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Autore: Greenleaf    15/05/2021    4 recensioni
Sotto l’ombra degli alberi di Amon Hen giace il corpo di una ragazza di nome Eldihen. Quando riapre gli occhi ed incrocia lo sguardo di Legolas, entrambi avvertono una sensazione intensa, qualcosa di inspiegabile e ancestrale.
La storia di Eldihen però, prenderà forma attraverso delle scoperte che le indicheranno il percorso giusto da seguire e, tra intrighi e falsi nemici da combattere, si ritroverà a vivere momenti mai pensati. Stregata da parole, sguardi e mostri che in realtà non sono poi così crudeli come lei temeva.
Vivrà l’incanto di un amore minacciato dalla guerra. Sarà vittima di un nemico tanto incantevole quanto misterioso. La sua storia inizia ad occhi chiusi, e per giungere alla fine Eldihen dovrà imparare a camminare nel buio.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eowyn, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11
 
Eowyn si alzò presto, era ancora molto stanca, anche se aveva riposato tutta la notte su una coperta stesa al suolo. Si stiracchio, passandosi una mano sugli occhi. Chiuse e riaprì le palpebre, accecata dalla poca luce presente. Era l’alba, il sole stava per nascere, illuminando con i raggi pallidi il prato in cui si trovava. Osservò le persone che ancora dormivano, scostando le coperte dal suo corpo, le ricaddero sulle ginocchia. Esitò prima di rialzarsi, avrebbe tanto voluto dormire ancora un altro po’, ma rendendosi conto della situazione preferì mettersi in piedi.
 
Sbadigliò, sospirando pesantemente. Il freddo pungente la colpì all’improvviso, costringendola a riprendere tra le mani la coperta che l’aveva scaldata durante la notte, posandosela sulle spalle. Camminò, cercando di non fare rumore.
 
“Eldihen!” pronunciò il nome della compagna sottovoce, consapevole che lei avrebbe sentito. Mentre camminava delle foglie si attaccarono alla sua gonna, non badò, muovendosi attentamente in mezzo alle persone che riposavano, in cerca dell’elfa.
 
Percorse tutto il prato a piedi, ricercando con lo sguardo il corpo esile della fanciulla. Guardò in direzione del fuoco che avevano acceso la scorsa sera, sperando di trovarla lì, ma nulla.
 
“Ma dove sei?” pensò a dove potesse trovarsi. Superò a piedi la pianura, risvegliando anche una donna mentre dormiva. Si riposò un attimo su un macigno a terra, giusto il tempo per riprendere fiato, con lo sguardo perso nel vuoto. Le persone iniziarono a destarsi dal sonno, ripiegando le coperte a terra, pronti a partire. Eowyn riprese le ricerche di Eldihen, sgattaiolando da una parte all’altra, muovendo il suo viso in ogni direzione, senza successo. Eldihen non c’era.
 
Si era allontanata dal gruppo, sperando di trovarla un po’ distante, magari vicino alle betulle, ma non la vide. Ritornò indietro di corsa. Eowyn gettò la spugna, pensando che si trovasse avanti con Aragorn o magari che fosse in compagnia dell’elfo, ma le sue ipotesi vennero meno quando vide davanti a sé l’uomo e Gimli venirle incontro, anche loro stanchi. I due si guardavano intorno, pareva proprio che ricercassero qualcuno, proprio come Eowyn.
 
“Gimli!” sorrise, chinando il capo, non avrebbe voluto farlo spaventare, anche se iniziava a provare ansia per Eldihen.
 
“Buon giorno mia signora” il nano si fermò di fronte a lei, con gli occhi socchiusi e l’ascia in mano.
 
“Sire Aragorn!” salutò voltandosi di poco per guardarlo in viso, mentre dietro le sue spalle un gruppo di soldati avanzava rumorosamente lungo la via, trascinandosi un carro pieno di scorte.
 
“Salve mia signora” la sua voce era spossata, ed il suo viso gonfio di sonno, segno che si era risvegliato da poco “Eldihen non è con te?
 
La domanda la spiazzò. Abbassò il mento, incapace di rispondere. Non avrebbe voluto riferirgli che la stava cercando da quando si era alzata, spostandosi come una trottola in mezzo alla folla, senza però incontrarla. Ricercò le parole adatte prima di esporre l’argomento, sperando di non turbarli, anche se Gimli ed Aragorn si scambiarono uno sguardo inquieto, capendo che c’era qualcosa che non andava.
 
“Non l’ho ancora vista, magari dorme!” la sua voce era flebile e delicata, ma nonostante il tono usato, Gimli ed Aragorn si allarmarono, comprendendo al volo l’espressione ansiosa nel volto di Eowyn.
 
“No, sarà sveglia anche lei!” l’uomo si spostò, alzando il collo per ricercarla, ma c’era troppa gente intorno a lui “L’hai cercata?”
 
“Beh si, ma.. riesco a trovarla” confessò con apprensione. Non poteva negargli la scomparsa dell’elfa.
 
Si sfregò la fronte con una mano, scoccando un occhiata a Gimli che si era girato in sua direzione “Dove l’avete vista l’ultima volta?” chiese Aragorn osservando Eowyn .
 
“Ieri sera era seduta su quella roccia, guardava le stelle” Eowyn alzò un dito, per indicare la pietra in cui aveva visto Eldihen. Strinse la coperta intorno alle spalle, abbassando impensierita le palpebre.
 
“Si!” confermò Gimli annuendo con il capo “Poi hanno parlato con Legolas, su quell’altopiano infondo. Non so però dove sia stata” indicò un punto in lontananza, le trecce si spostarono in direzione del vento che si era appena alzato.
 
Rimasero in silenzio, ascoltando i discorsi delle persone, con gli occhi puntati sul gruppo. Erano tutti e tre in pensiero per l’elfa, e più passavano i secondi, più l’ansia accresceva nei loro cuori. La cercarono tra la folla, senza successo. Gimli angosciato lasciò la sua ascia vicino ai piedi, pronto a correre lungo il prato “Io vado a chiedere a Legolas, lui saprà qualcosa!” non trovandola, pensò che l’elfo avesse qualche informazione in più. Si allontanò di poco, ma Aragorn lo bloccò, costringendolo a tornare vicino a lui ed Eowyn.
 
“Legolas non deve sapere nulla” strinse la sua spalla, abbassandosi quel poco che bastava per guardare i suoi occhi castani “E’ già abbastanza teso, una notizia del genere peggiorerebbe la situazione!”
 
“Ma si accorgerà Aragorn” in preda al panico pensò alla reazione dell’elfo. Sapeva che teneva alla ragazza, si sarebbe preoccupato “Ma andiamo dall’elfo, forse loro due sono insieme!” sperò con tutto sé stesso che Eldihen si trovasse in compagnia dell’amico, anche se, in cuor suo sentiva che l’avevano persa.
 
