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Autore: Marco1989    08/05/2021    0 recensioni
Due ranger del Kenya vengono reclutati da un magnate per una missione: recuperare un uomo ed un ragazzo dispersi su un'isola dopo un naufragio. Solo che non si tratta di un'isola qualsiasi: su di essa si trovano alcune delle creature più pericolose del pianeta, tornate dopo un sonno di 65 milioni di anni. E sono molto, molto affamate.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUATTRO

 

«Questo bestione deve essere corazzato in maniera intelligente! Non possiamo appesantirlo troppo, altrimenti non si muoverebbe neanche! Ve lo ripeto: mettete tutto quel metallo sul rivestimento e rimarremo bloccati nella prima pozzanghera!».

Erano due giorni che Harry strepitava come un disperato con il gruppo di meccanici installati in un capannone della G.G.E. a Belize City, nel tentativo di sistemare i giganteschi problemi di organizzazione che Mc Manaman aveva limitato come "semplici dettagli".

La prima, fondamentale problematica riguardava i veicoli: la G.G.E. aveva realizzato diverse strade e sentieri che si intersecavano nella parte pianeggiante dell'isola, quindi avrebbero potuto utilizzare dei mezzi a motore per spostarsi nelle diverse aree di ricerca. Era stato deciso di portare una grossa jeep e una sorta di camper doppio, ma da subito era risultata evidente la necessità di corazzare i due mezzi: si trattava di attrezzatura civile, per quanto di prima qualità, non militare, ed un grosso dinosauro avrebbe potuto ridurre il camper ad una fisarmonica con facilità.

Installare una corazzatura supplementare si era però rivelato estremamente complicato. per il camper, inizialmente, era stato deciso di utilizzare un rivestimento di acciaio spesso dieci millimetri, ma perfino Harry, che sapeva poco di meccanica e niente del tutto di fisica, aveva compreso che con un simile peso il grande mezzo non avrebbe mai potuto spostarsi agevolmente su un terreno scosceso. Il rivestimento di alluminio proposto da Jim, d'altro canto, non sarebbe stato sufficientemente robusto. La jeep aveva problemi addirittura peggiori, considerata la minore potenza del motore, obbligando alla fine il team a rinunciare ad installare una blindatura supplementare. Rendere il camper un possibile rifugio in caso di attacco era però ritenuto fondamentale, ed Harry era stato costretto ad insistere parecchio

Alla fine fu il capo meccanico Eric Gardner a trovare una soluzione. Gardner, un uomo sulla quarantina alto e robusto, con una folta barba nera, era facilmente riconoscibile grazie al berretto verde e ai grandi occhiali da sole, due cose che non toglieva mai, neanche all'interno dell'officina.

L'idea era semplice quanto geniale: una lastra di titanio resistentissima, spessa però soltanto cinque millimetri. Con un peso pari ad appena un terzo del rivestimento d'acciaio, doveva teoricamente essere in grado di resistere a pressioni molto elevate, ma non c'era tempo di fare dei veri test.

Nei giorni precedenti non erano mancate preoccupazioni neppure per le attrezzature radio satellitari. Quelle dei mezzi erano abbastanza funzionali, ma i piccoli apparecchi portatili si erano rivelati estremamente deludenti: bastava una copertura di fogliame tropicale per bloccare il segnale del satellite. Nick Denver, un magro e nervoso trentaduenne esperto in macchinari legati alle telecomunicazioni, fece del suo meglio, riuscendo a procurarsi una partita di nuove radio che riteneva migliore ed organizzandosi in modo da far rimbalzare il segnale da un satellite differente, ma, ancora una volta, era stato impossibile provare l'attrezzatura.

Anche le armi erano state oggetto di discussione: la G.G.E. non voleva uccidere i dinosauri, non se poteva evitarlo, perciò, almeno all'inizio, era stato deciso che solo i cacciatori e gli addetti alla sicurezza avrebbero portato delle armi personali, e che per il resto sarebbero stati impiegati soltanto dei fucili a dardi tranquillanti. La decisione si era però scontrata con le proteste degli uomini, Harry incluso: in caso di necessità, volevano poter disporre di una potenza di fuoco maggiore.

