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Autore: MIV93    09/05/2021    2 recensioni
La storia di "Our Hero Academia" narra di 3 nuove studentesse ritrovatesi, per i motivi più disparati, a frequentare la U.A. High School. L'arco narrativo segue quello della storia ufficiale e si intreccerà con la vita delle nuove tre studentesse con nuove e vecchie avventure.
[Raiting giallo: presenza di un linguaggio volgare] [Coppie HET] [OC] [OCC per togliere le paranoie] [Fanfiction scritta a più mani] [SPOILER dal capitolo 8]
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 9
 
 
Hello from the other side
I must’ve called a thousand times
To tell you I’m sorry for everything that I’ve done
But when I call you never seem to be home
 
Hello from the outside
At least I can say that I’ve tried
To tell you I’m sorry for breaking your heart
But it don’t matter, it clearly doesn’t tear you apart
Anymore
[Adele – Hello]
 



 
Gli agenti non furono propensi, sulle prime, a credere alle parole di Kokoro, ma bastarono due telefonate ai genitori della ragazza e il loro arrivo, insieme a quello di Katsuro, in centrale per confermare il tutto: la clinica dove avevano “ricoverato” il figlio per i problemi con i suoi quirk era legale, non socialmente accettata da tutti ma legale, così come esistevano, seppur poche, documentazioni sull’esistenza di Taro Kyoriido e sulla tipologia dei suoi poteri.
Le testimonianze di Kokoro e Katsuro sulla ricomparsa del povero gemello e della sua malaugurata affiliazione con la Lega dei Villain, infine, convinsero gli agenti che effettivamente non fosse Kokoro la colpevole. Ma gli interrogatori durarono comunque ore e Katsuro e Kokoro furono trattenuti per ore negli uffici della caserma, con i genitori di Kokoro che venivano interrogati sull’intera vicenda. La paralegalità di quel genere di agenzie non li esponeva a grossi rischi, ma l’occultamento dell’esistenza di un figlio di certo avrebbe fatto passare loro delle ore tranquille.

“Cazzo, che situazione di merda...” disse, arrabbiata e confusa Kokoro, ancora in costume dopo quasi 6 ore di interrogatori vari, le mani sulla faccia mentre Katsuro, a volto scoperto, stava in piedi al suo fianco.

“Su dai, si sistemerà tutto... ormai è sera, anche gli agenti si saranno stancati. Vedrai che prima dell’ora di cena saremo a casa a vederci un film e a dimenticarci questa brutta giornata...”

“Si, ma il maledetto problema con mio fratello rimane!”

“Ma ora è uscito allo scoperto... lo troveranno e lo recupereremo. A questo punto meglio che stia in prigione, dove almeno possiamo andarlo a trovare, che assieme ai pazzi della Lega dei Villain...”

Kokoro lo fissò, come se volesse ribattere all’idea del fratello in prigione: alla fin fine non era colpa del povero taro se le cose erano finite in quella maniera. Non era giusto pensare che finisse lui dietro le sbarre, ma aveva assaltato una stazione di polizia, ferito decine di agenti, colpito come un fulmine a ciel sereno con potenza inaudita.
Il carcere era inevitabile, Kokoro lo sapeva... ma non poteva credere a quanto fosse ingiusta tutta quella situazione. Eppure, non poté fare a meno di guardare il suo ragazzo e dargli ragione, alla fine.

“Si, forse è meglio che finisca così... però non lo abbandoneremo in cella come hanno fatto i miei, vero? Lo aiuteremo! Gli faremo capire che può essere amato anche lui, no?” disse, speranzosa, gli occhi fissi in quelli di Katsuro. Il ragazzo le sorrise.

“Certo... siamo una squadra di superesseri con poco controllo sui nostri poteri... se non ci aiutiamo a vicenda, chi lo farà!” *le diede una pacca sulla spalla nel momento esatto in cui ci fu una grossa esplosione, o meglio, un grosso impatto sulla parete più lontana da loro della stazione di polizia.

Kokoro e Katsuro saltarono subito sul posto mentre onde d’urto spazzavano via detriti a destra e manca; Kokoro, con prontezza, erse una barriera che protesse tutti gli agenti coinvolti nel botto e ancora confusi, mentre Katsuro scattò in avanti, ponto a ingaggiare il nemico, ma un’altra spinta lo fece arretrare violentemente. Diradato il fumo dell’impatto, una ragazzina con vestiti lunghi e rovinati entro svolazzando nella stazione di polizia, avvolta da un’aura di energia bluastra.

“È una...” disse Katsuro, affannato per la botta ma pronto a combattere. Kokoro gli annuì: “Si, è un’altra telepate... non pensavo di avere un quirk così comune, però...” disse, un po’ intristita, Kokoro.

“Kokoro cara... ti pare il momento adatto per pensare alla rarità del tuo quirk?!” le disse, sorridendo nervoso, Katsuro.

“Oh... quindi sei tu Kyoriido Kokoro-chan, eh?” disse la ragazzina, fluttuando come in una bolla di energia telecinetica.

Kokoro si fece avanti mentre la ragazzina si scostava i lunghi capelli neri e la fissava con penetranti occhi di un inquietante giallo intenso: “Si... come fai a conoscemi?”

“Io sono della squadra di Mindbreaker... ho un messaggio da parte sua... – la ragazzina faceva lunghe pause tra ogni frase e sospirava, quasi fosse troppo stanca, ma il suoi occhi erano vispi e puntavano Kokoro con una passione quasi maniacale – Ha detto che se proprio vuoi incontrarlo... stasera ci sarà una grande festa... Ti aspetta nella tua amata Ikebukuro... piazza centrale... ci saremo anche noi, i suoi nuovi amichetti – e la ragazzina fece un enorme, inquietante sorriso – quindi faremo una bellissima festa personale mentre Stain farà la sua...”

“Stain?! Che diavolo c’entra Stain?!” urlò Katsuro.

“Oooh... tra poco vedrete... a presto... Kokoro-chaaaaan!” e la ragazzina, scoppiando a ridere, schizzò via dalla loro vista come trascinata via da qualcuno, lasciando i due ragazzi e i poliziotti intontiti lì attorno in preda alla sorpresa, finché da una radio arrivò il peggiore dei messaggi.

“A tutte le unità! A tutte le unità! La Lega dei Villain sta attaccando con le sue creature, Stain è a piede libero e ci segnalano esplosioni nella zona dei negozi di Ikebukuro! È un attacco congiunto, ci servono rinforzi! Ci servono rinforzi SUBITO!”

Kokoro e Katsuro si guardarono, esterrefatti, quindi, senza parlare, fecero l’unica cosa che venne loro in mente: saltarono fuori dal buco nella parete e si diressero, correndo come folli, alla macabra festa che Taro aveva preparato per loro.



 
[…]



“Ma che cazz… COS’è, OGGI HANNO DATO LA LIBERA USCITA DA STRONZOVILLE?!”