“Io è da un po’ che la cerco. Fai come ha detto Gimli, magari è con il tuo compagno!” Eowyn con imbarazzo appoggiò le dita sul braccio di Aragorn, facendolo voltare in sua direzione. Il sole era già alto, ed anche se non sembrava, era passata un’ora da quando Eowyn si era messa a cercarla. Non potevano indugiare, sarebbero partiti a breve, possibilmente tranquilli, con Eldihen a loro fianco “Vai dall’elfo, chiedigli qualcosa. Non devi per forza dirgli che non c’è!” disse convinta della sua idea, strabuzzando gli occhi.
 
“Capirà!” era convinto che Legolas si sarebbe allarmato. Osservò la roccia che le aveva indicato Eowyn , pensando a dove potesse trovarsi Eldihen. Controllò l’ansia che aumentava dentro il suo petto, respirando lentamente l’aria fresca di campagna. Guardò i fiori, i bambini, le loro madri, sperando in cuor suo di scorgere il volto di Eldihen, di vedere i suoi occhi azzurri, ma deluso dovette condividere il consiglio dei due compagni “Vado da Legolas, vediamo se sa qualcosa, ma voi rimanete qui!”
 
Oltrepassò la folla, camminando sul sentiero coperto da fili d’erba verde. Guardò le  impronte che aveva lasciato, cercando Eldihen per la strada, vicino ai soldati, in mezzo alle donne, avverso all’idea di parlare a Legolas. Non gli avrebbe rilevato della sua scomparsa, in cuor suo sperava che l’elfa spuntasse alleggerendo le loro preoccupazioni, ma, dopo un giro intorno all’area, dovette abbandonare le speranze, dirigendosi di corsa verso il suo amico.
 
Lo trovò vicino al tendaggio bianco del re, fermo a guardare l’orizzonte. Legolas era stranamente sereno, con gli occhi fissi sulle montagne. Il sole gli illuminò il viso, Aragorn lo affiancò, scrutando insieme a lui la linea azzurra che definiva le vette spigolose delle montagne bianche, le nuvolette che si spostavano insieme al vento, pensando a come entrare nel discorso, senza fargli capire le sue preoccupazioni “Siamo pronti a partire, manca un giorno per arrivare a destinazione!”
 
“Anche meno” non si voltò, sostenendosi dal suo arco “Se procediamo senza fermarci, entro pomeriggio saremo arrivati” i suoi capelli danzarono col vento.
 
“Forse, ma non possiamo procedere velocemente, ci sono persone anziane e bambini. Sono stanchi!” passò la sua occhiata lungo la distesa davanti ai suoi occhi, ammirando il fiume scintillante, curvarsi fino a raggiungere  il fianco della montagna. Studiò Legolas, doveva assolutamente chiedergli di Eldihen. Non perse tempo curvando il suo collo “Ieri hai parlato con Eldihen?”
 
“Pare che tu lo sappia già” la sua espressione non mutò. Un raggio di sole colpì i suoi occhi e le labbra rosate, illuminando anche la collana sul collo di Aragorn.
 
L’uomo prese coraggio, passando le dita sul gioiello che gli aveva donato la sua amata Arwen. La stella del vespro forse gli avrebbe portato fortuna, sciogliendo la tensione che provava ma che non poteva mostrare al compagno “Gimli mi ha parlato come potrai immaginare. Siete stati a lungo insieme?” si finse interessato, sperando di storcergli qualche informazione.
 
“No, io sono tornato presto al mio posto e lei al suo” si voltò notando, nonostante gli sforzi di Aragorn, il turbamento dentro i suoi occhi. Schiuse le labbra, lanciando uno sguardo in lontananza, per poi tornare a fissare l’amico “Perché lo chiedi?” Aragorn era un uomo riservato, gli sembrò strana la sua curiosità. Sapeva che era dispiaciuto per Eldihen, ma trovò bizzarro il suo marcato interesse.
 
“Giusto per curiosità…” si voltò. I ciuffi castani si fermarono sulle sopracciglia, in contrasto agli occhi verdognoli “Quindi Eldihen è tornata con Eowyn?” chiese pacato. Cos’avrebbe fatto? Eldihen era sparita nel nulla e nessuno conosceva il punto in cui si era fermata la sera prima. Erano pronti per partire e dell’elfa non c’era traccia.
 
“Penso di si” incuriosito si girò in sua direzione, guardandolo con aria scettica “Tutto apposto Aragorn?”
 
“Si… speravo di trovarvi insieme!” disse la prima cosa che gli passò per la testa, pensando a dove potesse trovarla.
 
Legolas considerò il suo volto impensierito senza dir nulla. Con fatica Aragorn si allontanò. Lasciandogli una pacca sulla spalla, tastando la stoffa ruvida del mantello. Non diede spiegazioni, né lo salutò. Era troppo in pensiero, non ce la faceva proprio a sforzarsi.
 
Per Legolas era difficile comprendere lo strano comportamento di Aragorn, specie dopo averci parlato. Lo guardò, mentre scompariva in mezzo alla folla. Non lo seguì, riflettendo sulle sue domande. Forse era stato Gimli a mandarlo, proprio come l’aveva spinto verso Eldihen la scorsa sera. Credendo per vera quell’ipotesi si avvicinò ad Arod, tolse la faretra e l’arco dalle spalle, accudendo i bisogni del suo destriero. Ripensando allo sguardo afflitto di Aragorn, una brutta sensazione si fece largo nella sua mente. Si bloccò, meditando. Ricacciò i cattivi pensieri, lasciando correre lo sguardo sui soldati. Doveva stare sereno.  
 
Aragorn tornò da Eowyn e Gimli. Non si erano spostati dal punto in cui li aveva lasciati. Le persone camminavano insieme, riformando la processione di ieri, intenti a raggiungere il fosso di Helm. Si fermò angosciato. Strinse l’elsa della sua spada, come soleva fare quando era nervoso, lisciò i suoi capelli spostando il volto “Ditemi che l’avete trovata!”
 
 Abbassarono entrambi gli occhi sul prato ricoperto di polvere e pietre. Eowyn non parlò, Gimli a sua differenza trovò il coraggio di rivelargli ciò che aveva trovato in sua assenza “Guarda” alzò la mano, mostrando all’uomo il mantello che aveva donato ad Eldihen. “E’ il mantello che le ho dato”
 
“Dove l’hai trovato?” afferrò la stoffa tra le mani, guardando basito Gimli. Quella storia non gli piaceva affatto. Aprì il mantello attorcigliato, scorgendo delle macchie di sangue vicino alle cuciture esterne. Il suo sguardo indugiò sulle chiazze rosse. La preoccupazione lo travolse e la speranza morì nel suo petto. Allargò i lembi della stoffa mostrando ai due ciò che aveva visto.
 
“Mio signore” gli occhi di Eowyn erano velati da mille paure, si avvicinò ad Aragorn per schiudere il pugno chiuso in cui teneva la collana di Eldihen, che aveva trovato insieme a Gimli, nascosta sotto una pietra. Era addolorata, le tremò la mano quando Aragorn le lanciò uno sguardo incredulo, assaporando come lei l’amarezza di quella brutta scoperta.
 
