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Autore: BreathE    08/05/2021    3 recensioni
Valanyar è stata portata nella Terra di Mezzo da Gandalf per aiutarlo con il futuro della Compagnia dell’Anello e distruggere Sauron, ma aver letto un libro e vivere una vera avventura sono due cose completamente diverse.
Riuscirà a portare a termine il compito che le è stato affidato, oppure cadrà mutando per sempre il destino dei nostri eroi preferiti?
Tra cambiamenti di copione improvvisati e il mondo degli uomini che la crede un ragazzo, Valanyar cercherà di proteggere a tutti i costi la sua nuova famiglia mentre lotterà per il suo posto nel nuovo mondo.
*
Ragazza dei giorni nostri finisce nell’universo del Signore degli Anelli. Niente di più scontato.
PARING: Legolas/ Nuovo Personaggio
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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▌ Capitolo 17  ▌
 







 
«  Perché sono sempre le persone migliori a morire? »
« Perché quando cogli dei fiori, quali scegli? »
« Quelli più belli »
« Esattamente »
 
_Anonimo
 
 








« Scudi! Scudi! » urlai con tutto il fiato che avevo in gola agli uomini al di sotto delle mura, avvisando sia i soldati di Forlong che i fanti di Minas Tirith per le strade, mentre la pioggia di teste cadeva su tutti noi.
Forlong e il Principe Imrahil compresero immediatamente, urlando ai rispettivi uomini di non cedere al panico, ma troppi di loro si ritrovarono sgomentati da quel macabro spettacolo, formato da volti tanto familiari.
« Oh Dei » mormorò Hirluin accanto a me, sporgendosi oltre la mia spalla per vedere le centinaia di teste che ora occupavano le strade della Capitale. Noi due eravamo stati fortunati, assieme a Faramir, trovandoci sulle mura non eravamo stati costretti a ripararci da quell’attacco immorale.
« Non pronunciarli invano, sia mai che anche loro decidano di schierarsi dalla parte di Mordor » dissi riscuotendo l’uomo, e riportandolo con me in posizione, mentre Faramir ordinava alla sua linea di arcieri di fare altrettanto.
« E’ eresia pura detta da te bellezza, il tuo nome significa letteralmente Voluta dai Valar o qualcosa di simile giusto? » disse cercando di riprendere possesso del suo solito umorismo mentre incoccava a sua volta l’arco ed io urlavo ai nostri uomini di mettersi in posizione.
Gli arcieri di Faramir avevano già le corde tese, e quando anche gli uomini di Hirluin li imitarono
io ordinai alla guarnigione di Osgiliath di tenersi pronta a fare altrettanto, mentre già sentivo la mancanza del mio arco. Era andato distrutto nella battaglia al Fosso di Helm e dato che me ero dovuta andare nella notte da Rohan, non avevo certamente avuto tempo di trovarmene un altro.
« Significa “Colei che ne il potere divino” in realtà » risposi al Signore di Pinnath Gelin, non riuscendo a fare a meno di rispondere al suo sorrisetto sornione con un’alzata di occhi al cielo. Chissà se a Gimli sarebbe piaciuto, i suoi capelli erano rossi, non biondi, forse lo avrebbe apprezzato più di qualunque altro condottiero di Rohan.
« Soldati di Gondor! » urlai per richiamare all’ordine le mie truppe.
Tutti gli uomini si voltarono verso me, cercando di ignorare al meglio che potevano il dolore nel vedere i propri compagni seviziati a quel modo.
« Avremo tempo per piangerli, ma non è oggi. Oggi, lottiamo! Oggi … li vendichiamo !» urlai incitandoli a sfruttare al meglio la rabbia nei loro cuori. Nello stesso istante Faramir dall’altra sponda delle mura ed Hirluin di fianco a me, davano ordine agli arcieri di fare fuoco.
« Ricordatevi, mirate ai Troll! » li istruii mentre i miei compagni ordinavano il via anche per la seconda fila.
E così, in una pioggia di frecce sotto un cielo senza sole ma coperto solo da nubi oscure, la battaglia per il mondo degli uomini, ebbe inizio.
 


 
 
 
 
 
 
L’assedio era nel suo vivo, ma nonostante la potenza di Mordor, la posizione di Minas Tirith appariva stabile.
Grazie alle azioni coordinate di Faramir ed Hirluin gli arcieri riuscivano a tenere la situazione sotto controllo, ed ogni volta che una torre aveva la malaugurata fortuna di attraccare, ci pensavamo io e Damrod assieme a i nostri uomini di Osgiliath.
La guarnigione, nonostante fosse stata quella che aveva avuto meno tempo per recuperare le forze, diede grande prova di sé. Gli uomini erano sì stanchi, ma la vista dei propri fratelli trucidati li aveva anche resi pieni di determinazione e grazie alla grande quantità di comandati, riuscivamo a tenere tutti in riga.
L’aiuto maggiore ovviamente veniva da Gandalf, specialmente quando i nazgûl scesero in campo.
Solo il Re Stregone restava più in disparte, guidando l’assedio alla grande porta, senza però ottenere dei veri risultati. Mentre gli altri sei, volteggiavano tra le mura di Minas Tirith portando con loro il terrore ed il panico nei soldati che armavano le catapulte mettendo a dura prova Boromir e Imrahil che doveva contrastarli.
Non avrei potuto definire la nostra situazione rosea, ma perlomeno non stavamo perdendo e quello era sicuramente già molto considerando che avevamo iniziato quell’assedio da quanto ? Ore? Semplici minuti?
Non avrei saputo dirlo con certezza poiché il cielo sopra di noi non mutava mai. Non si vedeva né la luna né il sole, oppressi costantemente dalla nube carica di potere oscuro di Mordor.
Tagliai una mano all’orco che era appena uscito da una torretta armato di ascia, solo per poi infilzarlo con l’altra lama in pieno petto.
Con i soldati formavamo un semicerchio sulle stesse mura, così da impedire agli invasori di raggiungere gli arcieri dietro di noi, ma per quanto ne abbattevamo, sembrava che vi fossero sempre altre cento torri alle loro spalle, cariche di altrettanti nemici.
Sentivo la mancanza del resto della compagnia, non che i miei attuali compagni se la stessero cavando male, anzi, ma non avrebbe fatto male la bravura di Legolas con l’arco o la distruzione di Gimli e la sua ascia.
« Che fai soldo di cacio batti la fiacca?! » domandò una voce poco più in là, accompagnata da un risata e strappandomi dai miei pensieri mentre io riprendevo fiato, asciugandomi il sudore della fronte, con un movimento distratto del braccio. Sicuramente avevo fatto peggio che meglio e dovevo avere un pessimo aspetto, ma sorrisi all’uomo che mi venne incontro mentre uccideva due uruk-hai con un’abilità che né la sua grande pancia, né la sua età avrebbero dovuto permettergli.
Eppur Forlong sembrava il più in forma di tutti, mentre oltre ad uccidere i nemici, riusciva a confonderli con le sue chiacchiere senza senso. O forse li stendeva con il suo pessimo alito, non avrei potuto accertarmene da quella distanza.
« Guarda che brutto muso che ha questo poverino » commentò prima di infilzarlo nello stomaco, allontanandolo poi da sé con un calcio. L’uomo nemico cadde a terra, schiena a terra come una tartaruga ribaltata, me il suo posto venne in fretta rimpiazzato da un orco.
Ridacchiai non potendone fare a meno, mentre mi facevo strada verso Forlong, uccidendo altri due orchi ed un uruk-hai lungo il mio percorso che avevano superato la prima fila di soldati.
« Mi scusi! » urlai non appena gli fui abbastanza vicina « Non so come sia finito da queste parti, ma ci sarebbe una battaglia in corso! I vecchi devono restare nella cittadella assieme ai bambini! » gli dissi mentre lui mi imprecava dietro qualche insulto per aver osato prenderlo in giro, ed io mi facevo strada nelle retrovie scappando appena in tempo da una suo calcio che per poco non gli fece perdere l’equilibrio, mandandolo a gambe all’aria.
Il suo secondo in comando, doveva esserci abituato, poiché lo sostenne con lo scudo dietro la schiena, mentre sgozzava con la mano opposta un guerriero Variago.
« Come ti permetti ragazzino! Vieni qui che ti insegno io a portarmi del rispetto, io sono un grande Signore! » mi urlò dietro dimenticandosi per un attimo, che ero una donna, e che eravamo alleati.
« L’unica cosa di grande che ti è rimasta Forlong, temo sia la pancia! » lo prese in giro da qualche metro dietro di me Hirluin, mentre il signore in questione iniziava ad urlare insulti anche verso di lui, e raccoglieva letteralmente un orchetto da terra, sollevandoli come se fosse una sacco di riso, prima di tirarcelo addosso, mancandomi per un pelo.
Mi voltai quel tanto che mi bastò per infilzare ed uccidere lo sventurato, mentre Hirluin dietro di me rincarava la dose, seguito da una grossa risata « Ah vedi Forlong! La panza è così grossa che nemmeno ti vedi i piedi! Non puoi neppure avvicinarti per colpirmi a dovere! ».
 Sghignazzai nuovamente, portandomi una mano armata sulla pancia, sentendo una fitta legata alla ferita che ancora cercava di guarire.
Fino a quando vi era in gioco l’adrenalina era facile dimenticarsene, ma ogni qual volta che quei due bisticciavano era difficile ricordarsi che saremmo potuti morire tutti da lì a pochi minuti.
« Ragazzi volete smetterla?! Ci sarebbe una guerra in corso! » disse Faramir dall’altro lato della strada, sulle mura opposte.
« Scusa mamma! » urlò Hirluin di rimando dimostrandogli che non aveva pietà neppure per il capitano di Gondor, mentre io gli sorridevo apertamente e lui mi lanciava il centesimo occhiolino della nottata.
« Già mi ami eh? » domandò pieno di sé mentre io sbuffavo un’altra risata e mi rigettavo nella mischia con i miei uomini dopo quella breve “pausa”.
La guerra non doveva essere posto per le risate, eppure mi ritrovai più a mio agio in quel momento, di quanto non mi fossi sentita nei giorni precedenti. I miei compagni mi mancavano, ma non ero comunque sola nell’affrontare quell’orrore.
 