Bakugou sbatacchiò di forza l’ennesimo criminale catturato dal gruppo di eroi di Best Jeanist, urlando tutta la sua frustrazione mentre, a pochi metri da lui, Atsuko, seppur più silenziosamente, assicurava con manette e legacci l’ennesimo criminale, un uomo molto pericoloso che sembrava emettere veleno dalla pelle. Non fosse stato per il suo quirk, con il quale riusciva, imitando una particolare specie di raganella, a sintetizzare una tossina di gran lunga peggiore del soggetto, la cattura sarebbe stata molto più insidiosa.
E proprio di insidie e complicazioni ne potevano fare volentieri a meno, visto tutto il caos che, in pochi minuti, si era creato un po’ ovunque: assalto dei villain un po’ in ogni dove, l’attacco di tre differenti mostruosità, tutte fin troppo simili al maledetto Noumu che aveva assaltato la U.A. assieme a tutta la neonata lega dei Villain, e infine l’ennesimo avvistamento di Stain e di alcuni eroi già caduti nella sua trappola.
La situazione era tutto tranne che ordinata e Atsuko questo lo sapeva, tuttavia, cercando di attenersi ai protocolli e agli ordini ricevuti da Best Jeanist in persona, stava cercando di mantenere il sangue freddo nonostante il caos imperante un po’ ovunque.
Quando però arrivò quel messaggio, sia sul suo cellulare che su quello di Bakugou, qualcosa le fece immaginare che le cose sarebbero presto peggiorate ulteriormente. I due studenti della U.A. estrassero quasi all’unisono i telefoni da una delle tasche dei loro costumi e lessero con apprensione e sorpresa quanto vi era scritto.
Il messaggio era di Kokoro, probabilmente inviato a tutti i membri della classe e non solo, e in poche parole fu capace di gettare Atsuko in una profonda angoscia: “Mio fratello è tornato e mi ha preparato una trappola. Sta attaccando il centro di Ikebukuro insieme ad altri con quirk simili al nostro. Io e Katsuro ci stiamo dirigendo lì. Abbiamo bisogno di aiuto”; al messaggio era allegata una posizione specifica da raggiungere

“Ma che… dannazione, la tua amichetta fissata coi manga c’ha pure il fratello scassapalle e villain?! Certo che voi siete proprio tutte strane! E poi… aiuto di che?! Ha quasi demolito l’arena dei giochi sportivi, ce la farà con un paio di Villain, no?!”

Atsuko ascoltò le parole del compagno di scuola con molta poca convinzione e rimase a fissare il messaggio per alcuni interminabili secondi: sapeva del fratello redivivo di Kokoro e sapeva come i due si fossero già scontrati… ma decisamente non riusciva a immaginare un momento peggiore per quella specie di resa dei conti!

Doveva aiutarla, ma non poteva lasciare il compito assegnatole dal suo tutor senza subire conseguenze… prese a mangiarsi l’unghia del pollice, pensando freneticamente a cosa potesse fare, finché il flusso di pensieri non fu interrotto da uno sbuffo alquanto sgarbato.

“Avanti, su!  - le urlò contro Bakugou, strappandole di mano il criminale e sbatacchiando via anche questo con una certa violenza – Muoviti e vai ad aiutare la tua amica, qua ci penso io a fare il lavoro di voi nullità!” il ragazzo le voltò le spalle, senza farsi vedere in faccia, e Atsuko non poté far altro che sorridere.

“Grazie, Bakugou-kun… ti devo un favore!” e Atsuko prese a correre come una pazza verso la sua destinazione.

“Ti sdebiti non facendoti ammazzare e non rompendomi mai più i coglioni, ragazza animale!” le sbraitò contro, molto volgarmente, Bakugou, facendo tuttavia un mezzo sorriso mentre recuperava i due tizi che aveva finito di ammanettare e li conduceva in uno dei furgoni della polizia.



 
[…]



“Reicchan, spiegamelo un’altra volta…” disse Hawks, volando a tutta velocità verso Ikebukuro tenendo, stretta fra le mani, con le braccia penzoloni, Reiko, alquanto irritata sia dalla situazione che da quel modo buffo di essere trasportata.

“Ma che diavolo devo ripeterti ancora?!”

“La tua amica ha scoperto di avere un fratello solo qualche settimana fa…”

“Si!”

“Un fratello gemello coi suoi stessi poteri ma senza una rotella in testa”

“Oddio sì, è la quarta volta che te lo ripeto!”

“E ora dovete andarlo a catturare in questa specie di resa dei conti finale, dopo che lui ha radunato altri tipi come membri della sua piccola banda?”

“MA ALLORA SEI SORDO! SI! DOBBIAMO FARE TUTTO QUESTO! HAI QUALCHE PROBLEMA?!”

Hawks guardò la sua giovane assistente nonché amica d’infanzia e ridacchiò, divertito: “Oh, Reicchan, e io che pensavo che la tua situazione fosse complicata! Certo che ti sei scelta proprio delle amiche incasinate come te!”

Reiko sbuffò mentre in lontananza già si vedevano le luci di Ikebukuro, e anche una inquietante colonna di fumo; il suo “tutor” era stato molto reticente, sulle prime, ad accompagnarla in quel posto per aiutare la sua amica, anche se, stranamente, quella sera stava pattugliando con lei un quartiere in cui nessuno della Lega dei Villain si era presentato per fare casino.
Aveva dovuto spiegargli più volte quanto grave fosse la situazione e alla fine il pro hero aveva acconsentito ad accompagnarla letteralmente al volo. Reiko sperava di arrivare in tempo per la grande baraonda che si sarebbe creata, così da aiutare la sua amica e chiunque altro avesse risposto a quel messaggio che sicuramente era stato inoltrato a tutta la rubrica di Kokoro… eppure non poteva far altro che pensare che forse stava andando lì NON SOLO per aiutare un’amica…
Potenzialmente, Taro era il membro della Lega dei Villain più avvicinabile di tutti, vista la sua fissazione con il “vendicarsi” su sua sorella e sul resto della famiglia, e quell’evento così particolare ne era una palese dimostrazione… e forse proprio quell’evento poteva essere l’occasione per saperne di più su suo padre, su che fine avesse fatto e sul perché ancora non si fosse fatto vivo nonostante la sempre maggiore attività dei villain nelle ultime settimane.
Quasi vergognandosi di sé stessa, Reiko scosse la testa: non doveva pensare solo a se stessa e alle sue beghe famigliari; purtroppo, come Hawks gli aveva fatto notare, anche le sue amiche avevano giganteschi problemi in famiglia… come gigantesca era la cosa che si stava avvicinando come un proiettile verso di loro, a una buona decina di metri più in alto dal tetto più vicino.

“REICCHAN, ATTENTA!” disse all’improvviso Hawks, allarmato, sparando quattro delle sue piume proprio verso Reiko: la ragazza fu al volo trasportata dalle piume del pro hero verso il tetto di una palazzina di pochi piani, cadendo abbastanza rovinosamente ma senza riportare i danni che avrebbe riportato se le piume, parte del quirk di Hawks, non l’avessero fatta planare per qualche metro.

“HAWKS!” urlò di rimando Reiko, rimettendosi in piedi e assistendo a quella scena bizzarra. Certo non si poteva vedere tutti i giorni un Noumu sfrecciare come una palla di cannone contro un tizio con le ali! Hawks tuttavia sembrava aver evitato l’assalto di quell’essere che, però, si stava preparando ad una nuova carica, sorretto da un paio di ali di pipistrello troppo sproporzionate per quel corpaccione massiccio e tutto muscoli.

“Tu va’ dalla tua amica, a lui posso pensarci benissimo io! Corri Reicchan! Corri!” le disse sorridendo Hawks, ma la sua espressione era evidentemente tirata. Reiko imprecò a denti stretti e, furibonda, cominciò ad assorbire elettricità dal palazzo, creando un continuo arco voltaico rosso tra il cemento su cui poggiava i piedi e il suo corpo.

“Ora questi villain hanno davvero scocciato…” ringhiò a bassa voce, gettandosi dal palazzo e atterrando sulla strada con enorme leggerezza, sfruttando al massimo il campo elettromagnetico che alimentava di continuo assorbendo elettricità dai cavi sparsi in tutta la zona; quindi urlò ancora la sua frustrazione e prese a correre a velocità inumana, circondata da inquietanti folgori rosse.