Allungò la mano esitante, sfiorando la catenella spezzata sulla pelle bianca di Eowyn. La gemma brillante gli ricordò gli occhi vitrei della fanciulla. Rivide il suo volto sorridente, seguito da scene in cui Eldihen correva con i suoi capelli ondulati e lo guardava con ammirazione, ma quel ricordo sfumò, stroncato dall’immagine del mantello insanguinato e della collana spezzata “Non voglio crederci!” delicatamente prese il gioiello nelle sue mani, alzando il viso per incontrare i volti tristi di Gimli ed Eowyn “Non piangete, non dobbiamo pensare al peggio, non è detta l’ultima parola, anche se tutto sembra perso. Cerchiamola!” posò le mani sulle spalle dei due ragazzi, intrappolandoli in uno sguardo carico di coraggio. Non poteva accettare quella situazione, avrebbe indagato, come quando a Fangorn aveva trovato le cinture di Merry e Pipino, scoprendo che i due Hobbit erano vivi.
 
“Il mantello puzza di orco!” constatò Gimli, sospirando amaramente. Non voleva illudersi, era già doloroso accettare la scomparsa di Eldihen.
 
 
“Restate uniti, cerchiamola insieme, non può essere scomparsa nel nulla. Voglio vedere il suo corpo!” alzò la voce incollerito, non volendo darsi per vinto. Un uomo si girò osservando la scena, poi continuò a camminare insieme agli altri, ignorandoli.
 
“Come desideri” Eowyn accettò la proposta di Aragorn, ed anche se Gimli era restio, si unì alle ricerche.
 
Indugiarono a lungo, le persone passarono guardandoli mentre loro si spostavano, esaminando il terreno, in cerca dell’elfa.
 
Ascoltando i commenti della gente Eowyn si sentì sola. Pensò alla sua amica appena trovata e già sparita. Il sole rovente ed i continui spostamenti la costrinsero a sbottonare il suo mantello. Moriva di caldo.
 
Gimli superò il prato, fermandosi in un punto isolato. Scostò con l’ascia i pezzi di terra induriti, imprecando nella sua lingua. Asciugò il sudore dalla fronte, spostando i capelli dietro le spalle. Tornò da Aragorn che girava intorno al campo.
 
Erano trascorsi venti minuti, passati a vagabondare senza meta in mezzo alla gente. Eowyn, Aragorn e Gimli erano rimasti soli, lontani dal gruppo, in mezzo alla natura selvaggia: gli uccellini spiccarono il volo nel cielo azzurro. Udirono il ronzio delle api e delle zanzare, insieme ai discorsi della folla in lontananza.
 
La frustrazione era troppo grande, rimasero immobili, guardando la stoffa del mantello a terra, vicino ai ciuffetti d’erba. Sarebbero dovuti tornare dagli altri, ma era difficile continuare, lasciando definitivamente ogni speranza. Avevano cercato ovunque e si trovarono tutti e tre stanchi e privi di forza. Ma come era possibile? Aragorn lanciò un calcio ad una pietra, digrignando i denti. Non si era accorto di nulla, Eldihen era scomparsa improvvisamente. Nessuno l’aveva aiutata, nessuno era in sua compagnia.
 
Legolas era lontano dalla carovana, controllava i sentieri in silenzio, con l’arco in mano. Scrutò le persone avanzare con carri e cavalli. Il suo sguardo vigile ricercò i suoi amici, senza però avvistarli. Si insospettì, aguzzò la vista, spostandosi lungo il prato. Il vento agitò il suo mantello mentre camminava nella direzione opposta alla loro meta.
 
Preoccupato non vedendo nessuno dei suoi compagni, si allontanò, fermandosi su un blocco al suolo. Studiò attentamente il paesaggio, soffermandosi sulle ultime persone rimaste infondo alla fila, in cerca di Aragorn e gli altri, ma non li vide. Si spinse un po’ più lontano, trovandoli insieme, riuniti nel punto di partenza. Erano fermi in mezzo al prato, immobili come pietrificati dalla luce del sole.
 
Scattò come una molla, saltando dal piccolo dirupo in cui si trovava. Camminò velocemente in loro direzione, stringendo il suo arco tra le mani. Il vento gli spettinò i capelli. Era allarmato dal loro comportamento. Gli si avvicinò, guardandoli con area sospetta.
 
“Perché vi siete fermati? Raggiungete gli altri alla svelta” disse pacatamente, vedendo Aragorn girarsi nella sua direzione, con in faccia un’espressione che non prometteva nulla di buono. Gimli era affianco ad Eowyn. Anche loro due sembravano addolorati per chissà quale ragione. Si allarmò, spostando i suoi occhi velocemente sui tre, alla ricerca del volto di Eldihen che non c’era. La preoccupazione aumentò inesorabilmente. Strinse le palpebre, respirando lentamente. Guardò Aragorn a lungo, ripensando al loro dialogo. Collegò tutti i tasselli mancanti, comprendendo che era capitato qualcosa all’elfa. Era ovvio, tutto tornava: le domande ambigue dell’uomo, il loro allontanamento, l’assenza di Eldihen ed i loro volti afflitti. Trattene il fiato per istanti che gli parvero interminabili, impugnando il suo arco con timore “Dov’è Eldihen?” chiese secco lanciando uno sguardo autorevole ad Aragorn.
 
Incapace di spiegarli l’accaduto abbassò il mento, completamente stanco e scombussolato. Calò un silenzio gelido, seguito da sguardi profondi e da lacrime trattenute dentro le palpebre. Eowyn nascose il suo volto dietro una mano, afflitta per la scomparsa della ragazza. Nessuno parlò, sembravano muti, non esistevano parole in grado di spiegare ciò che stavano patendo.
 
“Aragorn” Legolas afferrò il suo braccio. Era serio, il suo viso increspato da preoccupazione “Dov’è Eldihen?” domandò scandendo bene le parole. Un fremito percorse la sua anima in attesa di conoscere una risposta che non gli sarebbe piaciuta. Voltò il collo guardando gli occhi lucidi di Gimli “Parlate” non riuscì a comprendere quel silenzio che dentro di lui scatenò un rumore incessante. I suoi pensieri si bloccarono alla vista dei loro visi inquieti, delle loro labbra serrate. Era addolorato e nervoso.
 
Aragorn gli diede una pacca sulla spalla, facendolo voltare in sua direzione “Non lo sappiamo. E’ sparita, la cerchiamo da stamattina, ma…”
 
“Perché lo vengo a sapere ora?” chiese trattenendo la sua frustrazione. Le pupille si dilatarono ed il suo viso si incupì.
 
“Non volevamo farti preoccupare, giovanotto” Gimli camminò bloccandosi davanti a lui, con aria compassionevole.
 
“Per questo mi chiedevi di lei!” non allontanò i suoi occhi da quelli di Aragorn “Da quant’è che la cercate?” chiese rimanendo sostenuto, nonostante la fitta che gli stringeva il cuore.
 
