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Autore: InvisibleWoman    04/05/2021    0 recensioni
Questa è la prima storia che ho scritto su Rocco e Irene diversi mesi fa, ormai. Pubblicata solo su Instagram, adesso mi riapproccio al mondo di EFP dopo tanti anni.
E' ambientata durante il periodo in cui Irene dormiva in magazzino. Non si distacca troppo dalla realtà, è solo una piccola scena descritta a modo mio (come tutte le altre storie che pubblicherò).
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Anche quella sera, come ormai accadeva nell'ultima settimana, Rocco si era allontanato da casa Amato prima ancora che Salvatore potesse tornare dal lavoro. Suo cugino raramente gli prestava attenzione, e questo gli permetteva di muoversi con maggiore libertà, senza attirare domande a cui sapeva già non sarebbe stato in grado di dare delle risposte. Non era mai stato bravo a mentire, forse anche per questo si era sentito a disagio in quel ruolo da attore di fotoromanzi. Fingere di essere ciò che non era, per lui non era contemplabile: Rocco era come un libro aperto.
Aveva portato con sé il poco che era riuscito a recuperare a casa. I due cugini dovevano fare la spesa e, avendo terminato la pasta di Maria e le conserve di Agnese, non avevano più molto di cui sfamarsi. Aveva tagliato qualche pezzo di formaggio e di salume, aveva aggiunto un grosso pezzo di pane e aveva avvolto tutto in una tovaglietta. Non era un gran pasto, ma almeno lei avrebbe messo qualcosa nello stomaco. In fondo Rocco non era tenuto a farlo, le aveva solo promesso di conservare il suo segreto, non certo di darle da mangiare. Tuttavia, in quei giorni non poteva negare di sentirsi addirittura contento di alzarsi presto la mattina e fare tardi la sera per lei. A Rocco gli insegnamenti paterni lo avevano portato a sentirsi costantemente inadeguato. Le opinioni altrui non lo scalfivano a fondo, ma riuscivano comunque a ferirlo. Non si sentiva indispensabile per nessuno. Come non lo era stato per la sua famiglia, quando era partito per Milano. Sua zia e suo cugino se la cavavano perfettamente senza di lui, abitando lontani da casa ormai da anni. Persino in magazzino adesso, con l'arrivo di Pietro, Armando aveva trovato una spalla con cui divertirsi a sue spese. La sua presenza non faceva la differenza nella vita di nessuno. Eccetto che in quella di Irene, adesso. Senza il suo silenzio, il suo maglione caldo, i suoi spuntini e la sua amicizia, come avrebbe fatto? E allora, per la prima volta nella sua vita, Rocco si sentì utile e quella sensazione lo inebriava.
Mise il cappotto pesante e la sciarpa e si avventurò fuori dall'appartamento ancora vuoto, ma persino più disordinato di come l'avevano lasciato al mattino. Il percorso fino al Paradiso non era lungo e Rocco lo percorse a passo spedito. Infilò poi le chiavi nella toppa della serratura ed entrò di soppiatto, come Irene gli aveva insegnato. La luce era spenta e di lei nessuna traccia.
"Irene" la chiamò a bassa voce. Al Paradiso poteva sempre esserci qualcuno, ma a quell'ora era piuttosto improbabile che il dottor Conti o il ragioniere si trovassero ancora a lavorare. Tuttavia, Rocco aveva ormai imparato che era meglio assecondare Irene, anziché farsi rimproverare giorno dopo giorno.
"Au, dove sei finita?" aggiunse allora un po' irritato. Poggiò il fazzoletto colmo di doni sul tavolo dove in genere riordinavano i tessuti e le varie scatole. "Bah" si lasciò scappare infine, pronto a tornare sui suoi passi e mangiare il pane e il formaggio nel suo tragitto verso casa. Doveva ammettere di essere un po' deluso di non trovarla più lì, ma l'idea che si fosse riappacificata col padre naturalmente lo rasserenava. Eppure, non fece nemmeno in tempo a formulare quel pensiero, che una figura balzò alle sue spalle nel buio e urlò "Bu!".