Alla fine, era stata presa una decisione di compromesso: sul camper erano stati caricati tre fucili a dardi Dan-Inject modello  JMSP, in grado di sparare a circa sessanta metri delle siringhe da tre millilitri caricabili con differenti composti. Sul camper ne vennero caricate due cassette: una piena di siringhe riempite con acetorfina e carfentanil, due dei più potenti sedativi per uso veterinario, mentre quelle contenute nella seconda erano piene di un particolare veleno, la cubotossina prodotta dalla Chironex fleckeri, più nota come medusa scatola o vespa di mare. Si trattava di una delle più micidiali neurotossine del mondo: una semplice puntura era spesso in grado di indurre spasmi muscolari, paralisi respiratoria ed arresto cardiaco in un uomo entro un paio di minuti. La dose contenuta nelle siringhe era duecento volte più elevata e concentrata di quella iniettata da una qualsiasi medusa, ed avrebbe avuto un effetto quasi immediato, aveva detto il chimico che aveva preparato la mistura, perfino su animali pesanti diverse tonnellate. Anche in questo caso, si trattava di una teoria: era impossibile sapere se una siringa avrebbe abbattuto un tirannosauro in caso di bisogno.

Anche per questo tutti avevano preferito poter contare su armi più pesanti: nella rastrelliera installata sul camper avevano trovato posto quattro M16, i fucili d'assalto impiegati dall'esercito statunitense, con installati sotto le canne i lanciagranate M203, e altrettante pistole mitragliatrici Heckler & Koch MP5. A queste si aggiungevano le armi personali dei cacciatori e degli addetti alla sicurezza, alcune pistole di vario genere e , su suggerimento di Harry, qualcosa di più pesante: un lanciarazzi M72 LAW, delle granate abbaglianti ed una dozzina di granate a frammentazione.

Un ulteriore inconveniente fu il paleontologo, che si rivelò essere, in realtà, una paleontologa: la dottoressa Kelly Gray aveva un curriculum universitario invidiabile, ma il suo fisico sottile venne giudicato poco adatto ai pericoli che avrebbero trovato sull'isola. La dottoressa, una giovane donna di appena ventisette anni, dai lunghi capelli ricci, reagì definendosi in grado di sopportare qualsiasi fatica e ogni problema che si fossero trovati ad affrontare. Nonostante la sua giovane età, in effetti, Kelly Gray era una vera esperta di lavoro sul campo: era stata in mezzo mondo, e si era specializzata nella ricerca sul comportamento. Nonostante le riserve, tutti si convinsero, alla fine, che fosse insostituibile, e smisero di contestare.

Il camper, per lo meno, era un vero gioiello, ed Harry lo comprese non appena lo vide: lungo poco meno di venti metri, con uno snodo in gomma a metà della lunghezza, dotato di otto ruote motrici e dodici complessive, dipinto in verde mimetico, era un vero e proprio centro di comando mobile, oltre ad un dormitorio: nella parte anteriore, oltre alla cucina, erano posizionate la dispensa, con provviste per diversi giorni, un tavolo, quattro brande attaccate alle pareti ed un piccolo divano. Nella parte posteriore, che era interamente a rimorchio ed era saldamente connessa a quella anteriore da uno snodo metallico e da una passerella, c'erano un piccolo laboratorio di ricerca, una infermeria, la centrale radio, la rastrelliera delle armi e, nella parte posteriore, sotto un'ampia vetrata, un secondo divano trasformabile in un letto doppio. C'era poi la possibilità, una volta fermi, di posizionare altri tre letti provvisori. I fucili erano disposti in tre punti differenti, tutti facilmente raggiungibili in caso di necessità. Tutti i mobili erano fermamente saldati al pavimento. Il potente motore, nonostante il peso supplementare della corazzatura, poteva spingere il mezzo a quasi settanta chilometri orari, anche troppi su un'isola piccola come Rocas Negras.

Risolti anche gli ultimi problemi, tutte le attrezzature ed i mezzi vennero trasportati all'eliporto, dove furono caricati o appesi sotto la fusoliera di tre grossi elicotteri a doppia elica. Alle dieci del mattino la piccola squadriglia prese il volo con gli otto componenti della squadra di soccorso, dirigendosi verso il mare.

