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Autore: Rosette_Carillon    09/05/2021    2 recensioni
La guerra civile è terminata. Bucky vive a New York con Steve, cerca di ritrovare un pò di serenità e recuperare i suoi ricordi.
L'eredità appartiene a lei, ma Marta non sa davvero che farsene, e decide di accettare una proposta di lavoro che la porta a New York: viene assunta da Fury per occuparsi dell'ex Soldato d'Inverno.
[ Captain America; Knives out ]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Black and white photos'
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                                                                                                   Capitolo 8
                                                                                                            Il fantasma della vita passata

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



Bucky è spesso stanco.
Da quando la memoria ha cominciato a tornare, i ricordi del suo passato hanno iniziato a tormentarlo più spesso.
La notte si sveglia spesso, e ha paura di addormentarsi: meglio lunghe ore trascorse a fissare il buio, piuttosto che avere altri incubi.
Steve chiede consiglio a Marta.
<< Non posso fare molto, capitano, sono solo un’infermiera, >> comincia la donna, poi però gli elenca una serie di suggerimenti.
Prendere dei sonniferi potrebbe essere una soluzione, ma quelli non risolveranno il problema principale.
Altre soluzioni potrebbero essere convincere Bucky a parlare dei suoi incubi, stargli vicino quando è stressato.
Fare in modo che la sera, prima di andare a letto, sia quanto più tranquillo possibile.
<< La musica e il ballo lo mettono di buon uomo, anche se gli fanno tornare in mente molti ricordi non sempre piacevoli. Una soluzione potrebbe essere quella di creare nuovi ricordi associati a ciò che gli piace… provare ad associare qualcosa di piacevole a ciò che gli crea disagio.  >>
Qualche sera dopo, Marta sente una melodia provenire dall’appartamento dei due uomini.
È da poco passata l’ora di cena, e lei è in cucina a lavare i piatti. Si ferma e resta in ascolto.
Sorride.
Le piace quella canzone, ma non ha idea di cosa sia, e dire che in quei mesi ne ha sentita di musica vintage!
Prende il cellulare per risolvere il suo dubbio, e scopre che si tratta di ‘cheek to cheek’.
Rimane ancora in ascolto in silenzio, sorridendo.
Il cellulare, posato sopra il ripiano della cucina, comincia a squillare.
Guarda interdetta il nome sul display: è il detective Blanc. È strano che la chiami così tardi.
<< Buonasera detective. >>
<< Marta! Come sta? Spero vada tutto bene…il lavoro le piace? Non ha intenzione di abbandonarlo, vero? >>
<< N-no. >>
<< Ah, meglio così, >> il suo tono di voce diventa improvvisamente serio. << La preferisco vicina a dei superuomini. >>
La donna tace, allertata dall’improvviso cambiamento. Si siede sulla sedia più vicina., deglutisce a vuoto. << Perché? >>  trova il coraggio di chiedere.
Blanc si schiarisce la gola, a disagio <<  temo di avere una brutta notizia: Ransom è evaso. >>
Le manca il respiro e le gira la tesa. La cucina gira attorno a lei dandole la nausea. Tace, deglutisce a vuoto sperando di aver capito male, ma il detective non scoppia a ridere ammettendo di averle solo voluto fare uno scherzo. << …cazzo, >> geme.
<< Voglio che limiti le uscite al minimo indispensabile, cerchi di non essere mai da sola. Io sarò a New York domani mattina per collaborare alle indagini. Fury è stato informato e- Marta? >>
<< Sì? >> pigola lei, il cellulare stretto in mano.
<< Le prometto che andrà tutto bene. Nessuno le farà del male. Chiaro? >>
<< Mh. >>
<< Marta. Andrà tutto bene. >>
Lei riesce solo ad annuire, dimenticandosi che l’uomo non la può vedere.
Chiusa la chiamata, l’unica cosa che riesce a fare è piangere.
Stava andando tutto bene, era felice, e la sua vita stava cominciando a tornare alla normalità. Avrebbe voluto che quel momento di calma fosse durato più a lungo, non è pronta ad affrontare nuovamente quello stress. Non ci riesce, non vuole.
Nel silenzio rotto solo dai singhiozzi, che cerca di mettere a tacere, si sentono le note di un vecchio brano suonato da un giradischi.
Ha paura.
E si sente sola.
La mattina seguente, pur avendo dormito male e per poche ore, si risveglia con una forza d’animo che non pensa avrebbe avuto.
Ransom le ha già creato fin troppi problemi. Non vivrà la sua vita nella paura che lui possa trovarla e cecare nuovamente di farla fuori.
Vuole essere forte, e cerca di relegare la paura in un angolo della sua mente. Cerca di ignorarla.
Finge che Blanc non l’abbia chiamata; esce a fare la spesa cercando di convincersi di non sapere dell’evasione di Ransom.
Eppure appena mette piede nel palazzo si sente già più tranquilla. Lì è al sicuro. Quello è un luogo che conosce, nessuno sguardo indiscreto può osservarla nascosto fra la folla.
È uscita semplicemente per poco, ma è stata un’uscita incredibilmente stressante.
Sale le scale lentamente, stanca. Si sente svuotata e ha l’impressione di aver affrontato un’impresa enorme, quando, in realtà, non ha fatto nulla di sensazionale.
<< Marta? >>
Una mano sulla spalla.
Lei si volta, e Ransom è davanti a lei. Urla e indietreggia andando a sbattere contro la porta alle sue spalle.
<< Ehi, ehi, >> l’uomo solleva le mani << sono io. >>
L’uomo non si avvicina, aspetta che lei si calmi abbastanza da riconoscerlo.
È Steve. Il capitano Rogers. Captain America.
Marta singhiozza. Sotto lo sguardo sgranato del capitano, si lascia cadere a terra in lacrime.
L’uomo le si inginocchia subito accanto, la sorregge tenendola per le spalle mentre lei continua a piangere scossa dai tremiti.
Steve aspetta pazientemente che la donna si calmi, poi la aiuta a sollevarsi e a portare la spesa dentro l’appartamento.
Le chiede se abbia voglia di parlarne; lei non vorrebbe, ma non può mentire, e non ne ha nemmeno voglia.
Sospira, stanca, e comincia a raccontare di Ransom, della famiglia Thrombey, di Harlan.
Il capitano non dice nulla, non fa domande, lascia solo che lei parli.
<< Ora Ransom è evaso, >> termina lei.
Steve annuisce, comprensivo e pensieroso, << non sarà facile per lui trovarla. E poi lei passa tanto tempo con Bucky, con me… e spesso c’è anche Natasha. Finché non sarà al sicuro, ci penseremo noi a proteggerla. >> Si scusa ancora per averla spaventata. Voleva solo invitarla a cena.
Marta accetta senza quasi pensarci: meno resta sola, meglio sarà.
 
