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Autore: Moriko_    06/05/2021    1 recensioni
[Cells at Work! BLACK] [J-1178, DA4901]
Un piccolo gruppo di brevi storie, collegate tra loro da un unico filo rosso: un bacio.
[Spoiler! capitoli 39-48 del manga di Cells at Work! BLACK | post-capitolo 48] [Missing moment, What if?]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Fanfiction

Sommario. 

Un piccolo gruppo di brevi storie, collegate tra loro da un unico filo rosso: un bacio.

[Un gruppo di missing moment e what if che coinvolgono i personaggi di DA4901 e J-1178 e coprono le vicende avvenute a partire dal capitolo 40 in poi di Cells at Work! BLACK, tutte incentrate sul tema del bacio.

Warning: questa volta niente bollino rosso però, dati i temi qui trattati, se avete un’idea del mondo dei protagonisti estremamente vicina alla nostra realtà, questa non è la storia che fa per voi.]

 

 

yC1W1rd

Season of the kiss.

 

 

 

 

Primo bacio.

 

Un bacio soffice, quasi inaspettato.

Il primo bacio era arrivato nel silenzio di una stanza, nel cuore della loro intimità. Era avvenuto nell’appartamento di DA4901, nel corso di una conversazione nella quale stavano parlando di ciò che era accaduto durante il loro lavoro: un modo per entrare l’uno nella vita dell’altra, arrivando a comprendere meglio i sentimenti che provano ogni giorno di fronte alle vicende quotidiane.

Ad un tratto dalla finestra era giunta una dolce melodia, opera del sistema parasimpatico, una sinfonia che aveva iniziato a rilassare i loro cuori e le loro menti affaticate dal duro lavoro.

L’eritrocita si era alzato dal tavolo dove erano seduti e aveva allungato una mano verso J-1178, in un dolce invito.

«Ti va di ballare?»

Lei aveva annuito, senza battere ciglio. Non avrebbe potuto rifiutare un invito così gentile, anche se in realtà quella era la prima volta che ballava con qualcuno. Anzi, era la prima volta che ballava in generale.

J-1178 aveva preso quella mano e lo aveva seguito, senza impedire che DA4901 le cingesse la vita con un braccio. Con le guance rosse la leucocita aveva iniziato a seguire tutti i passi dell’eritrocita, lasciandosi guidare dai suoi movimenti, ma quella serena atmosfera era stata più volte interrotta dal fatto che, inavvertitamente, più volte gli aveva pestato i piedi. Una serie di «Scusa» e «Non importa» si erano succeduti in quella stanza, finché DA4901 non aveva arrestato il suo passo.

«Forse... forse è meglio se restiamo fermi, che dici?»

«Direi proprio di sì, altrimenti di questo passo tornerai a lavoro zoppo!»

Si erano guardati negli occhi, perdendosi nella profondità dei loro sguardi colmi del sincero affetto che provavano l’uno per l’altra. La ragazza stava sentendo fino alle orecchie i palpiti del cuore, che si mescolavano con la melodia che si udiva nell’aria, mentre la mano dell'eritrocita aveva iniziato ad accarezzarle la schiena e il braccio; le aveva poi spostato una ciocca dei capelli dietro l’orecchio, sfiorando con delicatezza la sua guancia.

La distanza tra i loro volti si era ridotta sempre più e, quando i loro nasi si erano sfiorati, J-1178 aveva chiuso lentamente gli occhi e dischiuso le labbra che aveva premuto su quelle del suo compagno con delicatezza. Per qualche secondo era rimasta immobile, le loro labbra unite mentre la mano di DA4901 era scivolata sulla nuca.

Poi si erano allontanati, e la leucocita aveva riaperto gli occhi. I loro sguardi si erano nuovamente incrociati, e le loro mani si erano intrecciate. Tra quelle labbra che erano state unite era affiorato un sorriso silenzioso, per assicurare i loro amati che erano felici per quel piccolo atto d’amore che li aveva coinvolti.

Dopo quel bacio era arrivato subito un secondo, poi un terzo e un quarto. Da allora J-1178 aveva perso il conto di tutti i baci che si erano scambiati, ma il primo non l’aveva mai dimenticato.