“Da stamattina!” confesso Eowyn sospirando “nessuno di noi l’ha trovata”
 
Spostò la testa in direzione del sentiero sconquassato, senza perdere il controllo. Era nervoso, teso come una corda di violino ”La cercherò io, tonate indietro” fece per allontanarsi, con lo scopo di andare a  riprendersi la ragazza e portarla via con sé, ovunque lei si trovasse, pronto a mettere da parte l’orgoglio e le loro incomprensioni. La paura in quel momento era fortissima. Promise a se stesso di non abbandonarla più, gli sarebbe stato accanto e l’avrebbe ricondotta dal gruppo.
 
“Legolas” Aragorn lo bloccò dal braccio, catturando i lembi della sua tunica “Non c’è nulla da fare!” la sua voce era spezzata dal dolore “Mi dispiace”
 
“Ma che stai dicendo?” si fermò, girandosi nuovamente. Il suo cuore iniziò a battere violentemente, mentre l’angoscia cresceva ad ogni pulsazione.
 
Il ramingo lanciò uno sguardo complice al nano che, intuendo la sua richiesta si portò in avanti. Allungò la mano dietro la sua schiena, mostrando a Legolas il mantello sporco di sangue e la catenina frantumata.
 
Rimase pietrificato, come se gli avessero sbattuto una porta in faccia. Attesero tutti che lui parlasse, ma Legolas non disse nulla, fissando i due oggetti con profondo dolore, immobile. Non poteva essere, non riuscì a credere a ciò che stava accadendo, era troppo doloroso per essere vero. La sua anima si spezzò, proprio come la collana davanti ai suoi occhi.
 
Pensò immediatamente ad Eldihen, a ieri sera, a quando lei si era messa a piangere. Delle scene si susseguirono una dietro l’altra, senza fermarsi: erano insieme abbracciati sotto gli alberi della foresta, lei si era appena ripresa, stretta tra le sue braccia, era fragile. Cambiò il panorama. La rivide in una notte stellata, mentre camminavano mano nella mano. Gli sembrò di avvertire l’odore dolciastro dei suoi capelli, la morbidezza della sua pelle. Spuntarono tra i ricordi le sue labbra, le sue guancie. Quando l’aveva lasciata da Nihil l’aveva baciata vicino alla bocca. In quel circolo di pensieri gli rivenne in mente la notte in cui lei aveva preso l’arco, il suo allontanamento e le mani di Eldihen che lo cercavano. Sentiva in testa la sua voce che gli chiedeva scusa. Non era stata colpa sua, ma lui era troppo orgoglioso e confuso. Rimase immobile di fronte ai ricordi, vedendoli andar via dalla sua mente, mentre il colore del mantello si faceva più nitido, smorzando le immagini che portava nel cuore.
 
“E’ giusto che li tenga tu!” Gimli gli consegnò tra le mani i due oggetti. Legolas deglutì respirando velocemente, strinse tra le dita il mantello, senza parlare. Erano le ultime cose che rimanevano di Eldihen.
 
 
 
Eldihen correva nella foresta. Sentì il vento scagliarsi contro la sua pelle, mentre spostava i rami degli alberi, per superare gli orchi dietro di lei. Si fermò, osservando il sentiero inclinato: le foglie rotolarono dal piccolo dirupo, ammassandosi sotto le rigogliose radici a terra.
 
 Aveva già vissuto quella situazione, sentiva nella sua mente i ricordi farsi vivi, anche intorno a lei ogni cosa la riportava ad un posto già visto, dagli alberi forzuti ai rami fitti e sinuosi sulla sua testa. Era tutto uguale a quando era stata aggredita mentre viaggiava verso i Porti Grigi. Era tutto identico alla volta in cui era scappata. Tutto tranne lei.
 
Non aveva stracci addosso. Indossava un armatura di argento, dei pantaloni in tessuto e una cintura, alla quale teneva la spada che le aveva donato Gandalf.
 
Si fermò. Invece di percorrere il sentiero, salvandosi dalla morte, tornò indietro, impugnò la spada scintillante, sfoderandola con un gesto fulmineo. I suoi occhi erano taglienti quanto la lama che stingeva ed il suo cuore duro come il metallo che la componeva. Armandosi di coraggio salì sul sentiero, superò le radici e non si fermò nemmeno quando in lontananza le grida della gente si fecero pesanti, sempre più vicine. Avvertì l’odore del sangue, scattò da dietro una grossa felce, muovendosi lungo il tragitto dissestato, pronta a riscattarsi, salvando gli elfi che erano stati aggrediti come lei. Non sarebbe più scappata, non quella volta.
 
Cercò i suoi compagni, ma non trovò nessuno. Il terreno era macchiato di sangue, si chinò intingendo i polpastrelli. Sentì la collera salire, mentre un senso di frustrazione la fece piegare a terra.
 
Urlò, ripetendosi che era colpa sua. Sganciò dei pugni a terra, le goccioline di sangue le sporcarono il viso e le mani. Guardò gli alberi davanti a sé, disposti in fila, uno appresso all’altro.
 
 In cuor suo sperò che qualcuno fosse vivo e, riprendendosi dallo sconforto si alzò dal suolo e riprese a correre lungo la strada principale. I tronchi  sembravano delle ombre mentre procedeva, muovendo i piedi sulla terra dura. Ricercò con lo sguardo i suoi compagni, fermandosi a metà percorso. Non c’era nessuno. Girovagò all’interno della foresta, immergendosi tra i cespugli. Degli uccellini presero il volo, spaventati improvvisamente da Eldihen, che spostava le larghe foglie per trovare chi oramai era morto da tempo.
 
Scagliò un pugno su una radice, sentendo un forte dolore alla mano. Le nocche erano piene di sangue. Non si fermò, continuando a sfogare la sua frustrazione. Non poteva accettare di essere sola. Aveva avuto una seconda possibilità, ma aveva fallito miseramente. L’amara delusione la travolse lasciandola senza parole.
 
Volse il suo sguardo dietro le spalle, quando improvvisamente percepì un rumore, come di un legno spezzato. Si girò spaventata, attendendo che qualcuno si presentasse. Impugnò nuovamente la sua spada, in attesa di scorgere il volto del suo nemico.
 
Il suo cuore batteva incessantemente, tremò, ascoltando i rumori attigui. Non c’era nessuno, a parte gli alberi intorno. Indietreggiò, abbassando la guardia e fu proprio in quel momento che, una mano dietro di lei la bloccò, tappandole la bocca.
 
Eldihen scostò con le dita la mano del suo nemico, dimenandosi per sfuggire alla presa. Avvertì il corpo dello sconosciuto premere contro il suo. In quel momento di totale sconforto e smarrimento, allungò il braccio e prese tra le mani la spada di Gandalf. Tagliò con un gesto le dita del suo aggressore, allontanandosi dalla sua presa. Respirò affannata, poggiando le mani sulle ginocchia.
 
Si voltò pronta a difendersi, ma non trovò un uomo, né un elfo, né un orco: vicino ad una roccia, giacevo sparsi a terra dei pezzi di vetro, erano spessi e trasparenti.
 
Eldihen sgranò gli occhi, precipitandosi al suolo per prenderne uno tra le mani. Lo portò alla luce del sole, analizzandolo attentamente.
 