« Gwend! Gwend! Valanyar! Come diamine ti chiami! » sentii le urla di Hirluin prima che l’uomo riuscisse effettivamente ad entrare nel mio campo visivo.
Con gli uomini ci eravamo allontanati volontariamente dai suoi, così da poter creare un muro umano più efficace considerando le perdite subite. Dovevamo mantenere più distanza possibile tra i suoi arcieri e i nemici che attraccavano grazie alle torri che si erano avvicinate troppo.
« Che c’è?! » dissi girandomi verso di lui, dopo aver infilato la spada di destra, dritta nella bocca di un uruk-hai e sfilandola con aria disgustata. Odiavo quando mi venivano incontro urlandomi addosso, la trovavo una mossa stupida considerando che le loro armature erano praticamente perfette.
Mi voltai verso l’uomo ancora scocciata, mente due soldati prendevano la postazione appena lasciata vuota da me, ed io mi ritiravo dietro il loro scudo umano avvicinandomi al Signore delle Colline Verdi.
Pulii le lame sui miei stessi pantaloni, certa che Faramir gli avrebbe dato fuoco non appena avessi tentato di restituirglieli alla fine di tutta quella storia.
« Che diamine è- » iniziò Hirluin urlando ancora come un adolescenze impazzito, mentre mi prendeva quasi per il colletto, facendomi affacciare lungo le mura « Quello?!! » concluse indicandomi l’enorme ariete a forma di lupo, con tanto di fuoco verde che gli spuntava dalle fauci.
« E’ Grond » dissi trattenendo un gemito preoccupato. Era ancora più grande di quanto lo avessi mai immaginato, la grande porta della città era alta quasi quanto le mura, circa trenta metri, ma quell’ariete arriva tranquillamente almeno a venti. Perfino i troll  che lo spingevano arrivavano ad essere alti solo come le zampe.
« Quello è l’ariete di cui mi parlavi? » mi urlò nuovamente nell’orecchio con una nota più acuta del normale « Quello?! » ripeté ancora evidentemente allucinato.
I suoi uomini, a meno di una cinquantina di metri da noi, dovevano comunque aver ricevuto ordini specifici da Hirluin perché mentre il loro comandante continuava a scuotermi per il colletto, come se non avessi degli occhi perfettamente funzionanti, continuavano ad attaccare incessantemente il nemico.
« Hirluin, basta ho capito! » gli urlai a mia volta scacciando via la sua mano dalla mia maglietta e dandogli un lieve cazzotto sulla spalla, per fargli capire che doveva farla finita.
« Non possiamo metterlo fuori gioco. Un incantesimo del Re Stregone lo protegge. I tuoi uomini possono solo continuare a cercare di abbattere i Troll » ripetei afflitta.
Il problema era,che i suoi uomini ci stavano evidentemente già provando ad abbattere le creature che trascinavano l’ariete, ma servivano decine e decine di frecce per abbatterne uno, ed avevano anche altri avversari da affrontare.
« Tutto qui? Nessun’altra idea geniale? » mi domandò spalancando le braccia al cielo il Signore di Pinnath Gelin.
Spostai lo sguardo da lui e i Troll, consapevole che nonostante fosse un grande guerriero, l’uomo non aveva mai avuto a che fare con le bestie delle montagne.
Abitava lontano dal loro territorio natio, il suo regno era composto da meravigliose colline e boschi sconfinati. Un sacco di verde, nessuna montagna. Nessuna montagna, nessun Troll.
« I troll di montagna, hanno un punto debole alla base del collo. Legolas, l’elfo che viaggiava nella compagnia con me e Faramir, ne ha fatto fuori uno con solo un colpo » tentai scrollando le spalle semi-disperata.
Non accennai al fatto che avevamo impiegato quasi mezzora e che io in quel frangente mi ero rotta tre costole per contrastare la creatura. Hirluin mi sembrava già abbastanza sconvolto, senza aggiungere ulteriori cattive notizie.
« Già ma i miei uomini non sono elfi! Come pretendi che possano colpire un punto così piccolo, da una simile distanza? » mi fece notare lui mentre io mi passavo una mano esasperata tra i capelli.
« Damrod! » urlai richiamando il Comandante della sezione a Nord del fiume, che a causa del mio intervento, si era ritrovato a diventare un mio sottoposto come punizione dettata da Boromir stesso.
Il vecchio “collega della prima linea” non ne era parso minimamente offeso, cosa che aveva solo fatto infuriare il suo Capitano ancora di più, costringendo anche lui alla prima linea.
« Ti affido il comando devo parlare con Faramir! » gli dissi aspettando un cenno d’assenso dall’uomo prima di andarmene e lasciare momentaneamente il mio in secondo a cavarsela da solo, mentre mi dirigevo con Hirluin verso la grande porta, affacciandoci dalla parte interna delle mura, per attirare l’attenzione di Faramir. Non appena il Capitano più giovane ci notò, si sporse a sua volta dalla sua parte, ritirandosi leggermente nelle retrovie.
Sotto di noi la voce di Forlong risuona a piena potenza, perlopiù urlando insulti ai suoi stessi uomini, ricordandogli che solo le mezze calzette retrocedevano per qualche tonfo di ariete in più.
« Come abbattiamo quei troll? » mi domandò Faramir, urlandomi da circa quindici metri di distanza e facendo un gesto vago verso l’esterno, con la mano che teneva lo scudo.
Sbuffai, chiedendomi perché tutti lo chiedessero a me.
Era grandi guerrieri anche loro, o mi sbagliavo? Non è che conoscevo un trucco magico per farli svanire e basta non ero veramente una veggente come diceva Gimli, le idee dovevano venirmi prima di poterle mettere in pratica.
 « Potresti dire a Boromir di calibrare le catapulte a corda contro l’ariete ? » ipotizzai mentre Faramir mi guardava scettico.
« Le catapulte della città non sono così precise, rischieremmo di buttare giù le nostre stessa mura! » mi fece presente il Capitano di Gondor mentre un enorme sasso ci passava sopra la testa, sfracellandosi contro una torre più avanti.
« Quindi fino ad ora stavate mirando a caso? » domandai mentre l’uomo dall’altro lato mi rispondeva con una scrollata di spalle.
« Fidati, se è Boromir che si occupa delle catapulte è bene che tiri a caso, ha una pessima mira » commentò Hirluin accanto a me dandomi una lieve pacca sulla schiena, mentre io mi voltavo a cercare il suddetto Capitano con lo sguardo, trovandolo ad urlare ordini qualche bastione più in su.
Non avevo idea di cosa stesse dicendo ai suoi uomini, ma era piuttosto evidente, che fosse arrabbiato. Anche quella però, non era certamente una grande novità.
« Le frecce penetrano la pelle di quelle sottospecie di rinoceronti che trainano Grond ?! » urlai nello stesso momento in cui una palla di fuoco colpiva il terzo livello, riempiendo l’aria di un mesto boato.
Faramir si voltò verso la porta che separava l’esercito di Sauron e quello di Minas Tirith, nonostante gli svariati metri di distanza, potevo vedere la stanchezza che già pesava sulle sue spalle, era sicuramente preoccupato a morte per il fratello, Boromir aveva insistito a partecipare alla battaglia, nonostante fosse ancora in convalescenza e le nostre possibilità di vittoria erano così scarse che mi sarei disperata perfino io, se non avessi saputo diversamente.
« No » ammise affranto scuotendo il capo. Mi morsi il labbro inferiore, consapevole di non avere nessuna idea geniale il che mi faceva sentire ancora più inutile, ma vedere Faramir così afflitto? Mi spezzava il cuore considerando che era sempre stato il più fiducioso della compagnia.
« Allora noi aiutiamo Forlong ad assicurare al meglio la porta, tu Hirluin guida anche gli arcieri di Faramir » dissi incrociando lo sguardo del Capitano di Gondor, che annuì mestamente, probabilmente grato all’idea di prendersi una “pausa”.
« Ehi aspettate, perché a voi due è concesso un appuntamento tête-à-tête e a me no? Voglio venire anche io! » sbuffò il Signore di Pinnath Gelin, tirandomi la manica della tunica come un bambino petulante.
Mi voltai verso di lui, inarcando un sopracciglio e fulminandolo con la mia migliore espressione da “Hai finito?” che solitamente nella Contea era riservata a Merry e  Pipino.
Hirluin deglutì, con più forza del necessario, prima di aprirsi in un sorriso a trentadue denti:
« Ovviamente stavo scherzando! Non guardarmi con quell’aria truce o ti verranno le rughe » aggiunse scappando lontano dalla mia portata prima che potessi pestargli un piede per buona misura, mentre ritornava in fretta dai suoi uomini, rimettendosi in volto l’aria seria, carica di determinazione che mi aveva colto alla sprovvista a causa della sua bellezza, quando lo avevo visto per la prima volta.
 
 
 


 

« Quell’Hirluin è impossibile » mi lamentai immediatamente con Faramir, non appena lo rincontrai in fondo alle scale.
« Sapevo che lo avresti adorato » commentò lui mentre riprendevamo a camminare, passando per la strada principale e dirigendoci verso la l’enorme cancello di Minas Tirith.
« Scommetto che Boromir me lo ha affiancato sperando che mi uccidesse per esaurimento nervoso » mi limitai a commentare, ben decisa a non ammettere che in realtà mi ero già affezionata a quello strano personaggio. In realtà considerando che era uno degli uomini più belli che avessi mai visto ed un grande combattente, mi stupiva che non fosse impegnato con qualcuna. E mi stupiva ancora di più, che avesse risposto alla chiamata d’aiuto di Gondor, venendo lui stesso a guidare i suoi uomini. Probabilmente era per questo che lo rispettavano tanto e non battevano ciglio, neppure dinanzi alle sue battute peggiori.
« Chi può saperlo » commentò Faramir con una scrollata di spalle, ed accennandomi un nuovo sorriso.
“ Sì” pensai grata di quel breve attimo di felicità “ E’ una fortuna che Hirluin sia venuto in nostro aiuto” decisi prima che tutto crollasse e che gli orrori della guerra si facessero così vivi in me, che mi avrebbero dato gli incubi, per molti anni a venire.
 

Iniziò tutto con la scoperta della testa di Madril.
Notai il cadavere dell’uomo mentre stavo appiccando i fuochi lungo le mura, per proteggere al meglio le catapulte dai Nazgûl. Certo vi era la possibilità che gli incendi dilagassero per tutta la città, ma eravamo giunti ad un tale livello di disperazione, che ci era sembrata l’idea migliore.
Il viso del mio vecchio amico mi guardava, dimenticato assieme ad altri in un angolo della strada, come un pezzo di pane andato a male. Mi avvicinai, cercando di trattenere il respiro per non dover avere a che fare con il terrificante tanfo, che oramai stava invadendo tutte le strade.
L’espressione di Madril era contratta in un’eterna smorfia di dolore e mentre avevo sempre saputo, che era stato tra  caduti all’attacco di Osgiliath poiché non era tornato assieme a Boromir e gli altri, la sua vista fu un duro colpo.
Ero stata fortunata fino a quel momento, non avevo mai dovuto perdere qualcuno a cui tenevo davvero, perfino quando avevo quasi perso Haldir alla fine avevo potuto tirare un sospiro di sollievo. Il mio amico elfo alla fine era stato trasportato a casa, in attesa delle cure che il mio Re Elrond gli avrebbe potuto concedere, quindi se io fossi riuscita a sopravvivere alla Guerra dell’Anello un giorno lo avrei rivisto.
Per Faramir invece non sarebbe stato così, il suo migliore amico era stato trucidato, ed usato come arma per creare il panico tra le file della sua città, ed invece di piangerlo, il Capitano era stato costretto ad ingoiare il rospo e tirare avanti.
“ Avremo tempo per piangerli” avevo detto ai miei uomini oramai quasi un giorno prima. Ma chi ero io per poter dire loro una cosa simile?
Io che adesso, mentre guardavo la testa mozzata di un vecchio amico, volevo solo correre a nascondermi in un angolo ed ignorare il resto del mondo e tutta la sua crudeltà.
Sospirai, costringendomi ad alzarmi, mentre raccoglievo un telo sudicio, vari metri più in là, lo stesi in terra e iniziai a poggiarvi ognuna delle teste, prima di chiudere il telo come un sacco da viaggio e sistemarlo al meglio sulla soglia di una porta, dove fosse facilmente visibile.
« Hiro hon hîdh ab ‘wanath [ Possiate voi trovare pace dopo la morte ] » mormorai chiudendo gli occhi sottovoce, poggiando tre dita sulla stoffa in una silenziosa speranza « Onoreremo il vostro sacrificio » aggiunsi prima che un boato irrompesse nella stessa aria e sopra di me, notassi Boromir che urlava disperatamente il nome di suo fratello.
Mi voltai in quella direzione e dove avrei dovuto trovare solo la sicurezza dell’enorme porta della città, ora ci si stagliava un gigantesco lupo di ferro dove dinanzi ad esso, ruggiva trionfante il nazgûl più potente: il Re Stregone
 