 
[…]



“Sono sei… tuo fratello, la ragazzina inquietante che ci ha recapitato l’invito, un tizio che sembra più grosso e muscoloso del boss, una coppia di quelli che sembrano anche loro gemelli e un tizio molto magro che al momento sembra starsene un po’ per conto suo…”

Katsuro aveva fatto un giro attorno alla grossa piazza in cui i telecineti del gruppo di Taro stavano seminando il panico. Ormai la zona era evacuata, ma il gruppo stava continuando a distruggere e tirare detriti a destra e a manca, divertendosi di quella distruzione fine a sé stessa.
Kokoro era rimasta ad osservarli a qualche metro di distanza, protetta da un provvidenziale detrito grande abbastanza da coprire sia lei che Katsuro, in quel momento appostati per decidere cosa fare e attendere eventuali rinforzi. Nessun però era ancora arrivato e i due sapevano benissimo che probabilmente tutti erano stati trattenuti per la sfortunatissima sequela di attacchi coordinati in ogni dove, ignorando però che ben tre di loro se la stavano vedendo davvero brutta contro lo stesso Stain.
La ragazza osservava da lontano il fratello, che sornione a sua volta guardava i suoi nuovi amici spargere il caos, e non riusciva a non pensare quanto quel luogo fosse un attacco diretto a fiaccarle il morale. Ikebukuro era stracolma di negozi, bar e ristoranti a tema anime e manga, quindi era letteralmente la sua definizione di paradiso resa reale. Appena accumulava abbastanza risparmi, ci si recava per spendere tutto in nuovi manga, dvd e gadget vari ed eventuali.
Quindi non solo Taro aveva voluto colpire un posto molto caro a sua sorella, ma ciò dimostrava che, prima del suo primo vero contatto con lei, il ragazzo doveva averla pedinata e spiata per diverso tempo. Il pensiero fece rabbrividire Kokoro, però doveva stare concentrata: doveva sconfiggere quei villain, affrontare suo fratello e cercare di salvarlo da quella bruttissima situazione. Era una sua responsabilità.

“Quindi, andiamo a combattere?” disse Kokoro, sorridendo in maniera così finta che pure un cieco si sarebbe accorto di quanto fosse nervosa in realtà.

“Non ce la faremo mai solo noi due… per quanto possiamo essere abituati, loro sono davvero troppi… due potrei anche farcela a trattenerli, ma tre per uno no… e poi se tuo fratello è forte quanto te quando vai in Berserk, siamo abbastanza nei guai” disse Katsuro, grattandosi il mento.

“Ecco perché sono venuto dove avete indicato – disse all’improvviso una voce pacata alle loro spalle – so che non è molto, ma cercherò di dare una mano per quanto mi è possibile…”

I due si girarono e videro dietro di loro Shinso, in tenuta da ginnastica e una sorta di sciarpetta al collo che ricordava, in forma molto ridotta, il lungo nastro che portava al collo il professor Aizawa. Kokoro fu sorpresa da vederlo e gli corse incontro, abbracciandolo per qualche istante.

“Shinso-kun!” disse la ragazza, mentre anche Katsuro si avvicinava a loro. 

“Kokoro-chan, Katsuro-senpai… sono a vostra disposizione” disse placido Shinso, inchinandosi leggermente.

“E ci sono anche io! Scusate il ritardo!” disse all’improvviso Atsuko, piombando letteralmente come un gatto tra di loro, spaventandoli non poco. Kokoro corse anche da lei e la abbracciò forte.

“Oh beh… quattro contro sei è già più ragionevole!” disse ridacchiando Katsuro, ma fu subito ammutolito da un boato e da un urlo: in lontananza una serie di folgori rosse cominciarono a crepitare violentemente e quindi un urlo furibondo riecheggiò nell’aria: “DOVE SONO QUEGLI STRONZI?!”

Reiko frenò appena a qualche passo di fronte a loro e fece quasi per salutarli con ancora un’imprecazione tra i denti, ma all’improvviso il masso dietro cui si stavano nascondendo si sollevò da solo e il gruppo di studenti si ritrovò a fronteggiare i sei telecineti, con in testa Mindbreaker, a volto coperto, con quella semplice spirale che li fissava tutti in modo asettico.

“Hai degli amici rumorosi, sorellina…” ringhiò Mindbreaker, la superbia che sembrava eruttare dalle sue parole tanto era intensa.

I cinque studenti si misero in guardia e Kokoro, levandosi gli occhiali e il cappuccio, fece un passo avanti: “Mai quanto i tuoi, Taro… - gli sorrise debolmente – è l’ultima possibilità, Taro… ti prego, lasciamo stare tutto questo e vieni con me, altrimenti non posso assicurarti che tutto – la ragazza indicò con le braccia la devastazione dell’intero quartiere – QUESTO sarà perdonato solo con uno schiaffetto sulle mani… Ti supplico… vieni con me, sarò la tua famiglia come è giusto che sia, ma devi smetterla di fare tutto questo! Ora!”

Nell’ultima parola pronunciata Kokoro ci mise una determinazione che neanche a lei sembrava possibile possedesse, ma il fratello non parve esserne particolarmente colpito.
Kokoro tese la mano, in gesto di amicizia, e per un secondo anche Taro tese la sua, ma una risatina tradì le intenzioni del ragazzo: prima che nessuno potesse fare nulla, una spinta telecinetica spinse violentemente via Kokoro, che urlò per la sorpresa.

“Figlio di putt…” ringhiò Katsuro, scattando in avanti, il bastone da arti marziali stretto tra le mani, ma la coppia di gemelli che aveva visto prima gli corse in contro, fianco a fianco, e lo spinse via assieme a loro, allontanandolo dal gruppo.

“Che le danze comincino…” disse, divertito, Taro, balzando verso la sorella.

“Oh si, FATEVI SOTTO!” urlò Reiko, correndo verso l’uomo più grosso e muscoloso del gruppo e ingaggiandolo senza pietà. Atsuko e Shinso si guardarono a vicenda, fecero un gesto di intesa e si gettarono sui loro avversari, rispettivamente il telecineta alto e magro e la ragazzina inquietante che aveva recapitato il messaggio di Taro, dando inizio, finalmente, allo scontro.


 
[…]



“Razza di marmocchi da strapazzo!” ringhiò Katsuro, subendo l’ennesima craniata di coppia dei due avversari che, sempre fianco a fianco, lo fissavano divertiti dopo averlo colpito diverse volte. Un’aura azzurrina li copriva e li avvolgeva entrambi e illuminava debolmente i visi coperti da una lunga e trasandata frangia.

Erano ragazzini, probabilmente più giovani di due o tre anni di Kokoro e delle sue amiche; vestivano con t-shirt rovinate e i capelli erano tenuti selvaggi, lunghi e che coprivano parzialmente due visi forse fin troppo comuni e ovviamente identici.
Katsuro gli aveva studiati per un po’ ma, nel far ciò, era stato selvaggiamente malmenato: i due combattevano rimanendo sempre fianco a fianco, colpivano e arretravano quasi all’unisono e, soprattutto, usavano i loro poteri telecinetici non tanto per portare attacchi a distanza ma soprattutto per potenziare i loro attacchi fisici.
Era una tattica che anche Kokoro, col tempo, aveva imparato a usare, ma i due ragazzini vi applicavano una forza che era quasi eccessiva.
Erano passati solo due minuti di battaglia e già Katsuro sentiva due costole scricchiolare vistosamente. La situazione ovviamente non poteva continuare. Fece roteare violentemente il bastone e si avvolse di fiamme, prima gialle, poi rosse e infine queste mutarono ulteriormente colore, brillando per la temperatura eccessiva mentre l’asfalto attorno a lui comincia a fumare.