Proprio perché era stato un bacio speciale, il primo da parte della persona che avrebbe amato per il resto della vita.

 

 

 

Bacio intenso.

 

J-1178 non si stancava mai di baciarlo, nelle loro notti di passione. Era il modo più diretto per comunicare ciò che provava per lui, per fargli capire che aveva bisogno di lui, che lo voleva in tutto e per tutto.

E, attraverso i suoi baci, era felice di sapere che anche lui provasse lo stesso nei suoi confronti.

Le loro bocche erano sempre più avide di passione, le gole strette in una forte morsa per l’emozione. Lei si lasciava andare, si immergeva nelle sensazioni che il suo corpo stava provando a stretto contatto con quello del suo amato.

Nella sua quotidianità non permetteva mai che gli altri la toccassero, ma con DA4901 era diverso. Fin dalla sua prima volta – la loro prima volta – J-1178 aveva capito che avrebbe potuto fidarsi di lui, e lo aveva capito proprio attraverso i baci: dolci e lenti, celavano una sensualità che era in grado di portarla ai limiti dell’eccitazione. Quelle labbra sottili che cercavano le sue avevano il potere di farla rilassare, di cancellare il peso delle fatiche di ogni giorno, mentre le delicate carezze percorrevano tutto il suo corpo ed esploravano anche i punti più sensibili.

«Non sai quanto mi sei mancata...» le ripeteva ogni volta l’eritrocita.

«Anche tu...» era la risposta della ragazza.

Non avevano l’abitudine di parlare molto in quel fervido atto d’amore. Lasciavano che fossero i loro corpi a parlare, mentre svestivano i loro amati degli abiti che indossavano, attraverso candide risate e ardenti gemiti mentre le mani si cercavano e si intrecciavano ripetutamente tra loro.

Quei baci iniziavano dalle labbra e si posavano su tutto il corpo, seguendo il movimento degli occhi che assaporavano ogni singolo dettaglio. Quelle labbra sussurravano dolci «Ti amo», al ritmo dei respiri che diventavano sempre più corti e dei corpi che si avvinghiavano e si contraevano seguendo le loro emozioni.

Non smettevano mai di baciarsi, nemmeno durante il loro amplesso dove quei baci assumevano significati di rassicurazione e forza: l’assoluta unione delle loro anime, il totale abbandono e fiducia nelle braccia della persona amata, al fine di appartenersi in un impeto di energie irrazionali miste a benessere, ritrovandosi l’uno negli occhi dell’altra.

Quei baci non smettevano di esserci anche dopo, quando i loro respiri tornavano normali e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Qualsiasi forma di libidine aveva abbandonato quei baci, lasciando spazio a tenerezza e serenità: erano baci più leggeri ma altrettanto carichi di sentimento, lo stesso che si era manifestato nei minuti precedenti sotto forma di una travolgente passione.

Tutti quei baci la facevano sentire parte di un mondo, quel mondo felice che loro stessi avevano creato e che anche lei sperava ogni giorno che non andasse mai in frantumi.

 

 

 

Bacio furtivo.

 

Durante il lavoro non c’era mai stato tempo per i sentimenti.

Il lavoro era lavoro, e l’intimità era intimità: due mondi completamente opposti, senza alcuna possibilità di contatto. Avevano sempre lavorato ventiquattro ore su ventiquattro ma, finalmente, erano arrivati a un punto nel quale riuscivano sempre a trovare un momento di pausa. L’intimità aveva iniziato a ritagliarsi un piccolo spazio tra un turno e un altro di lavoro, ma non era mai abbastanza; nonostante ciò tutti erano soddisfatti del fatto che ora vi fosse del tempo in più da dedicare a loro stessi, a rigenerare le proprie energie e così a riprendere il loro lavoro al massimo delle forze.

Tuttavia, c’erano dei momenti nei quali avrebbero voluto una pausa più prolungata, e ciò valeva anche per i globuli bianchi. J-1178 era felice di aver iniziato a lavorare in un ambiente più sano, ed era altrettanto felice di incontrare quel globulo rosso tutti i giorni, non solo nel suo appartamento ma anche in giro, nei vasi sanguigni, ma in cuor suo avrebbe voluto condividere con lui un piccolo angolo di intimità, senza che qualcun altro li interrompesse.