Era strano. Aggrottò le sopracciglia, custodendo quell’oggetto dentro la tasca dei suoi pantaloni, pronta a ricercare gli elfi, donando soccorso a chi bisognava.

 

 
Eldihen aprì lentamente gli occhi, rabbrividendo a contatto con il freddo pavimento in pietra. Si girò di poco per udire i discorsi dei due orchi che l’avevano rapita la sera precedente. Era stato organizzato tutto alla perfezione, l’avevano imbavagliata trattenendola aggressivamente dalle braccia, ed anche se si era ribellata, scatenandosi per ostacolarsi, uno dei due, per immobilizzarla, le tagliò una coscia, lasciandola dolorante, incapace di muoversi o di chiedere aiuto.
 
Aveva i polsi e le caviglie legate ed in bocca una pezza nera. Si spostò su un fianco, guardando le sbarre nere davanti a sé. Si trovava in una cella, rinchiusa in quattro mura di cemento ed un’unica finestra, dove passava una nube di fumo grigio.
 
Mugugnò, attirando l’attenzione dei due orchi. I loro visi erano spaventosi. Si voltarono osservando il corpo di Eldihen accucciato ad un angolo. Era priva di forze, completamente sconvolta e dolorante. Sentiva il taglio alla coscia destra pulsare tremendamente.
 
“Oh ma è sveglia!” sorridendo in modo inquietante l’orco seduto vicino le sbarre si alzò da terra, mostrando le sue zanne gialle alla ragazza “Dammi la chiave!” tirò un pugno ad un’orripilante creatura dalla pelle nera e gli occhi gialli. Sembravano due demoni.
 
Eldihen strisciò dolorante a terra, quando vide il primo orco scegliere la chiave giusta dal mazzo. Osservò il sangue sul pavimento, notando che il suo vestito ne era pregno. Con stupore constatò che portava la spada che le aveva donato Gandalf, e per un istante trovò coraggio, ricordando le parole dello stregone.
 
Un dolore lancinante la costrinse a chiudere gli occhi, li riaprì ascoltando il rumore della porta della cella che era stata appena spalancata.
 
La paura la immobilizzò, ascoltò i passi della creatura farsi attigui “Alzati” la prese dalle spalle costringendola a rimanere in piedi nonostante la ferita che aveva sulla coscia. Trattenne il respiro quando percepì il fetore proveniente dalla bocca dell’orco. Aprì gli occhi guardando il viso sporco davanti al suo, allontanandosi leggermente con il collo. Era inquietante “Il nostro signore ti vuole vedere” la spinse in avanti facendola precipitare a terra. Eldihen si schiantò contro il pavimento, ricevendo un colpo in testa.
 
I due orchi risero di gusto, afferrandola dai capelli per farla rialzare. Le tagliarono la corda alle caviglie lasciandola camminare. Uscì dalla gabbia, affiancata dagli orchi che, la condussero in una sala composta da mattoni. Sul muro anteriore c’era una scala a chiocciola, composta da legno massello e metallo nero. Ai lati notò delle finestre ovali che percorrevano il muro, seguendo il movimento dei gradini. Superò la lunga scalinata, anche se non era in forza.  Strinse la stoffa tra i denti, procedendo lentamente. La spinsero con dispetto, per poi risollevarla brutalmente. Eldihen li guardò dalla finestra alla sua destra una valle nera, piena di fumo: gli orchi si muovevano avanti e indietro, trasportando dei grossi tronchi d’albero. sul terreno vi erano delle cavità, dal quale fuoriuscivano delle vampe di fuoco rosso. Non scorse altro, se non cenere e polvere. Pensò di trovarsi nell’inferno, anche se ancora non aveva visto nulla.
 
Dopo aver superato la scalinata gli orchi si bloccarono dinanzi una porta in ferro battuto. Eldihen osservò i ghirigori, attendendo che l’uscio si aprisse. Entrò spinta a forza, accecata dalla luce di un lampadario, la prima luce che aveva illuminato i suoi occhi.
 
Schiuse le palpebre affaticata, osservando la stanza in cui si trovava. Era molto grande. Le pareti erano immense, tutte nere, con delle larghe vetrate che si affacciavano sulla valle che aveva visto poco fa. C’era uno scrittoio pieno di libri chiusi e aperti, sparsi ovunque, dalle copertine sgargianti, di ogni colore e di ogni lingua presente nella Terra di Mezzo. Alzò il viso per guardare il tetto spiovente ed il lampadario che scendeva a terra, sorretto da spesse catene nere. Spostò il suo sguardo sulle incisioni dentro le finestre, sormontate da delle colonne in marmo. Si sentì persa, impaurita da qualcosa che nemmeno lei sapeva chiamare, in pensiero per i suoi amici e per la sua vita.
 
“Cosi è lei la ragazza dell’arco!” uscì da un passaggio, un vecchio vestito di bianco, con un bastone nero. Eldihen si girò di scatto con le mani legate dietro la schiena, spaventata dalla voce dello sconosciuto. Il suo sguardo passò velocemente dai candelabri sul pavimento, agli occhi neri dell’uomo che le si parò davanti, avvicinandosi al suo volto “Cacciatele la pezza dalla bocca” ordinò, sedendosi su una sedia.
 
Non riuscì a riflettere, sentì solo le mani degli orchi sulla sua pelle e finalmente l’aria le accarezzò le labbra. Respirò ansimante, guardando gli occhi color ossidiana di quel vecchio davanti a lei. Mille dubbi scatenarono un uragano dentro la sua testa. Non poteva accettare di trovarsi in quel luogo, trascinata a forza dai due orchi dietro le sue spalle.
 
“Qualcuno vi ha notati?” domandò l’uomo dai capelli bianchi.
 
“No abbiamo fatto come hai detto tu mio signore: in silenzio, di notte, quando la ragazza era sola” spiegarono respirando sul collo dell’elfa che sussultò spiazzata dalla rivelazione.
 
“Avete cancellato le tracce a terra?”
 
Una voce familiare l’attirò, facendole girare il viso in direzione del passaggio da cui era uscito il vecchio dalla barba bianca. Eldihen aprì la bocca spiazzata dalla figura di Nihil. L’elfo era bellissimo come sempre, la guardava in lontananza, con le braccia conserte ed i piedi incrociati. Gli occhi sfilati e azzurri si posarono sul corpo stremato di Eldihen. La raggiunse, mentre lei lo studiava.
 
“Nihil!” esclamò la fanciulla vedendolo davanti a sé. Era più alto di quanto ricordava, affascinate e seducente. Il suo volto sembrava uscito da un dipinto, era perfetto, nemmeno la mano di un pittore sarebbe riuscita ad imitare quei tratti marcati. Nihil sembrò l’unica luce presente in mezzo a tutte quelle tenebre.
 