 
 

 
Corsi con tutta la forza che avevo in corpo risalendo la strada e poi le scale delle mura, saltando i gradini due alla volta mentre mi ritrovavo a sguainare le spade dinanzi ad uno spettacolo sconcertante.
« Mio Dio » mormorai vedendo i miei uomini che venivano trucidati, vi erano così tanti orchi ed uruk-hai e semplicemente nemici che per qualche secondo rimasi allibita, troppo sgomentata perfino per capire a chi concedere il primo aiuto.
« Gwend! » sentii urlare ad un centinaio di metri da me, mi riscossi, facendomi strada tra le fila di uomini verso il mio secondo in comando.
« Amico mio, credo che questa sia la fine » mi salutò Damrod infilzando un avversario e rompendo il naso ad un altro con un colpo di scudo che aveva cercato di attaccarlo da sinistra.
« Il primo livello verrà presto abbandonato, ritiriamo gli uomini nella strada principale » dissi uccidendo due orchetti con una sola sferzata di spade. Erano talmente tanti, che pareva di colpirli anche involontariamente, mentre gli uni pressati contro gli altri si ostruivano a vicenda i movimenti.
« Ritirata! » urlai quindi mentre cercavo assieme a Damrod di creare un passaggio abbastanza sicuro, così che i nostri uomini potessero iniziare a scendere lungo la strada.
Le due lame bianche roteavano dinanzi a me, creando dinanzi a me uno scudo roteante e particolarmente tagliante.
Era una sciocca tecnica che mi avevano insegnato i gemelli i primi anni, non poteva essere letale ma avevo scoperto che contro gli orchi, era particolarmente utile. I servi di Sauron tendevano a spaventarsi in fretta, quando il proprio avversario aveva n sé, una determinazione a loro sconosciuta.
Ci avvicinammo sempre di più, iniziando a scendere lentamente per le strette scale, cercando di permettere a più uomini possibili di trovare riparo alle mie spalle. Quando finalmente anche l’ultimo soldato rimasto mi superò, scattai i più velocemente possibile, cedendo il terreno delle mura ai nemici per correre a perdifiato lunga la strada e raggiungendo Gandalf nella prima linea, che sembrava rappresentare l’unica linea di difesa tra noi e il nazgûl più potente.
Tirai un sospiro di sollievo quando notai Faramir vivo e vegeto poco più in là, accanto ad Hirluin, anche loro osservavano la silenziosa sfida tra Mithrandir e il capo dell’esercito di Mordor.
 
Il Re Stregone si fece di lato, quasi schernendoci con una risata, mentre con un semplice cenno della mano dette iniziò all’attacco di qualunque creatura fosse dietro di lui.
« Siete soldati di Gondor! Qualunque cosa attraversi quel cancello, non cederete terreno! Puntate! » ci ordinò Gandalf partendo alla carica con Ombromanto, dando enorme prova del suo coraggio mentre più di venti troll corazzati ed armati di mazze chiodate ci correvano incontro a loro volta, ringhiando feroci.
I nostri nemici non potevano formare grandi file all’interno della città, ma neppure noi riuscivamo ad affrontarli con molta facilità, per abbattere un solo troll, perdevamo ogni volta almeno venti uomini.
I soldati erano stanchi e la prontezza dei nostri riflessi, diminuiva con ogni minuto che passava. Cercammo, per quelle che mi parvero ore, di mantenere la posizione mentre i morti attorno a noi non facevano altro che aumentare.
« Caricate! » ci urlò ancora Gandalf, mentre assieme ad Ombromanto viaggiava tra le nostre fila per aiutarci con la sua magia. Ogni volta che il vento portato dal suo cavallo mi sfiorava, mi sembrava di poter resistere a quel modo per altri dieci mesi, ma poi lo Stregone era costretto ad allontanarsi per usare altrove la sua magia e l’effetto svaniva sempre più velocemente.
« Uomini! Carica! » urlò la voce di un Principe che avevo imparato a riconoscere con facilità anche nel fragore della battaglia. Imrahil  apparve dalla strada maestra con cinquanta cavalieri al seguito, armati di lance e scudi che caricarono i Troll, come se non fossero un esempio di morte certa.
Cercammo di fare lo stesso, rincuorati da quella ritrovata forza militare mentre caricavamo a nostra volta verso i dieci troll restanti, urlando con tutto il fiato che avevamo in gola, cercando perfino di coprire il fragore della battaglia per ritrovare tutto il coraggio che il nazgûl continuava a cercare di portarci via.
Corsi il più velocemente possibile, scegliendo di utilizzare la mia tecnica preferita, sfruttando la mia statura minuta mentre in scivolata, passavo sotto le gambe ad un troll tagliandogli i tendini di Achille dietro i calcagni, solo per poi rialzarmi e  con un salto laterale crollargli sulla schiena, dove affondai entrambe le lame alla base del collo.
Mi guardai attorno, in piedi sulla creatura, respirando a fatica mentre tiravo un leggero sospiro di sollievo nel notare che Imrahil era riuscito con i suoi cavalieri ad abbattere la maggior parte dei troll e gli altri soldati, avevano pensato ai restanti.
Ci voltammo tutti verso l’entrata, stupiti che ancora non apparisse nient’altro e chiedendoci perché il comandante delle forze Oscure apparisse così tranquillo, mentre ci guardava da sotto l’arco della porta come se fossimo solo insetti che non stavano neppure opponendo una vera resistenza.
« Mortale, non sai riconoscere la morte quando la vedi? » domandò il nazgûl e per qualche ragione, non faticai ad immaginare che il messaggio fosse diretto a me.
Poi dalle spalle dello Spettro emersero nuovi nemici come un fiume di inchiostro, scatenando nuovamente, l’inferno in terra.
 
« Gwend! Damrod! La guarnigione di Osgiliath! Ci serve tutta qua! Dove sono i vostri uomini?! » mi urlò Faramir affiancandomi mentre cercavamo di trattenere il più a lungo possibile l’invasione per le strade.
« Faramir, siamo tutti qui » mormorai incrociando il suo sguardo e ritrovando nei suoi occhi, la mia stessa disperazione.
Il Capitano di Gondor urlò mentre raccoglieva uno scudo da terra, caduto a qualche compagno oramai perso per sempre, e caricammo dietro di esso con tutta la forza che a cui la disperazione ci permetteva di attaccarci.
Non saremo potuti resistere per molto temo, le forze di Sauron ci invadevano come se non vi fosse mai fine al suo esercito mentre con Faramir e gli altri non potevamo far altro che retrocedere. Perdendo terreno ad ogni passo .
« Abbandonate! La città è perduta! Rifugiatevi nel secondo livello ! » urlava Gandalf sopra di noi, ma con Faramir eravamo troppo vicini alle prime file, se noi ci fossimo girati per la ritirata, saremmo morti e con noi, avremmo portato tutti gli altri uomini.
Quindi i cento di noi che avevano abbandonato ogni speranza, tenevano duro, stringendo la fila spalla a spalla mentre passo dopo passo cercavamo di far guadagnare tempo a tutti i soldati dietro di noi che battevano in ritirata.
« Moriremo » mormorò accanto a me un ragazzo che per gli Dei, appariva così giovane da spezzarmi il cuore.
« Per chi stai per morire ragazzo? » domandai mentre affondavo la lama nella spalla dell’avversario davanti a lui, che aveva cercato di colpirlo sul fianco, fallendo grazie al mo intervento.
« Per la donna che amo e per il figlio che porta in grembo » mormorò scartando di lato con enorme abilità, e strappando di mano la lancia all’uomo di fronte a lui, solo per piazzarla in terra e infilzando due nemici: un uruk e un soldato di una terra lontana.
« Sembra un ottimo motivo anche per vivere » dissi cercando di non pensare a quanti dei miei uomini avevano lasciato coloro che amavano alle proprie spalle.
 
Un altro passo indietro, un altro mezzo metro di terreno perso.
E così resistemmo, perdendo così tanti uomini al minuto, che mi resi che una volta usciti da quella situazione, non i sarebbe più stata nessuna guarnigione di Osgiliath da guidare alla vittoria.
La maggior parte dei miei uomini, erano morti e a noi non restavano che una manciata di minuti.
Il ragazzo accanto a me, urlò di dolore, rischiando di cadere tra le braccia dell’orco che lo aveva trafitto nella coscia se non lo avessi tirato a me, uccidendo con un movimento feroce l’avversario.
« Gwend! Entrate dobbiamo chiudere! » mi urlava Faramir alle spalle, ma non potevo nemmeno girarmi, mentre cercavo di tenere la mia posizione e tenere in piedi il ragazzo ferito che continuava comunque a difendersi al meglio con il lato sano.
« Amico mio, se non te ne vai adesso- »  iniziò il mio secondo alla mia sinistra, con un tono he assomigliava troppo alla rassegnazione.
« Damrod non ti lascio qui a morire » ringhiai azzardando nuovamente una stoccata e uccidendo l’uomo davanti a me, che urlò di dolore e cadde all’indietro. Altri tre presero il suo posto.
« Sono vecchio amico mio, ero già vecchio quando finimmo in prima linea per aver irritato il Capitano Boromir ti ricordi? » domandò lanciandomi un’occhiata che notai solo con la coda dell’occhio, ma on potevo permettermi distrazioni e non capivo perché Damrod continuava a rivolgersi a me come se fossimo già morti « Allora ero stato punito, mandato a servire il mio paese perché non ero niente di più di uno stupido ubriacone … » l’uomo ebbe anche il coraggio anche di azzardare un sorriso al ricordo, il racconto non lo distrasse dal colpire l’avversario davanti a sé « Mi avete salvato la vita quante volte Gwend? Dieci ? Venti? Abbastanza da farmi capire quanto la vita fosse preziosa…  Io l’ho vissuta la mia, è stata una bella avventura, adesso è il turno di quel ragazzo » aggiunse. Udii nuovamente Faramir urlare il mio nome, seguito da Hirluin, ma come potevo farlo? Come potevo voltarmi e abbandonarli a quel modo? Erano i miei uomini, se dovevano morire, era giusto che io lo facessi con loro.
« Non posso lasciarti » mormorai ancora reggendo al meglio il peso del soldato ferito mentre lanciavo occhiate preoccupate ai pochi uomini che ancora difendevano quella posizione disperata. Neanche loro meritavano di morire.
« Dovrai  farlo Gwend, o avrai questo ragazzo sulla coscienza. E’ il destino di tutte le brave persone come te. Per quel che vale, è stato un onore, morire combattendo con te, ancora una volta » e così dicendo si girò senza più darmi l’opzione di obbiettare ulteriormente mentre Hirluin usciva dalla porta, caricandosi anche lui il giovane sulle spalle e costringendomi a seguirlo dietro la seconda linea di mura.
Quando le porte si chiusero alle nostre spalle, vi furono vari minuti di assoluta immobilità, mentre tutti noi ascoltavamo le grida dei nostri compagni al di là della porta, che venivano uccisi uno dopo l’altro … Inevitabilmente.
« I loro nomi, non saranno dimenticati » annunciai ai presenti in tono grave, sperando che saremmo sopravvissuti, per onorare questo giorno e la memoria dei caduti.



