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Autore: aurora giacomini    10/05/2021    1 recensioni
Dodici segni, dodici brevi storie.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Acquario




La porta scricchiola ed il mio cuore geme all'unisono con i cardini. E' un suono divenuto ormai così famigliare, eppure non porta con sé alcun calore.

L'uomo entra cercando i miei occhi. Li trova posandomi accanto, sul duro e freddo pavimento di cemento, un vassoio di alluminio graffiato e unto dal contenuto che reca.

Non parla. Si rialza senza lasciare il mio volto e mi osserva come fossi qualcosa di strano e prezioso. Qualcosa di suo.

Il tintinnio della mie catene non spezza l'incantesimo, ma serve a ricordarmi che quello non è uno sguardo amorevole... per questo tremo.

“Voglio andare a casa...” ormai il vocabolario è ridotto all'osso come il corpo incatenato all'umido muro grezzo. “Voglio solo andare a casa.” Ripeto.

Sorride. Per un momento vedo un essere umano, ma poi è di nuovo solo il mio carceriere.

“Per favore...” mi lecco le labbra secche e screpolate, “voglio andare a casa...”

Mi osserva per qualche secondo ancora, mi volta le spalle e se ne va.

Sempre la stessa scena, ogni giorno da quel giorno. Quanti giorni? Non lo ricordo più.

Sto impazzendo, impazzirò a breve. Sono già folle? La definizione di follia non è forse quella di compiere sempre la stessa azione e aspettarsi un risultato diverso? Sì, ne sono abbastanza sicura.

 

La porta si apre, i cardini si lamentano e i suoi occhi mi cercano.

Lo guardo.

Siamo muti eppure ci stiamo dicendo molte cose.

Mi porto lentamente una mano al petto mentre il respiro si spezza. Una lamento soffocato mi sfugge della labbra. Lo supplico con lo sguardo. La sua facciata s'incrina appena: è confuso.

Il tintinnio delle catene si fa concitato scosso dal tremore e dagli spasmi del mio corpo. E' un suono spiacevole che mi fa paura.

Poi silenzio. Il mio corpo è ora morbido e immobile. Gli occhi aperti sembrano non vedere nulla.

Ci mette forse un intero minuto ad inginocchiarsi per scuotermi.

Nessuna reazione.

Non è stupido. Con il tacco della scarpa mi schiaccia le dita della mano contro il pavimento.

Ancora nessuna reazione.

Il suo respiro si fa affannato ed il corpo si muove come se improvvisamente le giunture dei suoi arti fossero di ferro mal oliato.

Torna ad inginocchiarsi davanti a me. Mi avvicina il lato del viso al petto. Per un momento penso che sia una cosa tenera... solo per un breve momento. Gli afferro la testa e la storco. Non avevo mai sentito il suono di un collo che si spezza, è un suono che ricorda uno schiocco di dita, ma immensamente più spiacevole e forte... sbagliato.

Gli carezzo i corti capelli castani. Ora che è adagiato su di me è così inoffensivo e fragile. Morto.

Prendo le chiavi. Sono libera.

“Nessuno può imprigionare l'aria...” gli dico, “non per sempre. Nessuno può mettere in catene un Acquario. Qualcuno che ama la libertà più di qualunque altra cosa al mondo.” Gli volto le spalle, “qualcuno che conosce la definizione di follia poiché è parte del suo essere.”

I cardini scricchiolano, sono io a farli gemere!

  
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