Sarebbe bastato uno stretto capillare, dove non sarebbe passato nessuno e dove non abitava nessuno, per condividere con DA4901 un fugace momento di intimità fatto di teneri abbracci e baci.

Purtroppo per lei, in tutto il corpo umano non era riuscita a trovare un luogo del genere; così si era rassegnata e nei momenti di pausa, quando non incontrava quell’eritrocita per le strade principali, si rifugiava in un capillare, dove si sedeva per rivivere in pensiero tutto ciò che nel cuore dell’intimità aveva condiviso con lui. Ogni volta chiudeva gli occhi...

«Vedo che ti stai divertendo molto...»

... e ogni volta li riapriva, incrociando lo sguardo di DA4901 che le si era affiancato. «Scommetto che anche oggi non vuoi dirmi cosa stessi immaginando, eh?»

E, sempre ogni volta, J-1178 avvampava e gli voltava le spalle. «Non... non sono fatti tuoi...» mormorava con imbarazzo. Anche in quei pensieri lui era sempre presente, così come gli abbracci e i baci che non si potevano scambiare in quel luogo.

Di solito DA4901 si limitava a ridere candidamente, e a rispettare il suo silenzio. Tuttavia, una volta, quell’eritrocita aveva avuto in mente di compiere un gesto che l’aveva colta di sorpresa.

«Chiudi di nuovo gli occhi.»

«Che?»

L’eritrocita aveva portato una mano sotto il suo mento e così l’aveva invitata a guardarlo negli occhi. «Chiudi gli occhi. Ti ho portato dall’intestino qualcosa di speciale che ti aiuterà a recuperare le energie...»

«Un po’ di glucosio?»

«Meglio del glucosio» le aveva risposto, lasciandole il volto e iniziando a frugare nella sua borsa a tracollo. Nel frattempo J-1178 aveva fatto come lui le aveva detto, e già fantasticava su ciò che DA4901 stesse per darle...

All’improvviso, l’eritrocita le aveva dato un bacio a stampo.

«E-Ehi!» gli aveva detto sottovoce, le guance accese di un rosso carminio. «M-Ma sei impazzito? Tu...»

DA4901 l’aveva guardata con sguardo colmo di desiderio, ma alla fine non aveva fatto più nulla, limitandosi ad accarezzare la sua spalla.

«Mai abbassare la guardia» le aveva sussurrato e, rialzatosi, era tornato a spingere il carrello dopo averle rivolto un sincero sorriso. «Ci vediamo più tardi per il bis...»

 

 

 

Ultimo bacio.

 

Lo stava stringendo a sé, mentre le lacrime cadevano dagli occhi e finivano sul cappello che copriva ancora la testa del suo amato. Aveva abbracciato quell’eritrocita innumerevoli volte ed era disposta a farlo ancora e ancora, però mai avrebbe immaginato di compiere quel gesto in una situazione drammatica.

Nonostante il calore della stoffa della divisa rossa, il corpo del suo compagno era freddo. Gelido, come l’atmosfera che stava avvolgendo entrambi, ben diverso dal calore al quale erano abituati.

Il volto pallido e sporco di sangue, il braccio che penzolava lungo il fianco: quel corpo era ormai inerme, privo della grande energia che aveva caratterizzato quel giovane. Il suo volto, un tempo disteso per la serenità che aveva riempito i suoi ultimi giorni di vita, era ancora contrito dal profondo dolore che era crollato all’improvviso su di lui.

J-1178 non avrebbe più visto la vita in quegli occhi corvini, serrati per sempre, né quel dolce sorriso tra le labbra sottili che non si erano mai stancante di baciarla: lui era la fonte della sua forza, che si era spenta per sempre proprio tra le sue braccia.

 

«Abbi cura di te... e ricordati che... che non sarai mai... sola... perché... io...»

 

Quelle ultime parole, accompagnate da spasmi, erano penetrate fino alle profondità della sua anima, lacerandola dall’interno. Come non avrebbe potuto sentirsi da sola? Lui era andato via, per sempre, e lo aveva fatto nel modo più terribile che entrambi conoscevano: tra atroci sofferenze, di fronte alla persona amata.