 
 

 
Eravamo momentaneamente al sicuro, ma non vi era alcun modo di portare in salvo i feriti.
Halet¹, questo avevo scoperto essere il nome del soldato ferito, sarebbe comunque morto e il ragazzo lo aveva capito prima di me.
« E’ inutile mio signore, i guaritori sono nella cittadella. Nessuno può entrare od uscire, ordine del Capitano Boromir » mormorò per invitarmi a fermarmi. Lo guardai, prima di avvicinarmi ad un muro sufficientemente sgombro, facendocelo scivolare lungo i mattoni per dare io stessa un’occhiata alla sua ferita.
Aveva un pessimo aspetto e l’emorragia era troppo estesa, in queste condizioni, avrebbe avuto qualche ora al massimo.
« Ehi ehi ragazzo non puoi morire, hai un figlio che ti aspetta ricordi? » dissi con un sorriso, cercando di potergli passare un minimo di speranza, anche se io non ne possedevo per me, e dandogli dei lievi colpi sulle guance con la mano, non appena iniziò a chiudere gli occhi.
Aveva bisogno di aiuto, o almeno di un antidolorifico, ma probabilmente non avrebbe ricevuto niente di simile fino alla fine della guerra. Ma di Rohan, ancora nessuna traccia.
« Non è- » mormorò tentando anche un lui un sorriso mesto « Non è mio figlio » concluse nuovamente mentre tossiva sangue, a causa della lieve risata che gli era sorta, non appena aveva notato la mia espressione.
« Sono patetico non è vero? » domandò, per poi proseguire prima che potessi aggiungere qualcosa « L’ho sempre amata, da quando eravamo ragazzi. Ma lei ha sempre amato mio fratello e quando degli aiuti sono stati richiesti dalla cittadella … Non potevo lasciarlo andare non credi? La sua morte l’avrebbe annientata »
« E la tua credi che invece le passerà inosservata? » commentai quasi acidamente, ma non era rivolta al ragazzo morente la mia rabbia e neppure alla sua amata, come non a suo fratello. Solo all’ingiustizia di quella situazione. Era così dannatamente giovane, Minas Tirith non meritava di perdere una persona tanto preziosa.
Il giovane scrollò le spalle, causandosi solo un’espressione più acuta di dolore, prima di rinunciare ed aggiungere « Se anche lei penserà a me, una volta all’anno per ricordarmi. Ne sarò felice » disse come se fosse la spiegazione più semplice al mondo, mentre a me non restava altro da fare, se non essere completamente impotente.
« E voi mio signore? » mormorò con il sangue che usciva così copioso dalla ferita, che mi chiesi come poteva ancora trovare la forza per parlare, tanto più con un mezzo sorriso sul volto « Avete qualcuno che amate così tanto, da morire per loro? »
« Sono fortunato, ho molti per cui morire » risposi carezzandogli all’indietro i capelli umidi.
« E quindi molto per cui vivere, una grande fortuna davvero » disse con l’ultimo fiato, prima di spengersi per sempre con gli occhi spalancati su un mondo, che non era più in grado di vedere.
Forlong mi apparse di fianco, poggiandomi una mano sulla spalla e stringendomela così forte da farmi male. Ma gliene fui grata mentre alzavo lo sguardo sul Signore di Lossarnach.
Aveva profonde occhiaie che rendevano più evidente la sua età avanzata, i riccioli brizzolati, erano oramai di un colore scuro dato dal sangue di amici e nemici e la polvere e la terra della città, si era depositata nelle linee della sua pelle, come se un bambino si fosse divertito a disegnargli le rughe.
Cercai la forza di sorridergli e prenderlo in giro per quell’aspetto così terribilmente trasandato ma non la trovai. Mi limitai ad abbassare nuovamente lo sguardo su Halet e con due dita, gli chiusi delicatamente le palpebre.
« Perché noi vecchi continuiamo a vivere e i giovani a morire? » mormorai quasi a me stessa, ma ovviamente Forlong sentì la mia domanda e le sue nocche si conficcarono con più audacia nella mia maglia, mentre percepivo il suo peso su di me, come se mi stesse usando per sostenersi.
« Soldo di cacio il vecchio qui sarai tu, quanti anni hai in più di me? Trenta? Quaranta? Secondo il tuo ragionamento io dovrei morire prima di te, e non ne ho alcuna intenzione! » disse lasciando la presa sulla spalla, solo per darmi un’ ulteriore pacca dietro la nuca che per poco non mi sbilanciò sul cadavere del ragazzo.
Lo adagiai a terra, osservando nuovamente i lineamenti delicati, e la perdita che il mondo aveva subito con la sua prematura dipartita, prima di alzarmi ad affrontare il vecchio comandante.
« Ho già organizzato tutto, io e Imrahil faremo a gare di pisciate sulla tua tomba! » aggiunse ridendo di gusto e poggiandosi una mano sulla pancia come una donna incinta. I soldati vicini ci scambiarono occhiate curiose, alcuni accennarono perfino un sorriso e scossero la testa, probabilmente grati di una personalità come Forlong ancora tra le loro file.
« Dubito che il Principe Imrahil abbia accettato una cosa simile » dissi iniziando a camminare con lui per raggiungere gli altri. Non vedevo Hirluin da almeno un’ora e qualunque cosa stesse facendo, ero intenzionata ad offrirgli un cambio o avrebbe finito per crollare.
« Infatti, non l’ho mai fatto » disse una voce dall’alto venendoci incontro, gli avrei accennato un sorriso, ma dalla sua espressione, decretai che non era il caso.
« Ehi non sai neppure di cosa stessimo parlando! » replicò offeso Forlong.
« Se riguarda una qualsiasi serata con te, la mia risposta è “no” » ribatté lui prima di girarsi vero di me:
« Gwend stanno per superare le seconda mura, non sono spesse come le prime quindi potranno ospitare solo un numero limitato di soldati. Abbiamo bisogno che i migliori di loro vadano là » e questa era evidentemente la categoria in cui riteneva rientrassi io.
Annuii senza perdere tempo, invitandolo a farmi strada mentre mi aggiornava anche sugli spostamenti dei due Capitani di Gondor e Mithrandir.
Risalii le mura, che quasi fui felice di poter smettere di pensare a tutto ciò che avevamo perso, per concentrarmi in qualcosa di semplice ed automatico, come uccidere i nostri invasori.
 

 
 

 
 
« Valanyar! » mi richiamò Mithrandir. Sarebbe stato impossibile per me registrare la sua voce nella battaglia, soprattutto ad una simile distanza. Ma il suo grido rimbombò lungo le mura e le vie della città come portata da un vento caldo e carico di magia, che costrinse i miei avversari a piantarsi con più forza sulle proprie gambe, per non perdere l’equilibrio.
Approfittai di quella momentanea distrazione dei tre orchi davanti a me, per dare due ultimi fendenti con entrambe le spade, incrociando le braccia a forma due grandi X disarmandone uno e abbattendone il secondo mentre a quello centrale, gli concessi un calcio in pieno torace, che lo mandò a cadere all’indietro.
« Il nazgûl! Sta attaccando la cittadella! » urlò nuovamente lo stregone che finalmente riuscivo ad avvistare , mentre si faceva largo lungo la strada.
« C’è Boromir lassù, devi andare da lui! » mi gridò prima di tornare indietro sui suoi passi per portare aiuto alle file di Faramir che cercavano di difendere il proprio livello.
Ma certo Valanyar, vai, scala l’intera città di Minas Tirith in piena battaglia, cosa vuoi che sia?
Trattenni un’imprecazione costringendomi a guardarmi attorno proprio nel momento in cui la terza fila di mura, dove dei soldati cercavano di caricare le catapulte a corda, una bestia alata atterrò, iniziando ad uccidere tutti gli uomini di Gondor a portata di zanne, aiutato dallo spettro che la cavalcava.
« Imrahil! » urlai notando l’uomo sotto di me in sella al suo cavallo che sembrava appena aver ottenuto un attimo di pace, mentre sgozzava l’ultimo avversario.
« Una spinta? » dissi indicando le mura poco sopra di lui, dalla quale la catapulta a corda sporgeva, oramai dimenticata dai soldati in preda al terrore.
Il Principe mi guardò evidentemente confuso prima di annuire e sollevarsi lo scudo sopra la testa con entrambe le mani, io pregai i Valar, mentre la voce di Haldir nella mia coscienza, mi urlava che era una pazzia ed io: saltavo.
Atterrai con entrambi i piedi sullo scudo di Imrahil mentre lui assorbiva il mio peso e mi spingeva verso l’alto, dandomi lo slancio per saltare ancora atterrando contro il muro, mentre allungavo le mani per prendere al volo la corda che ciondolava dalla catapulta oramai distrutta dal peso della bestia alata.
Mi detti nuovamente la spinta con i piedi, camminando contro il muro, mentre lottavo contro la forza di gravità reggendomi alla corda per poi sfruttare un movimento ad arco, ritrovandomi in piedi sulle mura.
« Vai così soldo di cacio! » urlò una voce poco lontana che riconobbi come quella di Forlong mentre con i suoi uomini cercava di farsi strada poco più in là per raggiungermi.
Atterrai che già stavo sfilando le spade bloccando la stoccata della lama dello stregone che mi minacciava ancora a cavallo della bestia.
« Ci rincontriamo Julwanavun², sapevo che non saresti riuscita a sfuggirmi per sempre »
« Vorrei ricambiare il sentimento, ma voi sette portate tutti gli stessi stracci, quale degli avidi Re dimenticati saresti? » dissi facendo ruotare le mani nelle mie mani come eliche sul fianco, più per un effetto scenico che per una vera utilità, e mettendomi in posizione di difesa.
« Perché non scendi da quell’uccello e provi ad affrontarmi lealmente? Oppure sai di non avere alcuna possibilità? » urlai cercando di imprimere nelle mie parole, la mia migliore sfacciataggine nonostante il terrore che mi attanagliava il cuore. Non credevo di aver veramente alcuna speranza contro il nazgûl, ma se fossi riuscita a farlo scendere dalla bestia alata, forse sarei riuscita a prendere “in prestito” la suddetta cavalcatura.
Lo spettro, rise, ma mi assecondò. Scese dalla sella e iniziò a ruotare la sua lunga arma, come se fosse la lancia di un cavaliere. La sola differenza è che era una spada, incredibilmente lunga che assieme all’ampiezza del suo braccio, raggiungeva probabilmente
 i due metri, ed era seghettata verso l’interno così che se uno sventurato avesse avuto la sfortuna di farsi sfiorare da un’arma simile,non sarebbe riuscito ad estrarsela.
Scartai di lato, facendo così tante finte e costringendolo a ruotare su se stesso almeno tre volte, mentre
potevo quasi percepire la sua rabbia. Di positivo c’era che non sembrava aver capito cosa volessi fare, ed era più che sensato considerando che era l’idea più folle che avessi mai avuto nella mia vita. Persino più folle del lanciarmi dalle mura del Fosso di Helm.
Rinfoderai le spade, mentre il nazgûl mi guardava come se fossi un uccello che continuava a sbattere contro un vetro e partii a corsa, lanciandomi con tutta la mia forza verso la testa della bestia alata, che presa alla sprovvista ringhiò e si abbassò, appena in tempo perché io potessi dargli un calcio nel naso e sfruttando la sua cresta come appiglio, per issarmi sulla sua schiena.
« Non puoi vincere questa battaglia » mi avvertì lo stregone mentre io mi dibattevo cercavo di tenere a bada la bestia sotto di me, notai le staffe della strana sella in cui ero seduta, e le lame che possedeva sul poggiapiedi, dietro il tallone. L’animale aveva dei tagli profondi e netti proprio all’altezza del ventre, come stoccate di una tallonata particolarmente dolorosa.
Strinsi i denti, già odiando quello che stavo per fare, mentre mi ritrovavo a commettere un orrore simile, spinsi indietro i piedi, infilando le lame sui talloni in profondità della bestia mentre questa urlava dal dolore e gemeva, issandosi in volo nello stesso istante in cui io ritirai i piedi.
« Dovresti saperlo oramai, c’è sempre un prezzo da pagare » disse nuovamente il servitore di Sauron diversi metri da me, mi guardava dal basso, come se il fatto che fossi riuscito a rubargli la cavalcatura non lo impensierisse.
« Va’ soldo di cacio! A questo ammasso di lenzuoli ci penso io ! » udii urlare Forlong poco più in là e lo vidi, mentre si rimetteva in piedi e si lanciava contro un avversario fuori dalla sua portata.
« No stupido vecchio non farlo! » urlai disperatamente cercando di mantenere in posizione la bestia alata sopra i due contendenti « Vattene! » urlai nuovamente mentre il nazgûl si voltava, parando il colpo della lama di netto, come se non gli costasse niente prima di affibbiargli una mano con la mano guantata dal ferro così pesante, che lo mandò a sbattere ari metri più  in là.
« Scegli Julwanavun, chi salverai? » domandò mentre da sopra di me, udivo l’urlo disperato di Gandalf e Pipino. Alzai lo sguardo, quel tanto che mi serviva per riconoscere in cima alla cittadella la presenza del Re Stregone.
« Gwend, và da Boromir » sputò Forlong mentre si rimetteva in piedi, utilizzando la sua lama come bastone mentre io continuavo ad incitare la bestia sotto di me a riatterrare, ma proprio come il suo padrone doveva volere, l’animale non si mosse, mentre dall’alto mi costringeva ad assistere.
Il vecchio si alzò, girandosi nello stesso momento in cui tentava un fendente contro il nazgûl, ma lo spettro deviò la lama come se niente fosse, lanciandogli la spada lontana.
« Forlong! » urlai ancora  pensando addirittura di buttarmi di sotto, pur di poter andare lì e raggiungerlo, aiutandolo in qualche modo mentre l’uomo veniva strattonato per il collo, con le dita di ferro dell’armatura del nemico che gli si conficcavano nella pelle.
« Guarda cosa succede a coloro che dici di amare » disse lo spettro e prima che potessi intervenire, lanciandomi io stessa o le mie lame, lo decapitò , come se non valesse niente mentre io urlavo dalla disperazione e desideravo solo ucciderlo con le mie stesse mani e poco importava che non potessi.
« La cena» disse il nazgûl lanciando la testa verso la bocca dell’animale, ma con le lacrime che ancora mi segnavano il viso tirai fuori le mie lame e le piantai con tutta la mia forza nella schiena della bestia che urlò nuovamente, gemendo dal dolore mentre freneticamente, iniziava a volare cercando di scrollarmi i dosso mentre la testa del mio vecchio amico, ricadeva in terra, per le strade come un oggetto senza valore.
 
