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Autore: carmi15    05/05/2021    0 recensioni
Mi aveva promesso che si sarebbe fatta sentire non appena arriva a San Diego, ma di lei nessuna traccia” “Jug, Betty è sparita” disse con fare serio.
Una doccia fredda attraversò tutto il mio corpo. Chiusi il laptop per concentrarmi sulla mia interlocutrice.
“Certo che è sparita” iniziai, irritato “la mia ragazza.. ah no, aspetta, cosa dico” mi corressi “la mia ex ragazza mi ha mollato, per andare ad arruolarsi nell’FBI. E come se già questo non facesse abbastanza male, mi ha lasciato”
Mi leccai le labbra, fermandomi un po nel parlare, la rabbia stava ribollendo nelle vene e il cuore sanguinava “e visto che non si è fatta mancare nulla, sono passate due settimane dalla sua partenza e non si è fatta sentire. Mi ha gettato via come spazzatura, dopo tutto…”
Vidi Veronica trattenere il respiro. Si lasciò andare una mano nei capelli corvini, chiudendo gli occhi.
“Non capisci. E’ sparita”
La frustrazione nella voce di Veronica era palpabile. La cosa mi divertì molto. Non aveva ancora capito.
“Avrà scaricato te, come ha fatto con me”
Vidi il vido di Veronica contorcersi dalla rabbia, ma non si smosse più di tanto. Era una caratteristica che aveva ereditato da suo padre.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Veronica Lodge
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ottavo mese.
O meglio, otto mesi e mezzo per la precisione.
Questo era quello a cui pensava Jughead, mentre guardava il calendario.
Erano passati 6 mesi, e di Betty nessuna traccia. Charles era stato persino preso in custodia dalla polizia, ma era stato rilasciato per mancanza di prove schiaccianti.
Aveva fallito. Jughead aveva fallito nella cosa che amava più fare: risolvere casi.  Potare le persone sane e salve a casa, fare giustizia per quelle che non c’erano più.
Ma aveva fallito, sulla cosa più importante della sua vita: Betty.
Si era capito, un altro paio di settimane e Betty avrebbe dato alla luce suo figlio, poi sarebbe stata giustiziata. E il suo bambino, chissà che fine avrebbe fatto. Era finita. Per davvero.
Le lacrime iniziarono a scendere copiose sulle due guance bianche.
Sentiva una strana sensazione, orribile, come se una parte di lui stesse chiedendo aiuto a squarcia gola. Ma da cosa, esattamente?
Semplice pensò da te stesso.
Iniziò a sentire nuovamente del desiderio, sepolto per anni e anni nel suo io più profondo. Nella sua sofferenza più profonda.
Chiuse gli occhi e sentì nuovamente i suoi genitori urlare, litigare, lanciarsi oggetti. Lui era piccolo, si era accucciato in bagno per proteggersi da tutto quell’orrore, quando i suoi occhi si posarono su un oggetto bianco, poggiato sul lavandino.
Era il rasoio di suo padre. Lo prese in mano e lo esaminò a fondo. Era di quelli che potevi smontare, per cambiare la lametta.
Quando il bimbo si ritrovò quel sottile pezzo di alluminio in mano, la sua mente iniziò a viaggiare. Come sarebbe stato se si fosse fatto del male fisico, per dimenticarsi anche solo per un istante di quello emotivo?
CI provò. Tagliò la pelle facendo molta pressione, troppa probabilmente, perché il sangue schizzò ovunque.
L’ultima cosa che ricordava, era un urlo di sua madre. Non lo rifece mai più.
Ma dopo aver sperimentato quella sensazione di evasione, di distrazione, Jughead per tutta la vita portò una lametta da rasoio sempre con lui, ben nascosta nella cover del suo telefono, sempre con lui.
Jughead non ancora sapeva che lì, quattordici anni dopo, lo avrebbe rifatto, nella stanza di Betty.
O almeno, ci provò, perché suo padre lo bloccò immediatamente, scagliandosi contro di lui e strappandogli la lama dalle mani.
F.P. aveva ben a mente quel giorno, di quattordici anni prima.
“MA CHE DIAVOLO STAI FACENDO?!”
La voce di suo padre somigliava a quella di un cane rabbioso, gli occhi sembra che gli fossero usciti fuori dalle orbite, il viso era rosso come il fuoco.
Jughead lo sfidò con lo sguardo, pronto a combattere, ma sentì le forze mancargli. Non ce la faceva.
Non riusciva ad uscire una singola parola dalla sua bocca.
F.P. si cacciò la lametta nel giacchino di sceriffo “mi hai deluso, questo non è mio figlio” mormorò sprezzante “chiamerò Archie, ti terrà sotto stretta osservazione. Io vado a lavoro.”
Come promesso, il suo migliore amici di infanzia arrivò lì. E a giudicare dalla sua espressione, suo padre gli aveva raccontato tutto. Per filo e per segno.