Mc Manaman rimase sulla posta, osservando gli elicotteri allontanarsi, e se ne andò solo quando scomparvero all'orizzonte. Quando arrivò al parcheggio trovò, accanto alla sua Ford nera, una Toyota grigia, appoggiato alla quale lo attendeva un uomo orientale, dall'età indefinibile, vestito con un costoso completo bianco.

«Tutto bene, mister Mc Manaman?» chiese.

«Tutto secondo i piani, mister Ayate. Non si preoccupi».

«Lo spero per lei. Dopo il fallimento del progetto dell'isola il suo posto è a grave rischio».

«Ho già preso accordi precisi con i tre mercenari che ho assoldato: lasceranno che siano Harry Buckley e gli altri uomini che ho assoldato per salvare le apparenze a condurre le ricerche dei dispersi, mentre loro si dedicheranno alla cattura di tutti gli animali sui quali riusciranno a mettere le mani. Animali giovani, facili da trasportare. Prima che arrivi il momento di ripartire arriverà un quarto elicottero, che al ritorno porterà via le gabbie. La struttura per accoglierle è già pronta?».

«Quasi, ma occorreranno solo pochi giorni per le rifiniture, e già ora è sufficientemente avanti con la costruzione per accoglierli senza rischi. Non ho capito perché ha chiamato quei due cacciatori bianchi dalla Tanzania: sembrano tipi in grado di creare problemi, soprattutto quello più vecchio».

«Mi occorreva gente esperta. Stanno andando in uno dei posti più pericolosi del mondo».

«Perché non gli ha spiegato il vero motivo dell'operazione, allora?» chiese Ayate.

«Non ne ho visto la necessità - concluse Mc Manaman - In ogni caso, lo capiranno molto presto».

 

Il viaggio fu breve, ed Harry, che si era vestito con un paio di pantaloni color sabbia, una camicia azzurra, un gilet dalle grandi tasche ed il suo vecchio cappello da cow-boy, dormì per praticamente tutto il tempo, mentre la maggior parte degli altri appariva troppo nervosa per imitarlo. Jim passò tutto il tempo nella cabina di pilotaggio a parlare con il pilota. Sam Thorton, un americano di colore della Carolina del Sud, che il cacciatore trovò particolarmente simpatico a prima vista.

«Tu resterai ad aspettarci sull'isola o tornerai a prenderci?» gli chiese.

«Io vi scaricherò lì e me la filerò più in fretta possibile! Tornerò a prendervi quando mi chiamerete, ma non resterei qui per nulla al mondo! La G.G.E. non mi ha spiegato esattamente cosa c'è su quell'isola, ma ho capito perfettamente che si tratta di qualcosa di molto pericoloso» poi, osservando l'orizzonte, aggiunse: «Vai ad avvertire la gente dietro: l'isola è in vista».

Davanti all'elicottero, ancora confusa per la distanza, era comparsa un'isola a forma di tronco di cono, circondata da un alone di nuvole. Il grande mezzo non impiegò molto tempo prima di raggiungere la terraferma, e Sam iniziò ad abbassarsi, nel tentativo di individuare il vecchio centro di controllo, dove era stata realizzata una pista d'atterraggio.

All'improvviso, mentre stavano sorvolando una zona pianeggiante ed erbosa in mezzo alla giungla, il pilota lanciò un urlo: «Santo cielo! Affacciatevi ai finestrini, presto!».

Tutti andarono a guardare, e ciò che videro mozzò loro il fiato: era una scena appartenente ad un altro mondo, lontano milioni di anni.

La piccola valle era attraversata da un fiume. Sulle sue sponde, molti animali brucavano le piante acquatiche e le felci, e tutti appartenevano ad un unico genere: a sud, si vedevano chiaramente dei dinosauri di medie dimensioni, color verde scuro, con teste sormontate da creste rossastre a cupola che ogni tanto alzavano per strappare qualche fronda dagli alberi. più a nord c'era un gruppo di animali dalla corporatura molto simile, solo dotati di ceste allungate, di forma tubolare e di colore bluastro, intenti ad abbeverarsi. Isolato dagli altri, un grosso stegosauro, con il dorso ricurvo e munito di placche mangiava placidamente l'erba. Dal limitare della giungla, appena sopra le cime dei primi alberi, si vedevano spuntare dei lunghissimi colli. Sulla riva opposta, un gruppo di triceratopi era intento a nutrirsi, le grandi teste munite di corna abbassate al livello del suolo.

