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Autore: Demy77    10/05/2021    4 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Trascorsero i giorni e le settimane, novembre lasciò il posto a dicembre e la povera Prudie cercò di onorare il periodo di Natale come avrebbe fatto “la ragazza” (si era sempre rifiutata di chiamare Demelza per nome, chissà perché). Decorò, a modo suo, la sala da pranzo con rametti di vischio ed agrifoglio, cercò di replicare – con non molto successo, in verità - le ricette di Natale della signora Grace e collaborò pazientemente con la signora Tabb, che aveva ripreso il suo posto di governante a Nampara e faceva compagnia alla signora Agatha, oltre ad occuparsi all’occorrenza, quando la madre non c’era, del piccolo Valentine.
Ross aveva assunto nuovamente anche Jim Carter per occuparsi dell’orto e della fattoria; non tanto perché ve ne fosse la necessità, ma perché il giovane doveva mantenere sia la giovane moglie Jinny ed il loro bambino che la madre vedova e tre sorelle minori.
Zacky Martin, suocero di Jim e braccio destro di Ross alla miniera, non la smetteva di profondersi in ringraziamenti. “E’ una vera fortuna che tu lo abbia ripreso a lavorare con te, Ross. Sappiamo entrambi che il ragazzo in passato ha avuto problemi con la caccia di frodo… e non è affatto il momento di rischiare di finire alla sbarra! Hai saputo chi è il nuovo giudice del distretto?”
Era George Warleggan naturalmente, ma Ross non poteva immaginare che egli avesse ottenuto quel prestigioso incarico grazie ai buoni uffici di sua moglie. D’altra parte, Elizabeth si sbagliava se pensava che con quel favore, pur di un certo peso, avesse chiuso i suoi conti con George. No, il banchiere non si accontentava di quello, in cambio del suo silenzio sul prestito. A George interessava altro da quella donna, e mirava ad ottenerlo con qualsiasi mezzo, non sapendo se lo eccitava maggiormente la prospettiva di stringere un legame più stretto con lei o quella di fare allo stesso tempo un torto a Ross Poldark.
Per ringraziarla del suo interessamento per la nomina George ebbe la brillante idea di invitare Elizabeth in casa sua per un tè, loro due da soli. George era proprietario di una lussuosa dimora proprio al centro di Truro, a due passi dalla banca Warleggan. Elizabeth accettò; a Ross disse che quel pomeriggio sarebbe andata a comprare un nuovo manicotto di pelliccia, da sfoggiare in occasione del ricevimento organizzato per Natale a casa dei Treneglos.
Trascorse un piacevole pomeriggio in compagnia del banchiere. Nonostante le sue umili origini George aveva appreso le arti della buona conversazione, era affabile e cortese. Gli argomenti che toccava erano quelli che maggiormente stuzzicavano la curiosità di Elizabeth: i pettegolezzi. Grazie alla sua attività il banchiere conosceva il portafogli di tutti gli uomini più in vista del distretto; fingendo ritrosia, rivelò “in via assolutamente confidenziale, sia chiaro” quali investimenti immobiliari aveva effettuato sir Basset, a quanto ammontasse la dote della figlia di sir Vendom, che stava per sposare un avvocato di Londra già vedovo e con un figlio, mentre l’ammiraglio Princeton aveva dovuto ritirare una cospicua somma a causa di una misteriosa malattia al fegato che lo aveva colpito e per la quale stava consultando i migliori medici, poverino….
Ad Elizabeth non pareva vero apprendere notizie così ghiotte. In più George era un ottimo adulatore, sapeva usare le parole giuste per lusingare una donna e, cosa che non guastava, la spogliava con gli occhi.  Elizabeth adorava piacere agli uomini ed essere al centro dell’attenzione. Ross aveva smesso da tempo di guardarla in quel modo.  In particolare, Elizabeth aveva dovuto constatare con rammarico che da quando se ne era andata quella sguattera Ross non la cercava più; i rapporti intimi tra di loro si erano diradati, e non valeva neppure la scusa della possibile gravidanza, che tra l’altro si era rivelata un falso allarme. Si era quindi solo illusa che, mettendo alla porta Demelza, il suo matrimonio ne avrebbe tratto giovamento.