“Kojin-styile – declamò piano Katsuro mentre il corpo prese ad emettere fiamme azzurrine dai suoi talloni, dai gomiti – Soul Flame Armor!” uno sbuffo di fiamme gli circondò il corpo e rese incandescente alcuni detriti attorno ai suoi piedi. I ragazzini, spaventati, arretrarono, nonostante fossero ancora in situazione di vantaggio. Fu in quel momento che Katsuro si accorse che si tenevano per mano.

L’eroe Kagutsuchi sorrise: “Oh, quindi anche voi sapete delle fiamme blu che divorano le anime stesse, eh?! Volete provarle?!”

Il sorriso divenne un ghigno perfido: Katsuro sapeva perché il fuoco vira dal colore rosso al blu, e ciò dipendeva unicamente dal calore della fiamma. Un fuoco blu-biancastro è tremendamente caldo, e trattenere quella temperatura per troppo tempo non era di certo una passeggiata… ma la tradizione popolare raccontava che le fiamme blu potevano bruciare anche le anime, e i due ragazzini, forse cresciuti a suon di storie di fantasmi, ne erano un attimo intimoriti.

Eppure, i due, ridacchiando e fingendo spavalderia, parlarono praticamente all’unisono: “Noi siamo I TeleTwins, Ichiro e Jyuniro, le tue fiamme non ci fanno paura!” e, in una frazione di secondo, avvolti dalla consueta aura, scattarono in avanti per cercare di colpire ancora il loro avversario.

La fiamma sul tallone di Katsuro esplose proprio nell’instante in cui i due stavano per colpirlo con un doppio pugno al ventre e, grazie alla spinta generata, permise a Katsuro di evitare all’ultimo secondo il colpo e con, altrettanta velocità, dar loro una forte botta col bastone, schiantandolo sulla schiena di entrambi.
L’aura telecinetica che li avvolgeva esplosa in una serie di bagliori gialli e viola mentre i due volavano via, separandosi per la prima volta nello scontro. Fui in quel momento che Katsuro capì, e sorrise. Fece roteare il bastone e si preparò a caricare di nuovo, stavolta in direzione di uno solo dei gemelli, quello avvolto da un’aura giallognola. Che fosse Jyuniro o Ichiro poco importava.
La velocità che le fiamme blu gli facevavo raggiungere era fenomenale e, con solo due falcate, fu di fronte al ragazzo, pronto a colpirlo in testa col bastone; questo, per proteggersi, erse una barriera di energia gialla davanti a lui e, nel frattempo, il fratello era scattato verso di lui, la mano tesa, deciso ad aiutarlo.
Il bastone si abbatté sulla barriera, infrangendola ma non colpendo il ragazzino, che tuttavia per lo sforzo, stavolta insostenibile con le sue sole forze, di pararsi sembrava inerme e perdeva copiosamente sangue dal naso. Il bastone rimbalzò verso l’alto, quasi incontrollato… ma Katsuro sorrise mentre sentiva l’altro avvicinarsi alle sue spalle.

“KOJIN-STYLE! MORNING STAR!” urlò l’apprendista eroe, avvolgendosi totalmente di fiamme su tutto il corpo, fino ad essere inghiottito da una brillantissima colonna di fuoco. Il fratello a terra si riparò gli occhi e quello che correva verso di lui inciampò malamente e cadde in avanti… ma fu subito preso da Katsuro che, sorridendo, lo sollevò per il braccio e lo ammanettò.

“Lo ammetto, siete stati davvero bravi a combattere insieme… - disse l’apprendista eroe, assicurando il primo ragazzino ad un palo mentre ammanettava il secondo, tenendoli ben lontani l’uno dall’altro – Avete un quirk ancora poco sviluppato, ma visto che siete gemelli avete imparato a far risuonare le vostre abilità. La vostra telecinesi è tutta concentrata su di voi perché è l’unico modo per usarla efficacemente… solo che in combattimento prima o poi l’avversario si accorge che ogni volta che attaccate vi tenete per mano!”

I due gemelli lo guardarono con un misto di stupore e sconfitta negli occhi e lui, di tutta risposta, diede loro due buffetti sulla testa: “Lasciate perdere i cattivi… alla U.A. sarebbero felici di avervi come studenti, tra un paio d’anni… quando questa storia sarà finita, venite a cercarmi. Cercherò di farvi mettere una buona parola dal mio capo!” fece loro un largo sorriso e i due rimasero a guardarlo, dubbiosi, quindi un ruggito ruppe l’aria.

“Oh no…” disse Katsuro, letteralmente prendendo fuoco e facendo un salto lunghissimo spinto dalle fiamme e da una sconfinata apprensione.



 
[…]
 


“Ohohoh, ma che bella ragazzina… lascia che ti prenda! Voglio solo giocare!”

Il telecineta smilzo assaltava dalla distanza Atsuko con quelli che sembravano degli inquietantissimi tentacoli di energia psionica, oltre che a sollevare costantemente massi e detriti nel frattempo per cercare di mettere alle strette Atsuko.
La ragazza, di nuovo in forma felina, cercava disperatamente di accorciare le distanze, ma la combo telecinetica del criminale era davvero di impiccio, ma anche rivelatrice della sua identità. Atsuko aveva sudato freddo nel momento in cui aveva palesato i suoi poteri e lo aveva riconosciuto.
Tokichiro Sekiguchi, 35 anni, condannato a 5 anni di carcere per rapimento e abusi sessuali su minore, oltre a numerosi casi di tentato rapimento non andati a segno a cui era stato ricondotto senza però sufficienti prove per incastrarlo. Era evaso di prigione solo poche settimane prima, in un blitz strategico dei Villains.
Atsuko aveva studiato attentamente il caso, venendone a conoscenza attraverso i telegiornali e indagando per saperne di più a riguardo, e in quel momento, purtroppo, era riuscita a risolvere almeno il mistero di che fine avesse fatto Sekiguchi: proprio lì, davanti a lei, a cercare di ghermirla con quel potere che ben si adattava alla sua psiche contorta…
Era indubbio, tuttavia, che quel criminale sapesse usare i suoi poteri con disarmante efficacia, forse per compensare una forma fisica non particolarmente al top. “La mente sulla materia”, pensò quasi sarcastica Atsuko mentre evitava l’ennesimo colpo con un balzo laterale. In quello stesso momento un sasso le arrivò alle spalle e fu solo per un miracolo che, con un salto mortale all’indietro, riuscì a evitarlo, pur dovendo abbandonare la forma parzialmente felina.

“Oh, hai smesso di voler fare la gattina? Che peccato… ma magari potremmo arrangiarci anche così! Eheheheh!” disse con voce melliflua il criminale mentre fissava, con enorme tracotanza, Atsuko.

La ragazza aveva le ossa che le dolevano per il troppo tempo da trasformata ma non poteva assolutamente fermarsi, specie con un nemico così ostico. Malvolentieri riassunse una forma parzialmente felina e cominciò a correre verso di lui: doveva raggiungerlo, a tutti i costi, sfruttare la sua poca dimestichezza col combattimento a distanza ravvicinata e evitare quei dannati colpi.
Lo smilzo le sorrise selvaggiamente mentre alzava le mani e due enormi rocce, strappate dall’asfalto, si sollevavano per schiacciare la ragazza tra le loro masse. Atsuko, in piena corsa, cercò di saltare in alto per evitare di essere schiacciata, ma così facendo si era esposta troppa ad un’ulteriore offensiva, che non tardò ad arrivare: come saette color cremisi, tre tentacoli di energia psionica le volarono incontro e la avvolsero con forza, strappandole anche un urlo e costringendola a tornare nella sua comune forma umana.