«Fantastico!» esclamò la dottoressa in piena estasi: aveva studiato per anni gli scheletri degli stessi animali che adesso vedeva vivi e liberi davanti ai suoi occhi, e l'esperienza era a dir poco esaltante. Tutti gli altri, dal canto loro, sembravano troppo stupefatti per riuscire a parlare: erano stati avvisati, era vero, ma vedere dal vivo un simile spettacolo era completamente diverso.

Sam oltrepassò la vallata, seguito dagli altri due mezzi, ed alla fine vide, di fronte a se, un grosso edificio bianco a forma di cupola: era il laboratorio di genetica. Intorno alla costruzione principale si vedevano numerosi altri edifici, che insieme andavano a costituire il centro visitatori vero e proprio. Harry controllò la mappa che gli era stata fornita da Mc Manaman: le due strutture quadrangolari a due piani a fianco del laboratorio erano indicate come alloggi per il personale e gli scienziati, mentre quella più grande, a forma di trapezio, realizzata vicino all'eliporto, era l'incompleto albergo che avrebbe dovuto accogliere i visitatori. C'erano poi una costruzione piccola e bassa utilizzata come deposito per le attrezzature, uno spaccio, il centro di controllo sormontato da una grande antenna radio, all'interno del quale erano posizionati i computer che, a suo tempo, controllavano tutte le attività dell'isola, e diverse altre costruzioni delle quali non era stata indicata la funzione. Intorno al complesso si intravedevano i resti delle recinzioni, ormai quasi interamente abbattuti. Non si vedevano tralicci in grado di portare la corrente dalla centrale elettrica, che a quanto Harry aveva capito doveva trovarsi sulla riva del mare, ma il cacciatore immaginò che potessero essere sotterranei. Molti edifici, inoltre, avevano sul tetto dei pannelli solari. Si vedeva bene, invece, una rete di condotti di forma tubolare che andava a connettere i diversi edifici, un'idea realizzata per le fin troppo frequenti giornate di forte pioggia.

I due elicotteri con appesi i mezzi a ruote li posarono delicatamente a fianco dell'eliporto, staccarono i collegamenti e ripartirono senza neppure atterrare. Sa fece scendere il suo sulla pista di cemento armato, aiutò rapidamente gli uomini della squadra a scaricare i materiali, poi, dopo un frettoloso saluto, tornò a decollare verso il Costa Rica.

Mentre la maggior parte del gruppo lavorava per costruire il campo base, Harry, Jim e la dottoressa Kelly andarono a controllare la situazione degli edifici: la paleontologa aveva qualche speranza di riuscire a rimettere in funzione i computer, mentre Jim aveva espresso la speranza di poter dormire all'interno dell'albergo anziché nel camper.

La porta d'ingresso era a vetri, ma le vetrate erano ridotte in pezzi, Questo non avrebbe significato più di tanto, ma il caos nella hall convinse tutti che difficilmente avrebbero ricavato qualcosa dalla loro visita: i danni fatti dagli animali e dal maltempo erano stati notevoli, ma le scale, i cumuli di materiale, gli attrezzi, facevano capire che l'hotel non era mai stato completato. A Jim bastò infilare la testa in una delle stanze per vedere che i mobili non erano mai stati messi in posizione.

«Forse è meglio dormire nel camper» borbottò il giovane.

«Andiamo avanti - fu la replica di Harry, mentre si aggiustava il fucile sulla spalla - Voglio vedere in che condizioni è la sala di controllo» e si diresse verso una porta grigia sulla quale era stato scritto "COLLEGAMENTO RAPIDO: SALA CONTROLLO-SPACCIO".

Nonostante i pochi anni di abbandono, il clima umido aveva già fatto arrugginire i cardini, ma la porta non era chiusa a chiave, e bastò una spinta decisa per farla aprire.