Anche Elizabeth, come suo marito, alla fine si era resa conto che la loro non era una unione che funzionava. Il Ross che aveva idealizzato, l’eroe di guerra che era ritornato innamorato di lei alla follia, era in realtà un uomo cocciuto e testardo con cui aveva poco in comune. Aveva adorato l’idea di essere al centro dei suoi pensieri per tre anni, la inorgogliva essere la regina del cuore di un uomo tanto audace e coraggioso, ed era stato per quello forse che aveva accettato le nozze con tanto entusiasmo. Passati però i primi momenti di euforia e di passione era emerso chiaramente che ciò che a lei interessava – la ricchezza, il potere, i divertimenti, le frequentazioni giuste – non erano priorità per Ross e se voleva, doveva conquistarseli da sé, senza la sua collaborazione. L’unico vantaggio che derivava dall’essere la moglie di Ross Poldark era il rispetto in società per via del suo buon nome, che le apriva qualche porta, ma non tutte quelle che avrebbe voluto varcare. Elizabeth aveva scoperto che in quella fine del secolo contava quasi più il denaro del blasone. Era stato il primo infatti, in assenza del secondo, a rendere George Warleggan un uomo temuto e rispettato che era inserito nel bel mondo più e meglio di Ross.
Prima di quel pomeriggio Elizabeth non si era mai chiesta come sarebbe stato trovarsi tra le braccia di un altro uomo che non fosse suo marito, ma doveva ammettere con se stessa che George Warleggan la affascinava parecchio…..
Intanto anche a Killewarren i mesi erano trascorsi e Demelza viveva la sua nuova vita dividendosi tra la cura del giardino e l’assistenza al povero giudice Penvenen. Come sempre, svolgeva i propri compiti con cura e dedizione, la gravidanza cominciava a poco a poco a rendersi evidente e la giovane era tutto sommato contenta di aver trovato, grazie al dottor Enys, quella sistemazione tranquilla.
Al principio Caroline aveva sospettato che la giovane fosse rimasta incinta di Ross Poldark e che fosse stata mandata via da Nampara proprio per quel motivo. Quando però Demelza le raccontò che il suo termine scadeva a maggio e che lavorava a Nampara da metà ottobre i conti non le tornarono. La stuzzicava il mistero che c’era dietro la storia di quella ragazza: Dwight era stato così sibillino, e in tono serio le aveva detto che non poteva assolutamente rivelare di più, per volere di Demelza. Decise quindi di non fare altre domande e di aspettare che fosse la domestica a raccontare qualcosa in più di sé.
Non era stato certo per pura filantropia che miss Penvenen aveva accettato di accogliere in casa sua quella ragazza incinta. Se non fosse stato Dwight Enys a chiederglielo, non lo avrebbe mai fatto. Il giovane medico l’aveva colpita al cuore fin dal primo istante, anche se non osava confessarglielo, e rendergli un favore era, al momento, il massimo gesto di amicizia che Caroline poteva concedergli senza compromettersi.
Ben presto però si rese conto che non le dispiaceva l’idea di avere una persona della sua età nella casa, sebbene fosse una domestica; lei era sempre sola, lì nella tenuta dello zio, e conduceva – per sua scelta - una vita ritirata ben diversa dalle allegre brigate londinesi cui era stata sempre abituata.
Fu così che Caroline iniziò a scambiare qualche parola con Demelza e le due ragazze impararono a conoscersi: scoprirono di essere nate nello stesso anno, lo stesso giorno del mese, a due mesi di distanza; entrambe avevano perduto la madre quando avevano nove anni, ma le somiglianze finivano lì, perché mentre una aveva dovuto tirare su sei fratelli più piccoli con un padre ubriacone e manesco, l’altra non aveva fratelli o sorelle ed era stata la prediletta del padre, viziata fino al punto di ottenere con uno schiocco di dita tutto ciò che desiderava. Una era una domestica che solo grazie alla generosità della famiglia Poldark era riuscita a risollevarsi dalla sua miseria; l’altra era una ricchissima ereditiera che conduceva però una vita monotona e triste.