“Oooh, finalmente sei nella mia presa! Certo che sei stata una micina piuttosto combattiva eh? Ma nessun gatto potrà mai sfuggire dalla mia presa! Un quirk interessante, comunque… - il criminale si avvicinò, fissando con lascivia la ragazza mentre i tentacoli la stringevano e toccavano in luoghi non proprio pudici – non sono mai stato un grande amante del furry, e tu sei già più grandicella di quanto mi piacerebbe… ma potrei sempre adattarmi…”

Atsuko, senza dir nulla, si limitò a mugolare ma dentro di sé seppe che aveva un vantaggio: il criminale non sapeva quale fosse la natura del suo quirk. Pensava potesse solo trasformarsi nella forma da felino, ma non sapeva che aveva altri assi nella manica. Quello che stava per fare si era rivelato molto doloroso e difficoltoso in sede di allenamento… ma forse era l’unico modo per avvicinarsi abbastanza.

“Se… proprio… se proprio non sono il tuo tipo, che ne diresti di lasciarmi andare? Il detto del “chi si accontenta gode” non è per nulla vero…” cercò di ironizzare Atsuko, muovendosi e divincolandosi per cercare, almeno apparentemente, di sfuggire alla presa. Il criminale strinse i tentacoli ancora con più forza attorno a lei e si avvicinò ulteriormente, ridacchiando.
“Oh, ma dopo tanti mesi di astinenza devo per forza sfogarmi un po’, non trovi? Eheheheheh…”

Sekiguchi si leccò le labbra e fissò negli occhi la ragazza, non accorgendosi delle scaglie che lentamente stavano ricoprendo il corpo della ragazza, sempre più sottile e disarticolato. Atsuko stava provando una quantità di dolore non indifferente, e di sicuro le ci sarebbero volute diverse ore prima che le sue ossa tornassero perfettamente funzionanti dopo quello sforzo, ma tenne duro e mascherò quel dolore fingendo che fosse a causa della presa del suo avversario.
Sekiguchi si avvicinò di nuovo e abbassò leggermente la ragazza, ritraendo quei tentacoli di pura energia mentale finché il viso di Atsuko non fu a soli pochi centimetri più in alto del suo.
“È stato un grave errore combattere contro di me, piccolina… tra tutti quei i mocciosi sono io l’unico veramente in grado di far danni…”

“Ed è stato un grave errore pensare, Sekiguchi Tokichiro – disse Atsuko, gli occhi ora gialli e con le pupille ridotte a due fessure, la pelle sempre più ricoperta di scaglie nere come l’ebano, una lingua biforcuta che saettava fuori dalla bocca – che io potessssi trassformarmi sssolo in un gatto!”

Atsuko terminò la sua trasformazione in una forma semi serpentesca, contrasse le articolazioni più mobili del suo corpo da rettile strisciante e si divincolò con estrema facilità dalla presa, cadendo agevolmente in terra mentre le articolazioni di gambe e braccia tornavano, purtroppo molto dolorosamente, normali.
Il criminale non ebbe neanche il tempo di stupirsi dell’accaduto: Atsuko aveva appena cominciato a spalancare la bocca, rivelando due denti che colavano copiosamente del veleno verdastro quando, d’improvviso, un enorme macigno arrivò veloce come un treno contro Sekiguchi, investendolo e tramortendolo.
Atsuko si guardò attorno e vide la telecineta ragazzina, che assomigliava tanto ad un personaggio dei film Horror, affiancata da Shinso e che manovrava quel masso con pochi gesti della mano. Il suo viso era inespressivo, lo sguardo vuoto: era preda del potere di Shinso.

“Scusa il ritardo…” le disse Shinso, massaggiandosi il collo: la fascetta che indossava prima del combattimento era a pezzi e aveva lividi ovunque, eppure in qualche modo doveva essere riuscito a domare la telecineta, ma…

“… come ci sei riuscito?” gli chiese Atsuko, tornando molto lentamente alla forma umanoide e alzandosi a fatica.

Shinzo alzò le spalle: “A questa qua piace parlare più di quanto sembri”

Atsuko notò una briciola di soddisfazione nella voce normalmente atona del compagno di scuola, ma non ebbe molto tempo per rifletterci su: un ruggito ruppe l’aria e il flusso dei suoi pensieri.

Shinso si voltò: “Kyoriido-chan… di nuovo…”. I due studenti si guardarono e corsero via, raggiungendo la fonte di quel terribile ruggito.


 
[…]



“PERCHÉ CAZZO NON CREPI, BASTARDO!” urlava in continuazione Reiko, scattando attorno al suo nemico e colpendolo con tutte le forze che aveva in corpo. Archi rossi di elettricità la ricaricavano costantemente mentre utilizzava quanta più carica possibile per potenziare i suoi pugni e la sua velocità.
Eppure, nonostante il suo corpo fosse ormai al limite massimo sopportabile di corrente elettrica da utilizzare per il potenziamento fisico, nulla riusciva a scalfire quella maledetta armatura.

L’uomo di fronte a lei, alto, grosso e muscoloso come una montagna, dalla mascella squadrata e completamente calvo, era rimasto lì immobile mentre un’armatura di mattoni psionici verde lo ricopriva e ne mimava le fattezze fisiche, fungendo al contempo come secondo corpo e barriera invalicabile. Aveva incrociato quindi le braccia, imitato dal mezzobusto psionico che si era costruito attorno e i cui fianchi affondavano nel terreno, ed era rimasto immobile mentre la ragazza continuava a colpirlo, senza risultati.
Da parte sua, Reiko non era in estrema difficoltà: seppur spinto al limite, il suo corpo poteva reggere quell’attività a lungo, visto e considerato che nell’ambiente urbano, specie con tutti quei cavi scoperti a causa degli atti di devastazione della banda dei telecineti, aveva una fonte di ricarica praticamente continua che la sosteneva senza farla rimpicciolire ed esaurire le batterie dopo pochi minuti.
Ma il suo corpo poteva sopportare solo una certa quantità di energia per potenziarsi, ammesso ovviamente che Reiko non volesse bruciarsi i nervi e i muscoli pur di sferrare un colpo più forte. Pensiero che comunque cominciava a balenarle in testa, visto che nessun suo attacco, al momento, si era rivelato infruttuoso, né a distanza né, soprattutto, fisico.

Dopo quei primi 3 minuti di inutile saettare qua e là, anche il suo avversario era stufo di rimanere lì e la derise senza mezze misure: “Ecco cosa succede quando si manda una bambina ignorante e presuntuosa a combattere con il grande PsyWall! I miei mattoni telecinetici sono assolutamente impenetrabili dall’esterno! Nessun tuo attacco potrà mai ferirmi, gnometta! BWAHAHAHAHAHAHAHAH!”

“G… g… GNOMETTA?!” ruggì Reiko, assaltando frontalmente il suo avversario, ma stavolta la sua imponente armatura si mosse: con uno spostamento d’aria impressionante, un gigantesco braccio la colpì con la forza di un’autobotte e la scaravento via, e fu solo grazie ad una scarica di corrente rilasciata quasi di istinto che Reiko riuscì a non subire troppi danni da quel colpo devastante.

