciale in te, sorellona” mi aveva confessato, infine. E allora molti altri pensieri si erano accumulati nella mia mente. Vari pezzi del mosaico stavano cominciando a incastrarsi tra loro. Mi era ormai chiaro il motivo di tutte quelle strane sensazioni che percepivo. Senza saperlo, avevo creato un qualche legame che mi univa da tanto tempo a quella selva, ancor prima di averci messo piede. Quell’eco inspiegabile che mi risuonava dell’animo come una dolce melodia. E cominciavo a capire, forse, perchè mio padre mi aveva tenuta lontana da tutto, proibendomi di oltrepassare la siepe, limitandomi ogni contatto con altri esseri, che questi fossero creature strane o meno. Non voleva che io scoprissi che fossi una ninfa. Ma perché?
-Sorellona, posso andare a giocare con Djali?- mi chiese all’improvviso il cerbiatto, facendomi tornare alla realtà.
Con un sorriso gli diedi il permesso, raccomandandogli di stare attento a non strapazzarsi. La sua zampa stava guarendo e ormai riusciva a stare in piedi e a camminare da solo, zoppicando ogni tanto. Inoltre ero molto felice che lui e la capretta fossero diventati amici per la pelle. Non era più il timido cerbiatto che mi imitava le sue compagne pecore, lì sulla valle in miniatura. Mentre indossavo la veste, di un bel verde erba, mi osservavo allo specchio. Quante cose erano cambiate da quando avevo iniziato la mia avventura. E chissà cos’altro mi aspettava al di là di quel presente? Scossi la testa, facendo ondeggiare i capelli, che li alzai e li legai con dei cordoncini dorati. Ero pronta per affrontare quella giornata, ed ero più determinata che mai. Quando misi il naso fuori dalla tenda mi accorsi che vi era un gran viavai, più rumoroso del solito. Alcune ancelle mi salutarono amichevoli e sorridenti. Risposi con un gesto della mano. Dovevo ancora abituarmi a quello stile di vita, a quei volti e a quelle fattezze insolite. Ma in fondo non era così male. Dovevo solo imparare a gestire le situazioni con gli altri componenti della tribù. Istintivamente, i miei occhi vagarono per il campo, e si fermarono sulla zona opposta. La tenda color porpora, la più grande di tutte. Chissà come stava Klopin? Mentre formulavo quella domanda in silenzio, mi accorsi di non essere sola. Tre fauni, ingobbiti e con gli occhi bassi, si erano presentati al mio cospetto. All’inizio ebbi un momento di timore, dato che avevo riconosciuto il trio. Ma invece di scappare rimasi immobile, con la schiena dritta e mostrando sicurezza. Era arrivato il momento giusto per applicare i consigli di Esme. Zarias, il fauno al centro, fece un solo passo nella mia direzione e infine disse:
-Signorina Roxanne, vi chiediamo un attimo del vostro tempo, se possiamo…-.
La voce profonda del fauno era molto diversa da come me la ricordavo. Sbalordita da quel cambiamento stavo per schiudere le labbra, ma i tre fauni si inginocchiarono di botto, lasciandomi senza fiato.
-Vi chiediamo perdono per il trattamento orribile dell’altra sera – disse ancora Zarias, e subito dopo anche gli altri due fauni, con la testa e le corna che toccavano terra, pronunciarono scuse accorate.
-Ci scusi, signorina ninfetta-.
-Come ti permetti, idiota! Ti devi rivolgere a lei con “signorina Roxanne”- lo sgridò Zarias, nervoso.
- Ma che male c’è?- fece il fauno, piagnucolando.
-Sei p0roprio un caprone- si intromise l’altro fauno che non aveva ancora parlato.
-Senti chi parla! Siete tutte e due dei caproni, non lo avete notato?!- disse Zarias sgridandoli entrambi.
-Ehm, se è una questione di corna e zoccoli…scusaci, amico, ma allora vale anche per te?...- dissero i due fauni intimoriti. La faccia di Zarias divenne di colpo rossa, per la rabbia e l’imbarazzo. Quel teatrino di battute esilaranti mi scossero piacevolmente e non riuscì a trattenere le risate. Improvvisamente mi sembrarono così buffi. I fauni finalmente mi guardarono, con volti attoniti, mentre io cercavo di ricompormi. Il mio sguardo si fermò su Zarias e allora ricordai, tralasciando il nostro primo incontro, che era stato lui con la sua squadra ad avviare le ricerche quando mi ero persa nella selva. E molto probabilmente erano stati loro tre a rintracciare il guardiano per primi, distraendolo e portandolo lontano da me, poco prima di scontrarmi con Klopin. Sentivo che dovevo provare a dargli una seconda possibilità. Se volevo davvero creare una pacifica convivenza con quel popolo non potevo continuare ad essere così ostile e sfuggente. Magari,stando a contatto con loro, avrebbe giovato persino ai miei poteri di ninfa.