Caroline a Demelza piaceva. Era una donna irriverente e molto sicura di sè, ma dal cuore buono in fondo, e come lei non sopportava le ingiustizie e la falsità. Aveva avuto tanti beni materiali dalla vita, ma non aveva mai conosciuto relazioni di amore e di amicizia davvero disinteressate: Demelza trovava che non ci fosse nulla da invidiarle, anche se provava un tuffo al cuore ogni volta che apriva il suo guardaroba! Miss Caroline le aveva regalato alcuni abiti smessi (erano in ottime condizioni, ma non li indossava più perché passati di moda!) e soleva ripetere che sperava che il bambino fosse una femmina, per poterla riempire di trine e di pizzi.
Anche a Caroline piaceva Demelza. Era silenziosa, discreta, umile ma niente affatto stupida: aveva una profonda sensibilità e sapeva sempre trovare le parole giuste per risollevare il buon umore delle persone. Persino lo zio Ray, con tutte le sue menomazioni, aveva imparato ad abbozzare una leggera smorfia , quasi un sorriso, quando Demelza gli parlava.
Con il passare del tempo quelle due donne così diverse riuscirono a trovare un’affinità incredibile. Settimana dopo settimana anche la confidenza tra loro aumentò e Demelza finì per svelare alla signorina la verità sulla paternità del suo bambino. Caroline si mostrò disgustata al pensiero che Francis Poldark le avesse fatto la corte dopo aver posto in essere un atto così ignobile e manifestò a Demelza tutta la sua solidarietà. Apprezzò molto la decisione della ragazza di non chiedere nulla ai Poldark e prendere le distanze da loro e garantì a Demelza che le avrebbe offerto tutto il suo appoggio.  
Dwight si recava a Killewarren all’incirca una volta a settimana per prestare le cure al vecchio giudice. La sua posizione nella faccenda era la più delicata: da un lato aveva dovuto sorbirsi gli sfoghi dell’amico Ross alla sparizione di Demelza facendo bene attenzione a non tradire il suo segreto, dall’altro doveva tenere Demelza al corrente di ciò che stava avvenendo agli abitanti di Nampara. Si era reso conto che la giovane domestica nutriva molta curiosità su tale argomento e trovava sempre una scusa affinchè il discorso cadesse in tema. Come stava la signora Agatha? Chi si occupava di lei ora? E Valentine, aveva imparato a stare in piedi da solo, nonostante l’armatura alle gambe? Jud e Prudie continuavano a beccarsi? Il capitano e sua moglie stavano bene? Era vero che aspettavano un altro figlio?
Dwight non frequentava troppo Nampara, sia per questioni di tempo sia perché Elizabeth non richiedeva le sue cure professionali. Una volta Ross gli aveva chiesto di visitare la zia per una brutta tosse e lo aveva invitato a fermarsi per cena. Era stata l’unica occasione in cui aveva visto tutti i componenti della famiglia; per il resto era Ross che ogni tanto gli dava notizie.
Rispose a Demelza che stavano tutti bene, che Valentine non camminava ancora e che la signora Agatha sembrava piuttosto rassegnata alla sua scomparsa, tanto che non aveva parlato più di lei. Anche Ross gli era parso  affranto per la sua scomparsa solo per i primi tempi, poi non aveva più affrontato il tema. E no, Elizabeth si era sbagliata, non era in attesa del secondo figlio.
Demelza parve un po’ delusa, ma poi comprese che, come la sua vita doveva andare avanti senza di loro, così anche per i Poldark era preferibile dimenticarla.
Fu così che Caroline si accorse che Demelza mutava atteggiamento quando si parlava di Ross Poldark, anche se cercava di non darlo a vedere. Era chiaro che quell’uomo le interessava.
Caroline non ci aveva mai parlato, lo aveva visto solo qualche volta di sfuggita a Truro presso la banca Pascoe, ove si serviva lei stessa. Aveva notato che era un bell’uomo, nonostante la cicatrice che gli deturpava il volto; da voci sentite in giro, un po’ dallo zio, un po’ da Dwight, un po’ da altri se lo era figurato come una sorta di scavezzacollo impulsivo, un Robin Hood sempre pronto ad aiutare i più deboli anche a dispetto del proprio tornaconto, e dentro di sé aveva concluso che era chiaro come mai lui e Dwight andassero così d’accordo.