Atterrò malamente su una zona di asfalto demolita, mettendo una mano vicino ad un cavo elettrico scoperto, appartenente alla base di quello che doveva essere un lampione. Attirò l’elettricità dal cavo per ricaricarsi e si alzò a fatica, ma proprio riassorbendo quell’energia senti un qualcosa sfrigolare: man mano che assorbiva la corrente elettrica, percepiva da dove stesse provenendo, almeno rozzamente. Poteva capire da quanto distante stesse viaggiando e, percependo ciò, riuscì a collegare quella sensazione ad un piccolo rumore ovattato che proveniva proprio dalle vicinanze del suo avversario: era lo sfrigolio di un cavo rotto ed esposto… proprio a due centimetri dal piede di PsyWall. All’interno della sua barriera.

“Non può essere abbattuta dall’esterno eh…” disse Reiko col fiatone, asciugandosi un rivolo di sangue dalla bocca. Per quello che aveva in mente di fare avrebbe avuto bisogno di un po’ di preparazione… e soprattutto di non utilizzare troppo i suoi poteri.

“Oh… domani me ne pentirò amaramente… EHI, GIGANTESCO CUMULO DI MERDA!  - disse la ragazza, cominciando ad assorbire energia dal terreno – VUOI VEDERE COME TI STENDO IN MENO DI UN MINUTO?!”

L’uomo rise di gusto: “STOLTA! TU NON RIUSCIRAI Più NEANCHE A RESPIRARE TRA UN MINUTO!” e quindi la gigantesca armatura cominciò a bersagliare la ragazza di colpi.

Non potendo più utilizzare a pieno i suoi poteri, Reiko era decisamente più lenta di prima, ma le scintille che emetteva dal suo corpo mentre assorbiva come una dinamo tutta la corrente che poteva facevano una scena che metteva in guardia il suo avversario. I movimenti del gigante psionico erano misurati, volti a prevedere quelli rapidi della ragazza che, allo stesso tempo, sfruttava quegli istanti di titubanza per usare al minimo l’elettricità e sfruttarla solo nel momento esatto della schivata.
Ma alla fine un pugno per poco non riuscì a colpirla e la sbalzò comunque via, quindi un altro colpo sollevò dei detriti e la distrasse. Infine, mentre ancora si riprendeva da quel mancato assalto, un ceffone ciclopico la investì in pieno e la schiacciò per terra, rompendo anche l’asfalto.
Reiko sputò saliva e sangue mentre si ritrovava schiaccia a terra come una sogliola sul fondale marino… però sorrise: ferita e senza fiato, il suo corpo era ormai pesante, colmo come un uovo di elettricità.

“Scacco, gnometta! Ormai ti ho in pugno! Però… magari potrei portarti con me! So chi sei…” disse ridacchiando il criminale, ma Reiko sollevò lo sguardo, afferrando senza paura un cavo elettrico da una conduttura.

“No, gigante imbecille – disse Reiko, sorridendo – io non ti seguo da nessuna parte… ma soprattutto… SCACCO MATTO!” e come un fiume in piena, la ragazza fece scorrere tutta quell’energia accumulata e, con un leggero sforzo, riuscì a farla scorrere nei cavi e farla rilasciare, in tutta la sua potenza, dritta contro il suo nemico attraverso il cavo che così ostinatamente si era rifiutato di vedere. L’uomo non riuscì neanche a urlare, fu solo percorso da tutta quella corrente e crollò a terra dopo pochi istanti, il gigante di mattoni psionici che si dissolveva così come era comparso.

“Idiota… armatura indistruttibile delle mie palle…” disse ansimando Reiko, riprendendo fiato mentre era ancora lì, stesa per terra. Probabilmente aveva una gamba rotta visto che non riusciva più a muovere il polpaccio destro.

Si lamentò e cercò di alzarsi un po’, appoggiandosi sulle braccia, ma proprio in quell’istante un ruggito la spavento mentre riecheggiava nell’aria notturna di una Ikebukuro in preda ad un momentaneo blackout.

“Kokoro… dannazione… non… di nuovo…” disse sotto i denti Reiko, preoccupata, rimettendosi a fatica in piedi. La tibia era rotta e faceva un male cane, ma la ragazza non si fermò e cominciò a zoppicare nella direzione del ruggito e dei continui boati…



 
[…]
 
Kokoro si era ripresa in fretta dalla prima spinta che le aveva dato il fratello e si era rimessa subito in piedi, pronta a combattere, così quando Mindbreaker arrivò svolazzando, lei caricò a mani basse e cercò di prenderlo a pugni. Il primo pugno, un gancio sinistro dritto al volto, andò a vuoto e Mindbreaker, che lo aveva prontamente parato con la sua telecinesi, quasi la derise con una mezza risata; ma il secondo, un uppercut improvviso col destro dritto al suo stomaco, velocizzato grazie ai poteri di Kokoro, il villain neanche lo vide arrivare. fu sbalzato qualche centimetro indietro e sputacchiò da sotto la maschera.

“Non pensare che ci andrò leggera solo perché sei mio fratello! Ti riporterò indietro da questo inferno in cui ti sei gettato, se devo anche a suon di pugni, però!” disse Kokoro, convinta, mentre allungava la mano e lanciava contro il fratello due grossi detriti.

Mindbreaker rise e, allargando le braccia, sbriciolò con i suoi poteri i due macigni, per poi scattare in avanti e cercare di colpire Kokoro. I suoi pugni erano selvaggi e potenti… ma goffi. Kokoro si allenava nel combattimento con Katsuro da una vita ed era molto più consapevole di come ci si dovesse comportare in battaglia.
Evitò i primi due colpi del fratello e quando questo cercò di colpirla con un’onda telecinetica, Kokoro sembrò quasi percepire l’intento di Mindbreaker e si parò, incrociando le braccia ed emettendo una spinta di uguale forza rispetto a quella che la voleva colpire, annullandola.

I due pulsavano di energia: Kokoro avvolta da un’aura di un viola chiaro, quasi fucsia, Mindreaker invece eruttava energia color porpora, incontrollabile e violenta. Del sangue cominciò a macchiargli le bende che gli coprivano le braccia.

“Adesso smettila Taro! Capisco che tu possa essere arrabbiato, lo sono anche io!”

“No, tu non capisci cosa significa…” le rispose Mindbreaker, rabbioso, mentre attorno a lui l’asfalto cominciava a creparsi, i pochi lampioni rimasti in funzione che si spaccavano mentre perdevano anche potenza per un motivo ignoto ai due fratelli.

“Io capisco perfettamente! Ho combattuto tutta la vita per essere accettata e controllare questi poteri! Ma ho trovato qualcuno come me che mi ha capito! Non capisci?! Non siamo gli unici! Non devi cedere alla rabbia!” gli urlò Kokoro, ma Mindbreaker, come una scheggia, scattò in avanti e le diede un pugno allo stomaco. Per quanto fosse comunque riuscita a parare il grosso della bocca con la telecinesi, Kokoro fu comunque sbalzata via col fiato spezzato. L’aura che circondava Mindbreaker prese a farsi più violenta e selvaggia, il sangue schizzava dalle ferite come se fosse sospinto da una pressione altissima.

“Tu non capisci proprio nulla, sorella… è solo abbracciando questa rabbia che finalmente ho capito quale fosse la vera natura dei nostri poteri! Noi siamo fatti per distruggere, sorella! E IO DISTRUGGERò TUTTO QUESTO MALEDETTO MONDO!”