Da quel giorno, lei sarebbe stata da sola. Non avrebbe più stretto tra le braccia il suo amato, né avrebbe più baciato le sue labbra; non avrebbe più avuto alcuna occasione per stare insieme a lui, camminare e lottare al suo fianco perché l’aveva perso per sempre, senza che lei avesse potuto fare qualcosa per impedirlo.

Aveva sfiorato il suo volto con alcune tremule carezze, continuando a chiamarlo per nome nella vana speranza che lui si risvegliasse da quell’eterno sonno. Poi aveva lasciato che le loro fronti si toccassero, mentre le lacrime continuavano a scorrere senza sosta, cercando in tutti i modi di avere da quel corpo ormai gelido una risposta, anche la più piccola, che non sarebbe mai arrivata.

Aveva ancora bisogno di lui: delle sue parole, dei suoi abbracci e dei suoi baci, di quei gesti e quegli sguardi che erano sempre in grado di donarle conforto in quel mondo sempre a un passo dalla distruzione.

«Come farò... senza di te?» aveva mormorato tra i singhiozzi. «Dì qualcosa... ti prego... apri di nuovo gli occhi...»

Non aveva intenzione di staccarsi da lui: non avrebbe mai abbandonato il suo compagno, nemmeno da morto. Non sarebbe andata via da quel luogo, lasciando al suo destino quello che di fatto era diventato un cadavere: gli sarebbe stata accanto finché non sarebbe arrivato un macrofago che li avrebbe separati per sempre.

«No... questa volta non ti lascio... non ti lascerò mai più...»

J-1178 aveva posato un tenero bacio sulla fronte pallida, poi sulle labbra violacee, continuando a riscaldare quel corpo con il suo calore.

Era l’unico modo con il quale avrebbe potuto accompagnarlo nel suo ultimo viaggio, l’unico attraverso il quale comunicare il grande amore che aveva provato per lui, continuando a restargli accanto.

 

 

 

Bacio puro.

 

Dal giorno in cui aveva incontrato quella piccola cellula, J-1178 aveva preso l’abitudine di recarsi nel midollo osseo rosso. Si era affezionata a quel piccino fin da subito, e non solo perché d’aspetto fisico gli ricordava l’eritrocita che aveva amato: quel piccolino era molto timido ma sicuro delle proprie capacità e, nel guardare i suoi occhi, lei aveva visto una grande energia e passione per il futuro lavoro che lo attendeva.

Ti prometto che mi prenderò cura di lui... come se fosse tuo figlio... aveva detto in pensiero la leucocita quando l’aveva visto per la prima volta. Stessi occhi grandi e profondi come la notte, stessi capelli corvini e stessi lineamenti delicati: quel piccino era davvero una fotocopia di DA4901, una piccola cellula che doveva imparare ancora molto della vita in quel luogo ma che – e di questo ne era certa – sarebbe diventata una splendida cellula nel momento della sua enucleazione.

Quel piccolino non aveva molti amici. Quando non era nell’ampio cortile a giocare a pallone con i suoi due migliori amici, si rifugiava sempre in un angolo e lì si dedicava alla lettura di diversi libri illustrati: amava molto studiare, perché non vedeva l’ora di diventare grande e dare il suo contributo per far diventare più bello e luminoso il mondo raccontato dai maestri macrofagi.

Anche quel giorno J-1178 lo aveva visto in un angolo del cortile, con lo sguardo assorto su un libro dalla copertina rossa, che raffigurava la circolazione sanguigna. La leucocita si era fermata a distanza, osservandolo con un sorriso colmo di nostalgia: anche il suo amato DA4901 era un grande lettore, e lo sapeva perché lo incontrava spesso nei momenti di pausa con un libro tra le mani.

Anche su questo aspetto, quel piccino lo ricordava molto.

Dopo qualche minuto J-1178 aveva ridotto le distanze e si era chinata su quel piccino. «Cosa stai leggendo di bello?»

«Sensei!»

Quel piccolino l’aveva riconosciuta già dalla voce, e il suo sguardo si era illuminato di gioia quando aveva alzato gli occhi dal libro e l’aveva vista. Non aveva esitato, nemmeno per un solo istante, a tuffarsi tra le braccia della leucocita e a stringersi sempre di più a lei: si era molto affezionato a lei, e le voleva molto bene.