                                                                                                                                                                §
 
È stato stupido da parte sua fare come se il problema non esistesse.
È in pericolo, che lei voglia ammetterlo o no.
Certo, il pensiero di avere due super soldati come vicini di casa è rincuorante, ma non abbastanza.
Il suo fisico non riesce a reggere a lungo quell’intenso stress, le notti in bianco, i pasti saltati, l’essere sempre all’erta.
Chiude gli occhi per un momento e, quando li riapre, si trova stesa per terra.
Bucky è chino su di lei; Steve compare poco dopo nel suo campo visivo con del ghiaccio fra le mani, lo avvolge in un panno da cucina, e lo preme contro il suo collo.
Marta geme infastidita dalla sensazione di freddo, ma si sente già più sveglia.
Prova a mettersi seduta, ma Bucky la blocca.
Marta non si oppone, e lascia che il freddo del ghiaccio la tenga sveglia.
<< Serve che chiami un medico? >> chiede Steve.
Prima di rispondere, la donna si prende un momento per riflettere, poi mormora un << no. >>
I due uomini si scambiano uno sguardo incerto, e la donna cerca nuovamente di mettersi seduta, e si oppone quando provano a bloccarla.
<< Sto meglio, non dovete preoccuparvi, >> li rassicura, incrociando le gambe. Si passa una mano sul volto, Steve le allunga il ghiaccio e lei lo prende.
<< Lavora troppo, forse dovrebbe prendersi delle ferie... possiamo fare qualcosa? >>
‘Un miracolo ’ pensa, ma cerca di sorridere << non dovete preoccuparvi, >> ripete. Guarda l’orologio appeso al muro << si è fatto tardi, >> si mette in piedi << se non serve nulla io- >>
Bucky le afferra un braccio, sia per fermarla, che perché non è certo che la donna sia davvero in grado di stare in piedi.
<< Preferiremo che lei restasse a cena qui, >> interviene il capitano.
Bè, se deve essere sincera, lo preferirebbe anche lei, ma non vuole fare il terzo incomodo. Ora deve solo riuscire a mentire e tornare nel suo appartamento prima di vomitare anche l’anima.
Inspira profondamente, ma Bucky la ferma per la seconda volta << Steve è un gentiluomo, io no. Tu resti a cena. >>
<< Sergente, questo si chiama sequestro di persona. >>
<< Infermiera, questo si chiama preoccuparsi per una persona. >>
Marta si arrende. Non ha voglia di discutere, e non vuole rischiare gli effetti collaterali che una sua bugia causerebbe.
 Bucky glielo chiede distrattamente, mentre sta apparecchiando la tavola, e Steve sta cucinando.
<< In questi giorni sei…strana. C’è qualcosa che non va? >>
E la donna intuisce che, molto probabilmente, il capitano non gli ha detto nulla. Si stringe nelle spalle << bè…c’è uno che mi vuole morta. >>
L’uomo si ferma e le rivolge uno sguardo interdetto aspettando che lei scoppi a ridere dicendogli che è solo uno scherzo. Non succede. L’uomo si volta verso Steve e, dal suo sguardo, si rende conto che il capitano ne era a conoscenza.
<< Deve solo provarci. >>
<< Oh, no, >> si oppone la donna << devi starne fuori. Tu e chiunque altro. È una persona pericolosa, ha già creato molti problemi…e… è me che vuole, non ha senso che altre persone restino coinvolte. >>