Ruotai le lame all’interno della carne della bestia, mentre piena di rabbia le ordinavo di salire, riuscendo a tenermi aggrappata alla creatura come molti mesi prima avevo fatto a Moria, con il troll.
Giunsi all’altezza della cittadella, che Boromir stava fronteggiando il Re stregone, con la spada sguainata lo fronteggiava cercando di non cedere al terrore che sicuramente stava facendo presa sul suo cuore.
« Io so chi sei Boromir, figlio del sovrintendente. La morte avrebbe dovuto trovarti mesi fa, credo sia il momento di rimettere in piano la bilancia » soffiò il nazgûl mentre io mi dibattevo sopra la mia bestia, cercando di farmi venire un’idea che non fosse precipitare da settanta metri d’altezza.
Boromir strinse più forte la propria presa sulla spada e in quel momento, mi resi conto per cosa stava lottando.
Dietro di lui il portone del palazzo era serrato e Pipino giaceva a pochi metri da esso, illeso ma disarmato. Un altro soldato non doveva aver avuto la stessa fortuna.
Boromir, rappresentava l’ultima linea di difesa per i civili e i feriti all’interno, compreso il suo stesso padre.
Il Capitano di Gondor urlò e caricò contro la bestia, ma l’animale scartò di lato evitandolo sotto il comando delle redini del suo cavaliere poi, il Re Stregone scivolò con eleganza dalla sella, sguainando la strada e irradiando il suo alito nero in tutta la piazza.
« Scendi stupida bestia » ringhiai cercando di conficcare ancora più in profondità le lame nella carne dell’animale. L’animale gemette, lanciando un verso rauco nel cielo ed attirando l’attenzione dei presenti sotto di me.
Pipino urlò il mio nome, mentre Boromir ripartiva all’attacco, caricando il nazgûl come se avesse davvero una possibilità. Lo stregone lo scartò con un colpo di spada mentre rideva del terrore che leggeva negli occhi del suo avversario.
« La morte, ti sta chiamando » disse nuovamente prima di affondare la sua lama nuovamente. Boromir provò a parare il colpo, ma il braccio ferito, o la stanchezza gli avevano fatto perdere velocità e la lama nera riuscii a tagliare la pelle del suo avambraccio.
« Boromir! » urlai assieme a Pipino mentre la scena sotto di me apparve muoversi a rallentatore. Il nazgûl si voltò, pronto a tornare alla sua cavalcatura, mentre il veleno si faceva strada nel braccio di Boromir che ora disarmato era caduto in ginocchio.
« Saziati della sua carne » ordinò il Re stregone alla bestia, quest’ultima si mosse ma apparve Pipino che si frappose come il migliore degli sciocchi, tra l’animale e il Capitano di Gondor. La bestia scattò in avanti e mentre fece per chiudere le proprie fauci sul giovane, Boromir strattonò l’hobbit verso di sé ed io urlai. Ancora così piena di rabbia mentre ruotavo con tutta la forza che possedevo le spade nella carne della bestia, uccidendola, e costringendola a scontrarsi in caduta libera contro quella del nazgûl , così che entrambi si ritrovarono ad accartocciarsi su se stessi.
Saltai dal dorso appena in tempo, rotolando per vari metri sulla piazza. Gemetti, mentre udivo Pipino urlare il mio nome ed io pregavo gli Dei di non farmi perdere i sensi dal dolore.
Mi alzai a fatica, grata di non essermi rotta una caviglia ed imitando il mio vecchio amico, mentre mi tiravo in piedi con l’aiuto delle mie stesse lame prima di alzarmi, spostandomi verso i miei amici come scudo.
Boromir stava gemendo dal dolore, e Pipino aveva un volto così bianco che sarebbe potuto passare per un cadavere se non fosse stato impegnato a cercare di fermare l’emorragia del Capitano di Gondor.
Mi spostai a fatica verso di loro mentre la mia attenzione restava sull’ammasso di bestie alate, ed un nazgûl che si stava velocemente liberando da quell’ammassò di ali.
« Pipino credi di poterlo portare via? » domandai lanciando una rapida occhiata verso di loro. Vi era così tanto sangue, che per un attimo temetti che alla fine l’hobbit doveva essere rimasto ferito in qualche modo, ma poi notai l’arto insanguinato di Boromir, dove vi sarebbe dovuto essere il suo braccio, non vi era altro che carne dilaniata.
Dal gomito in giù, la bestia gli aveva staccato via l’arto.
« Pipino devi fermare quell’emorragia! » urlai prima di fare la cosa più stupida al mondo.
Voltai le spalle al mio nemico e corsi verso il Capitano di Gondor, fregandomene del nemico a cui avrei dato le spalle e che non avrebbe impiegato più di una manciata di secondi, per tirarsi fuori dalla carcassa della bestia morta ed aiutare la sua cavalcatura a fare altrettanto.
« Andrà tutto bene vedrai, resisti, andrà tutto bene » mormorai in automatico strappandomi un lungo pezzo della camicia che tenevo sotto la cotta di maglia. Vi legai il moncherino,  fasciandolo il più stretto possibile solo per bloccare il sangue, senza rischiare di farlo morire d’infezione.
« Pipino la tua cintura » gli ordinai frettolosamente mentre l’hobbit obbediva, sfilandosela e passandomela alla velocità della luce, mentre continuava a lanciare occhiate preoccupate alle mie spalle.
« Dobbiamo portarlo dalla guaritrice » dissi a Pipino mentre il suo sguardo terrorizzato incrociava il mio.
« I civili sono chiusi dentro il palazzo reale per la loro sicurezza, Boromir ha fatto trasferire nella sua ala l’ospedale da campo » cercò di spiegarmi tra un balbettio e l’altro.
« Bene, apriamo le porte » insistetti prima di essere costretta a riportare la mia attenzione sul Re Stregone.
« Dov’è Gandalf? » mi domandò Pipino in preda al panico, mentre io lanciavo un’ultima occhiata ai miei amici e mi alzato, raccogliendo le mie spade da terra.
« Val? Val torna qui » mi implorò il giovane hobbit, nonostante dovesse sapere che non potevo farlo. Quello non era un incubo, non si poteva stringere più forte gli occhi e nascondersi meglio sotto le coperte, a volte i propri mostri vanno affrontati, anche se si sa che saranno loro a vincere.
« Sono un avversario al di fuori delle tue possibilità mortale » sibilò il nazgûl avvicinandosi.
Sentii ogni fibra del mio corpo intimarmi di scappare, di voltarmi e correre nella direzione opposta. Ma proprio come non era fuggito Boromir, ora non potevo fuggire io.
« Lo sò » mi limitai quindi a rispondere, stringendo di più la presa sulle mie spade, mentre il Re Stregone inclinava la testa di lato, quasi incuriosito.
« Forse Khamûl³ aveva ragione su di te mortale. Saresti stata una scelta migliore, piegarti al volere del nostro Signore Sauron sarebbe stato un piacere » la voce del nazgûl, appariva fredda e tagliente come lo era stata quella del suo compagno, ma se possibile dopo la morte di Forlong il suo alito demoniaco mi stava facendo più effetto, mentre mi ritrovavo a stringere i denti e a sfruttare tutta la mia forza di volontà per muovere i piedi, costringendomi a fare qualche passo in avanti.
« Di che diamine stai parlando? Una scelta migliore di cosa? » urlai cercando di scacciare la paura che si stava sempre più impossessando di me, facendomi quasi impazzire, mentre credevo di star perfino vedendo un ghigno sotto quella testa senza volto e ricoperta solo dal nero tessuto degli stracci che indossava.
« Di chi » sottolineò nello stesso momento in cui stava per alzare la spada ed io mi puntavo sui piedi per darmi lo slancio necessario per contrattaccare ad un eventuale sferzata, nonostante il nazgûl sembrasse ben deciso a limitarsi ad una “amichevole” chiacchierata, ma non potevo permettermi inutili illusioni. Mi avrebbe fatto a pezzi.
« Il vecchio stregone ha fallito, il vostro Capitano è morto, la città è invasa. Il mondo degli uomini cadrà » disse lo stregone in un tono che avrei potuto giurare fosse quasi di sdegno.
« Non oggi » soffiai cercando una forza d’animo che in realtà non possedevo, il suo respiro mi pietrificava dal terrore, e se affrontare l’altro nazgûl era stato difficile, per il Re stregone appariva quasi impossibile mentre la creatura alata sbatteva le ali, minacciosa, alle sue spalle.
E poi per un attimo, tutto tacque poiché un corno risuonò lungo i Campi Pelennor e poi sempre più su lungo tutta Minas Tirith fino a dove ci trovavamo io e il Re stregone.
Il mio volto si aprì in un’espressione di quasi pura gioia, riconoscendo il suono dei corni di Rohan mentre l stregone urlava furioso, dandomi le spalle come se non valessi più nulla e ritornando dalla sua cavalcatura.
Come lui aveva fatto con me, lo ignorai mentre mi lanciavo a sinistra per affacciarmi il più possibile dalle mura del piazzale, solo per poter vedere ancora per me troppo lontani, ma così ben riconoscibili gli stendardi di Rohan.
« Théoden » esalai come se fosse la parola stessa per speranza  « I cavalieri di Rohan! » iniziarono ad urlare lanciando un’occhiata piena di gioia alle mie spalle ed incontrando gli occhi gonfi di lacrime dell’hobbit più giovane della compagnia.
Mi staccai immediatamente dalle mura, ignorando quello spettacolo di speranza, per tornare da Boromir che stava sudando freddo e oramai era ad un passo dall’incoscienza.
« Non possono vincere questa guerra da soli » mormorò con un filo di voce il Capitano di Gondor « Devi guidarli tu Gwend, guida Gondor … alla vittoria » aggiunse un attimo prima che i suoi occhi gli girassero verso l’interno dell’orbita, perdendo definitivamente i sensi.
« No Boromir! » urlò l’hobbit in preda al dolore, mentre io allungavo una mano in un automatico moto consolatorio mentre gli carezzavo la spalla.
« Dobbiamo portarlo dentro, deve vedere un guaritore » insistetti on sapendo neppure se vi era qualcosa che un guaritore avrebbe potuto fare. Ma avrei tentato, almeno per non distruggere completamente le speranze del mio giovane amico.
« Non tu- … Tu devi- … Ha detto- » mormorò tra un singhiozzo e l’altro Pipino. Tirò su con il naso, guardandomi come aveva sempre fatto da quando l’avevo per la prima volta conosciuto a casa Tuc.
Come se la mia presenza fosse la soluzione a tutto, come aveva fatto anche Frodo alla sua età.
Non capivo come potesse avere ancora tutta quella fiducia in me, quando io mi sentivo uno straccio senza più alcuna utilità.
« Lascia che ti aiuti a portarlo dentro » dissi prima che una voce alle mie spalle mi interrompesse.
« Aiuterò io mio nipote, tu vai, Mithrandir richiede la tua presenza » annunciò Imrahil apparendo letteralmente dal nulla alle nostre spalle, mentre io mi costringevo a non sbuffare offesa, per il mancato aiuto che alla fine Gandalf mi aveva fatto arrivare.
« D’accordo » mi limitai a rispondere, alzandomi come un automa senza non riuscire più a degnare neppure di uno sguardo i soldati presenti.
« Bucefalo! » urlai richiamando il mio stallone che in neppure qualche minuto mi raggiunse, giungendo dalle stalle reali dove doveva averlo sistemato Faramir in mia assenza.
« Andiamo bello, un'altra battaglia ci aspetta » gli dissi prima di montargli in sella e ripartire, come se avessi mai avuto, l’occasione di fermarmi.
 