-Vi prego, non litigate –cominciai con calma- Accetto le vostre scuse-.
A quel punto l’atmosfera si fece più serena e i tre fauni si rialzarono sulle zampe, sollevati e contenti. Con un po’ di cautela inizia una vera conoscenza con quei tipi bizzarri, e man mano mi resi conto che stavo cambiando del tutto opinione nei loro riguardi.
-Dimmi Zarias – chiesi ad un tratto – ho notato che oggi c’è molto movimento. Ci stiamo preparando per lasciare il campo?-.
-Ebbene sì, partiremo domani stesso- mi spiegò il fauno –Giungeremo nelle terre dei centauri -.
Quella notizia non mi sorprese molto, dato che lo stesso Klopin mi aveva accennato a qualcosa, la sera precedente. Al contrario Olmo e Nestor, gli altri due fauni, erano molto ansiosi.
-La festa della Vendemmia! Sono così eccitato! Cosa mi metto per l’occasione?!- disse Nestor euforico.
-Tanto casino per niente! Chi vuoi che ci faccia caso?- lo schernì Olmo.
-Stai zitto! Scommetto le mie corna che nessuna ninfa ti guarderebbe, neanche se fossi coperto d’oro-.
Zarias alzò gli occhi al cielo, sospirando profondamente. Ero disorientata e curiosa da quella novità.
-Aspettate un momento. Di cosa state parlando? -.
In pochi minuti i fauni mi misero al corrente di tutto. La visita del capo centauro, l’alleanza con la tribù dei “uomini-cavallo” e infine l’invito alla festa della Vendemmia. A detta loro, si trattava di un evento imperdibile, dove danze, cortei e nuove conoscenze erano visti quasi come un rito sacro.
-La verità, signorina Roxanne, è che noi fauni non siamo bravi a parlare con le fanciulle, a far loro una corte dignitosa…siamo così impacciati che diventiamo nervosi, e quindi ci lasciamo guidare dai nostri istinti animali. Siamo un vero disastro -.
Zarias aveva da poco finito di parlare e diedi un’occhiata a Olmo e Nestor. Erano così scoraggiati che mi fecero tenerezza. Ma allora non sono cattivi, sono solo molto goffi, pensai tra me. Quindi, senza pensarci troppo, presi una decisione.
-Forse non sono un’esperta, ma sono comunque una ragazza. Potrei darvi io qualche consiglio e suggerimento-.
I tre fauni mi guardarono, e potei leggere nei loro occhi, gialli come topazi, una piacevole emozione.
-Davvero? Fareste questo per noi?- chiese Nestor, così euforico che il ciuffo sotto al mento tremava leggermente.
Feci un cenno col capo in segno di conferma, smorzando un mezzo sorriso.
-Oh, per tutti gli agnelli! Grazie, signorina ninfetta- fece Nestor, con le orecchie che si agitarono per l’emozione.
-Ancora?! Ma allora è un vizio…- affermò esasperato Zarias, tirando per un orecchio il suo compagno. Ed eccoli che ricominciano. Ridendo divertita, i tre mi rivolsero un’occhiata per poi unirsi con me in quel fragoroso entusiasmo. In quel preciso momento ebbi la sensazione che stava cambiando qualcos’altro, non solo in me. Poi, Zarias si fece un po’ serio e si rivolse a me:
-Non mi sorprende che Klopin ti abbia scelto…-.
Quella frase mi lasciò perplessa e confusa. Cosa intendeva dire?
-Ehi, cosa sta succedendo qui?-.
La voce del capo fauno mi fece sobbalzare il cuore dal petto. Appena mi voltai, lo vidi, dritto sulle zampe caprine e con lo sguardo fiero. In una mano stringeva il suo inseparabile bastone.
-State di nuovo importunando la nostra ospite?- chiese Klopin, avvicinandosi di qualche passo. Fui alquanto sorpresa di vederlo “in piedi”; ciò significava che la ferita era migliorata, ma non riuscivo a piegarmi come fosse possibile. Il guardiano lo aveva quasi ridotto in fin di vita con quel colpo. Abbassai lo sguardo sul suo stomaco. Una sottile fasciatura gli copriva la ferita.
-No, Capo. Non è così- cominciarono a spiegare Nestor e Olmo – Stavamo solo facendo due chiacchiere-.
Sbalordito, Klopin spostò lo sguardo su di me. Annuì con decisione, cercando di rassicurarlo.                           