"Ava', Irene!" esclamò lui, alzando la voce dallo spavento. Si erano sempre divertiti tutti alle sue spalle per quel suo atteggiamento credulone. L'ultima trovata era stato il fantasma Pino con cui Armando lo aveva tormentato per giorni, prima di realizzare che Pino fosse in verità proprio Irene. "Fallo un'altra volta e non torno più" dichiarò Rocco offeso, incrociando le braccia al petto.
Irene era in piedi davanti a lui e lo guardava con aria divertita, la coperta sopra le spalle e i piedi scalzi. "Come sei permaloso" lo canzonò con un sorriso. "Che mi hai portato di bello?" chiese andando a vedere direttamente di persona. L'aria un po' delusa davanti a quel misero banchetto. "Senti, non c'avevo altro a casa" si giustificò lui, ancora arrabbiato per quella incursione.
"Non importa, va bene lo stesso" ribatté lei stringendosi nelle spalle. Tagliò un pezzo di pane con il coltello che Rocco aveva inserito dentro il fazzoletto e lo mandò giù insieme a una fetta di formaggio. 
"Tu non mangi?" gli domandò curiosa, sperando in una sua risposta affermativa. A Irene non piaceva stare lì dentro da sola. A ogni minimo rumore scattava e il suo cuore iniziava a battere all'impazzata. Soprattutto per il timore di essere scoperta da qualcuno, ma in fondo anche perché non si sentiva propriamente al sicuro, non di certo come avrebbe fatto a casa con suo padre. Le sue nottate erano piuttosto tormentate e faticava a prendere sonno, e questo la rendeva un po' nervosa e pronta ad aggredire chiunque le chiedesse anche solo come stesse. Rocco era l'unico in grado di tranquillizzarla, anche perché era la sola persona che sapeva cosa stesse passando. Non aveva voluto confidarsi con nessuno, non era mai stata brava a condividere parti di sé con gli altri. Preferiva che la credessero tutti solamente una persona acida e superficiale, piuttosto che permettere loro di conoscerla veramente per quello che era.
Voltò lo sguardo su di lui e osservò il suo viso serio e imbronciato. Rocco sembrava ancora arrabbiato per il suo scherzo. Quello che le aveva detto il giorno prima era vero: lei lo aveva sempre preso in giro, bonariamente però, perché in verità era entrato nelle sue grazie sin dal primo momento. Ricordava ancora quanto era stata gelosa delle attenzioni che lui riservava a Marina e il tempo che adesso trascorreva con Maria. Non avrebbe mai ammesso che Irene Cipriani, che raccontava a tutti di sognare un principe azzurro colto e facoltoso, provasse in realtà una certa simpatia per Rocco Amato.
Rocco infine annuì, ammansendosi, e si sedette su una cassa, come avevano fatto qualche giorno prima davanti a un piatto di spaghetti al pomodoro. Irene gli sorrise e portò il fazzoletto sulla cassa più grande che avevano usato già a mo' di tavolo. Continuarono a mangiare per qualche minuto, fino a che la tovaglietta non era rimasta piena solo delle briciole del pane ormai terminato. Irene lo aveva osservato trattenersi e lasciare che fosse lei a prendere l'ultimo pezzo di formaggio. Erano quei piccoli gesti che la portavano a pensare che forse, tutto sommato, non era poi così sola.
Rocco stava per andarsene quando Irene gli si aggrappò d'un tratto al maglione. Un rumore improvviso aveva allertato i suoi sensi e Irene aveva sussultato.
