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Autore: ChrisAndreini    07/05/2021    2 recensioni
Leonardo non è mai stato un tipo molto ambizioso. Certo, ha i suoi sogni e le sue speranze e le sue passioni, ma di certo non ha mai pensato che un giorno sarebbe finito in un universo parallelo a lottare per salvarsi la vita in mezzo a principi, cavalieri, spie di città nemiche e disapprovazione dei nobili e paesani.
Ma oh, uno deve sopravvivere come può, e se diventare il cuoco reale potrà allungargli la vita di qualche giorno, vale la pena ricevere occhiatacce.
Dopotutto, la via più veloce per il cuore di qualcuno passa per il suo stomaco, giusto?
Non che Leonardo, dichiaratamente omosessuale, abbia intenzione di fare stragi di cuore, sia mai!
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Se ti volessi avvelenare sarei più subdolo al riguardo

Leonardo era abituato a prendere mezzi pubblici, soprattutto la metro e l’autobus, ma aveva avuto qualche viaggio in treno, alcuni momenti sul retro di un furgone dopo aver preso un passaggio non autorizzato (ragazzate, non giudicate) ed era stato su un paio di aerei turbolenti.

Ma nulla era comparabile al fastidio che stava provando in quel momento nell’essere su una carrozza con le sbarre che si muoveva in fretta e sembrava sul punto di ribaltarsi da un momento all’altro.

Era per caso la prima forma di tortura che avrebbe dovuto sorbirsi?

Perché era davvero in procinto di vomitare, e si tratteneva solo per non sorbirsi la seconda forma di tortura, ovvero un odore non proprio gradevole per il resto del viaggio.

Che non aveva idea di quanto sarebbe stato lungo, quindi meglio conservare l’ambiente il più pulito possibile.

Alla fine, dopo quelle che probabilmente erano ore interminabili, finalmente il carro si fermò, e Leo si abbandonò sdraiato con un sospiro di sollievo molto rumoroso.

Sentì voci in lontananza e gente che scendeva dalle carrozze vicine, ma finché non si avvicinavano a lui, sarebbe rimasto a fingersi morto e a recuperare le forze.

Di solito negli isekai le persone non finivano reincarnate nel corpo di persone già esistenti? Perché Leonardo aveva avuto la sfiga di arrivare dal nulla e non avere né una storia né conoscenze di quel mondo da poter utilizzare per salvarsi la pelle?!

Allora, doveva ricordare ciò che gli aveva raccontato Giada.

Ricordava che i due regni più importanti erano Jediah e Valkrest, in perenne lotta tra di loro per motivi stupidi. Poi c’era Lumai, ovvero il territorio da cui veniva la protagonista femminile, e di cui non si sapeva molto perché era in realtà parecchio lontana e isolata e pacifica.

C’era un tempio, tipo?

Delle divinità?

Erano una o molte?

Questo Leo non lo sapeva proprio.

Forse l’avrebbero interrogato sugli usi e costumi di Lumai? Perché non aveva semplicemente continuato a fingere l’amnesia?! Era sempre un’ottima idea in un isekai, dovevano usarla più spesso per giustificare i cambi repentini delle personalità dei personaggi.

Basta tergiversare, doveva concentrarsi.

Allora… un’altra cosa che sapeva del libro era che il castello era il posto più sicuro del regno, e che erano sempre richieste cuoche per accontentare i gusti della principessa.

Onestamente, dopo il modo in cui l’avevano trattato, Leo aveva qualche remora nell’insistere per diventare il cuoco reale, dato che non si meritavano la sua super cucina.

Stava studiando da anni per provare a partecipare a Masterchef! Era un cuoco di tutto rispetto! Sua madre lavorava e sua sorella era troppo piccola, quindi era lui il cuoco di casa, ed era una delle poche cose di cui poteva vantarsi! 

Chissà quanto erano preoccupate sua madre e sua sorella. Chissà se a quell’ora avevano scoperto cosa fosse successo. Chissà che ore erano. Chissà se il tempo scorreva allo stesso modo.

E la sua migliore amica? Uff, certo che Leo era finito davvero in un bel guaio. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare a casa.

Si mise una mano sul volto per asciugare le lacrime che avevano avuto l’ardire di passare la membrana impenetrabile dei suoi occhi, e sospirò, già troppo stanco della situazione.

-Hey…- un sussurro proveniente da fuori le sbarre di ferro attirò la sua attenzione, e in un primo momento Leo valutò l’idea di fingersi morto per davvero. 

-Sei ancora vivo, stai male?- chiese la voce, prima che il ragazzo avesse il tempo di decidere una strategia.

Poi al suo cervello arrivò l’informazione che oh, la voce era femminile, quindi probabilmente la proprietaria di tale voce era colei che Leo avrebbe dovuto conquistare in ogni modo per ottenere la salvezza e magari un lavoro.

Si mise a sedere, e confermò le sue ipotesi.

Davanti a lui, dietro le sbarre, ad osservarlo con espressione curiosa, c’era la principessa.

-Sì, sono vivo. Sì, sto male- rispose alle domande. Era scortese non rispondere, giusto. No, probabilmente era più scortese non inchinarsi. Provò a farlo, ma sebbene fosse basso, neanche lui riusciva a stare in piedi in quella gabbia, e finì per sbattere la testa e cadere di nuovo sdraiato a terra.

-Mi inchinerei ma mi è difficile, principessa- si scusò, massaggiandosi la testa dolorante.

La ragazzina ridacchiò, e si sporse maggiormente verso di lui, incuriosita.

-Sei una spia di Valkrest?- chiese, innocentemente.

-No, non sono una spia, non ho nessuna relazione con Valkrest, e mi piace molto cucinare. Sono bravissimo a cucinare. Soprattutto i dolci. A voi piacciono i dolci, principessina?- Leo provò nuovamente a farsi pubblicità, avvicinandosi e sorridendole incoraggiante.

Si rese conto troppo tardi che quello che aveva detto poteva risultare ambiguo.