-Due chiacchiere, eh? Questa sì che mi giunge nuova- fece lui, curvando un angolo della bocca. I suoi occhi, neri come il carbone, mi fissarono per un bel po’. Nel frattempo i due fauni ne approfittarono per sgattaiolare via, sicuri di non essere notati.
-Zarias, vai con loro, e assicurati che svolgano tutti i compiti – disse Klopin guardando il suo compagno con la coda dell’occhio. Il fauno fece un cenno con la testa e dopo avermi salutato con un inchino, corse via. Io e Klopin rimanemmo soli. All’improvviso, e non so spiegarmi perché, cominciai a sentirmi nervosa.
-Cosa hai fatto?- mi chiese lui con voce indagatrice. Rimasi perplessa e intontita.
-Eh? A cosa ti riferisci?- domandai, e il mio sguardo seguì gli zoccoli del fauno che si muovevano verso di me.
-I miei uomini non possono infastidirti sotto mio ordine. Ma il semplice fatto che tu sia riuscita a conversarci senza problemi,beh, è già un miracolo. Cos’è, hai usato i tuoi poteri anche su di loro?-.
Klopin emise un risolino, sfoderando la dentatura scheggiata. Quel dettaglio mi era già noto,ma non mi dava alcun fastidio. Lo trovavo semplicemente curioso.
-Ora non esagerare- risposi convinta – in fondo non sono così male. Hanno solo bisogno di fare esperienze giuste. Di socializzare. E anche io ne ho bisogno-.
Ero stata sincera. Era proprio quello che pensavo, e sicuramente il fauno lo aveva capito. Mi scrutava con insistenza, come se stesse cercando di leggermi nel profondo dell’anima. Cominciai a sentire un gran caldo, eppure era arrivato l’autunno. Klopin fece qualche altro passo per avvicinarsi e infine disse.
-Hai ragione. E sai, noto già un certo cambiamento. Forse stai cominciando ad aprirti alla tua vera natura -.
Una leggera brezza fece oscillare le mie vesti, così sottili che scostandosi misero in mostra le mie gambe. Mentre cercavo di coprirmi alla meglio, alzai lo sguardo. Un lieve rossore, alquanto insolito, stava colorando le guance del fauno. La sua attenzione si spostò altrove e poi si schiarì la voce.
-Oggi c’è parecchio da fare – cominciò – e anche io devo mettermi a lavoro -.
A quel punto diedi un’altra occhiata alla sua ferita. Non sembrava così grave ma non potevo fare a meno di preoccuparmi.
-Sei sicuro di farcela?- gli chiesi con un po’ di apprensione. Klopin mi guardò con aria intenerita.
-Tranquilla. Ho ricevuto delle cure miracolose e niente potrà tenermi ancora inchiodato nella tenda – mi spiegò, facendo un saltello e roteando attorno al bastone. La sua agilità mi sorprese, e quella sua energia frizzante mi fece sorridere di sollievo. Ero così contenta di vederlo di nuovo in forma.
-Ma se devo essere sincero- aggiunse, tornando a fissarmi – ho delle faccende molto sfiancanti. Mi farebbe comodo l’aiuto di una pastorella con molta esperienza nel campo agricolo -.
Mi bastò giusto qualche secondo per intuire a chi si stesse riferendo. Dopo tanto tempo, da quando avevo iniziato a conoscerlo, sul mio viso prese vita un sorriso sincero e gioioso.
-Sono pronta – dissi con entusiasmo. Il solo pensiero di poter essere utile e dare il mio contributo a quella tribù, che ormai stavo imparando a conoscere, mi diede una buona dose di grinta e voglia di mettermi in gioco. Inoltre, si trattava pur sempre di Klopin, che aveva rischiato quasi di morire per salvarmi. Sentivo che dovevo in qualche modo sdebitarmi. Chissà, non so come spiegarlo, ma ero felice di iniziare quella nuova esperienza.
-Ben detto- mi incoraggiò il fauno- allora cominceremo con la raccolta delle mele. Seguimi-.
Che bellezza! Quel compito, a me tanto familiare, mi fece gridare dalla gioia nel profondo dell’anima. Anche se la mia serenità era stata messa a dura prova, mi sembrava essere tornata alla calma della mia vita monotona. Con l’unica eccezione che stavo vivendo quei momenti in modo diverso e in un luogo del tutto nuovo. Insieme a quel singolare “pastore”, con corna e zampe caprine, che mi stava aiutando così tanto a riscoprire me stessa. E, lo ammetto, in me stava crescendo la curiosità, il desiderio, di conoscere qualcosa di più del mio compagno di avventura. 

 

   
 
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