Vegeta-Sej
*
Capitolo 12 – Non aprite quella porta
*
Bulma
da quel giorno non vide più suo marito, era trascorsa più o meno una settimana.
E
nonostante fosse stata destinata ai laboratori, era convinta di non conoscere
del tutto quello che accadeva nei sotterranei del castello.
Non
era raro imbattersi in qualche dottore che trasportava in condizioni critiche qualche
guerriero saiyan, facilmente intuibile dai monitor a cui erano attaccati quando
di corsa attraversavano quei corridoi per condurli alla fine, dove due porte
enorme di metallo si aprivano al loro passaggio, oppure quando passavano nel
lettore il loro lascia passere.
Anche
Bulma, incuriosita, ma con la scusa di rendersi utile, aveva provato ad
accedervi, ma la spia rossa non accennava a lasciare il posto a quella verde
quando strisciava il suo badge nella fessura apposita, o in alternativa quando
chiedeva a qualche medico di poterlo seguire.
“Non
hai accesso a quell’area” Le aveva detto Re Vegeta palesandosi dietro di lei.
“Sono
una scienziata, e ho il diritto di sapere che cosa accade dietro quella porta”.
“Niente
di che. I guerrieri vengono medicati nella vasca di rianimazione, è così che ci
curiamo le ferite dopo una battaglia” Spiegò.
Ma
Bulma non era il tipo di persona che si poteva incantare con quattro parole
giusto per dargli il contentino.
“Non
mi sembrava avesse ferite di guerra!” Constatò facendolo rimanere perplesso,
quella donna aveva l’occhio lungo e sarebbe stato difficile convincerla.
“Non
tutte si vedono. Vedi…” Si fermò perché non ricordava più il suo nome.
“Bulma,
mi chiamo Bulma.”
“Bulma.
Una squadra è stata sul pianeta Celith, lì i suoi abitanti usano un veleno
paralizzante per difendersi, quel saiyan ne è stato vittima, tutto qua. Un paio
d’ore nella vasca di rianimazione e ritornerà come nuovo.”
“Ma…”
Tentò di dire.
“Torna
al tuo lavoro. E’ tutto”.
Re
Vegeta attese che la moglie di suo figlio recepisse il messaggio e tornasse nel
suo laboratorio a riparare le navicelle, prima di aprire la porta ed
addentrarsi a controllare la situazione.
“Voglio
vedere mio marito e mio figlio” Gli ordinò facendolo fermare e poi voltarsi di
scatto e Re Vegeta dovete trattenere per un angolo il lungo mantello rosso per
evitare che gli coprisse la faccia.
“Non
sei nelle condizioni di fare pretese. Sei ai nostro servizio, e questo equivale
ad essere nostra schiava.”
“Ho
una cosa importante da dirgli” Berciò innalzando un pugno che non spaventò per
niente il monarca.
“Che
sei incinta?” La spiazzò con quella domanda “…forse lo sa già…forse Saiyla
glielo ha già comunicato. Se mio figlio non si è presentato significa che non
gli importa della creatura che porti in grembo”.
Conosceva
bene suo marito e quelle parole non la toccarono minimamente, sapeva che se
Vegeta si comportava in quella maniera un motivo c’era.
Era
anche vero che non lo vedeva da una settimana, anzi, forse è più corretto dire
che non aveva più rivisto nessuno.
Sapeva
altresì della presenza di Goku in quel pianeta, ma tranne l’aver ascoltato di
nascosto un paio di conversazioni tra Radish e Nappa avvenute tra quei
corridoi, non conosceva ulteriori dettagli.
Una
settimana, era trascorsa già una settimana.
Eppure
credeva che una volta arrivati Goku e Vegeta avrebbero sterminato il loro
popolo e fatto ritorno sul pianeta Terra, quanto ci avrebbero messo?
Un
giorno al massimo aveva calcolato, ed invece erano trascorsi sette giorni.
Sette
lunghi giorni di nausee e crampi alla schiena e allo stomaco.
Sette
giorni di ansia e preoccupazione per delle perdite esigue di sangue che
aveva,le era successo anche con quando aspettava Trunks e il medico ginecologo
le aveva detto essere normali “perdite da
impianto” le aveva definite quel piccoletto pelato baffuto.