Ambiguo ai livelli di un camion sospettissimo con la scritta “free candy” sul fianco.

O un camioncino del gelato che va in giro alle tre del mattino con la musichetta creepy.

Quel tipo di ambiguo.

E troppo tardi nel senso che si rese conto di essere stato ambiguo quando alle spalle della principessa comparvero due figure estremamente minacciose che fissarono Leo con due occhi che se gli sguardi potessero uccidere Leo sarebbe stato felice perché la morte lo avrebbe tolto da quella situazione che si faceva sempre peggiore.

-Non avevo nessuna brutta intenzione!- si affrettò a rassicurare, alzando le mani e allontanandosi fino ad essere al limite della gabbia.

-Opal, perché non vai a sederti sul prato per il pranzo?- uno dei due figuri, il principe, accarezzò dolcemente la testa della sorella e la incoraggiò con un sorriso ad allontanarsi dalla spia pericolosa.

La principessa fece passare un attimo lo sguardo tra i due, poi annuì e fece come le era stato chiesto.

E tanti cari saluti all’unica possibilità di non venire torturato e ucciso.

Non appena Opal sparì dalla vista, il principe tornò a fissare Leo con occhi temporaleschi.

E prima che Leo potesse scavarsi maggiormente la fossa con qualche giustificazione molto poco progettata, la seconda figura accorsa parlò per prima, lanciandogli un’occhiataccia.

-Se vuoi vivere ti conviene stare in silenzio- gli consigliò, e nel momento in cui aprì bocca, Leo si rese conto che il tipo, ora senza elmo, era lo spadaccino pazzo Chevel.

A vederlo da vicino (troppo vicino, levati e allontana la spada) neanche lui era male di aspetto. Molto alto, fisico possente, pelle scura e capelli corvini. Dava una sensazione di sicurezza.

-Oh, no, Chevel. Non ho intenzione di ucciderlo…- il principe sorrise nuovamente, ma non c’era alcun calore sul suo volto.

-Se provi a fare del male a mia sorella, o le rivolgi nuovamente la parola, pregherai che su di te sopraggiunga la morte, dopo quello che ti farò- lo minacciò.

E, onestamente, mood.

Se qualcuno fosse andato da sua sorella con parole del genere, Leo probabilmente non avrebbe neanche fatto alcun avvertimento, sarebbe passato direttamente alle mani.

E ne avrebbe prese parecchie vista la sua pochissima presenza fisica, ma dettagli.

Era abituato a prenderle.

Ma non aveva comunque voglia di subire vere e proprie torture.

-Non ho alcuna intenzione riprovevole nei confronti della principessa. Ho una sorella minore anche io- per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare con il principe, sul volto di Leo c’era totale e assoluta sincerità.

Probabilmente iniziava a stancarsi di quella situazione, forse pensare a sua sorella gli aveva messo malinconia, ma l’astio negli occhi del principe sembrò affievolirsi appena.

-Chevel, dagli un pezzo di pane. Mi sembra parecchio denutrito- il principe si rivolse alla guardia, che prese una pagnotta da una bisaccia che portava appresso e gliela lanciò dentro la gabbia con noncuranza.

Leo si rese conto solo in quel momento di quanto avesse fame.

Non era malnutrito di per sé, ma era felicissimo per una volta di essere mingherlino, perché altrimenti chissà quando avrebbero potuto nutrirlo.

E lui era abituato a quattro pasti al giorno.

-Grazie- disse distrattamente, per forza dell’abitudine, mentre raccoglieva il pane sicuramente poco salutare da terra e cercava di pulirlo al meglio in modo da non prendersi un qualche malanno allo stomaco.

Aveva già lo stomaco in subbuglio per il giro in carrozza, non voleva anche aggiungersi una qualche intossicazione alimentare.

Diede un morso al pane, che era forse il più duro e insapore che avesse mai mangiato.

E iniziò a chiedersi se forse non era meglio restare digiuno.

-Ew, avete disperato bisogno di cuochi migliori- non riuscì a trattenersi dal dire.

Il principe, che per tutto il tempo era rimasto a fissarlo con sguardo impassibile, piegò la testa.

-Insisti con questa faccenda? Perché mai dovrei assumere un uomo come cuoco?- chiese, esasperato.

-Lo sanno tutti che sono le donne le cuoche migliori- gli diede man forte il cavaliere, annuendo con vigore.

Leo li guardò parecchio infastidito.

“Ha chiamato il medioevo, rivuole indietro la sua opinione” avrebbe voluto ribattere.

Ma quello era effettivamente il medioevo, circa.

Voleva sempre di più tornare nel ventunesimo secolo.

Prese un altro pezzo di pane, riflettendo su come obiettare a quella cavolata immensa.

-Chevel, controlla che non faccia nulla di male. Stasera saremo al palazzo e vedremo cosa fare con lui- il principe rinunciò ad ottenere nuove informazioni, e lasciò lo spadaccino pazzo di guardia.

Mentre si girava per andare via, a Leo venne un’illuminazione.

Alla fine capì cosa avrebbe dovuto fare per salvarsi.

Basta con l’essere il più onesto possibile! Basta evitare le domande scomode fingendo amnesie o cercando di dare un senso a cosa diceva!

No, doveva bluffare.

Dire una quantità così abissale di cavolate immense con sicurezza massima che nessuno sarebbe riuscito ad obiettare.

Doveva crearsi una backstory così struggente che i giudici di Masterchef non avrebbero potuto fare altro che prenderlo in cucina per aumentare l’audience!

No aspetta, non era a Masterchef.

Ma il concetto era lo stesso.

-Quando sei orfano e non hai alcuna figura femminile nella tua vita oltre alla tua sorella più piccola, diventa praticamente impossibile non mettersi a cucinare- borbottò, quasi tra sé, ma con il chiaro intento di farsi sentire da entrambi uomini.

Non li guardò, ma fissò un punto all’orizzonte come se fosse immerso in pensieri profondi.

-Orfano?- chiese Chevel, squadrandolo con sospetto.