Mindbreaker urlò tutta la sua furia e la pressione del suo potere si fece simile a quando la sorella perdeva il controllo: era anche lui in quello stato di furia, ma sembrava mantenere perfettamente il controllo, sebbene il corpo risentisse di quella enorme pressione. Schizzava piccole gocce di sangue dalle braccia mentre, allargandole, si sollevava in volo e, con una potenza mostruosa, sradicava enormi massi dal terreno.
Kokoro non poté far altro che assistere impotente a quella dimostrazione di forza, ma quando quei massi cominciarono a piovere a velocità pazzesca contro di lei, quello che le rimase da fare era continuare a combattere e cercare di non rimanere schiacciata.
Schivava, deviava e distruggeva, quando le risultava possibile, ogni singolo proiettile, ma ogni volta lo sforzo era sempre più proibitivo: schivava, saltava e nel frattempo si concentrava per riuscire a contrastare la potenza indicibile dei colpi fraterni, al punto da rimanere allibita da quella dimostrazione di forza.
Era anche lei così potente quando andava in berserk? Se così fosse stato, sarebbe stato molto comodo cedere a quella furia per abbattere il fratello…

“Ma cosa sto pensando?!” si disse Kokoro, evitando l’ennesimo proiettile. Non doveva pensare neanche per un secondo a usare quel potere. Non doveva ABBATTERE suo fratello. Doveva fermarlo! Giocare al suo piccolo gioco distruttivo non era la risposta giusta, doveva dimostrare che c’era un’altra strada.

Eppure, la pioggia di colpi continuò, e quando furono i massi ad esaurirsi, furono le terribili spinte psioniche del fratello a flagellarla.
Tra uno spruzzo di sangue e una risata folle, Mindbreaker cominciò a produrre onde d’urto dal colore rossastro che impattavano contro Kokoro con una forza indicibile. Sulle prime la ragazza riuscì a produrre delle spinte equivalenti in modo da annullare i furibondi attacchi del fratello, ma più il tempo passava e più le sue forze venivano meno; al contrario invece Mindbreaker sembrava rinforzarsi di minuto in minuto, nonostante ormai le bende sulle sue braccia fossero rosse e zuppe di sangue.
Kokoro cominciò a lamentarsi e gli attacchi e le schivate di risposta divennero un disperato tentativo di difendersi in attesa che qualcuno accorresse ad aiutarla: si rinchiuse in una bolla dal vago bagliore violaceo, le braccia incrociate tenute davanti al viso per proteggersi da quella furia… ma mentre i poteri pian piano venivano meno, la rabbia invece montava.

Kokoro alzò lo sguardo e stavolta fu con odio che fissò il viso mascherato del fratello. Quest’ultimo, togliendosi la maschera, rise di gusto, gli occhi con le sclere invase dal sangue, le narici che grondavano fiumi rossi: “SI SORELLINA! SENTILA QUESTA RABBIA! QUESTA IMPOTENZA! CEDI ANCHE TU! MOSTRA IL TUO VERO VOLTO! IL NOSTRO VOLTO!”

Il bombardamento di onde d’urto continuò e alla fine la barriera di Kokoro cedette. Il colpo subito fu devastante e lanciò Kokoro di diversi metri più indietro, contro un edificio già semidistrutto. Ci furono degli interminabili attimi di assoluto silenzio, con Mindbreaker che attendeva, svolazzando sulla zona, la prossima mossa della sorella.
Quindi ci fu il ruggito.
Il ruggito che tutti i suoi compagni avevano udito mentre stavano ancora riprendendosi dagli scontri appena conclusi. La palazzina esplose e ii suoi frammenti vennero sparati tutti contro Mindbreaker che, nonostante gli sforzi, fu comunque travolto e parzialmente ferito. Infine, Kokoro riemerse dalle macerie, gli occhi rivoltati all’indietro, i denti stretti, un ringhio che fuoriusciva dalla bocca e si propagava nell’aria mentre l’aura che la circondava era diventata selvaggia e incontrollabile esattamente come quella del fratello.

“SI, SORELLA! CEDI ANCHE TU! AVANTI! AFFRONTAMI! CEDI AL MIO POTERE! AL NOSTRO POTERE!”

L’incitamento non passò inosservato visto che Kokoro, urlando di rabbia, scattò verso l’alto e assestò una violentissima testata al fratello, che prese a cadere tramortito dalla botta; quindi la ragazza, all’apice della salita, tese le gambe e letteralmente piombò su di lui in un devastante drop kick, schiacciandolo al suolo.
Mindbreaker sputò tutta l’aria che aveva nei polmoni eppure riuscì a cacciare via la sorella, caricandola a sua volta e lanciandole contro anche due detriti per coprire i suoi attacchi; Kokoro ruggì di rabbia e l’onda d’urto che ne risultò polverizzò i massi e fece arretrare Mindbreaker. Fu quindi il turno della ragazza di lanciare contro il fratello una sequela infinita di sassolini, quasi come fossero i proiettili di un fucile mitragliatore.
Mindbreaker si avvolse in una barriera cremisi semi-trasparente e polverizzò tutti i proiettili, ma ciò permise comunque a Kokoro di caricarlo nuovamente… e il combattimento si fece furibondo. I due urlavano e ruggivano mentre si fronteggiavano a furia di onde d’urto, e anche le braccia e il viso di Kokoro cominciarono a coprirsi di tagli sempre più ampi. Ma il corpo della ragazza, nonostante tutto, era più fresco e integro di quello di Mindbreaker, che ormai stava perdendo sangue in maniera copiosa da ogni ferita e, assieme ad esso, anche tutto il suo vigore.
Kokoro ruggiva, urlava, sempre più forte, e picchiava e faceva esplodere onde d’urto sempre più potenti, sempre più pericolose e alla fine, nonostante gli sforzi del novello villain, fu la furia di Kokoro a prevalere: un’ultima onda d’urto lasciò completamente indifeso Mindbreaker e Kokoro, afferrandolo per il collo, lo schiantò sul terreno con furia animalesca e, dimenticando quasi di essere una telecineta, cominciò selvaggiamente a prenderlo a pugni.

“Si… continua… cedi… cedi… cedi alla rabbia… si…” diceva in continuazione Taro mentre veniva pestato a sangue da sua sorella. Sorrideva e ridacchiava, come se quello fosse da sempre stato il suo piano. Far cadere la sorella nella sua stessa situazione, nella totale mancanza di controllo. E forse ce l’avrebbe anche fatta, se non fosse stato per un gruppo di voci che si fece sentire.

“Kokoro!”

Una preghiera in toni diversi, tra la paura provata da Atsuko, la preoccupazione di Katsuro, la speranza di Shinso e la determinazione di Reiko. Erano tutti più o meno feriti, più o meno indeboliti, ma stavano lì, in piedi, dietro di lei, e la chiamavano, in continuazione, ben ritti sulle loro malferme gambe.
E Kokoro parve sentirli. I pugni furiosi si bloccarono e lei, ancora immersa nella furia, si voltò a guardarli.

“Va tutto bene Kokoro… è finita” le disse il suo ragazzo.

“È finita, li abbiamo catturati… ouch… tutti…” disse Atsuko, sorridendo e massaggiandosi una spalla.

“Non sei come lui, Kyoriido-chan… puoi scegliere…” aggiunse Shinso, infondendo il potere nella sua voce nel tentativo di placarla.

“Gli hai spaccato il culo a quel fratellino! Ora dimostra che sei veramente superiore! Fermati qua e catturiamolo! Come fanno i veri eroi!” le urlò Reiko, trattenendosi a stento dall’urlare anche per il dolore alla gamba.

Kokoro lasciò andare suo fratello e l’aura attorno a lei si placò… gli occhi rimasero inquietantemente bianchi, ma il suo corpo non tremava più dalla rabbia. Era tornata a controllare i suoi poteri, e di questo Mindbreaker se ne accorse prima di tutti gli altri.