«Mi prendi in braccio?» le aveva detto, e subito J-1178 aveva esaudito la sua richiesta. Quel piccolino aveva iniziato a giocare con i capelli rosa della leucocita: adorava quelle due code che penzolavano da un lato all'altro, e spesso lui si divertiva a intrecciare le dita tra quei ciuffi con molta delicatezza – un modo strano per un eritroblasto, una piccola cellula che di solito era vivace – un modo che lei apprezzava. Quel piccolino era molto dolce nei suoi confronti...

Proprio come lui...

«Perché stai piangendo, sensei? Ti ho fatto male?»

J-1178 si era asciugata le lacrime di commozione che erano scivolate lungo le guance. «N-No...» aveva detto, dandogli un piccolo bacio sulla fronte, «no, piccolino... tu non hai fatto nulla...»

Quel bacio era leggero e colmo di tenerezza. Un bacio che lui aveva subito ricambiato, aggrappandosi all’improvviso alle sue spalle e riempiendo la sua guancia di tanti piccoli baci.

«Così ti sentirai meglio!» aveva esclamato con gioia. «Gli altri sensei dicono sempre che un bacio fa tornare il sorriso a chi non sta bene!»

E quel piccolino aveva ragione: quei baci innocenti, ben lontani da quelli colmi di passione che aveva ricevuto, le avevano fatto tornare il buonumore. Proprio come quell’eritrocita, anche lui aveva lo stesso potere di consolarla quando lei aveva bisogno di maggiore forza per proseguire il cammino della vita.

 

 

 

Bacio inaspettato.

 

«Grazie, sensei. Se non fosse stato per te, oggi non sarei qui.»

La leucocita aveva sorriso, scrutando in ogni dettaglio il giovane che era di fronte a lei. Aveva constatato che quel ragazzo stesse bene con quella divisa rossa, che avrebbe indossato da quel giorno fino al termine del suo ciclo vitale, e che lo avrebbe identificato come “globulo rosso”.

Quel piccino, che fino a qualche tempo prima lei stringeva teneramente tra le sue braccia, era cresciuto: era maturato splendidamente, nel fisico e nell’intelletto, e ora era pronto per la sua prima giornata lavorativa.

Nell’averlo di fronte, J-1178 aveva avuto la conferma che quel giovane fosse davvero la fotocopia di DA4901. Anche da adulto gli assomigliava terribilmente, ancora di più di quanto lo fosse da piccolo eritroblasto: un clone in tutto e per tutto, anche nei gesti e negli sguardi che rivolgeva a chiunque.

«Sai...» aveva iniziato la leucocita, mentre lo stava accompagnando per ritirare il suo carrello personale, con il quale avrebbe effettuato tutte le sue consegne. «Da oggi non sono più la tua sensei: ormai non ho più nulla da insegnarti. Non che lo avessi mai fatto perché sono un globulo bianco e le uniche cose che sono riuscita a trasmetterti sono quelle poche tecniche di difesa che può usare anche un globulo rosso, ma...»

J-1178 aveva portato una mano dietro la nuca, iniziando a massaggiarla in preda all’imbarazzo. «Se vuoi, da oggi puoi chiamarmi “Globulo bianco”. Non mi dispiacerebbe!»

L’altro le aveva sorriso, stringendo il manico del suo carrello. «Certo... Globulo bianco-san.» Poi si era congedato da lei silenziosamente, senza sfumare quel suo sorriso e salutandola con la mano aperta.

Mentre stava osservando la sua schiena, ad un tratto J-1178 aveva dato un sussulto. «A-Aspetta... DA4902-san!»

L’eritrocita aveva arrestato il suo passo, e si era voltato verso di lei con sguardo colmo di stupore. «“DA4902-san?”»

«C-Cioè...»

La leucocita aveva iniziato a guardarsi la punta dei suoi stivali, quasi sul punto di vergognarsi per ciò che aveva appena detto; tuttavia non era riuscita a trattenere i suoi sentimenti nei confronti di quell’eritrocita, che anche da adulto gli ricordava fin troppo la persona che aveva amato. «Mi dispiace...» aveva mormorato, «ora dovrei chiamarti “Globulo rosso-san” perché sei a tutti gli effetti un globulo rosso... però...»