-I miei genitori sono morti quando ero piccolo… quando mia sorella era piccola. E ho sei fratelli in generale, in realtà. Non tutti da entrambi i genitori… mio padre andava per locali. Comunque ero il maggiore, ho dovuto badare a loro, e ho imparato a cucinare con il niente per sostentarli. So fare un ottimo pane, e rielaborare il pane raffermo in ottime ricette- Leo continuò ad inventare, sperando di non dimenticare la finta storia struggente.

Il principe si girò verso di lui, e lo guardò incuriosito.

-Questo pane non è delle nostre parti. L’abbiamo acquistato in viaggio a Valkrest. I nostri cuochi ci soddisfano, e dubito fortemente che un autodidatta possa essere all’altezza della cucina reale- obiettò, e dal suo sguardo era chiaro che non credeva ad una parola di quello che Leo stava dicendo.

-Dovresti tornare dalla tua famiglia, se ha così bisogno di te come dici- osservò Chevel, che sembrava più propenso a credere alla finta backstory, ma continuava a squadrarlo con sospetto.

Sollevavano due ottimi punti al riguardo.

-Sì, potrei… no, non posso, perché mi avete catturato. E poi lo stipendio di un cuoco reale sicuramente potrebbe aiutare molto di più la mia famiglia rispetto a un qualsiasi altro lavoro. Dubito che mi permetterebbero di lavorare o aprire una panetteria dato che sono un uomo- okay, non era del tutto certo che il sessismo fosse così grande da impedire ad un uomo di trovare lavoro, ma nel caso non fosse stato così poteva fingere che a Lumai gli era successo di essere discriminato?

Oh, lui le sparava tutte, poi tanto peggio di così non sarebbe potuto finire.

Dopotutto non era una spia ed era bravo a cucinare.

Uno dei suoi lavori part-time l’aveva portato dentro una cucina stellata… per una settimana… come cameriere.

Ma aveva osservato tutto, preso appunti, e aveva anche dato un leggero aiuto per l’impiattamento del dolce.

Non era così sprovveduto quando si trattava di cucina.

-La mia domanda sorge spontanea, che ci facevi nella foresta confinante con Valkrest se sei originario di Lumai, in tutt’altra zona? Credi che potrei mai fidarmi di una persona tanto sospetta?- capendo che Leo aveva voglia di chiacchierare, il principe dimenticò gli impegni con sua sorella per concentrarsi sul prigioniero.

E se si fosse trovato in una situazione diversa, a Leo non sarebbe dispiaciuta tutta quell’attenzione.

Peccato che fosse un tipo di attenzione sbagliato.

Leo aveva pochi secondi per riflettere sulla legittima domanda senza risultare sospetto.

E non aveva più la possibilità di tornare sui suoi passi e affermare “Avete ragione, ho mentito su tutto quello che ho detto perché in realtà soffro di amnesia e sono nel panico” perché dopo tutte le informazioni date non risultava più credibile.

Quindi sparò la più grande stupidata nella storia della sua vita.

-Volete sapere la verità? È vero, vengo da Valkrest, ma sono di Lumai, e il motivo per cui mi trovavo lì era che mi avevano preso come schiavo, e sono fuggito!- 

Il principe e il cavaliere sgranarono gli occhi, e fissarono Leo a bocca aperta.

Il ragazzo aveva tentato di risultare il più sofferente possibile al ricordo delle finte torture subite, e sperò con tutto il cuore che Valkrest avesse davvero qualche tratta di schiavi da qualche parte.

…no, cioè, non è che lo sperasse davvero, povera gente, ma almeno la sua storia sarebbe risultata credibile, quindi qualche rumors di eventuali tratte di schiavi nel regno vicino sarebbero stati una buona cosa.

Dai, ci sono sicuramente degli schiavi in un universo fantasy medievaleggante come questo, giusto?

Un mondo dove un uomo non può cucinare si sarà abbassato anche a privare di libertà povere persone indifese.

-Valkrest ha una tratta di schiavi?!- chiese il principe, finalmente pendente dalle sue labbra, avvicinandosi alle sbarre per controllare meglio le sue espressioni.

Era troppo tardi per ritirare l’accusa?

Sì, sicuramente sì.

Leo sperava di non provocare inavvertitamente una guerra.

-Non so esattamente chi fossero i mandanti, o chi ci fosse con me, o chi avesse organizzato tutto, ma mi hanno catturato. La mia famiglia è povera, volevano prendere uno dei miei fratelli, ma mi sono offerto al suo posto. Non potevo permettere che finisse nelle grinfie di quella gente- dai, buttarla sul sacrificio era un’ottima idea, giusto?

Sarebbe sembrato più apprezzabile, avrebbe suscitato empatia da parte dei suoi carcerieri.

Il principe sembrò effettivamente turbato da quella storia.

-Se è vero che c’è una tratta di schiavi illegale dovrei mandare tempestivamente una lettera al re di Valkrest perché indaghi sulla cosa. Non voglio credere che la famiglia reale sia invischiata, ma alcuni nobili potrebbero aver ripreso le vecchie abitudini. Chevel, credi che riusciremmo ad affrettare il passo?- il principe iniziò ad elaborare un piano d’azione, dando prova di essere effettivamente un buon monarca.

Leo cercò di restare impassibile e non mostrare il senso di colpa che lo aveva appena assalito per la stupidissima storia inventata di sana pianta. 

E soprattutto… affrettare il passo significava che i sussulti su quella carrozza sarebbero solo aumentati. 

Probabilmente però Leo meritava la nausea.

-Credi davvero che qualche uomo affamato di potere andrebbe contro ai comandamenti del concilio degli dei? Io trovo più plausibile che questo ragazzo stia mentendo- osservò Chevel, guardando storto Leo, che si concentrò sul pane rimasto per non dar a vedere che i sospetti de cavaliere erano più che fondati.

Ugh, c’era un po’ di muffa sull’estremità, che schifo!

-Chi mentirebbe su una faccenda così importante?- chiese il principe, osservando Leo a sua volta, che cercava di togliere i pezzi rovinati.

