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Autore: Reginafenice    15/05/2021    0 recensioni
[La fantastica signora Maisel]
Midge conosceva piuttosto bene il senso di sfiducia nei confronti delle altre persone che ora provava Shy. Anzi, la sua esperienza le aveva insegnato che purtroppo erano di solito le persone più care a compiere i peggiori atti di tradimento… Eppure, nemmeno una volta da quando Joel l’aveva lasciata aveva pensato che sarebbe potuto capitare a lei di sedersi dalla parte dell’imputato, di mancare così sensibilmente di delicatezza nei confronti di un amico a cui voleva bene davvero. Forse, tutto questo l’avrebbe portata a giudicare con maggiore clemenza gli errori commessi dal suo ex marito, scoprendosi sorprendentemente molto più fragile e imperfetta di quanto non si fosse mai reputata in vita sua.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Quando ritornò nell’appartamento, preso in affitto dopo l’imprevedibile risvolto del tour con Shy, Midge trovò tutte le luci spente. Sicuramente i suoi genitori erano crollati per l’ennesima volta, sfiniti dal trasloco e dall’alcool degli aperitivi consumati a mo’ dì ricarica.

Nonostante fosse da sola – in quanto i bambini avrebbero passato la notte con Joel – non percepiva affatto la solitudine: tanti erano i pensieri che le affollavano la mente, facendole compagnia come una comitiva di amici dalla risata fastidiosa ed estenuante, nel pieno della loro serata di divertimento.

Abbandonò cappello e borsetta su di una poltrona e poi abbandonò sé stessa sul divano del soggiorno, con ancora i tacchi addosso, nel buio più pesto. Sembrava una soffice meringa rosa sprofondata tra i cuscini di un sofà color crema, vinta dalla noia piuttosto che dalla stanchezza.
Sebbene Susie avesse ricominciato a gestire il Gaslight, sperando di racimolare almeno l’essenziale per poter vivere e ripagare i debiti che aveva contratto per colpa del gioco, Midge si rendeva sorda ad ogni invito a salire sul palco rivoltole dalla sua manager.
Susie non voleva ancora arrendersi alla rassegnazione di Midge e si augurava con tutto il cuore che dei piccoli riscaldamenti avrebbero potuto convincerla che fosse arrivato il momento di provare a rimettersi in gioco. Molto probabilmente, quella sera un altro comico cercava di sbancare il lunario al suo posto, dimostrando un quarto del suo talento ma l’energia di un poppante, illuso dal riflesso scintillante di una fama effimera quanto il tempo di un mezzo applauso o di una mezza risata in un locale per principianti.
Susie aveva capito, però, che la tattica dell’inseguimento non funzionava e che la strategia migliore da adottare era il silenzio: smettere di corteggiarla per provocare in Midge il desiderio opposto. Questa era l’ultima chance che le rimaneva, l’unica carta rimastale da giocare.

Il telefono squillò. A quell’ora poteva essere solo una persona, perciò Midge tentò di ignorare quanto più possibile quel suono molesto, ma chi la cercava non mollava la presa e alla fine toccò a lei cedere. La determinazione di Susie doveva essere evaporata ben prima del previsto. Sbuffò, intenzionata a far intendere al suo interlocutore tutto il disappunto per l’interruzione apportata al suo stato di tedio volontario.

“Uffa, Susie! Te l’avrò ripetuto cento volte che non ne voglio saperne nulla!”

Qualche secondo di silenzio prima che il rumore metallico del telefono venisse rotto da una voce calda e decisamente più baritonale di quella di Susie. Le ci vollero pochi istanti per capire a chi appartenesse…

Rimase con la luce spenta e con il cuore che le batteva nel petto all’impazzata, sdraiata con lo sguardo rivolto al soffitto per racimolare i pensieri e tenere a bada le emozioni.

“Da quanto mi è stato riferito, credevo ti fosse gradita una mia telefonata. Mi pare, però, che le cose siano cambiate nell’arco di…quanto? Vediamo un po', due ore? Sai, non sono in grado di tenere bene il tempo, anche se, rispetto a te, mi considero un esperto in questo campo. Vuoi che ti richiami in un altro momento?” La delicata ironia di Lenny fu capace di scioglierle i nervi ancora meglio di quanto avesse potuto fare un drink. Così, riecheggiò nella cornetta di Lenny una risata spontanea e confortante.