« Faramir! E’ Théoden, Rohan è qui! » urlai richiamando l’attenzione del giovane Capitano di Gondor non appena lo vidi, nuovamente in testa alle guani giorni, spronando le sue truppe a dare il massimo. Faramir fece una mezza piroetta, facendosi largo tra le sue stesse mura a colpi di scudo e spada fino a quando non ebbe anche lui uno scorcio dei Campi Pelennor.
« Sembrano così pochi » mormorò guardando ‘orizzonte, in realtà il numero dei cavalieri di Rohan , appariva maestoso ma l’esercito di Mordor era comunque un enorme chiazza nera, che occupava interi kilometri quadrati tutt’innanzi Minas Tirith.
« Non temere, il loro coraggio compenserà le mancanza » dissi nello stesso momento in cui contro ogni previsione i cavalieri partirono al galoppo, urlando e con le armi sguainate sopra la testa.
L’esercito davanti a loro apparve confuso e poi, quando i cavalli si infransero tra le loro file come un mare in tempesta, il panico esplose tra le file di Mordor.
« Mio fratello, come sta? » domandò il giovane incupendosi. Ci scambiammo una lunga occhiata dove soppesai se mentirgli o semplicemente alleggerirgli la pillola, ma dopo tutto quello che noi avevamo passato assieme non me la sentivo. Dovevo molto a Faramir, il minimo che potessi fare, era essere onesta con lui.
« La bestia del nazgûl gli ha portato via mezzo braccio, ha perso molto sangue. Quando l’ho lasciato alle cure di tuo zio, aveva appena perso i sensi » mormorai incapace di sostenere il suo sguardo.
Avevo chiamato a Faramir a Gran Burrone, nella speranza di salvare il fratello maggiore da una sorte ignobile, ma cosa avevo ottenuto in cambio? Il giovane Capitano era stato comunque costretto a veder eil lato peggiore del maggiore che tanto stimava ed amava ed ora, come se non fosse stato abbastanza, probabilmente lo avrebbe perso comunque. Perché poi, un uomo come Boromir, sarebbe veramente riuscito a portarsi avanti nella vita, ora che non aveva più un braccio con cui combattere?
« Ehi Gwend » mormorò poggiandomi due dita sotto il mento, invitandomi a guardarlo nuovamente negli occhi « Non è colpa tua. Tutti noi sapevamo che saremmo potuti morire, ma abbiamo scelto di combattere comunque proprio come te » annuii, comprendendo che quindi aveva saputo della morte di Forlong, ma il suo discorso non mi rincuorò.
Che senso poteva avere, richiamarmi per affrontare quel viaggio con loro, se alla fine non riuscivo a fare alcuna differenza?
I miei amici erano morti comunque, le perdite erano stati così ingenti che Gondor avrebbe impiegato decenni a riprendersi da queste guerre, ma allora, perché io ero stata portata nella Terra di Mezzo? A quale scopo?
« Eccovi finalmente! Vi stavo cercando dappertutto, evidentemente Imrahil pensa che con un viso come il mio, le buone notizie possano diventare meravigliose se sono io a riferire i messaggi » disse Hirluin giungendo in quel momento di fianco a noi.
Non avevo idea del quando o del come, ma l’uomo si doveva essere sciacquato il viso. I suoi occhi brillavano come di luce propria mentre i capelli rossi, adesso legati in una treccia frettolosa lasciavano intravedere la mascella squadrata e gli zigomi accentuati. Le labbra erano piegate all’insù, in un sorriso perenne a cui oramai mi ero involontariamente affezionata e che con il senno del poi, gli invidiavo.
« E che notizie porteresti? » domandai sentendo un po’ dello stress, scivolarmi via dalle spalle, mentre Hirluin vi passava un braccio intorno, come se ci conoscessimo da tutta una vita.
Non lo scacciai, silenziosamente grata di quel breve contatto umano.
« Rohan è guidata da dei folli! » iniziò entusiasta « Secondo Imrahil non avrebbero dovuto avere alcuna possibilità, vedete quanto siano inferiori di numero? E invece l’esercito di Mordor sta battendo in ritirata. Dobbiamo riunire tutti gli uomini nel primo livello, così potremo riprenderci la città » concluse muovendo le mani, per spiegarci come il Principe avesse progettato la carica finale.
Era un buon, piano, forse potevo finalmente tirare un sospiro di sollievo, la battaglia non si era certamente conclusa ma magari il peggio me lo ero lasciato alle spalle.
Ma sapevo che non era così, avevo ancora Théoden da trovare e da salvare. Se c’era una cosa di cui mi ero stufata era di veder morire i miei amici, avevo Aiantcuil con me e in questa occasione, sapevo di poter fare la differenza.
 

 


 
« Ehi non dovrebbe esserci anche tuo fratello tra i guerrieri di Rohan? Se è bello anche solo la metà di te, magari potrei sposare lui » commentò Hirluin alla mie spalle mentre io uccidevo l’uruk-hai davanti a me per poi girarmi, ad incontrare il sorriso dell’uomo dietro di me.
Ma quando mi voltai, il suo sorriso aveva perso ogni calore, mentre dagli angoli della sua bocca colava del sangue.  Hirluin abbassò lo sguardo sul suo torace, imitato immediatamente da me, mentre guardavo piena di orrore la spada che gli sbucava dal petto, trafiggendolo da parte a parte.
« Gwend? » gracchiò riuscendo solo a sputare più sangue mentre io sentivo invadermi dal panico.
Lo scambio di sguardi non dovette durare più di un battito di ciglia, ma la scena mi si svolgeva davanti come a rallentatore mentre il guerriero Sudrone ritraeva via la sua sciabola, riservandomi un ghigno soddisfatto.
Il Signore di Pinnath Gelin crollò in ginocchio e poi a terra, mentre i Campi del Pelennor si riempivano del suono di nuovi corni da guerra che preannunciavano l’arrivo degli Olifanti e le armate Haradrim.
Abbassai nuovamente lo sguardo sulla figura del mio amico a terra, consapevole che probabilmente a me sarebbe stata riservata la stessa fine se Faramir non mi fosse apparso accanto, tagliando di netto la testa del guerriero nemico che aveva appena ucciso il mio compagno.
« Hirluin » mormorai abbassando lo sguardo sul cadavere ai miei piedi, ero solo vagamente consapevole che la guerra ancora infuriava e che probabilmente ero ancora viva solo a causa della confusione che i nuovi arrivati avevano causato.
Ma ai miei piedi, il mio nuovo amico, giaceva in una pozza di sangue che adesso stava ricoprendo l’erba, malamente accasciato sopra il cadavere di un orco, il suo bellissimo volto ancora mi ricambiava lo sguardo ma gli occhi erano ora vitrei  e il sorriso solitamente sempre impresso sulle sue labbra, era scomparso.
Ne avevo perso un altro
« Gwend, Théoden ha bisogno di noi. » mi ricordò Faramir accanto a me, mi dette una pacca veloce sulla spalla mentre io alzavo gli occhi su di lui, inerme.
« Théoden ha bisogno di te » ripeté nuovamente, scandendo bene le parole così che facessero breccia nel mio dolore, risvegliandomi.
Non mi concessi ulteriori secondi, consapevole di cosa significava l’arrivo degli Olifanti « Andiamo » dissi voltandomi e ritrovando in fretta Bucefalo, mentre montavo a cavallo imitata da Faramir ed il suo baio, prima di girarmi verso gli uomini di Imrahil  e gli altri.
« Chiunque abbia un cavallo, ci segua, gli altri proteggano la città, andiamo ad aiutare Re Théoden! » urlò Faramir prima di partire alla carica seguito da almeno altri duecento cavalieri.
Bucefalo era il più veloce, non avevo idea di dove fosse Mithrandir, speravo con Boromir me non potevo neppure sapere, se Gandalf avrebbe potuto aiutarlo con la sua magia. O se ne avesse ancora l forza.
Spronai ancora di più Bucefalo alla carica, quando riconobbi con troppa facilità il Re stregone ed il suo nazgûl.
La picchiata della bestia alata era già iniziata ed assistetti impotente, all’investimenti di quattro cavalli con i rispettivi cavalieri, dove tra loro riconobbi Théoden. Attorno a lui, solo una quantità indecifrabile di morti Rohirrim.
 