-Un uomo senza valori e senza morale, disposto a tutto pur di finire nelle grazie di vostra maestà con chissà quale intento riprovevole- rispose Chevel, con chiaro disgusto nei confronti di Leo, che si sentì toccato nel profondo.

Senza poter controllare le proprie azioni, lanciò la crosta di pane ammuffita dritta contro Chevel, colpendolo in pieno volto.

Ci fu qualche istante di immobilità generale.

E probabilmente l’unico motivo per cui Leo non era diventato un kebab infilzato dalla spada del cavaliere era che i due uomini erano rimasti troppo sorpresi dal suo gesto inconsulto per reagire immediatamente.

E Leo, che in cuor suo sapeva che dopo aver colpito con una crosta ammuffita un cavaliere ormai era con un piede nella fossa, decise che se doveva morire, sarebbe morto col botto.

-Non sono un santo, non sono un genio e non sono la persona migliore che catturerete, ma non osate dire che non ho valori. Io ho valori! E tengo alla mia famiglia, ai miei diritti e alla mia libertà, tutte cose che mi sono state strappate di dosso. Sono ferito, sono stato rinchiuso, mi avete nutrito con del pane ammuffito e sono qui da meno di un giorno. Io capisco anche la vostra posizione, eh, ma voi non vi sforzate neanche un secondo di capire la mia. Non sono una spia, non sono un infiltrato, e non sono pericoloso. E farmi insultare sui valori da un tipo che crede che un uomo non può cucinare è la cosa più ingiusta e ironica che mi sia mai successa oggi. E TU MI HAI FERITO CON UNA SPADA!- Leo sfogò tutta la rabbia repressa da quando era finito in quel mondo.

Era stanco, disorientato, trattato malissimo senza nessuna ragione, e anche discriminato ingiustamente.

Non ne poteva più.

E probabilmente la sua frustrazione e sincerità venne recepita quantomeno dal principe, perché dopo averlo fissato per qualche secondo, fece un cenno a Chevel, che aveva già messo la mano alla spada, in modo da fermarlo.

-Dovremmo ripartire. Richiama le guardie- incoraggiò il cavaliere, che fece un piccolo inchino e lo anticipò via dal prigioniero.

-Non capisco se tua sia coraggioso o solo molto stupido, ma sei su ghiaccio molto sottile- furono le ultime parole che il principe gli disse prima di seguire l’uomo.

Leo rimase solo, e finalmente fu libero di lasciare le lacrime fluire liberamente.

Non era un debole o un piagnone, ma il peso di quello che gli stava succedendo, e la consapevolezza che il pericolo era sempre più reale iniziavano a farsi molto forti in lui.

Si aspettava che la prigione su ruote ripartisse da un momento all’altro, ma prima che questo avvenisse, un’altra persona, l’ultima che lui si aspettava di rivedere così presto, fece comparire la testa bionda attraverso le sbarre della prigione.

-Stai piangendo? Pensavo che gli uomini non piangessero mai- chiese la principessina, con vispi occhi curiosi e sorpresi.

-Notizia flash, gli uomini possono fare tutto quello che fanno anche le donne- la informò Leo, a cui onestamente non gli fregava più niente di status o educazione. Il suo tono di voce però si calmò appena, e divenne più gentile.

La principessa non sembrava spaventata, e si sporse di più verso di lui.

-È vero che sai cucinare?- chiese timidamente.

Leo sollevò la testa, e la guardò negli occhi, annuendo appena.

Ora che la vedeva più da vicino, senza pensare al suo fratello maggiore e allo spadaccino pazzo, si rese conto di quanto gli ricordasse sua sorella.

O forse semplicemente sua sorella iniziava a mancargli tanto.

Fisicamente non si somigliavano affatto, ma avevano la stessa energia, curiosa, gentile, innocente.

-Sì, mi piace molto cucinare. Cucinavo per mia sorella, prima di finire qui. Lei adora i miei pancakes e le mie crepes- spiegò, addolcendo il tono.

-Cosa sono?- chiese la principessa, piegando la testa confusa.

La principessa non conosceva pancakes e crepes?! Leo doveva rimediare.

-Sono un tipo di dolce molto buono da mangiare a colazione. Servono pochi ingredienti. Per le crepes solo farina latte e uova. Sono ottime con cioccolata e marmellata- spiegò, provando a mimare il dolce con le mani.

La principessa pendeva dalle sue labbra.

-Principessa! Dove sei?!- si sentì la voce di Chevel da lontano, e la principessa sobbalzò.

-Spero che un giorno me le cucinerai- gli sorrise, prima di fare dietro front e tornare alla propria carrozza sicuramente meno malmessa.

Leo aveva la stessa speranza, anche se la sua era più che altro “Spero che non morirò prima di averne occasione”.

Stava pensando troppo alla propria morte, ultimamente.

 

Quando finalmente la carrozza-gabbia si fermò nuovamente era ormai il tramonto, e Leo era più morto che vivo con lo stomaco in subbuglio e felicissimo di essere finalmente in procinto di essere sbattuto in cella o nella sala torture. Almeno sarebbe rimasto fermo.

Subito Chevel lo raggiunse, aprì la porta e lo legò nuovamente come un salame per poi caricarselo in spalla.

-Mi chiedo, ma i nemici più alti e massicci li porti comunque così?- chiese il ragazzo, con la poca voce che ancora riusciva a tirare fuori. Quella posizione non aiutava la sua nausea.

-Stai zitto- lo ammonì il cavaliere.

-Okay… piccola domanda finale: le torture vengono effettuate già la sera o posso dormire un po’ prima?- Leo sapeva di dover collaborare, ma non riusciva a non parlare. Era una sua grande debolezza.

E parlare lo aiutava a combattere la nausea.

-Sei la persona più insopportabile con cui abbia mai avuto la sfortuna di interagire- borbottò Chevel, irritato, senza però rispondergli.

-Beh, il disprezzo è reciproco- sussurrò Leo, cercando di non farsi sentire.