L’uomo resta interdetto per un momento, chiedendosi se per caso la donna si sia dimenticata con chi abbia a che fare. Poi rifiuta: non permetterà a nessuno di farle del male.
Steve trascina Bucky ai fornelli per preparare la cena, e Marta prova la strana sensazione di essere una bambina a cena dai nonni.
Quella sera Marta si ritrova a raccontare la sua vita ai due.
Racconta un po' di Cuba, del trasferimento.
Racconta dei suoi studi e poi, inevitabilmente, non può non parlare di Harlan, della sua morte. Alla fine racconta anche di Ransom. È talmente stanca di tenersi tutto dentro, che le parole escono fuori come un fiume in piena e lei non riesce nemmeno a pentirsene.
Racconta dei dettagli in più rispetto a quelli detti al capitano e, quando finisce, e si rende conto di tutto ciò che ha detto, tace. Con la mano stretta attorno al bicchiere d’acqua, aspetta un giudizio da parte dei due uomini.
Probabilmente quel suo sfogo è stato davvero poco professionale, ma voleva che loro sapessero in che modo il suo precedente impiego era terminato. In tutti quei mesi si era sentita in colpa nei loro confronti.
<< Mi auguro che tu non debba più avere nulla a che fare con quelle persone, >> commenta infine il capitano.
<< Però quei soldi erano loro. >>
<< E loro era la responsabilità di essere una famiglia, occuparsi l’uno dell’altro. >>
<< Sei una persona troppo buona, >> mormora Bucky.
<< Dovrei smettere, mh? >>
<< Sì. >>
Anche Steve annuisce. << Però, >> aggiunge poi << tu avrai sempre qualcosa in più rispetto a quelle persone. >>
Marta annuisce. Sa già cosa vuole dirle l’uomo, cose già sentite, i soliti ‘sei migliore di loro’ o ‘sii orgogliosa di te stessa’, ‘la vera forza è la bontà’.
Sono frasi che ha ripetuto a sé stessa per darsi coraggio, ma la verità è che vorrebbe tanto essere diversa, più egoista, ma non ci riesce.
<< Non permetter a nessuno di farti diventare senza cuore. Sicuramente avresti una vita più facile, ma non saresti più tu. Cambia perché lo vuoi, per diventare una persona migliore, ma non permettere mai al mondo di cambiarti. Non c’è nulla di peggio che diventare un’altra persona. Guardarsi  alle spalle, dopo del tempo, rendersi conto di quanto si è cambiati e non riconoscersi più. Qualsiasi cosa tu faccia, devi poterti riconoscere nel riflesso che lo specchio ti rimanda alla fine della giornata. >>
Quello era un discorso inatteso, e la donna, colpita, si limita ad annuire.
Si sente più tranquilla, riesce quasi a dimenticarsi di Ransom e della sua famiglia ma, quando è tardi e deve tornare nel suo appartamento, le manca il respiro all’idea di essere sola.
Cerca comunque di mostrarsi tranquilla, sorride quando saluta i due uomini e augura loro la buona notte.
Ore dopo, si sveglia spaventa da un rumore che, solo dopo essersi calmata, riesce a identificare come la vibrazione del cellulare.
Spaventata, ma incapace di restare ferma, si alza.
Assalita da una paura improvvisa, corre fuori dalla camera da letto. Accende tutte le luci e controlla più volte che porte e finestre siano ben chiuse.
Stanca, si lascia cadere in ginocchio per terra, accanto al divano, e resta lì a piangere finché non comincia a tremare di freddo.
Dovrebbe tornare a letto, ma ha paura anche solo di muoversi.





 
  
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