Ross Poldark non era il padre del figlio di Demelza, ma qualcosa tra loro doveva essere accaduto. Caroline cercò in un’occasione di sondare il terreno con Enys, ma il medico era l’uomo più riservato e meno incline ai pettegolezzi che si potesse immaginare , quindi la giovane ereditiera non riuscì a soddisfare la sua curiosità.
Un giorno, parlando con Demelza, Caroline le aveva raccontato per sommi capi le sue vicissitudini da quando era defunto il padre, come tutti ambissero alla sua mano per impossessarsi della sua dote, e per quella ragione ella pareva abbastanza disillusa dall’amore.
“Il matrimonio è un contratto – soleva ripetere miss Penvenen – e, come tutti gli accordi, può funzionare solo se c’è volontà di entrambe le parti. Ognuno dei due deve trarne un vantaggio, altrimenti sono guai!”
Demelza non era d’accordo con quella visione; eppure Caroline l’aveva fatta riflettere che tra i ceti più alti funzionava proprio così. D’altra parte, anche tra la povera gente ci si sposava in un certo senso per convenienza, per non restare da soli, per dividere i pesi e le fatiche di ogni giorno… l’amore, quella forza romantica che ti fa battere il cuore e vivere sulle nuvole, era per Caroline una bella favola che poteva abbindolare solo gli sciocchi.
“Tu che hai vissuto da loro… come ti sembrano ad esempio Ross Poldark e sua moglie? Una coppia innamorata o che sta insieme solo per convenienza?” – gettò lì la domanda Caroline.
Demelza si strinse nelle spalle. “So che il signor Joshua, il padre del capitano Ross, era molto innamorato di sua moglie Grace e non ha più avuto pace dopo che l’ha persa. Sia lui, che la signora Agatha e Prudie, mi hanno sempre fatto intendere che il capitano Ross e sua moglie si sono sposati per amore, ma in realtà non danno l’immagine di una coppia realmente felice… non so dirvi di più”.
“Vedi? E’ proprio come ti dicevo! – affermò trionfante la bionda – l’amore non basta, perché dopo un po’ finisce! Quella coppia ha creduto alle favole e non ha ponderato bene i termini dell’accordo! Apparse le prime difficoltà, è finito anche l’amore.”
“L’amore vero non finisce” – sentenziò Demelza – può darsi che tra di loro non ci sia mai stato…”
“Anche se ci fosse stato, senza una solida base sarebbe naufragato” – continuò Caroline imperterrita.
“Quindi voi credete che sia impossibile sposarsi solo per amore?  Vi siete sempre lamentata della corte asfissiante di uomini interessati a voi solo per il denaro. Se invece, per ipotesi, vi capitasse di innamorarvi di un uomo perbene che non aspira alla vostra eredità, che vive del suo onesto lavoro, che non fa parte del vostro ambiente ma preferisce circondarsi di gente del popolo; sareste capace di sfidare le convenzioni pur di stare con lui? Arrivereste a sposarlo?”
Caroline torse le labbra in una smorfia e massaggiò nervosa il pelo del piccolo Horace, perché aveva capito che Demelza alludeva a qualcosa di preciso. Sembrò sul punto di arrabbiarsi con lei, ma non lo fece.
“Bisognerebbe vedere se quell’uomo sarebbe a sua volta disposto a rinunciare alla sua professione pur di stare con me. Come ti ho detto tante volte, il matrimonio è un contratto, in cui ognuno dei due cede qualcosa all’altro: la libertà di vivere come meglio crede.”
“Perché dovrebbe rinunciare lui, non potreste rinunciare voi a qualcosa?” – continuò l’altra.
“Ah, basta con questi discorsi! – esclamò Caroline piccata – solo perché ti ho offerto la mia ospitalità e la mia amicizia non posso consentirti di prenderti codeste libertà con me!”
“Perdonatemi, miss Penvenen - si scusò Demelza abbassando il capo– ho esagerato, è vero, ma proprio perché vi reputo una persona amica mi dispiace vedervi rinunciare alla felicità! Perché non provate nemmeno a parlare con il dottor Enys? Sono sicuro che anche lui condivide i vostri sentimenti, ma è troppo timido per osare corteggiarvi!”
Caroline aggrottò la fronte. Quella ragazza era una strega, aveva scoperto il suo segreto!
“Non essere sciocca, Demelza, come puoi pensare che nutra dell’affetto per il dottor Enys? Gli sono grata per ciò che fa per mio zio, tutto qui”.