Chevel probabilmente lo sentì, perché quando lo posò a terra, fu molto più brusco del necessario.

-Ahi, il mio coccige!- si lamentò, mordendosi il labbro per soffocare il dolore.

Scommetteva tutto quello che aveva (che al momento non era molto a dire il vero) che gli sarebbe presto venuto un gran bel livido.

Dato che per un secondo aveva visto proprio le stelle, ci mise un po’ a rendersi conto di dove fosse stato buttato.

Non era una prigione polverosa, come si sarebbe aspettato, ma sembrava una piccola… cucina?

Si guardò intorno qualche secondo, per quanto gli fosse permesso dalle corde che gli tenevano ferme le mani e i piedi, poi tornò a guardare il cavaliere, che lo fissava a braccia incrociate e sguardo molto seccato.

-Ci sono meno topi di quanti pensassi in questa prigione- commentò, tentando di fare le finger guns, ma impossibilitato.

-Oh, Jahlee, dammi la forza di non ammazzarlo- commentò Chevel, alzando gli occhi al cielo.

Jahlee… probabilmente una divinità.

Bene, un’informazione in più.

Leo pregò che desse davvero a Chevel la forza di non ammazzarlo, ma evitò di esternare la speranza ad alta voce.

Pochi minuti dopo, la porta si aprì, e un paio di donne fecero la loro comparsa, vestite da cameriere esattamente come si vedeva nei manga e manhwa. Wow, che strano.

Portavano sulle spalle pesanti sacchi dal contenuto ignoto.

-Buonasera messer Chevel. Sono venuta a portare gli ingredienti richiesti, come ordinato da vostra maestà il principe Daryan- la più anziana di tutti, una signora dallo sguardo forte che denotava grande abilità di comando ed esperienza, si inchinò appena al cavaliere e annunciò ciò che era venuta a fare.

-È un piacere rivederti, Mildred. Che Jahlee ti protegga- Chevel ricambiò il saluto con eleganza.

Quindi quando voleva sapeva anche essere gentile. Wow, Leo non se l’aspettava.

-A lei, cavaliere- Mildred sorrise.

Poi, mentre le altre donne posavano gli ingredienti in cucina, si guardò intorno.

-Allora, dov’è la nuova recluta?- chiese, curiosa.

Il suo sorriso si spense quando notò Leo.

-Quella?- chiese, indicandolo.

-Quello- rispose Chevel, freddo, marcando il maschile.

La cameriera storse il naso, le altre si sporsero per vederlo, incuriosite e sorprese.

Ma sul serio nessun uomo aveva mai iniziato a cucinare in quel posto?! E se Leo avesse parlato di donne nell’esercito e uomini casalinghi che avrebbero fatto, si sarebbero suicidati per lo shock?! Che mentalità ristretta!

Che poi, ironico pensare che nel mondo reale il mondo culinario di alto rango era comandato dagli uomini… un po’ come tutti i mondi a dire il vero, ma dettagli.

-È uno scherzo?- chiese Mildred, sottovoce ma abbastanza forte da farsi sentire da tutti.

-Io seguo solo gli ordini di sua maestà il principe Daryan- Chevel alzò le spalle. Si vedeva lontano un miglio che non approvava quegli ordini.

Leo più che altro si chiedeva da dove fosse venuto in mente al principe di dargli una chance, soprattutto dopo lo sclero.

Forse voleva metterlo alla prova? Beh, Leo era sicuro di poter superare qualsiasi prova con le sue abilità culinarie.

Anche se…

-Non so se è perché sono uomo e quindi inferiore, ma se devo cucinare, e a quanto ho capito devo cucinare, mi duole informarvi che mi è alquanto difficile con mani e piedi legati- fece notare ai presenti, sollevando le mani per rendere ancora più chiaro il suo impedimento.

Chevel sospirò, e tagliò con un colpo netto della spada le corde che tenevano Leo legato, sia mani che piedi.

Massaggiandosi i polsi, Leo si alzò, e osservò gli ingredienti portati dalle cameriere.

Uova, latte e farina… un momento.

Ohhhh, aveva un angelo custode travestito da principessa!

Anche se… avevano detto che era stato il principe a ordinare quella roba.

-Quindi… fatemi capire bene, dovrei cucinare?- chiese per sicurezza, misurando gli ingredienti, controllando padelle e utensili e cercando qualcos’altro da poter usare per inventare un po’.

Vista la qualità di ciò che poteva usare, il livello di difficoltà era pressure test uno contro uno.

In effetti un po’ di tensione iniziava a salire.

-O questo, o ammetti di aver mentito- lo provocò Chevel, con la mano sulla spada.

Probabilmente c’era davvero una qualche divinità che lo stava fermando dal fare una strage, perché i suoi occhi mostravano un chiaro intento omicida.

Leo aveva effettivamente mentito, ma non su quello, quindi si rimboccò le maniche, e iniziò a preparare gli ingredienti.

Le crepes erano forse la ricetta più facile dell’intero universo, persino io scrittrice le so fare, quindi avrebbe vinto facile.

Ma forse troppo facilmente? Se avesse avuto del cacao o della frutta avrebbe potuto realizzare una torta di crepes, o comunque qualche bella composizione.

Dopotutto l’impiattamento è importante quasi quanto il gusto.

E non stava cucinando per i compagni di liceo, ma per la famiglia reale.

Sebbene il principe non meritasse niente, voleva fare bella figura con la principessa.

Iniziò prendendo in rassegna gli ingredienti e posizionandoli davanti a una ciotola di legno.

Poi controllò meglio le buste, ed esultò appena nel trovare del cacao, vaniglia e zucchero.

Forse con il latte riusciva anche a preparare della panna montata da mettere sulle crepes.

-C’è della frutta?- chiese, per curiosità.

Tutti i presenti nella stanza lo stavano fissando controllando ogni singolo movimento.

Nessuno rispose.

-Okay, era per dire- Leo alzò le mani in segno di resa, e cominciò a mischiare gli ingredienti, con tranquillità e cercando di ignorare la gente che lo stava fissando.