“Si abbiamo cancellato le nostre impronte”
 
“Bene” portò l’attenzione alla ragazza, ammirando il suo volto, il naso sottile e la curva delle sue labbra, sfoggiando un ghigno soddisfatto “Eldihen cara, mi spiace vederti così, ma mi hai costretto a trascinarti da me con la forza. Non mi hai portato nemmeno l’arco che ti ho chiesto”
 
Le sembrò di essere presa in giro. Chiuse le palpebre per poi lanciargli uno sguardo truce “Non è bastato l’incantesimo che mi hai lanciato? vuoi proprio vedermi morta?” chiese con rabbia. Un orco allungò le mani per farla tacere, ma Nihil svelto bloccò la sua mossa, lanciandogli un’occhiata colma di rimprovero.
 
“Gandalf pensa di credersi saggio. Ti ha salvata dall’incantesimo, ma sapeva che non sarebbe finita” rispose Saruman, comodo sul suo trono nero. Era riuscito a stringere la mano sulla mente di Nihil anni fa, ed ora aveva anche Eldihen, ma non avrebbe mai potuto immaginare che Gandalf gli avrebbe presto tolto ogni cosa. Ne era lontano.
 
“Eldihen mi hai costretto, se avessi voluto collaborare con…”
 
“Ma che faccia tosta hai Nihil?” non riuscì a capire se sentiva più rabbia o paura. Il tono irrisorio dell’elfo le diede sui nervi. Osservò la veste nera e oro che indossava, soffermandosi a guardare la tiara sulla sua testa e la collana che scendeva lungo il petto forzuto.
 
“Eldihen se io voglio una cosa me la prendo” la raggiunse con uno scatto fulmineo. Afferrò il suo busto, avvicinandola a sé, con le mani che le aveva stretto intorno al torace. Annusò il profumo dei suoi capelli, vedendola indietreggiare “E presto avrò tra le mani l’arco di Legolas”
 
“Lascia perdere l’arco, quando tutto questo sarà finito prenderai il suo regno e ne diventerai il padrone. Sauron ti ripagherà vedrai” proferì lo stregone rassicurandolo. Nihil la lasciò, curvando le sue labbra carnose in un sorriso sornione.
 
“Avrò tutto ciò che è suo”strinse un pugno appagato, guardando Eldihen. Legolas avrebbe sofferto per la sua perdita, proprio come lui anni fa quando era stato cacciato da Bosco Atro..
 
“A te non interessa l’arco. Vuoi solo vendicarti di Legolas” intuì l’elfa studiando attentamente il suo viso. Le sembrò un libro aperto, dai suoi occhi uscivano informazioni senza che lui parlasse.
 
“In realtà l’arco mi interessa e come! Penso che io sia degno di possederlo a sua differenza, capisci?” le lanciò un’occhiata, giungendo le mani dietro la schiena, intrappolando i capelli lunghi e castani.
 
“Quindi mi hai fatta rapire per fargli un’onta?” domandò con voce bassa, guardandolo come se fosse solo lui presente in quella stanza.
 
“Era un capriccio che volevo togliermi” allungò le dita per toccarle il collo scoperto,  scivolò sulla pelle morbida, fino a giungere alla curva del seno, stretto dentro il tessuto del suo vestito. La esaminò dalla testa ai piedi e, come se richiamato da una starna voce, fermò lo sguardo sulla spada che Eldihen portava in cinto “E questa?” senza riflettere o immaginare ciò che portava con sé la fanciulla, afferrò istintivamente l’elsa tra le mani. Sfoderò l’arma e la guardò, mentre la lama si illuminava, intrappolando la sua vista. Accecò, perdendo per qualche istante la facoltà di ascoltare. Gli sembrò che la sua carne fosse stata trafitta da quella lama brillante. Udì in cuor suo, la magia che Gandalf aveva lanciato dentro la spada, sbattendo le ciglia. Il male che si portava dentro da anni, iniziò a muoversi, come se fosse fumo nero trascinato dal vento. La magia era potente e silenziosa. Penetrò dentro la sua pelle, scorrendo nelle sue vene. Nessuno se ne accorse, anche se a Nihil sembrò come un secchio colmo di acqua limpida, gettato sul suo cuore nero, macchiato da falsità ed inganno.
 
Nihil serrò gli occhi a causa del bruciore. Una sola lacrima nera gli rigò il viso. In essa era contenuta parte della magia di Saruman. Asciugò velocemente le guance, stringendo con riluttanza l’elsa della spada “Tieni questo dannato aggeggio” frettolosamente rinfoderò la spada, sentendosi marchiato dalla lama.
 
“Nihil!” Eldihen si portò in avanti, guardando i suoi occhi azzurri “Ma cosa stai facendo? Anche se otterrai il regno di Legolas, cosa ne farai? Diventerai il re di cosa? se Sauron dovesse vincere la guerra ti accontenterai a dividere la sua ombra e sarai suo schiavo, re delle tenebre. E questo che vuoi?” sbraitò fuori di sé, irritando Saruman.
 
Nihil si avvicinò, indispettito e scosso, chinò il viso avvertendo un dolore lancinante al petto. Era come se la sua anima si stesse dividendo a metà, in lotta con sé stesso “Conducetela nella sua prigione!” ordinò brutalmente zittendo Eldihen.
 
 
 
Era difficile distrarsi quando dentro il suo cuore avvertiva tanta sofferenza, ma Legolas era bravo a trattenere ogni emozione dentro i suoi occhi. Lo aveva imparato da anni, da una vita. Il suo dovere di principe era quello di sostenere il regno, nonostante le continue minacce, e anche il suo ruolo da figlio era il medesimo. Non aveva mai mostrato a nessuno il suo dolore, specialmente in guerra. Era letale.
 
Per Aragorn fu difficile comprenderlo, i suoi occhi erano impenetrabili, lo trovò sostenuto, nonostante il dolore che gli lacerava il cuore, come se avesse una spada infilzata nel petto. Legolas alzò il viso, apparendo nervoso e profondamente scosso, guardò attentamente i suoi compagni, cercando di razionalizzare l’accaduto, senza però osservare il mantello e la collana, sicuro che sarebbe crollato senza volerlo, ma lui non poteva vacillare “Tornate indietro, io vado a cercare Eldihen!” proferì autoritario voltandogli le spalle. L’elfa non poteva essere morta, l’avrebbe cercata da solo, ignorando i suggerimenti di Aragorn.
 
“Legolas non ha senso, lei è scomparsa” evitò di dire che secondo lui era morta, per non turbarlo. Sapeva che si sarebbe comportato in quel modo. Gli si avvicinò, ma Gimli lo trattene dal braccio, lanciandogli uno sguardo di dissenso
 
“Ennas ad estel Aragorn ( C’è ancora speranza Aragorn)” rispose girandosi di poco, per mostrargli quanto era confuso. Non poteva accettare di averla persa senza muovere un dito, infondo anche loro si erano allontanati per trovarla “Andate via”
 
“Fai come ti dice Aragorn, ha il diritto di cercarla, cerca di comprenderlo” sussurrò il nano capendo perfettamente il turbamento di Legolas ”E’ molto addolorato, torna indietro con dama Eowyn, vai io andrò con lui!” gli lasciò una pacca sul braccio, attirando la sua attenzione.
 