"Cos'è stato?" domandò allora, preoccupata. Rocco, che non aveva sentito niente e credeva che lo stesse prendendo ancora in giro, non la degnò d'uno sguardo. Poi un altro rumore, e questa volta anche lui lo aveva avvertito. "Ah, adesso sei tu quella spaventata. Sarà Pino, ormai siete amici, no?" le disse, ricambiandola con la sua stessa moneta. "Non è divertente" ribadì lei, aggrottando le sopracciglia. "Lo vedi?" rispose Rocco con l'aria tronfia di chi era riuscito a prendersi la propria rivincita.
Un rumore più forte, di qualcosa che cadeva per terra, portò entrambi ad aggrapparsi l'uno all'altra. "Resti, stanotte, vero?" domandò Irene con aria innocente.
"Ma che dici, Irene, ava'!" rispose lui, allontanandosi da lei e prendendo il cappotto tra le mani. "Non puoi lasciarmi sola adesso! E se mi succedesse qualcosa? Mi avresti sulla coscienza. Cosa direbbe Don Saverio?" protestò lei, cercando di convincerlo facendo appello alla sua fede. Ma sapeva che non sarebbe stato quello a convincerlo, quanto piuttosto puntare sul suo senso di colpa. 
Rocco rimase lì imbambolato per qualche secondo, indeciso se accontentarla e sacrificare la propria anima al peccato, oppure tornare dritto verso casa. Se ci fosse stata sua zia Agnese la risposta sarebbe stata ovvia, ma in quel momento Rocco tentennò.
"Avanti, solo un po', poi però torno a casa che se no come glielo spiego a Salvatore?" ribatté lui con logica, concedendole solo parte della vittoria. Da un lato aveva ragione, non poteva rimanere lì per diversi motivi, tra cui suo cugino. Ma, d'altro canto, Salvatore con ogni probabilità non si sarebbe nemmeno accorto della sua assenza, preso com'era dalle sue tribolazioni amorose e visto lo scarso interesse che riservava a qualunque cosa riguardasse Rocco. 
Irene sorrise e andò a sedersi sul suo lettino improvvisato. Talmente scomodo da farle venire dei forti mal di schiena. Rocco la raggiunse, sedendosi dall'altro lato, proprio come avevano fatto il giorno prima, quando Rocco l'aveva consolata quando Irene aveva scoperto che suo padre aveva scelto la nuova compagna, anziché lei. Appoggiò di nuovo la testa sulla sua spalla e iniziarono a parlare e scherzare come solo due persone complici potevano fare. Irene con Rocco si sentiva al sicuro, protetta e finalmente capita. Lui, invece, si sentiva una persona nuova, con lei credeva di valere qualcosa. E, senza nemmeno rendersene conto, si addormentarono così, testa contro testa, seduti sul letto più scomodo del mondo, ma comunque appagati.
Quando gli occhi di Rocco si aprirono, riabituandosi lentamente alla luce, non trovarono il conforto della carta da parati della camera da letto che condivideva con Salvatore. Ci mise qualche secondo a realizzare di non essere al caldo della sua casa. La schiena gli doleva e sentiva un peso sulla spalla. Poi realizzò.
"Marì, Irene. Ci siamo addormentati!" sbraitò, alzandosi di scatto e svegliando lei senza tante cerimonie. Non era rientrato a casa per tutta la notte e sperò con tutto se stesso che Salvo non se ne fosse accorto o che non lo tempestasse di domande. L'idea di non sapere come giustificarlo, qualora qualcuno lo avesse chiesto, lo mandava nel panico. Normalmente non sarebbe stato in grado di reagire, avrebbe cominciato a muoversi confuso per il magazzino, raccattando le sue cose. Poi però si voltò e vide Irene con i capelli scompigliati, gli occhi grandi appena riaperti e l'aria preoccupata di chi aveva paura di non riuscire più a nascondere quella situazione temporanea. E allora per qualche motivo Rocco si tranquillizzò, accennando persino a un lieve sorriso. Non era tornato a casa, ma in fondo aveva importanza? Alle giustificazioni avrebbe pensato in seguito.
  
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