Per concentrarsi meglio cominciò a fischiettare, e a ballare appena tra sé, come se stesse nella propria cucina, a preparare delle crepes per sua sorella e sua madre.

-È un rituale magico?- chiese Mildred, scandalizzata, a Chevel.

-Quasi sicuramente, state indietro- rispose il cavaliere, pronto ad intervenire se fossero scoccate scintille.

Dopo aver finito l’impasto, e averlo mischiato il più possibile per evitare che si formassero grumi, Leo lo coprì con uno storfinaccio che sembrava il più pulito tra quelli disponibili, e mise il tutto il più vicino possibile alla finestra in assenza di un frigo.

Poi approfittò del tempo di attesa per preparare cioccolata, panna montata, e altre piccole guarnizioni per realizzare la sua visione.

Dopo circa venti minuti, riprese l’impasto, e dopo aver messo la padella sul fuoco, iniziò a cucinare le crepes.

Nell’impasto aveva messo anche il cacao per renderle direttamente al cioccolato, una sua specialità molto personale.

In tutto questo, alcune cameriere molto coraggiose si erano avvicinate per osservare meglio i suoi movimenti, e sembravano incantate ad ammirarlo.

Mildred e Chevel erano ancora sull’attenti, pronti a scattare da un momento all’altro per fermare qualsiasi cosa lui stesse facendo.

Ma Leo non badava a loro, non badava a nessuno.

Quando cucinava era nel suo elemento, e non esisteva il mondo intorno a lui.

Per lui la cucina non era solo una passione o un hobby, era una valvola di sfogo, una forma d’arte, la cosa più vicina alla magia che esistesse. 

…no, beh, considerando che era finito in un universo alternativo, probabilmente c’erano magie più magiche di un piatto ben cucinato, ma insomma, il punto era che creare qualcosa di buono da ingredienti grezzi era una forma di magia, per certi versi.

Leo diede sfogo a tutti i suoi trucchi per quelle crepes. Forme strane, dalle più semplici come un cuore o una stella, a veri e propri piccoli quadri che rappresentavano personaggi di cartoni animati o videogiochi.

Tanto lì che ne capivano, giusto?

Alla fine uscirono molte più crepes di quanto si aspettasse, e considerando che non aveva avuto niente per misurare le dosi ed era andato a occhio, non era tanto inaspettato.

Preparò un piatto con le più belle, e lasciò le altre su un piatto.

Si era fatta sera inoltrata quando ebbe finalmente finito, quindi, dato che il suo stomaco brontolava parecchio, prese le peggio riuscite e le mangiò con una leggera guarnizione.

Wow, erano uscite le più buone che avesse mai fatto.

O forse era solo iper affamato dato che in tutto il giorno aveva mangiato solo un pancake e un po’ di pane raffermo.

-Allora… volete favorire?- chiese rivolto agli spettatori rimasti a fissarlo per tutto il tempo senza assentarsi o distrarsi neanche un secondo.

Leo non sapeva se fosse dedizione o solo sospetto immenso, ma provò ad esserne orgoglioso.

Magari li aveva tenuti attaccati allo schermo con il suo carisma culinario.

Le cameriere più interessate si avvicinarono con occhi pieni di desiderio, ma Mildred si affrettò a fermarle, prendendole per i fiocchi sul retro del vestito.

-È vietato assaggiare cibo destinato alla famiglia reale. Ogni buon cuoco lo sa- ricordò alle subordinate, lanciando poi un’occhiataccia a Leo, che aveva ancora la bocca piena e una macchia di cioccolato in un angolo.

-Se non lo assaggiate come fate a sapere che è uscito bene?- chiese Leo, ovvio.

Mildred sobbalzò, presa in contropiede.

Chevel interruppe ogni possibile discussione.

-Tu, prendi il piatto e seguimi!- incoraggiò Leo, che fece quanto ordinato e iniziò già ad immaginare quale reazione avrebbe potuto avere il principe.

Nella peggiore delle ipotesi avrebbe sputato tutto dicendo “E tu questo lo chiami cucinare?! Ti darò venti frustrate per vendetta!” e poi lo avrebbe ucciso.

…ma le crepes erano ottime, nessuna persona sana di mente avrebbe potuto pensare che non lo fossero.

Quindi la migliore delle ipotesi, ovvero il principe che si inchinava ai suoi piedi, gli prendeva la mano e gli chiedeva con occhi brillanti se potesse diventare il suo cuoco ufficiale era molto più plausibile, giusto?

Chevel lo fece aspettare davanti a una porta, entrò per annunciarlo, e poi lo incoraggiò ad entrare a sua volta.

Leo entrò soddisfatto e pieno di aspettativa.

Il principe era seduto su una scrivania bellissima. L’intera stanza, probabilmente un ufficio vista la quantità di librerie e l’assenza di un letto, era bellissima, davvero elegante. Si vedeva che era uscita da un libro, a Leo ricordava la regga di Caserta, dove era stato una volta in vacanza.

Mentre l’aspirante cuoco si guardava intorno, il principe stava finendo di scrivere una lettera.

Sembrava molto concentrato e affamato. Non degnò Leo di uno sguardo.

-Buonasera, principe Daryan- dopo qualche secondo di silenzio, Leo lo ruppe.

Forse doveva aspettare ulteriormente, ma quel piatto era pesante, e Leo odiava aspettare.

-Che Jahlee vi protegga…- aggiunse poi, sperando di essersi ricordato bene il nome del dio.

Il principe sollevò la testa dalla lettera, e lo guardò con sospetto.

-Saluto inaspettato da parte di un abitante di Lumai- lo accusò, incrociando le dita e fissandolo con sguardo freddo e calcolatore.

Sembrava un cattivo di un anime, gli mancavano solo gli occhiali con il riflesso malvagio e l’ombra sotto gli occhi.

-Pensavo fosse più appropriato per il principe di Jediah. Purtroppo il mio passato da uomo comune mi ha reso poco pratico dell’etichetta di corte- cercò di giustificarsi Leo, posando il piatto di crepes davanti al principe, che spostò lo sguardo su di esso, e inarcò le sopracciglia.