Era steso sul letto di Betty quando Archie fece la sua entrata. Lo guardò con occhi preoccupati, ma Jughead non ci fece caso. Erano mesi ormai che tutti lo guardavano con quegli occhi da commiserazione. Ci aveva fatto l’abitudine.
“Jug”
“Non iniziare  fare la ramanzina del non-suicidio, perché davvero..”
“No, non è per questo. E’ soltanto che ti credevo una persona diversa… sei o non sei un Serpent?”
Jughead si mise a sedere. “Ma perché tutti hanno la concezione che i Serpents non hanno sentimenti?”
Archie sospirò sedendosi su un pouff.
“Non sto dicendo questo, sto dicendo che il Jughead che conosco dimostrerebbe più coraggio, determinazione. Non cercherebbe di tagliarsi le vene”
“NON STAVO CERCANDO DI UCCIDERMI” sbraitò Jughead “era solo un modo… un modo che ho scoperto da piccolo per fermare il dolore, quello nel cuore, anche solo un po”
“Beh amico sai cosa ti dico? Che il tuo metodo fa schifo e fa soffrire le persone che ami”
Il Jones stava per dire qualcosa, ma lo squillo del cellulare lo bloccò. Guardò lo schermo: VERONICA.
Rispose subito, e Archie lo vide fare una faccia confusa.
“V, parla piano, non capisco”
Dopo qualche secondo il viso di Jughead si distese per lo stupore, lo shock.. e granò gli occhi.
“Che diavolo succede?” domandò Archie.
Jughead lo guardò “Dobbiamo sbrigarci, Ronnie ha scoperto dove si trova Betty. Ci ha assicurato che è viva”

**
 
Correvano.. Correvano a più non posso.
Il fuoco ardeva nel petto di Jughead e Archie. Le indicazioni di Veronica non erano state molto chiare, c’erano tanti buchi da tappare. Ma una cosa era sicura. Betty era al Cottage di Hermione.
La boscaglia di faceva meno fitta, e iniziarono a scorgere l’abitazione nei pressi dello Sweet Water.
Eccolo lì, il cottege. Eccola lì, Betty.
Archie e Jughead si scambiarono uno sguardo. L’adrenalina scorreva nelle loro vene.
Un urlo. Un urlo ben preciso, anche se ovattato, arrivò alle orecchie di Jughead.
“Oh mio dio, Betty!” sbottò Archie.
Iniziarono a correre verso la discesa che portava all’ingresso dell’abitazione.
I ragazzi si abbassarono, appena sotto le finestre per non farsi scorgere da chi vi era dentro.
Quando alzarono leggermente il capo, per sbirciare all’inferno, gli si gelò il sangue nelle vene: vi era un ampio letto, con su una Betty sofferente, con un grande pancione. Con lei, Chic.
Si guardarono ancora una volta “Che diavolo ci fa qui Chic? Non era in prigione?!”
“Si, quella di Hiram” rispose Jughead con una velo di rassegnazione nella voce.
Ma la cosa più scandalosa arrivò dopo: videro Chic alzare la maglia di Betty fino a scoprirle tutta la pancia. Aveva preso una lama, tipo un bisturi da una cassettina di legno.
“No, ti prego, ucciderai anche il bambino così” Betty stava piangendo. Era terrorizzata, aveva le mani legate “ti prego Chic, ti prego.. non farmi questo”
Un urlo. Raggelante. Quasi disumano. Uscì dalla bocca di Betty quando quel maniaco, non curante delle sue parole, iniziò ad incidere il ventre.
“Mi hai stancato, Elizabeth.” Disse Chic, con una freddezza paurosa “ci stai mettendo troppo per far nascere il mio bambino”
Ancora urla quando continuò ad incidere, e Archie e Jug videro il sangue schizzare copioso sul letto.
Il Jones era bloccato: era scandaloso quello che stava succedendo sotto i suoi occhi, una vera e propria tortura. Il forte dolore gli stava facendo bloccare gli arti, tutto il corpo, persino i pensieri.
Ma neanche a pensarci, Archie era già scattato. Aveva sfondato la porta di ingresso.
“FERMATI IMMEDIATAMENTE O GIURO CHE TI AMMAZZO!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Teneva puntato verso Chic il fucila da caccia che aveva acquistato tempo prima sotto consiglio di Dilton. Non avrebbe mai immaginato che lo avrebbe usato in quel contesto.
Vide Betty alzarsi in maniera flebile e goffa “Archie.. no.. va via!” sussurrò con poco fiato.  Si stava lamentando. Stava soffrendo.
“No, Archie, resta” disse invece Chic, con una voce spaventosamente fredda, sorridendo leggermente. Il biondo si alzò lentamente dal letto in cui si trovava Betty, e prese la pistola che era sul comodino, puntandola sul rosso.
Le mani di Archie tremavano, ma non aveva in mente di abbassare la guardia. Era lì per Betty, ci sarebbe stato fino alla fine.
“Se vuoi assistere alla nascita del mio bambino…”
“QUELLO NON E’ IL TUO BAMBINO, SPORCO MANIACO! E’ DI BETTY E JUGHEAD!”
