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Autore: Cossiopea    05/05/2021    2 recensioni
[AVVERTENZA: questa storia contiene SPOILER per PJO, HoO, ToA]
[...] - Sei l'eroe di molti, Percy - continuò - La stima è cresciuta attorno alla tua persona, una fama di cui forse non ti rendi neanche conto. Ciò che hai fatto ha scaldato i cuori, illuminato gli animi di candida speranza, ma soprattutto ambizione. L'ambizione rende ciechi, aperti alle minacce più oscure, conduce verso mete ignote, dove la mente può perdersi.
- Continuo a non capire - farfugliai, gli occhi sgranati.
Ecate annuì pacatamente e il fumo si arricciò tra i suoi capelli scuri.
- Non devi capire - bisbigliò, come parlasse a se stessa - Non lo farai mai... I mondi in cui ti stai per inoltrare... - schioccò la lingua - non sono fatti per essere compresi.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Annabeth Chase, Nico di Angelo, Percy Jackson, Will Solace
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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7. PERcy jackSON


– Percy?

Mi accorsi qualche secondo troppo tardi di stare ancora urlando, le mani premute sulle orecchie e le palpebre serrate davanti agli occhi. La sensazione della mano di Jason stretta sulla spalla era ancora tremendamente reale, nitida tra le percezioni confuse che mi sovrastavano.

Eppure quella voce la riconobbi. Insieme al mormorio delle onde. Il profumo del mare.

La gola bruciava quando mi imposi di tacere. Abbassai le braccia in un movimento incerto. La cosa più difficile fu riaprire gli occhi.

La luce del Sole, in tremule macchie dorate, danzò nel buio del mio sguardo. Mi ci volle un'immensa forza di volontà per spalancarli del tutto, e uno sforzo ancora più grande per mettere a fuoco.

Sotto le dita, sentii la sabbia calda accarezzarmi la pelle.

Un uomo con la barba scura, abbronzato, una discutibile camicia hawaiana addosso e dei fin troppo famigliari occhi verdi se ne stava in piedi davanti a me, sorridente e baciato dalla luce ambrata del tramonto.

Il mio sguardo ebbe un tremito, e per un momento mi chiesi se stessi sognando.

Ancora una volta, mi sorse il dubbio di averlo sempre fatto.

Esitante, con le gambe traballanti, mi levai in piedi sulla spiaggia friabile. L'oceano, all'orizzonte, sfumava in una distesa di luce.

Piegai leggermente la testa di lato.

– Papà? – farfugliai.

Poseidone sorrise benevolo. Il suo sguardo acquamarina scintillò d'oro come il mare che ci affiancava.

– Percy – si avvicinò di qualche passo, e le sue infradito affondarono nella battigia. Mi guardò negli occhi e il mio animo si contorse – Sono così felice di vederti – e, senza preavviso, si sporse verso di me e mi abbracciò.

Mi irrigidii e il fiato mi si mozzò in gola. Le narici vennero investite dal pungente odore salmastro delle acque, amplificato di un milione di volte, come se litri e litri di oceano mi si stessero riversando violentemente nelle vie respiratorie; il mio cuore iniziò a battere con vigore in bassi palpiti regolari, al ritmo delle onde infrante sulla spiaggia.

Il tempo si arrotolò su se stesso. Quella stretta parve durare un paio di decenni. Il resto del mondo scomparve. Ogni atomo del mio corpo lottava contemporaneamente contro la voglia di ricambiare l'abbraccio e quella di iniziare a urlare.

Il risultato? Me ne restai lì, immobile come una statua di sale, le vene che pulsavano in fronte.

Quando Poseidone si allontanò da me e mi rivolse un tiepido sorriso, dovevo avere una faccia simile a quella dell'urlo di Munch. Bianco come un cencio e gli occhi spiritati.

– Perché? – riuscii a rantolare, in un tono più sofferente di quanto volessi.

In risposta, mio padre scoppiò a ridere. Quella risata assomigliava al rombo vibrante di una potente tromba marina.

Mi scompigliò allegramente i capelli scuri con mani sporche di sabbia.

– Percy, cosa potremmo fare noi senza di te? – commentò quando la risata si fu placata – Cosa saremmo senza i tuoi interventi sui movimenti del mondo? Senza i tuoi giochi, le tue parole? Senza tutto ciò che sei?

Battei le palpebre, sempre più perplesso.

Il Sole, proprio in quel momento, si inabissò oltre il confine del cielo con un ultimo bagliore violaceo. Le fiamme di due torce incrociate.

Poseidone scosse piano la testa, riservandomi l'ennesimo sorriso.

Non ricordavo si fosse mai comportato così amichevolmente e apertamente nei miei confronti. Non era il suo stile, non lo era mai stato. E io l'avevo accettato. Il mare è volubile, non si infrange mai su una sola scogliera. L'acqua scorre ovunque, riempie cavità, cela segreti, si arriccia in morbida spuma ed emerge in freschi spruzzi.

Poseidone non era così.