-Sembra bruciato, anche piuttosto malamente- commentò, storcendo il naso.

-È un impasto al cacao, vostra maestà- spiegò Leo, cercando di non mostrare la sua delusione alla reazione.

-Bene, ora mangia- il principe gli spostò il piatto davanti.

Leo rimase di sasso.

-Come, prego?- chiese, sorpreso.

Sarebbe stato pure gentile se non l’avesse fatto con quel tono e quello sguardo.

-Qualche problema con il tuo piatto, spia?- lo provocò il principe, alzandosi e facendo un sorrisino di chi aveva capito tutto quanto.

Leo non stava capendo niente invece.

-No, solo non capisco perché…- poi gli venne un’illuminazione, che lo lasciò completamente di stucco.

E lo fece scoppiare a ridere, senza che si potesse trattenere.

Questo sembrò sorprendere il principe, che fece un passo indietro, confuso.

Leo prese una delle crepes, e la mangiò senza il minimo problema.

-Sa, vostra maestà, se avessi voluto avvelenarla penso che sarei stato molto più subdolo- gli fece presente. Ammetteva di essere sospetto, ma non gli era passato per l’anticamera del cervello neanche per un secondo che la sua richiesta potesse portare tali sospetti.

E poi chi diavolo cucinava un piatto avvelenato ad un principe come prima cosa appena arrivato a palazzo?! Solo un idiota con tendenze suicide.

-Considerando la tua imprevedibilità e impulsività è più che legittimo supporre che tu abbia cattive intenzioni. Prendi anche quel pezzo- il principe non si fece convincere, e gli indicò la crepe più bella, a forma di rosa, che Leo fu ben felice di mangiare.

-Questa aveva sia cioccolato che panna montata all’interno- gli rivelò, per farlo pentire di non averla mangiata lui.

Il principe lo fissò qualche secondo, aspettando che si sentisse male.

-Se vuole posso anche mangiare tutto il piatto. Non è avvelenato, è buonissimo, e ho parecchia fame- si offrì, facendo per prendere un’altra crepe.

Il principe gli spostò il piatto, e si mise davanti a lui, per squadrarlo con più attenzione.

Era chiaro che non capisse assolutamente le sue intenzioni.

Probabilmente farlo cucinare era stata solo una prova per vedere come avrebbe reagito, se mentiva, o se avrebbe provato un attacco immediatamente.

Ancor più probabilmente non aveva intenzione di assumerlo a tempo indeterminato come cuoco, dato che non poteva fidarsi.

Leo poteva in parte capirli, perché visto da fuori era la persona più sospetta dell’universo, nella loro ottica, ma iniziava a dargli fastidio come stessero giocando con lui.

Ma mantenne lo sguardo del principe, pronto a partecipare (e probabilmente a perdere dato che lui, i giochetti del muori, non li sapeva proprio fare).

-Chevel, portalo nel sotterraneo. Domani lo interrogherò meglio- incoraggiò la guardia, che nel frattempo era rimasta alla porta, a prenderlo e portarlo via.

Leo sospirò.

-Tutta questa fatica per nulla. A questo punto usavo meno impasto- borbottò Leo, rassegnato, offrendo le mani per farsele nuovamente legare, ma prima che chiunque nella stanza potesse fare qualsiasi cosa, la porta si spalancò, accompagnata da un sonoro -DARY!- gridato da una ragazzina esagitata che Leo ci mise qualche istante a riconoscere come la principessa, perché era in camicia da notte, con i capelli molto scompigliati, e il volto sporco di cioccolata.

I tre uomini nella stanza si girarono di scatto verso di lei.

-DARY DEVI ASSUMERE IL CUOCO!!!- gridò nuovamente la principessa. In mano aveva una crepe di quelle lasciate in cucina, ripiena di panna e con qualche fragola che non era stato Leo a mettere dentro.

-Opal, cosa… DOVE HAI PRESO QUELLE…?!- dopo un iniziale shock, il principe si preoccupò davvero, e lanciò a Leo la peggiore occhiataccia fino a quel momento.

-Io ho solo lasciato le crepes in cucina, non c’entro niente!- provò a giustificarsi Leo, ma dalla spada sguainata del principe, questa volta capì che non c’era scampo alla morte imminente.

Vabbè, dai, era sopravvissuto un giorno in più del previsto. 

Aveva vissuto malissimo quell’ultimo giorno, ma almeno il suo ultimo pasto erano state le crepes più buone che avesse mai preparato.

Era una piccola soddisfazione.

-No! Dary, non ammazzarlo! Deve cucinare per me!- la principessa, con riflessi insospettabili, si mise tra il fratello e l’aspirante cuoco, fermando l’esecuzione.

-Ti ha messo in pericolo, non posso perdonarglielo- obiettò il principe Daryan, in tono troppo tranquillo per qualcuno che stava per ammazzare un’altra persona.

E il peggio era che Leo non poteva biasimarlo, dato che capiva il sentimento protettivo nei confronti di una sorella.

-Per essere precisi, io ho solo lasciato delle crepes completamente innocue in una cucina con altre sei cameriere, non è colpa mia se erano a portata della principessa- provò comunque ad obiettare.

-Quindi dovrei uccidere tutte le altre cuoche?- chiese il principe, esasperato.

-No, ma…- 

-Basta! Anna, Mary e Jane stavano mangiando gli avanzi di nascosto, e me ne hanno offerta una. Sono più che sicure. Ti prego, assumilo, è il cibo più buono che io abbia mai mangiato!- la principessa interruppe la discussione e spiegò cosa era successo, per poi stringere il braccio di Leo con forza.

Lui la lasciò fare felice di avere uno scudo umano e una fortuna sfacciata.

Chevel guardava il principe aspettando ordini, ma non osando intervenire contro la principessa.

E Daryan sospirò, mise la spada nel fodero, e prese il volto tra le mani, esasperato.