“Non credo proprio – scosse la testa la rossa – ho visto lo sguardo sognante che gli rivolgete quando lui non vi sta osservando!”
“Non meno sognante di quello tuo quando si nomina il capitano Ross Poldark! – replicò prontamente Caroline – cos’è allora, quando si tratta di te il discorso di andare contro le convenzioni e di lottare per l’amore vero non vale più?”
“C’è una bella differenza – rispose amaramente Demelza –Dwight Enys è un uomo libero, non così Ross Poldark! Per questo motivo ho giurato a me stessa di non pensare a lui, anche se il cuore a volte mi gioca dei brutti scherzi e mi conduce nella sua direzione… la mia felicità sta nel sapere che sta bene, per questo ogni tanto domando di lui al dottor Enys…Non c’è nient’altro da dire, anche se lui mi amasse non ci sarebbe futuro per noi…Ma voi invece…”
“Basta, Demelza – la fermò la padrona – ti prego di non affrontare più questo argomento. Se quello fra te e Ross Poldark è un amore impossibile, non meno impossibile è il mio, per ragioni che non posso spiegarti e che al momento non capiresti. Ti ordino di non fare parola con nessuno, e meno che mai con Dwight Enys, della conversazione che abbiamo appena avuto. Hai inteso?”
“Sì, miss Caroline”.
Se Demelza era giunta alla conclusione di dover reprimere i propri sentimenti, a non diversa conclusione era giunto Ross. Da quando Demelza se ne era andata aveva messo a tacere la confusione che albergava nel suo cuore, mettendo da parte le due donne che gliel’avevano procurata, Elizabeth e Demelza, e si era concentrato sul terzo soggetto di genere femminile cui dedicava la sua esistenza: la “Grace”.
Cercava di trascorrervi più tempo possibile, onde evitare di doversi intrattenere più del dovuto con sua moglie. Fu così che il suo banchiere Harris Pascoe, che doveva consegnargli alcuni documenti da firmare, andò a trovarlo nel suo ufficio alla miniera anziché a Nampara.
Ross accolse con calore il vecchio amico di suo padre e, intinta la piuma nel calamaio, vergò rapidamente la propria firma sui documenti, di cui già conosceva il contenuto: Pascoe gli aveva consigliato di ridurre l’ipoteca su Nampara, restituendo parte del finanziamento ottenuto dalla banca l’anno prima. in tal modo anche il tasso di interesse sarebbe calato ed entro i prossimi sei mesi avrebbe potuto estinguere il debito del tutto.
Il bonario uomo d’affari raccolse in una cartellina di pelle i fogli e disse a Ross che si era meravigliato di non vederlo da tempo a Truro, mentre invece vi aveva incontrato più e più volte sua moglie.
Ross, ridendo, alluse alle pressanti esigenze femminili in tema di stoffe, scarpe e borsette nuove.
Pascoe rise a sua volta, ma aggiunse un commento che destò non poca sorpresa in Ross.
“Capisco, capisco! Non vi nascondo che ero rimasto un po’ perplesso in quanto almeno due o tre volte ho visto la vostra signora nei pressi della banca Warleggan; anzi, per meglio dire, una volta sono sicuro di averla vista uscire proprio dalla dimora di George Warleggan! Mi è parso molto strano; mi aveva addirittura sfiorato il sospetto che voi aveste intenzione di fare qualche investimento con loro… poi però mi avete scritto per la questione dell’ipoteca ed ho pensato che fosse stato solo uno sciocco dubbio da parte mia! Del resto sono anni che gestisco le finanze della vostra famiglia e sapete che ho sempre curato i vostri interessi economici in maniera oculata e disinteressata…”
Ross tranquillizzò il banchiere sulla stima che nutriva nei suoi confronti e precisò che giammai aveva avuto a che fare con Warleggan, e neppure sua moglie; o Pascoe si era sbagliato, oppure Elizabeth doveva aver accompagnato l’amica Ruth dai Warleggan, per qualche ragione che egli ignorava. Il dubbio però aveva ormai sfiorato anche lui: dopo che il banchiere se ne fu andato, Ross decise che avrebbe chiesto ad Elizabeth delucidazioni su quella faccenda.

 
  
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