Chic rise “no, non è di Jughead. Se fosse stato dello strambo, non sarebbe qui, non credi?”
Archie sospirò. Le mani gli stavano tremando, e ora anche sudando.
“Non sarà mica suo?” domandò ironicamente a Betty “E’ importante che sia del Jones. E’ il mio bambino”
“MA A CHE RAZZA DI GIOCO MACABRO STAI GIOCANDO?!” Archie era fuori di sé
Poi, tre spari.
Archie chiuse gli occhi, sentì Betty urlare. Non li riaprì fino a che non sentì altro che il silenzio, e qualche mugolio di Betty.
Jughead era entrato dalla porta sul retro, e aveva sparato a Chic.
“Dardi soporiferi, dormirà per almeno 9 ore con questa dose”
Il petto di Jughead andava su e giù in maniera frenetica.
Un lamento di Betty gli fece girare la testa. Era zuppa di sangue, stava malissimo. Era molto magra, aveva viso scavato dalla fame e occhiaie pronunciate. Stava perdendo molto sangue dalla ferita sul pancione.
“Betty, amore mio, betty… sono qui!”
“Jug..” mormorò
Archie accorse in aiuto, si tolse la maglietta di cotone e la usò per tamponare la ferita.
“Adesso chiamiamo i soccorsi, Betty, resisti.. ti prego resisti” mormorò Jughead tra le lacrime, afferrando il cellulare dalla tasca, sporcandolo del sangue della sua Betty.
Archie premeva forte sulla ferita, ma questo non faceva altro che provocare dolore a Betty.
Un altro urlo, un urlo intenso. “Betty, tutto bene? Che succede, E’ per l’incisione?”
Sotto gli occhi stupiti di Jughead e Archie, la ragazza si sfilò gli slip. Archie girò la testa verso la testata del letto.
Jughead stava per dire qualcosa, ma si fermò quando fu la bionda a parlare “credo che sia arrivato il momento. Sento che devo spingere, Jug”
I due ragazzi strabuzzarono gli occhi, guardandosi a vicenda.
Un’ondata di panico prese il sopravvento. “Okay, Betty, okay” deglutì Jughead “ti aiutiamo noi”
“CHE COSA?” sbraitò Archie “Jug, non sappiamo far nascere un bambino! Deve andare in ospedale!”
“E’ tardi Archi…AAAAH!” urlò ancora una volta.
“Spingi Betty, spingi”
Ad ogni spinta, anche Archie doveva fare pressione sul ventre, per bloccare l’emorragia.
Il fisico di Betty era sotto uno stress troppo forte, si vedeva. Jughead era preoccupato. Puoi farcela, ti prego, resisti le diceva mentalmente.
Guardava, piano piano, scorgersi la testa di suo figlio. Sorrise “Sei bravissima Betty, vedo la testa!”
Un rumore li fece sobbalzare, la porta. “Oh mio dio” furono felici di sentire che era la voce di Veronica.
Betty urlò ancora una volta. Spinse ancora una volta.
Archie urlò a Veronica di chiamare i soccorsi, smuovendola dal guardare il corpo addormentato di Chic sul tappeto ai piedi del letto.
“Betty, ancora una spinta, ci siamo!” urlò entusiasta Jughead. Betty fece come gli era stato detto, e Jughead afferrò il bambino.
Le lacrime iniziarono ad invadere le gote di Archie e Jughead, il pianto del bambino riecheggiò per tutto il cottage, scaldando il cuore dei presenti.
Maschio. Un bambino. Il loro bambino.
“Oh mio dio Betty, pensavo di non vedere mai questo giorno..” mormorò tra le lacrime, accucciando il bambino vicino la sua mamma.
“Jug.. voglio che si chiami come te” sibilò lentamente, con le poche forze che aveva.
Il sorriso del Jones si spense quando vide Betty che cercava di chiudere gli occhi. “No, no, Betty resta sveglia..”
“Sta perdendo troppo sangue Jug”
“Tagliamo il cordone, prendi la mia giacca dei Bulldogs, avvolgi lì il bimbo” sentenziò Archie.
Con un gesto deciso, Jughead tagliò il cordone che legava mamma e figlio.
Aveva tanta paura. Paura di perdere di nuovo Betty, la donna che amava.
“SONO ARRIVATI I SOCCORSI.. OH MIO DIO!” sbraitò Veronica alla vista del bambino.
Jughead prese in braccio il bambino, uscì fuori. Il bambino stava piangendo a pieni polmoni. Aveva due occhioni blu, e capelli nerissimi, come lui. Gli sorrise e lo baciò.
“Qui!” urlò ai paramedici che si stavano avvicinando. Con loro, suo padre e tutti i Serpents.
Furono i primi ad arrivargli vicino.
“Jug…”
“Papà..” mormorò Jughead.
“Congratulazioni, mio nipote è bellissimo”



 
   
 
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