-Opal, capisco il tuo entusiasmo…- come poteva capirlo, se non aveva ancora assaggiato il cibo?! -…ma non posso assumere una persona tanto sospetta. La sua storia fa acqua da tutte le parti, e il suo comportamento lascia a desiderare.

-Ti prego, fratello, almeno dagli un’occasione. Non sembra intelligente abbastanza da poterci avvelenare- Opal lasciò andare Leo per affrontare il fratello.

Sebbene un po’ offeso, Leo annuì con forza.

-Sono una persona molto stupida!- affermò con sicurezza e senza vergogna alcuna.

Il principe gli lanciò un’occhiataccia, e Leo abbassò il capo, e lasciò che della questione discutessero i membri della famiglia reale.

-Opal, troveremo una cuoca migliore e più affidabile. Domani mando lettere in giro o faccio un proclama reale per trovare qualcuno, che ne dici?- il principe non voleva cedere, e cercò di trovare un terreno comune con la sorella, che però era testarda quanto lui.

-No, non esiste nei sette regni qualcuno come lui!- insistette.

Ah, quindi i regni erano sette, buono a sapersi. Leo segnava tutte le informazioni che poteva.

-Opal…- ma la successiva obiezione del principe venne interrotta quando la sorella gli mise a tradimento un pezzo di crepe in bocca.

Daryan sembrava in procinto di sputarla, ma Opal gliela tappò, obbligandolo a mangiarla.

Una volta deglutito, ci furono alcuni secondi di pura immobilità.

Chevel era congelato sul posto, sconvolto dalla scena appena assistita.

Leo stava usando tutte le sue energie per restare impassibile e non scoppiare nuovamente a ridere.

Opal era determinata e sicura di sé e di ciò che aveva fatto.

Mentre il principe aveva un’espressione completamente vuota, con occhi sgranati, e a tratti quasi comica.

Si alzò, prese di peso la sorella e la scansò senza dire una parola.

-È o non è il dolce più buono che tu abbia mai mangiato?!- provò ad insistere la ragazza, ma il fratello non la degnò di attenzione.

Si avvicinò a Leo, fino a metterlo spalle al muro.

Wo, erano già arrivati al punto del libro in cui Leo era intrappolato in un kabedon? Il secondo capitolo non è troppo presto?

Sfrontato il principe. Aveva gusti particolari.

Leo accennò un sorriso, che uscì terrorizzato, ma cercava di risultare il più affascinante possibile, nella speranza di non ricevere una coltellata a tradimento.

-Da domani sarai il cuoco responsabile dei dolci- annunciò infine il principe.

-Cosa?!- chiese Chevel, sconvolto.

-SÌ!!! Sono la principessa più felice della terra!- 

-Oh… davvero?- Leo non se l’aspettava proprio. Fissò il principe a bocca aperta.

Nonostante la bella notizia, gli occhi dell’uomo erano ancora pieni di sospetto.

-Non cantare vittoria troppo presto. Da domani sarai anche l’assaggiatore ufficiale di corte. Quindi non pensare di fare qualche scherzo- lo minacciò.

Leo annuì.

-Mi sembra giusto- evvai, cibo reale gratis.

-E stai lontano da mia sorella- gli sussurrò poi il principe all’orecchio.

Su questo non aveva niente da temere.

Se anche Leo non fosse stato gay, ed era molto gay, non si sarebbe mai messo a flirtare con una minorenne.

Non era mica in un controverso anime giapponese!

-Chevel, portalo negli alloggi delle cuoche, ma tienilo d’occhio- Daryan si allontanò dal ragazzo e incoraggiò il cavaliere a prenderlo e portarlo via.

Nonostante ancora poco convinto, il cavaliere eseguì, prendendolo malamente per un braccio e trascinandolo via.

-Non vedo l’ora di assaggiare tutto ciò che potrai cucinarmi!- lo salutò la principessa, con gioia.

-Sarà un piacere- sorrise Leo, grato di essere scampato sia alla morte che alla prigione.

Un grande ringraziamento a Jahlee, se esisteva.

-A proposito, qual è il tuo nome?- chiese infine il principe.

Oh, giusto! Leo non si era presentato.

-Leonardo- rispose, senza avere niente da nascondere. Magari non era proprio un nome classico di Lumai, ma chissene, poteva dire che sua madre aveva una grande fantasia. E non gli andava di inventarsi un altro nome.

-Ti teniamo d’occhio, Leonardo- fu il congedo del principe, impassibile e senza guardarlo negli occhi.

Chevel ricominciò a trascinarlo via.

Leo avrebbe voluto fare un commento sarcastico, ma con la coda dell’occhio notò che il principe aveva preso una delle crepe avanzate di quelle che aveva fatto assaggiare a Leo, e la sua espressione era talmente dolce e innocente, mentre la divideva con l’entusiasta sorella, che alla fine il ragazzo decise di lasciar stare e seguire gli ordini senza lamentarsi più di tanto.

Alla fine, considerando che lui non aveva intenzione di avvelenare nessuno, ed era affidabile, e davvero un ottimo cuoco, quella si poteva considerare una vittoria assoluta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wow, sono partita on fire con questa storia! 

Purtroppo non posso promettervi che continuerò con un capitolo al giorno, anche perché adesso devo necessariamente scrivere il prossimo capitolo di Laboratorio di Filmmaking e di Corona Crew, ma spero davvero di pubblicare presto il seguito.

Che poi io sono stupida, perché non so cucinare assolutamente niente, e il mio protagonista è un cuoco… beh, dai, spero che le mie visioni di Masterchef e altri programmi di cucina possano aiutare. Sappiate che questa storia è tutto fuorché seria.

Se ci sono incongruenze o cose un po’ irrealistiche… sono volute.

Comunque questo capitolo forse è stato meno divertente dell’altro, ma doveva introdurre un po’ meglio la situazione e dal prossimo inizieranno le vere avventure, con Leo come cuoco nel palazzo reale.

Chissà se il suoi piatti conquisteranno anche Chevel prima o poi.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima.

 

 

 

 

 

   
 
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