“E va bene” accettò guardando Gimli. Si allontanò con difficoltà in pensiero per l’amico e triste per la sparizione di Eldihen. Forse Gimli aveva ragione, Legolas avrebbe dovuto fare quello che si sentiva, non poteva vincolarlo, specie in quel momento di profondo sconforto. Sapeva quanto era importante Eldihen per lui. Lo era stata dal primo momento “Torniamo indietro Eowyn” sfiorò la spalla della donna. Lasciarono Gimli e Legolas, sparendo tutte e due. Aragorn si voltò per guardare l’elfo con apprensione, tornando al gruppo.
 
Legolas studiò l’intera zona, ma prima di spostarsi considerò Gimli dietro di lui, scoccandogli uno sguardo eloquente. Era stato chiaro, sarebbe dovuto andarsene per lasciarlo solo “Torna indietro”
 
“Non intendo lasciarti solo”
 
Legolas sollevò gli occhi, sospirando pesantemente. Era decisamente nervoso. Non era stato informato della scomparsa di Eldihen e Gimli testardamente non intendeva andarsene, cos’avrebbe dovuto fare? Era già tanto se stava mantenendo i nervi saldi, dato il profondo dolore provava “Gimli”
 
“Io so come stai, e non voglio lasciarti solo in un momento simile. Cerchiamo Eldihen insieme e sappi che non riceverò un no come risposta, ti seguirò in ogni caso. Non mi manderai indietro nemmeno con le tue frecce, è inutile, risparmia il fiato e corri giovanotto!” camminò in sua direzione, risoluto e determinato, scoccando uno sguardo al suo amico che sembrò accettare la sua decisione senza ribattere.
 
Legolas conosceva bene la fermezza dei nani, specie quella di Gimli ed era grazie a questa sua qualità se la sera precedente era stato con Eldihen. Se non fosse stato per Gimli l’avrebbe persa senza nemmeno parlarle per l’ultima volta. Strinse la stoffa del mantello che aveva in mano, non doveva abbattersi, non sarebbe stata l’ultima volta, lui ed Eldihen avrebbero parlato ancora. Spinto da quel pensiero corse in mezzo all’erba verde, seguito dall’amico. Saltò da una roccia, guardando  dietro le sue spalle, a terra, ricercando delle tracce. Non trovò nulla.
 
Ripercorsero il sentiero una decina di volte, tutte e due in silenzio, ormai lontani dal gruppo, con il cuore ovattato da mille sensazioni e sentimenti. Legolas camminò meno velocemente, fermandosi su una collina. Guardò a terra, in basso, ammirando uno scintillante fiumiciattolo. Si bloccò deluso, non aveva trovato nulla, l’unica cosa che gli rimaneva erano i due oggetti che teneva in mano e che, dopo lunghi attimi trascorsi a correre, guardò, bloccandosi. Si lasciò trasportare dai cattivi pensieri. Accarezzò la stoffa del mantello con nostalgia.
 
“Ehi giovanotto!” Gimli sembrava fiutare il suo turbamento, anche quando Legolas era girato di spalle. Lo affiancò, alzando gli occhi per osservare la sua pelle diafana, le spalle larghe, ma non troppo da sostenere la sofferenza che si trascinava.
 
“Ieri sera l’ho incontrata grazie a te” sussurrò non distogliendo lo sguardo dal mantello. Rimase immobile, con il volto serio, non lasciò trapelare alcuna emozione, anche se la voce lo tradì “Era felice di vedermi, i suoi occhi brillavano anche nel buio. Era bellissima” confessò ricordando il suo volto “Ma io ero distante e lei si è messa a piangere. Soffrivo a vederla triste, ma se fossi tornato indietro le sarei stato accanto e lei sarebbe stata con me adesso. Invece l’ho lasciata sola…”
 
“Lei ti ama molto” non riuscì a trattenere il suo commento “E nonostante il tuo orgoglio da principe e la contesa con quel Nihil, ami anche tu Eldihen e se non sei riuscito a perdonarla è perché la ami così tanto da non volerlo accettare, perché lei in qualche modo è stata in contatto con un tuo nemico. Sei innamorato Legolas, puoi negarlo quanto vuoi ma è chiaro” sentenziò vedendo i suoi occhi attenti.
 
“E’ proprio cosi” ammise lasciando che la corazza crollasse.
 
 
 
 
Si sentiva male, da quando aveva toccato l’elsa di quella maledettissima spada. Non lo diede a vedere ma dai suoi occhi sgorgavano delle lacrime nere come l’inchiostro. Si chiuse in camera, sentendosi sconfortato, diviso a metà. I sensi di colpa iniziarono a farsi vividi, come la magia che lo aveva curato dai malefici di Saruman. Gandalf era stato in grado di scorgere ciò che portava nel suo cuore. Nihil non era un santo, ma Saruman l’aveva sedotto, conquistandolo con le arti nere.
 
Si sdraiò malamente sulla sedia divaricando le gambe. Era la quinta volta che lavava il suo viso da quel lerciume nero che sgorgava dai suoi occhi. Nel silenzio della stanza gli vennero in mente le parole di Eldihen riguardo alla sua unione con Sauron. Pensò che infondo avesse ragione e, riflettendo con calma, dedusse che in quell’arma ci doveva essere qualcosa di nascosto, di potente ed impercettibile. Lo sentiva dentro.
 
 Si alzò di scatto come un leone, spalancò le porte della sua camera, raggiungendo la gabbia di Epon. Solo in quel momento notò gli occhi tristi dell’animale, la sofferenza che lo contrassegnava. Sembrava che stesse soffrendo per lui. Ma che diamine gli stava capitando? Urlò, scaraventando a terra un candelabro. La cera deturpò il pavimento in marmo. Respirò velocemente, il petto si alzò e si ribassò. Era in bilico, in piena crisi emotiva. Tirò i suoi capelli imprecando in elfico. Non poteva crollare. Era al punto di non ritorno, presto avrebbe conquistato ogni cosa, ma non aveva fatto i conti col suo destino. Non avrebbe potuto controllare la volontà di Eru.
 
Massaggiò le tempie, ripensando a ciò che gli stava accadendo: si sentiva in torto, senza nemmeno sapere come potesse essere possibile. Come poteva una spada colpirlo senza che lui se ne rendesse conto? eppure era così, aveva una ferita nell’anima, molto più profonda di quanto pensasse.
 
“Dannazione” si trascinò al suolo. Il suo mantello ricoprì una grossa piastrella a terra. In lotta con sé stesso e con le sue idee si sdraiò sul pavimento, guardando il soffitto. Non poteva credere a ciò che stava pensando. Provava dispiacere per aver voltato le spalle al suo popolo, anche se tempo fa aveva subito una perdita importante che lo aveva trascinato nel baratro della depressione. Saruman l’aveva sostenuto quando Legolas l’aveva cacciato dal regno, non comprendendo il suo profondo dolore. Sbottò, tirando pugni contro il marmo nero “Che razza di spada è?”  sbraitò alzandosi da terra. Camminò avanti e indietro lungo la camera, sotto gli occhi impauriti del suo falco. Lo guardò comprendendo il dolore dell’animale. Un’altra lacrima nera gli solcò il viso.
 