« Più veloce » ordinai al cavallo, abbattendo i nemici attorno a noi senza degnarli mai di una seconda occhiata,mirando solo ad avvicinarmi il più possibile al Re di Rohan.
Potevo vedere in lontananza un’altra sezione dei Rohirrim caricare verso due Olifanti, imparando dalle perdite appena subite e optando per tattiche differenti, nonostante fossero la prima volta, che vedevano bestie simili.
Riconobbi l’elmo di Éomer tra le tante teste confuse, e pregai che tenesse duro il più a lungo possibile, mentre io mi precipitavo da suo zio.
« Ignora la bestia amico mio, noi pensiamo al Re » dissi quando sentii Bucefalo iniziare ad innervosirsi mentre l’uccello alato ringhiava e soffiava contro un soldato, l’unico che adesso si frapponeva tra il nazgûl e il Re di Rohan.
« Ti ucciderò se osi toccarlo » urlò una voce che riconobbi come quella di Éowyn mentre il mio cuore nel guardarla, in piedi da sola, davanti al secondo nemico più temibile della Terra di Mezzo mi riempiva di orgoglio .
« Non metterti tra la bestia e la sua preda » soffiò il Re stregone mentre smontavo da cavallo per avvicinarmi al Re di Rohan. Acquattandomi il più possibile e piano piano ed avvicinandomi alla figura, spezzata in due dal peso di un cavallo.
Éowyn a pochi metri da me scartò di lato prendendo di sprovvista l’enorme bestia e tagliandogli la testa di netto con soli due colpi ben assestati, mentre la creatura rovinava a terra, portando il suo cavaliere con sé.
Éowyn si voltò, riconoscendomi mentre io gli facevo un cenno distratto, indicando suo zio.
« Forse posso salvarlo, trattieni lo spettro » dissi mentre lei annuiva, rimettendosi in fretta in posizione di difesa con la spada alta e lo sguardo fisso sul suo avversario.
« Théoden » mormorai avvicinandomi alla figura sofferente, che udendo il suo nome gemette, per lo sforzo di aprire gli occhi. Essi si persero nei miei per qualche secondo mentre cercava di mettermi a fuoco, riconoscendo nel mio viso un volto familiare ma fuori dalla presa dei suoi pensieri, fino a quando non dovette comprendere chi fossi.
« Conosco il tuo viso … Gwend » mormorò flebilmente. I suoi occhi si addolcirono e nello sforzo di piegare leggermente le labbra all’insù, un rivolo di sangue gli sporcò la bionda barba fino al mento.
« Ehi amico mio » lo salutai prendendo la mano che aveva iniziato ad alzare tra le mie « Sei venuto » dissi sentendo la mia voce rompersi in gola, mentre i suoi occhi si velavano di tristezza e vergogna.
« Non potevo … voltarmi dall’altra parte » mormorò anche lui tossendo sangue mentre io stringevo la mia stretta nella sua mano, riconoscendo le parole che ci eravamo rivolti  quasi vent’anni prima, quando avevamo iniziato a chiamarci “amici”.
Lasciai che il dolore e la tosse, scemassero, mentre Éowyn a pochi passi da me urlava di dolore, colpita sul braccio dall’arma del Re Stregone, feci quasi per mettermi in piedi, ma lanciando un’ultima occhiata al Re confuso tra le mie mani mi trattenni.
Quella non era la mia battaglia, se Éowyn non avesse trovato il modo di portarla a termine, nessuno ci sarebbe riuscito, tantomeno io. Ciò che potevo fare però, era aiutare un vecchio amico.
« Sire » dissi richiamando i suoi occhi sempre più stanchi sul mio viso « Ho una cura, posso salvarti… Permettetemi … » mormorai liberando una delle mie mani dalle sue, prima di portarla intorno al collo e tirando la catena per far uscire la lacrima di Mithril.
Aiantcuil brillava di luce propria, come una piccola stella, l’unica in quei campi della pena. Il Re mi guardo confuso, prima di spostare lo sguardo verso il cielo, sempre coperto dalle nere nuvole portate da Mordor.
« E il soldato che sta combattendo? Lui merita più di me, in molti lo fanno » mormorò quasi parlando tra sé e sé mentre io tenevo il gioiello tra le mani, a occhi passi dal viso del Re.
« Il soldato, è vostra nipote Sire. Non avrà bisogno di Aiantcuil, sopravvivrà » dissi mentre negli occhi di Théoden passavano milioni di emozioni diverse, rima di rincontrare di nuovo il mio viso, nello stesso istante in cui il Re Stregone urlava verso il cielo, probabilmente ferito alla gamba da un valoroso hobbit.
« Io. Non. Sono. Un uomo!  » urlò Éowyn, e le sue grida di dolore si mescolarono a quelle del nazgûl. Per tutto il mio tempo nella Terra di Mezzo, avevo aspettato quel giorno piena di orgoglio e curiosità, ma oggi che questo girono era giunto, la mia attenzione era tutta su un vecchio amico, che mi guardava con gli occhi uccidi, il sorriso amaro e la morte negli occhi.
« E’ stata una fortunata, che tu sia arrivata da noi Gwend, tu le hai dato la forza di cui aveva bisogno. Io non l’ho mai capita … »
« Non sono stata io Théoden, Éowyn aveva tutta la forza di cui aveva bisogno, dentro di sé »
La protagonista di tali parole arrancò, crollando nel lato opposto al mio del Re, mentre guardava tra me e lui confusa, tenendosi un braccio pregno di sangue al petto.
« Puoi salvarlo? Gwend? Perfavore… » mormorò carezzando con la mano buona, i capelli del Re all’indietro.
« Cosa diceva il mio destino Gwend? Era qua, la mia fine non è vero? Nella storia che a volte narri con il Bianco Stregone e tuo fratello, quando pensate che nessuno vi ascolti » Théoden parlava con me, ma i suoi occhi erano fissi sul viso della nipote, permettendogli un sorriso lieve e sincero come se avesse appena ricevuto, una dose dell’antidolorifico più potente.
« Sì ma non serve, sono qua in questa storia, posso cambiare il tuo destino. Posso salvarti. » dissi caparbia mentre con il pollice passavo sopra l’apertura del gioiello a forma di lacrima, rivelando il liquido bianco all’interno.
« Lo hai già fatto … Lasciami andare. Vado dai miei padri dove della gloriosa compagnia non dovrò più vergognarmi » mormorò mentre le sue palpebre traballavano, tradendo la debolezza del suo corpo.
« Gwend? » mormorò con un fiato di voce così basso, che intuii solamente che stava pronunciando il mio nome, poiché il mio orecchio non riusciva ad udirlo.
« Sono qua » gli assicurai stringendo più forte la mano che ancora li reggevo, mentre con l’altra richiudevo l’apertura della lacrima, rimettendo Aiantcuil al sicuro.
« Perdonami per ciò che ho fatto io … Me ne vergogno adesso, non era così che speravo di farmi ricordare … da un amico» mormorò mentre calde lacrime iniziavano a rigare il mio volto appannando mila vista.
« Va tutto bene, è tutto apposto » mormorai con la voce spezzata « Non è così che ti ricorderò abbiamo passato così tanto assieme che quell’episodio è una sciocchezza io- »
Ma fui interrotta da Éowyn che posava una mano sulla mia, con quella intrecciata ancora con il Re « Gwend, non può più sentirti, se ne è andato » mormorò con una delicatezza che non meritavo.
Alzai lo sguardo sul viso del Re, oramai impassibile e senza vita, mentre su nipote mi stringeva con più forza la mano, invitandomi a farmi coraggio.
Non era giusto, sarei dovuta essere io a farle forza, lei aveva appena perso suo zio, la sua figura paterna … Ed io, mi appoggiai sulla spalla del Re, mormorandogli una preghiera elfica sotto voce, prima di alzare la testa, ed urlare al mondo il mio dolore.
 

 


 
Fù il mio stesso cavallo a farmi tornare in me, quando mi si avvicinò incitandomi con il muso e carezzandomi delicatamente il viso con il naso. Era preoccupato potevo sentirlo, scalpitava con gli zoccoli anteriori come ogni volta che era nervoso, e dato che la battaglia era ancora in corso faceva bene.
Éowyn, davanti a me, ora fissava un punto impreciso alle sue spalle piena di orrore, mentre il suo viso già naturalmente pallido, perdeva sempre più colore a causa dell’ingente perdita di sangue ed il veleno della ferita in circolo.
Da qualche parte non troppo lontano, probabilmente anche Merry aveva bisogno di aiuto, ed io non potevo permettermi di crollare proprio ora.
Mi tirai in piedi, tirando su con il naso e stringendo i denti mentre identificavo la paura di Éowyn in un orco che si stava avvicinando lentamente e a carponi.
Lo riconobbi come uno dei comandanti, mentre senza troppi preamboli mi avvicinavo a lui, piantandogli una scarpa sulla schiena, trattenendolo pancia a terra prima di conficcargli la lama destra dritta nella base del collo, uccidendolo.
Tornai da Éowyn che aiutai a rimettersi in piedi ed avvicinandola a Bucefalo, aiutandola ad issarsi sopra il cavallo.
« Hai bisogno di cure mia signora, Bucefalo ti porterà al sicuro » le assicurai mentre lei cercava di controbattere in qualche modo, aprendo le labbra per dire qualcosa, prima di svenire sul cavallo senza neppure l’occasione di lanciare un altro sguardo al corpo di suo zio.
In quel momento mi raggiunse Faramir a cavallo, mentre io ritrovai facilmente Merry a pochi metri della carcasse della bestia e prendendolo in collo tra le braccia, mi rassicurai, percependo il suo corpo sempre caldo, anche se la sua coscienza si era momentaneamente spenta.
« Portali al sicuro nella cittadella. Solo Aragorn potrà aiutarli davvero a fine battaglia, ma fino ad allora, non permettere a nessuno di sfiorarli con un dito » gli ordinai probabilmente osando fin troppo poiché Faramir era il capo in comando della propria città. Ma il Capitano di Gondor si limitò ad annuire, probabilmente intuendo il mio bisogno di assicurarmi la salvezza di almeno quei due amici.
Sapevo che anche Faramir doveva essere torturato dal dolore, Boromir aveva perso coscienza oramai da molto, ma fino a quando non avremmo vinto la battaglia, niente poteva essere fatto per il Capitano di Gondor.
« Non preoccuparti amica mia, mi prenderò cura di loro » mi assicurò prima di ricordarmi di essere prudente ed io lo osservavo cavalcare verso la città per qualche secondo ancora, prima di fare l’esatto opposto, rilanciandomi nella mischia come se non avessi combattuto per un giorno e due notti senza riposo.
 