“NO!” urlò, furibondo. Non poteva fallire, doveva portare sua sorella dalla sua parte. Con un ultimo scatto di energie, si sollevò con una potentissima spinta e letteralmente si sparò come un proiettile contro il gruppo di amici di Kokoro. I quattro ragazzi non avrebbero avuto il tempo di reagire efficacemente, forse non avrebbero neanche fatto in tempo a mettersi in guardia, specie Reiko con la sua gamba rotta… ma mentre Mindbreaker faceva quell’ultimo, folle volo, qualcosa di botto lo fermò.

Per un istante, un solo ma preziosissimo istante, Kokoro riacquisì totale controllo sui suoi poteri e lo fermò con la forza del suo stato di berserk, l’aura di energia che brillò intensa per lo sforzo prima di sparire.

“No, Taro… mi dispiace, ma questo non te lo posso permettere… - disse, amara, Kokoro, che con un gesto della mano scaraventò il fratello contro uno dei pochissimi lampioni ancora sani – Sono la mia famiglia… e non ti permetterò di far loro del male”

Con la poca forza che le rimaneva, riuscì a trattenere gli ultimi residui di potere di Taro, che pure cercava, disperatamente, di contrastare la volontà della sorella, e quindi avvolse il palo del lampione attorno al corpo martoriato del fratello, quasi fosse uno spaghetto troppo cotto tanto facilmente riuscì a deformarlo. Taro quindi si arrese e, allo stremo, si abbandonò a quell’abbraccio metallico, ormai sconfitto.
Solo allora Kokoro cadde in ginocchio, stremata. Era riuscita a dominare il pieno potenziale dei suoi poteri senza perdere del tutto il controllo. Anche se solo per pochissimi secondi, quella piccola conquista diede maggiore grandezza alla vittoria su suo fratello.

“Tu… noi siamo uguali sorella… è la rabbia che ci dà forza, non capisci?!” disse, quasi singhiozzando, Taro, senza neanche guardarla negli occhi.

Kokoro fece per rialzarsi, ma da sola riuscì solo a mettere una gamba in posizione prima di inciampare; prontamente, Katsuro la raccolse prima che cadesse in terra e la sollevò di forza. Kokoro gli sorrise debolmente, quindi si rivolse al fratello: “Si… siamo uguali, fratellino… ma non è la rabbia ad alimentarci. La rabbia è il nostro nemico, e io l’ho sconfitto grazie a loro… ai miei amici – disse, girandosi verso Atsuko, Reiko e Shinso – e grazie alla mia famiglia…” concluse, guardando Katsuro che le sorrise.

Taro, fissandola, cominciò a lacrimare copiosamente: “…che ne sarà di me ora? Mi rinchiuderete di nuovo… mi seppellirete via come hanno fatto mamma e papà…”

“Tu sei scemo forte, cognato bello – disse, sarcastico, Katsuro – Ti stiamo offrendo di essere la tua nuova famiglia ogni volta che possiamo ma tu non ci vuoi stare a sentire!”
Taro li fissò, sbigottito: “Cosa…?”

Kokoro, aiutata da Katsuro, gli si avvicinò e gli accarezzò il viso: “Ora dovrai andare, si… hai combinato troppi guai per passarla del tutto liscia – la ragazza gli strinse la guancia e lo fissò in quegli occhi fin troppo identici ai suoi – Ma io non ti abbandonerò mai più. Verremo a trovarti sempre e faremo di tutto per tirarti il prima possibile fuori da qualsiasi situazione brutta ti ritroverai… è questo che fanno le famiglie… e noi saremo la tua e ti insegneremo che cosa significa per davvero esserne parte… ti voglio bene, Taro… Ti voglio bene…”

Kokoro gli diede un bacio leggero sulla guancia e Taro, quasi tornando bambino, scoppiò in un pianto a dirotto. Pianse, pianse come una fontana per un buon quarto d’ora, anche mentre ambulanze e volanti della polizia accorrevano per recuperare i criminali, accompagnati dallo stesso Endeavor che, scurissimo in volto, comunque si avvicinò ai suoi due apprendisti.

“Avete fatto un gesto stupido… ma siete stati bravi, marmocchi. Ora andate tutti in ospedale… e tenete d’occhio Shoto da parte mia…”

Katsuro e Kokoro si guardarono perplessi, e a loro si aggiunsero gli altri compagni di scuola.

“Boss… cosa è successo a Shoto?”

“Stain…” disse Taro, leggermente più calmo, poco prima che i poliziotti lo mettessero nel furgone di trasporto dei prigionieri.

Gli altri ragazzi impallidirono, ma Endeavor li rassicurò: “L’hanno fermato… e lo abbiamo sconfitto, c’ero anche io… Quel bastardo finalmente è fuori dai giochi!”

“Le cose non si fermeranno… - disse, come in trance, Taro – Ce ne sono molti altri… e Stain alimenterà i loro cuori…”

“E dove sarebbero questi altri, cretinetto?! – disse, irritata, Reiko, a cui i paramedici stavano fasciando la gamba – Dove si sono nascosti, eh?!”

Taro la guardò e sorrise, quasi triste: “Tuo padre ti manda i suoi saluti, ma dice che non è ancora il momento. Non so dove si trovi adesso, di sicuro avrà cambiato nascondiglio… ma mi ha detto che presto vi riunirete. Fai attenzione…”

Reiko impallidì e strinse così forte i pugni da sanguinare, ma non disse null’altro; Kokoro invece si avvicinò al fratello, ormai seduto nel furgone della polizia: “Verremo a trovarti appena fuori dall’ospedale, d’accordo?”. Katsuro era accanto a lei e fissava greve suo “cognato”: sapeva che avrebbe passato non pochi guai e che forse solo la giovane età l’avrebbe salvato.

Taro ricambiò i loro sguardi e sorrise debolmente, come se fosse amareggiato: “Capirei se voleste anche voi dimenticarvi di me… io sono un cancro da…”

“NO! – gridò Kokoro – TU SEI MIO FRATELLO E IO NON TI ABBANDONERò MAI Più, CHIARO, RAZZA DI SCEMO!?”

Taro perse un’altra lacrima dagli occhi arrossati: “Allora ti aspetto, sorellina… ci vediamo…”

Uno dei poliziotti che sciamavano nella zona fece allontanare i due ragazzi dal furgone e chiuse le porte, quindi il mezzo partì. Kokoro diede un ultimo saluto al fratello e vide il furgone sparire all’orizzonte. Non era finita esattamente come aveva previsto, questo era scontato, ma ora Taro era al sicuro e lei non si sarebbe arresa: Taro sarebbe tornato a far parte della sua famiglia e, questa volta, non sarebbe stato più abbandonato.
Era ormai l’alba quando, stravolti ed esausti, tutti gli studenti dell’U.A. feriti furono accompagnati in ospedale, per riprendersi dai terribili eventi della notte di caos appena trascorsa, ognuno con pensieri bui nella mente e la minaccia incombente della Lega dei Villain che si faceva sempre più forte.
L’urlo di Stain risuonava nelle orecchie di tutti i cittadini giapponesi e non ci sarebbe voluto molto prima che anche Reiko, Kokoro e Atsuko ne osservassero in prima persona i terribili effetti…





♚Angolo autrici! ♚

Ne è passato di tempo, eh? Forse troppo, okey. Siamo rimaste bloccate non poco, anche se in realtà diversi capitoli erano già pronti da mettere. Però, ad essere sincere, EFP lo usiamo più come archivio per i nostri racconti. Ovviamente ci piace poter interagire con chi legge la nostra storia, però non sempre le cose vanno come vorremmo, quindi anche se la leggono in pochi, a noi va bene così ^^.
Grazie a chi ha sempre commentato, a chi ha messo la storie tra le seguite/preferite <3
 
 
 
   
 
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