Strinsi le labbra in una sottile fessura, mentre una brutta sensazione si impadroniva di me. Il buio della notte iniziò a inspessirsi, ma il cielo era privo di stelle.

– Cosa significa? – domandai, incerto e con una nota tesa nella voce.

Negli occhi di mio padre corse un lampo nero. Qualcosa che non era suo.

Un vento gelido proveniente dall'oceano mi investì, strattonandomi la maglia arancione.

– Che stai sognando, Percy – quelle parole riverberarono dentro di me, facendomi tremare le ossa, annebbiandomi la vista – Svegliati – qualcosa nel mio petto si spezzò.

Feci un passo indietro.

– Cosa...?

Poseidone sorrise, ma non c'era gioia nel suo riso.

– Devi svegliarti – sibilò – Ancora. Per sempre – un tuono rumoreggiò sopra di noi, il mare si scurì – Infinite volte. Infiniti sogni.

Iniziai a tremare. Volevo fuggire, ma era come se i miei piedi fossero ancorati alla sabbia; come se la spiaggia mi avesse incatenato le caviglie, iniziando a inghiottirmi, trascinandomi nelle sue viscere.

Urlai impotente, mentre la polvere mi ricadeva addosso, mentre sprofondavo senza che potessi combattere, mentre la terra mi richiamava a sé, annegando ciò che ero in un vortice di sterile oblio.

Le lacrime si mischiarono alla sabbia e al sangue, l'aria mi fu privata, il profumo del sale soffocato.

Chiusi gli occhi, continuando a piangere. La testa scivolò sottoterra.

Nelle narici, l'odore putrefatto del Tartaro.

Cosa ero, io? Cosa potevo essere?

Chi...?

Percy Jackson.

Lora Kassandra Gray.

Percy...

Soffoco. Annego. Naufrago nella mia stessa mente.

Percy...

Affogo senz'aria in una landa di morte. Sento, nel petto, il cuore spegnersi, affievolirsi di vita, precipitare nel buio.

Percy, svegliati...

Percy. Svegliati!

PERCY!!

– Percy, ti presento Lora.

Il sorriso di Annabeth era rosato e sincero, bello come poche cose potranno mai essere. I suoi capelli argentei scintillavano come nastri di luna nella brezza primaverile.

Il Campo rideva attorno a noi in gioiosi bagliori, il prato smeraldo che si increspava con delicati fruscii.

Battei la palpebre e ricambiai il sorriso.

Guardai Lora e i nostri sguardi si incrociarono. L'uno, verde e vivo; l'altro, nero e spento.

Eppure anche le sue labbra violacee si stavano ripiegando in un timido riso. Come se fosse felice, come se fosse in grado di esserlo.

Mi chinai, per raggiungerla in altezza. La piccola non mollò la mano di Annabeth, però continuò a fissarmi con una punta di curiosità, come stesse tentando di leggere il paragrafo di un libro particolarmente intricato.

– Ciao Lora – dissi – Sono Percy.

Annabeth mi lanciò un sorrisino di sbieco.

– Credo lo sappia già – mi informò gioiosa – Sembra tu sia una specie di celebrità per lei. Non ha fatto che parlare di te – storse la bocca in una smorfia ironica – Congratulazioni, Testa d'Alghe.

Alzai le sopracciglia, mentre una punta di orgoglio mi si accendeva nel petto.

– Ah, sì? – esclamai. Estrassi Vortice da dietro l'orecchio e sorrisi alla piccola – Vuoi un autografo?

Annie mi tirò un calcio negli stinchi con un duro scarpone di pelle, che mi mozzò il fiato. Mi portai una mano sul punto d'impatto, dove sospettavo che sarebbe apparso a breve un nuovo livido... insieme ai due del giorno prima.

Le scoccai un'occhiata scocciata.

– Che c'è?

– Scemo – sospirò lei levando gli occhi al cielo – E poi un bambino di tre anni ha una grafia migliore della tua.

Incrociai le braccia sul petto, imbronciato.

– Scusa, eh, se sono dislessico – borbottai, fingendomi offeso.

Lora rise. Un suono che risuonò cristallino e tintinnante come una manciata di piccoli campanelli, una melodia distante, proveniente da un mondo al di là di questo.

La piccola si voltò verso Annabeth con un lieve sorriso, e i suoi occhi scuri brillarono.

– Andiamo a trovare gli altri? – chiese, in voce angelica – Voglio vedere Nico – il suo sorriso si allargò – e Leo – aggiunse – e Jason.

La figlia di Atena ridacchiò.

– Certo – annuì – Ai tuoi ordini.

Io aprii la bocca per replicare, ma immediatamente la richiusi, attraversato da un brivido. Avevo la sensazione che qualcosa non quadrasse, che Jason...

– Percy, tutto bene? – Annabeth mi stava guardando, la fronte aggrottata e gli occhi grigi accesi di preoccupazione.

Deglutii e annuii titubante, accennando un sorriso.

– Non è niente – risposi, incerto. Poi mi incupii nuovamente – Solo una strana sensazione...

   
 
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