 
 
 
 
« Gwned? » mi salutò una voce alle mie spalle, ritrovandomi presto accerchiata da alcuni cavalieri Rohirrim mentre infilzavo il decimo orco del momento.
Era stata una fortuna che fossero giunti, ad un certo punto, mi ero ritrovata quasi completamente circondata dai nemici, quasi non capendo come potessi essere finita così tanto al centro della mischia, ma poi i cavalieri avevano caricato e sotto il comando di Éomer avevano costretto gli uomini e gli orchi che mi accerchiavano, alla fuga.
« Ragazzino » lo salutai con fatica, appoggiandomi alla spada destra come se fosse un bastone.
« Gwend mio zio… » mormorò abbassando lo sguardo, mentre io mi ritrovavo a fare lo stesso, piena di vergogna.
« Lo so, mi dispiace » dissi senza aggiungere niente su Éowyn, non vi era motivo perché si preoccupasse anche per lei, avrebbe avuto tempo per scoprire che sua sorella rimasta ferita nella battaglia.
Potei finalmente notare Bucefalo, che stava tornando da me. Il cavallo aveva appena varcato le mura di Minas Tirith e ora galoppava a perdifiato nella nostra direzione, scartando i nemici con una naturalezza sorprendente.
« Éomer! » urlò qualcuno alle nostre spalle « Sire, i pirati stanno attraccando al fiume! »
« Altri alleati di Mordor? » sospirò affranto stringendo la preso sull’elsa della spada con più decisione. Sicuramente stava facendo un veloce calcolo mentale delle forze che gli erano rimaste e aveva compreso, che non sarebbero state abbastanza, per respingere ulteriori nemici.
« Éomer, gli aiuti arriveranno, non fargli superare nuovamente le mura della città » dissi infiltrandomi nei suoi pensieri, proprio nel momento in cui Bucefalo ci raggiungeva ed io gli saltavo in groppa.
« Cosa hai intenzione di fare? » domandò lui con il respiro pesante « Qualunque cosa tu stia pensano, possiamo affrontarla assieme » mi ricordò poggiandomi la mano libera dalla spada sul  braccio sinistro, avvicinandomi leggermente a sé.
« Fidati di me, io metto fuori gioco quel gigante e voi raggiungete Imrahil alle porte della città» dissi indicando l’enorme bestia, che guidata dai Sudroni, si stava facendo strada verso di noi
« E i corsari? » domandò dubbioso un altro cavaliere che non riconobbi.
« Loro sono i nostri rinforzi » assicurai mentre Éomer sosteneva il mio sguardo, prima di annuire « Mi fido di te » confermò prima di ordinare ai Rohirrim di partire alla carica, prendendo larga la curva così che niente potesse frapporsi tra me e il nuovo avversario. L’Olifante.
 
 
 
Voltai Bucefalo, pronta a caricare nella totale disperazione e solitudine anche quel’Olifante. Non potevo permettere ai Rohirrim di subire ulteriori perdite , anche on l’arrivo dei morti, la situazione non si era semplicemente, magicamente capovolta. Aveva richiesto altre vite ed ulteriori scontri ma stavamo finalmente vedendo la fine del tunnel, perdere altri a cui tenevo proprio ora mi sembrava troppo ingiusto perché io potessi ulteriormente sopportarlo.
Stavo per stringere le ginocchia, incitando Bucefalo al galoppo quando lo notai: l’intera impalcatura che costituiva l’enorme sella dell’animale era stata divelta e adesso solo una figura, i cui capelli risplendevano sotto il sole come una nuova stella, si muoveva sul manto grigio.
Sorrisi, prima ancora di comprendere appieno ciò che stavo vedendo mentre  l’elfo abbatteva da solo il gigantesco animale e scivolava lungo tutta la sua proboscide attendo in piedi a pochi metri.
« Legolas » lo salutai scendendo da cavallo e volando a corsa tra le sue braccia, come se fosse davvero il primo raggio di sole in tutta la settimana, dimenticando per un attimo il pessimo modo in cui ci eravamo salutati mentre lui si voltava verso di me e i suoi occhi passavano dalla confusione alla realizzazione.
« E comunque conta per uno! » urlò il mio nano preferito ad una cinquantina di metri più in là e dovette riconoscermi anche lui poiché lo udii domandare « Valanyar?! » come se non potesse credere ai suoi stessi occhi.
Nel frattempo io stavo già abbracciando l’elfo, con il viso schiacciato contro il suo torace, mentre dietro la sua schiena, le mie mani lo abbracciavano con ancora le spade incrociate. Legolas di conto suo, dovette ritrovarsi completamente spiazzato poiché non dette cenno di voler ricambiare il gesto, mentre le sue braccia restavano semi-aperte, incerte a mezz’aria su cosa dovesse farci.
« Valanyar? » mormorò infine incerto, mentre io ispiravo per l’ultima volta il suo profumo di bosco e muschio, prima di discostarmi da quel contatto.
« Grazie di essere arrivati » mormorai mentre sentivo un fiume di anime passarci vicini, creando il panico tra le linee nemiche, e anche tra quelle amiche, ovunque andassero, uccidendo ulteriori Haradrim nemici.
« Val che ti è successo? » mormorò lui alzando una mano come se volesse poggiarla sul mio volto, ma dovette ripensarci poiché come poco prima, restò a mezz’aria osservandomi come se mi vedesse per la prima volta.
« Legolas io - » iniziai senza sapere come concludere:
- sono così stanca che potrei crollare a minuti?
- sono quasi morta almeno dieci volte?
- mi dispiace aver rischiato che le mie ultime parole per te siano state quelle?
« -io li ho persi. Tutti. Non sono riuscita a salvarli » conclusi infine voltandomi verso la città che ancora in fiamme, aveva bisogno di aiuto, poiché gli invasori non avevano certamente deciso di ritirarsi senza combattere.
Lo sguardo dell’elfo si addolcì, nonostante dovesse ancora provare molta rabbia nei miei confronti, ma evidentemente comprese che una singola parola sbagliata avrebbe potuto farmi crollare, proprio lì, nel bel bezzo di una cimitero da battaglia.
« Hai fatto tutto ciò che era in tuo potere. Hanno combattuto per proteggere coloro che amavano, perché credevano in qualcosa di più del male di Mordor, non rendere vano il loro sacrificio rendendolo un tuo errore. Il mondo dovrà onorarli » annuii mordendomi forte il labbro inferiore, e facendo qualche respiro profondo mentre Legolas, nonostante quello dovesse essere il peggiore degli aspetti con la quale mi ero presentata dinanzi al perfetto elfo, mi elargiva una carezza leggera come il soffio del vento, mentre on due dita incorniciava il mio viso come se tentasse di sfiorare la superficie dell’acqua, senza infrangerla.
« Ehi piccioncini! » urlò Gimli che doveva averci appena raggiunto, oppure aveva assistito alla mia crisi proprio lì a due metri da me, non potevo saperlo poiché mi sembrava che con la sua presenza, avesse appena scoppiato la bolla di un’altra realtà.
« La non si vince da sola, forza andiamo! C’è ancora molto da fare » ci riprese prima di rigettarsi nella mischia, imitato da Legolas che riprese a correre dietro l’amico, scoccando frecce come se non avesse fatto altro, da quando era nella culla.
«Legolas … Grazie » dissi al vento, certa che l’udito elfico mi avrebbe aiutato a portargli quel messaggio, prima di montare nuovamente a cavallo.
 

 

 
 
I nemici si facevano sempre più radi e per ogni avversario che uccidevo avevo sempre da controllare lo stato di almeno altri tre dei nostri uomini.
I cavalieri Rohirrim giacevano ovunque e nonostante ci fossero anche molti nemici feriti a terra, preferii concentrarmi sui nostri alleati.
La rabbia che avevo avuto in corpo, quella che mi aveva fatto andare avanti per giorni interi, adesso mi stava abbandonando. Ero ferita e malridotta, le mie dita stringevano così forte l’elsa delle mie spade, che temevo non sarei più riuscita a lasciarle e l’adrenalina era oramai un ricordo così lontano, da avermi solo lasciato il fiatone.
Udii un rumore alle mie spalle, una corsa e dei movimenti incerti, non attesi oltre prima di voltarmi, incrociando le lame a mezz’aria pronta a tagliare di netto chiunque fosse il mio avversario, ma le mie lame cozzarono contro una spada che riconobbi, ancor prima della persona che la impugnava.
La spada dei Re, era l’unica lama che riusciva a brillare anche sotto un cielo senza sole e mentre abbassavo lo sguardo sul volto del suo proprietario, trovai lo sguardo di Aragorn, che mi guardava come se non potesse credere ai suoi occhi.
Non faticavo a domandarmi il perché, dovevo avere un aspetto terribile con il viso e i capelli pieni di sangue nemico ed amico. I miei vestiti avevano assunto delle tonalità più scure a causa di tutte le vite che avevo perso in quei giorni e il dolore continuava a volermi trascinare in terra, per paralizzarmi e costringermi ad affrontare le perdite subite.
« Valanyar, sono io, Estel » mormorò il ramingo quando non abbassai immediatamente le mie lame, mi parlò con lo stesso tono e rassicurante con la quale gli parlai io quando scoprì di essere l’erede di Isildur, quando aveva avuto bisogno una certezza nella sua vita e quindi si era diretto subito da me con un randagio che riconosceva il padrone.
Solo in quel momento il randagio ero io e mentre abbassavo le lame, lui doveva averlo capito poiché mi disse esattamente ciò che volevo sentirmi dire:
« Va tutto bene Valanyar, è finita, abbiamo vinto » mormorò invitandomi a lanciare uno sguardo alla mia sinistra mentre voltandomi vedevo gli ultimi nemici di Mordor  battere in ritirata verso il fiume, fuori dai Campi Pellenor  dai Rohirrim o si ritrova messo con le spalle al muro dagli spiriti della montagna.
« E’ finita » disse ancora senza accennare un sorriso, me il suo sguardo si addolciva delicatamente, mentre io finalmente accettavo la realtà e rinfoderavo le mie spade « Abbiamo vinto »
« Vinto? » mormorai guardandomi nuovamente attorno, lanciai un’occhiata alla meravigliosa città bianca, che era ancora pregna di terrore e fuochi che continuavano a minacciarne la stabilità « Non credo» dissi, il prezzo per quella vittoria era stato troppo alto.
 
 
 
 
 




 
 
 
 
Halet¹ = Non ricordo se c‘è anche nel libro(?) Ma comunque è lo stesso nome del ragazzino con cui parla Aragorn al fosso di Helm prima della battaglia. Quindi se il nome vi suona familiare è per questo motiv, ma ovviamente non sono la stessa persona.
 
 
Julwanavun ² =  secondo il traduttore del “Black speach” (La lingua Nera di Mordor) significa letteralmente “Unwanted” quindi Indesiderata.
 Valanyar ha vinto un altro nome, fatele gli auguri ;) Ci tiene particolarmente a riceverne 28 tipo Aragorn, peccato che questo lo usino i nemici quindi a noi ci importa il giusto.
Tengo comunque a precisare che invece il Re stregone la chiama semplicemente “mortale” perché non la ritiene degna di nessun altro appellativo. [Ma d’altronde lui aveva Éowyn di cui preoccuparsi altro che Val ;)]
 
 
Khamûl³ = Il secondo nazgûl più potente. E’ quello che alla “sconfitta” del Re Stregone, guida poi il restante esercito di Mordor e lo stesso che parla con Valanyar prima di uccidere Forlong.
 




 
NdA : Che c’è? Perché mi guardate male? E’ venerdì ed io ho postato di venerdì, tutto regolare u.u
*Finge ignoranza spudoratamente*
Mi scuso però, perché anche se ho avuto tempo per scrivere e correggere, molti errori mi sono sicuramente sfuggiti, avevo previsto di fare due capitoli, ma poi ho unito tutto in uno (venticinque pagine xD) però in settimana cercherò di correggere tutto il capitolo al meglio. Volevo solo evitarvi di darmi per dispersa^^’
Ma tornando a noi…
Allora avete pianto? Almeno un pochino per qualcuno di loro!?
Lo spero, non perché sono sadica ma perché spero che a quel modo si comprenda meglio il crollo mentale alla quale è andata incontro Val durante i giorni dell’assedio.
E se avete pianto, vuol dire che almeno un po’ vi eravate affezionati ai personaggi, nonostante la breve apparizione.
Personalmente, ho quasi pianto scrivendo la scena di Théoden e mi chiedo se qualcuno di voi credeva, che si sarebbe salvato grazie ad Aiantcuil ;)
Eh… siamo sempre più vicini alla fine, i capitoli si contano su una mano sola! Ma così vicini … Che ho già scritto l’epilogo! :P
 
A presto <3
   
 
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