“E da quando avresti deciso di cambiare nome in Susie, sentiamo un po'?”

“A parte gli scherzi, lo sai che mi sono stupito molto nel leggere un prefisso telefonico tipicamente newyorkese sul biglietto che mi ha dato Honey? In realtà, anche solo il fatto che voi due vi foste incontrate mi è sembrato alquanto surreale. Speravo di dover fare una chiamata internazionale e spendere in questo modo tutto ciò che mi rimane in tasca, e invece niente centralino…”

Lenny stava fumando: Midge percepiva i suoi polmoni aspirare ritmicamente il fumo di una sigaretta e rilasciarlo come se si liberasse di un peso fatto d’aria e nicotina.

“Niente centralino e niente centraliniste francesi, mi dispiace per te Lenny! Questa volta dovrai accontentarti della mia voce.” Midge attese, sapendo esattamente che era la sua voce ciò che Lenny desiderava ascoltare.
Fino a quel giorno, non aveva avuto il coraggio di confessargli il motivo per cui era stata tagliata fuori dal tour europeo di Shy Baldwin. Dopo aver deluso Shy, Susie e se stessa, l’ultima persona rimasta di cui temeva il giudizio era proprio Lenny. Quale sarebbe stata la sua opinione al riguardo? E, soprattutto, in quale modo avrebbe influito sull’idea che Lenny aveva di lei?

“Ho come l’impressione che si tratti di una lunga storia.”

Silenzio.

“Lenny, ho perso il senso dell’umorismo e non posso incolpare nessuno all’infuori di me stessa per questo!” Il magone cominciava a salirle su per la gola e sentiva che gli occhi minacciavano un fiume di lacrime. Gli chiuse e attese che Lenny parlasse, ma niente. Lenny, aveva compreso che quelle lacrime avrebbero dovuto fluire dalla foce per renderla veramente libera di esprimersi.

“Siamo nella stessa città, ancora una volta dopo Miami. Che ne dici di scambiarci qualche parola a quattr’occhi e, soprattutto, di fronte a un bicchiere? Hai già cenato, per caso? Conosco un posticino perfetto.”

“No, ma mi piacerebbe tanto rivederti. Devi lavorare stasera?” Chiese, sperando che la risposta fosse un no.

Lenny sospirò, “Oggi sono libero, per tua grande sfortuna. Tuttavia, ti prometto che non ci sarà nessuna romantica atmosfera esotica questa volta.” Si premette una mano sul cuore, rischiando di bruciarsi la camicia con la sigaretta. Anche Lenny era sdraiato, ma su di un letto completamente disfatto, reduce da una guerra di cuscini conclusasi a favore di Kitty.

“Peccato, quelle luci ti donavano parecchio. Raramente si vedono gentiluomini agghindati così per bene!” Midge non riuscì a trattenere l’eccitazione che provava al pensiero di rivederlo.

“Farò finta di crederci, grazie.”

Non sapevano in quale verso condurre il discorso. Troppi non detti pendevano come macigni sul filo immaginario che collegava le loro voci…

Lenny sarebbe passato a prenderla nel giro di dieci minuti, che poi divennero mezz’ora. Midge non riusciva proprio ad essere puntuale! Alla fine, però, anche Lenny dovette convenire che ne fu valsa la pena.
Midge aveva optato per un cambio di outfit, molto più consono alla sera e all’occasione: voleva lasciarlo senza fiato e sentirsi al massimo della forma, almeno all’apparenza. L’abito rosso che aveva addosso metteva in risalto la sua carnagione eburnea, tanto più che le spalle scoperte facevano risaltare il collo e il decolté in maniera sensuale ma pur sempre opportuna ad una donna dotata di buon gusto come lei. Aveva una pochette di satin nero che contrastava ineccepibilmente con il vestito scarlatto e con la lucentezza dei gioielli scelti per completare l’opera. Ma si trattava davvero di Midge o era soltanto quella parte di lei che tutti conoscevano già? La sincerità avrebbe dovuto regnare sovrana quella sera, perciò non avrebbe avuto senso continuare a mentirsi ignorando di non sapere la risposta a quello spietato punto interrogativo.

 

   
 
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