Il trio attraversò il corridoio bianco, che sembrava realizzato in un materiale simile alla vetroresina, abbastanza traslucido da lasciar passare parte della luce solare. Nonostante gli anni di abbandono, sembrava ancora solido. Dopo circa venti metri trovarono una biforcazione: una freccia nera rivolta verso destra conteneva la scritta bianca "SALA CONTROLLO - VIETATO L'ACCESSO AI NON AUTORIZZATI", mentre una seconda, rivolta a sinistra, indicava: "SPACCIO - APERTURA H 24". I tre si diressero verso destra.

Ancora una trentina di metri, poi trovarono una porta scorrevole, accanto alla quale era posizionato un tastierino numerico. Jim provò a spingere, ma era bloccata. Sopra l'architrave capeggiava per la seconda volta la scritta "VIETATO L'INGRESSO AI NON AUTORIZZATI".

«Ci deve essere un codice» disse il giovane, e provò a digitare alcuni numeri a caso. Non accadde nulla.

«Non ci deve essere corrente - borbottò - Come facciamo ad aprirla?».

«Proviamo con le buone maniere» disse Harry, prendendo alcuni passi di rincorsa. Jim comprese e lo imitò.

I due uomini piombarono sulla porta come arieti. Per loro fortuna, non si trattava di un ingresso di sicurezza: la lastra si incurvò verso l'interno, poi cedette di colpo, crollando al suolo.

«Rozzo, ma efficace» ridacchiò Kelly, seguendo i due uomini nella stanza.

Era una grande sala rettangolare dipinta di bianco: sui due lati maggiori erano posizionati una dozzina di computer con le corrispondenti sedie, mentre al centro era situato un grande plastico dell'isola, comprendente tutte le strutture e corredato da led colorati. C'erano diverse porte secondarie.

«Cerchiamo un modo per riattivare la corrente - disse Harry accendendo una torcia - Potendo, vorrei evitare di raggiungere la centrale elettrica, deve essere distante quasi un chilometro. Deve esserci una centralina per far funzionare i pannelli solari, sembrano ancora in condizioni discrete, e a noi basteranno».

Trovare le apparecchiature richiese un quarto d'ora, e farle ripartire altrettanto: nessuno di loro era esperto nel campo, in fondo, ma alla fine Jim trovò la giusta leva: si udì un forte ronzio mentre la struttura tornava alla vita, e dopo pochi minuti le luci si accesero, sia pure debolmente.

«Bravo, Jim!» esclamò Harry, dandogli una pacca sulle spalle.

I tre tornarono nella sala di controllo, e Kelly iniziò a provare alcuni dei computer. Al quarto tentativo ne trovò uno ancora funzionante e si sedette. Iniziò a muovere il mouse, saltellando da un'icona all'altra sul desktop, cliccando alla fine su "CONTROLLO FUNZIONI PARCO". Subito le apparve una sorta di griglia, che mostrava i vari sistemi, al momento tutti disattivati.

Kelly fu brevemente tentata da "RECINZIONI ELETTRIFICATE", ma finì per lasciar perdere: aveva visto dall'elicottero in quali condizioni versavano, non sarebbero state molto utili. Attivò invece "TELECAMERE DI SORVEGLIANZA".

«Buona idea - approvò Harry - Con un po' di fortuna, potremmo riuscire ad individuare i naufraghi senza muoverci da qui».

Il computer fu occupato a caricare per qualche istante, poi presentò una mappa completa dell'isola, su cui si trovavano dei simboli a forma di occhio. Erano una ventina, ma solo tre erano di colore verde.

«Dannazione - sbuffò Jim - Sono quasi tutte danneggiate!».

Kelly cliccò sulla prima: lo schermo si trasformò in un'immagine reale, rappresentante una scogliera bordata di giungla, sulla quale si distinguevano alcuni nidi occupati da pterosauri. Per quanto interessata al comportamento degli animali, Kelly passò alla seconda, che mostrava la pianura che avevano già sorvolato. Senza grandi speranze di individuare qualcosa, cliccò sulla terza, che sembrava trovarsi in piena giungla.

L'urlo della paleontologa si levò nella sala controllo, mentre l'occhio elettronico inquadrava uno scheletro umano scaraventato scompostamente di fronte ad un tronco. Sulle ossa spolpate e spezzate erano rimasti solo pochi brani di carne putrefatta.

  
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