«Nessun problema... anzi...» L’eritrocita aveva ridotto le distanze, guardandola con affetto. «Ti farebbe piacere se ti chiamassi per codice? Certo, per me resterai sempre la mia sensei però... stavo pensando che sarebbe più bello un J-1178-san, adesso che siamo colleghi...»

Poi aveva abbassato lo sguardo, timido e quasi impacciato. «A-Ah! S-Scusa se sono stato inopportuno! Giusto: hai appena detto che dovevo chiamarti “Globulo bianco”! Perdonami, io...»

«Va bene.»

J-1178 lo aveva guardato negli occhi, recuperando il sorriso che gli aveva sempre rivolto. «Sono molto orgogliosa di te, DA4902-san. E sono felice che da oggi siamo colleghi di lavoro...» di nuovo, aveva aggiunto in pensiero.

Di fronte a quell’ultima affermazione le guance dell’eritrocita erano arrossite leggermente, e tra le sue labbra era tornato un sorriso colmo di tenerezza.

Dopo qualche secondo nel quale si erano guardati negli occhi, egli aveva ripreso coraggio: con delicatezza le aveva afferrato la mano destra e, liberandola dal guanto che l’avvolgeva, l’aveva sollevata; poi aveva guardato di nuovo negli occhi la leucocita e con un elegante inchino aveva portato il dorso della mano verso le sue labbra, sfiorandola con dolcezza. J-1178 aveva aperto gli occhi per lo stupore: quel gesto era stato del tutto inaspettato, ma altrettanto colmo di rispetto.

L’eritrocita le aveva rivolto un dolce sorriso. «I sensei ci hanno insegnato a essere gentili con tutti, in particolare con le persone che ammiriamo» aveva detto con fermezza, continuando a tenerla per mano. «E tu sei una di quelle persone che ho sempre ammirato, fin dal primo giorno che ci siamo incontrati. Sarà bello lavorare con te.»

J-1178 avrebbe voluto rispondergli qualcosa, ma non l’aveva fatto. Mentre dai suoi occhi lucidi era scesa qualche lacrima, si era limitata a rivolgergli un altro sorriso, commosso sia per il complimento che per il gesto che aveva appena ricevuto.

Con quell’eritrocita non avrebbe mai potuto riprendere da dove aveva lasciato perché lui non avrebbe mai ricordato il passato del suo predecessore, ma la leucocita aveva iniziato a pensare che, forse, con lui avrebbe potuto cominciare dall’inizio.

Già. Ricominciare...

Il suo cuore aveva iniziato a battere più forte al pensiero del futuro che stava attendendo entrambi. Sarebbe stato un futuro colmo di felicità, che lei non avrebbe mai permesso a niente e nessuno di portare via.

 

Lo giuro. Questa volta... questa volta riuscirò a proteggerlo, insieme a tutti gli altri!

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

È vero che l’ispirazione arriva quando meno te l’aspetti. Qualche giorno fa mi sono svegliata e il primo pensiero che ho avuto è: “Scrivere una 0178 e i loro (tanti) baci”. E così ho fatto: mi sono subito messa a lavoro e questo è stato il risultato.

Quando finirà l’ossessione per loro? Chissà (⁄ ⁄•⁄ᵕ⁄•⁄ ⁄) Intanto, mi sto divertendo un sacco a scrivere su di loro!

Oggi non ho molto da aggiungere, tranne un particolare: nell’ultima storia ho chiamato DA4902 quel piccino che compare alla fine del capitolo 48 e che assomiglia una cifra al nostro DA4901. Non è un errore di battitura: in alcune storie giapponesi che trattano del tema della reincarnazione c’è questa costante di chiamare coloro che fanno parte della generazione successiva con un codice dal numero finale superiore rispetto a quello dei loro predecessori; in realtà ciò è derivato dall’episodio pilota di Cells at Work, Saibou no Hanashi, dove al personaggio di U-1116 (un globulo bianco) succederà U-1117 (un altro globulo bianco che si scoprirà essere proprio la sua reincarnazione)... per cui non è del tutto impossibile che anche quella piccola cellula possa chiamarsi in quel modo! ;)

Per ora è tutto, alla prossima!

--- Moriko

 

 

   
 
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