“Impazzirò!” sentenziò ascoltando i battiti del suo cuore. La sua anima era dilaniata, come se dentro di sé ci fossero due entità distinte, una bianca ed una nera, in lotta tra di loro.
 
Asciugò rapidamente il suo volto, dirigendosi verso le porte. Spalancò i cancelli, afferrò una torcia per raggiungere le segrete della torre. Doveva capire cosa gli aveva fatto Eldihen. Gli orchi che incrociò erano sbalorditi. Non li considerò, scattando dentro la torre nera. Superò la scala a chiocciola rapidamente, volando su quei gradini. Lanciò la fiaccola che aveva in mano dentro un secchio d’acqua, entrando in un corridoio buio e fetido. Si bloccò davanti alla cella di Eldihen.
 
“Sparite dalla mia vista!” ordinò ai due orchi che erano di guardia.
 
“Ma…”
 
“Muovetevi prima che vi scassi il cranio con le mie mani” urlò facendoli indietreggiare. I due orchi si guardarono impauriti, allontanandosi come Nihil aveva ordinato.
 
L’elfo sistemò i suoi capelli sottili, guardando Eldihen dalle sbarre. Afferrò il mazzo di chiavi appeso al muro, trovando subito quella che gli serviva. Aprì la porta della cella, richiudendola quando fu dentro.
 
La ragazza si alzò da terra, completamente sbigottita. Sgranò gli occhi, andando incontro a Nihil che la fissava. Cosa stava accadendo? Forse stava veramente per ucciderla visto che dai suoi occhi uscivano fulmini.
 
“Dimmi cosa mi hai fatto?” la prese da un braccio trascinandola con forza contro al muro. La guardò, studiando il suo volto, i suoi occhi smarriti. Ogni cosa.
 
“Io niente”
 
La presa sul braccio divenne forte, tanto da costringere Eldihen a sbarrare gli occhi dal dolore “Mi prendi in giro? Quella spada è maledetta. Mi sento male da questo pomeriggio, solo perché ho toccato quella dannatissima spada!” sbottò ricordando il dolore provato a contatto con l’elsa dorata.
 
“Ma che dici? L’unico ad essere maledetto sei tu e soltanto tu Nihil” lo spinse allontanandolo dal suo corpo. Guardò le pareti polverose e le sbarre di metallo. Erano immersi nella penombra, solo il fuoco proveniente dalla finestra illuminava i loro volti.
 
“Io? Ma che ne sai di me ragazzina?” sbraitò avvicinandosi pericolosamente con sguardo minaccioso.
 
“Io so che sei stato in grado di lanciarmi un incantesimo solo per far un torto a Legolas. Io so che gli hai voltato le spalle e hai tradito il nostro popolo e, che adesso sei qui a bacchettare con il nemico. Ti sei venduto per un pezzo di terra… pensando che Sauron ti darà quel che desideri. Ti accorgerai di essere stato usato solo quando ti vedrai a terra, immerso nella pozza nera in cui sguazzi da anni. Ma cosa ti è successo?” le parole le uscirono dal profondo del suo cuore. Lo guardò, era perso, attento a ciò che gli aveva detto.
 
Nihil abbassò le ciglia, sospirando davanti al corpo di Eldihen, massaggiò la fronte, lasciando che, un’altra lacrima scura gli sporcasse il volto. Eldihen spalancò la bocca sorpresa guardando quella goccia nera sulla pelle bianca di Nihil.
 
“Io anni fa ho combattuto per il nostro popolo. Ho perso la mia famiglia per combattere e nessuno si è mai curato di me. Quando re Thranduil ha perso la moglie io ho perso mio padre e gli sono stato affianco nella battaglia, difendendo la mia città nonostante il dolore che provavo. E sono rimasto a lungo a suo servizio anche se stavo male Eldihen. Questo Legolas te l’ha raccontato?” le si avvicinò raccontandole ogni cosa con rabbia, ad un centimetro dal suo viso. Eldihen guardò le sue labbra, il suo naso ed infine gli occhi azzurri. Era dispiaciuta.
 
“Saresti dovuto andare nelle terre immortali, trovando pace”
 
“E cos’avrebbero detto di me? Il re rimaneva anche se aveva perso la moglie e Nihil se ne andava per la morte del padre!” la immobilizzò con le braccia, intrappolandola al muro. Eldihen si sentì schiacciata dal suo forzuto torace, annusando l’odore dei suoi capelli. Si inumidì le labbra, sbattendo più volte le ciglia sorpresa.
 
“Non te ne sei andato per orgoglio” sussurrò appoggiando la schiena ai mattoni.
 
“Morirei per orgoglio Eldihen!” la guardò, muovendo gli occhi sul suo viso “Saruman mi ha compreso e mi ha dato modo di rialzarmi. Il mio dolore è sparito ed io mi sentivo meglio, ma stasera…” la catturò con una mano ”Tu e la tua spada mi avete scombussolato le idee” digrignò i denti incollerito. Sembrava una bomba pronta ad esplodere. Eldihen sostenne il suo sguardo, comprendendo quanto dolore portava dentro al cuore. Provò pietà per lui, per la sua storia, ricordando i  gesti nei suoi confronti, quando si erano trovati soli nella casetta nel bosco.
 
“Lui ti ha annebbiato la mente” allungò una mano e con timore la posò sulla spalla “Nihil, dentro il tuo cuore c’è del buono. Sei troppo accecato in questo momento per rendertene conto!”
 
Rimase sorpreso dalla sua reazione. Nessuno lo accarezzava da anni, né lo guardava come stava facendo Eldihen. Lei sembrava toccargli l’animo con i suoi occhi vitrei. Non rispose, lasciandola continuare ad sfiorarlo. La rabbia si affievolì sotto le dita di Eldihen. Chiuse gli occhi, bloccando repentinamente la mano della ragazza. Non poteva abbassare la guardia.
 
“Eldihen…” la guardò grave, non distogliendo gli occhi dal suo viso increspato “Non ti illudere. Sono stato io ad indicare agli orchi la posizione degli elfi diretti ai Porti Grigi. Io ho ordinato l’assalto. A causa mia la nostra gente è morta e tu Eldihen, ti sei trovata vagabonda sotto gli alberi, viva per chissà quale strano scherzo del destino. Guardami bene in faccia perché io ti stavo per uccidere”
 


Note autrice:
Salve ragazzi, ed ecco il nuovo capitolo. Ci tengo a ringraziavi molto perché nello scorso cap molti di voi hanno inserito la storia nelle seguite e tra le preferite… mi fate sciogliere, sono contentissima. Riguardo alla spada siete sorpresi? Come avete notato l’arma è particolare ed Eldihen sa come usarla, ricordate il flashback con Elrond? quando lei percepisce la magia dell’anello, beh, l’ho inserito per rafforzare questo momento. Vi aspettavate l’incontro con Nihil e Saruman?  della reazione di Legolas cosa ne pensate? Sono troppo curiosa, ditemi tutto.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di sabato;)
Vi ringrazio e vi mando un bacione, alla prossima
 
 
 
 
 
 
   
 
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