“Passeranno
in pochi giorni, stia tranquilla” Le aveva detto all’epoca, ma ora non aveva
nessuno su cui contare, nessuno specialista a cui mandare un messaggio solo per essere
rassicurata, e non c’erano nemmeno Chichi e Videl con le quali confrontarsi.
Era
sola e doveva accettarlo.
Bulma
fece un bel respiro profondo e scacciò via i brutti pensieri che le stavano
attraversando la mente.
“Si
guardi bene le spalle, Re Vegeta.”
“Da
te?” Chiese incurvando il labbro inferiore “…cos’è una minaccia? Non mi sembri
nelle condizioni di farne”.
L’azzurra
fece spallucce “E’ solo un consiglio”.
*
Vegeta
sentiva degli strani rumori provenire dai laboratori e ad ogni volta che
provava a chiedere a suo padre di entrare per dare un’occhiata, veniva liquidato
con un va tutto bene e di non
preoccuparsi.
Aveva
fiutato quella menzogna da kilometri di distanza e per fortuna aveva avuto la
brillante idea di mandare sua moglie in avanscoperta, reclutandola tra gli
scienziati.
Doveva
assolutamente scoprire che intenzioni avevano e che cosa c’era sotto.
Perché
Sayla li aveva resuscitati.
E
per farlo, doveva fingersi uno di loro, o meglio, fingere di stare al loro
gioco.
Per
questo quando suo padre gli aveva proposto di unirsi a lui nel regnare come ai
vecchi tempi non aveva esitato.
Il
problema sarebbe stato Kakaroth.
Quale
ruolo affidargli?
Visto
che Bardack era il primo ufficiale del re, lui avrebbe avuto il figlio? Non
avrebbe potuto chiedere di meglio se fosse stato così, ma sarebbe stato troppo
bello per essere vero.
Muoversi
liberamente tra i sotterranei del castello, tra i suoi laboratori e nelle
prigioni prendendo i loro amici si sarebbe rivelato un gioco da ragazzi.
Ma
il sovrano, aveva deciso per Nappa e Radish con grande disappunto di Vegeta.
A
Kakaroth sarebbe stato affidato il compito di formare le guardie e i guerrieri,
ben lontano da Vegeta.
“Dannazione!”
Aveva imprecato mentalmente, se aveva tra i piedi Nappa e Radish non si sarebbe
potuto muovere indisturbato nel castello e il suo piano ci avrebbe messo molto
di più per realizzarsi.
Però
essendo il principe, magari poteva far visita ai prigionieri.
Doveva
sincerarsi delle condizioni di tutti.
L’unica
cosa che non riusciva a capacitarsi, è come Gohan, Goten e Trunks non abbiano
ancora tentato la fuga, non sarebbe stato difficile per loro liberarsi.
Dimenticava
una cosa…Sayla era esperta di magia, non era da escludere che gli avesse fatto
una fattura.
Sentiva
ancora le loro auree, quindi non erano in pericolo e questa era una buona cosa.
Altra
cosa a cui pensare prima che potessero essere vendute come schiave, o peggio
ancora lasciate alla mercè di quei barbari, era controllare in che condizioni
versavano Mai, Chichi, Videl e la mocciosa.
Il
principe dei saiyan si mise addosso la divisa tipica del suo pianeta e indossò
il suo miglior ghigno, il suo motto era far buon viso a cattivo gioco.
Il
problema sarebbe stato dirlo a Kakaroth, visto che erano giorni con si
vedevano.
Lasciò
la sua stanza da letto dove aveva trascorso le ultime sette notti.
Era
proprio come la ricordava da piccolo: due enormi finestre drappeggiate da due
pesante tende cremisi, al centro un letto in legno a baldacchino imbottito da
lenzuola si seta nere e un paio di armadi nella parete libera. Un lampadario a
goccia di finissimo e pregiatissimo cristallo troneggiava il soffitto bianco.
Trovò
Radish ad attenderlo ai piedi delle scale, sembrava alquanto nervoso e
continuava a camminare su e giù mangiandosi le dita delle mani.
“Finalmente!”
“Finalmente
cosa?” Chiese il principe interrogativo.
“Devo
parlarti!”
*
Goku
sospirò mentre strappava nervosamente dei fili d’erba seduto sul giardino del
palazzo reale attendendo di essere chiamato per la missione.
Sarebbe
andato con suo padre Bardack su un pianeta poco lontano a ritirare delle pelli
e delle coperte, l’inverno sul pianeta Vegeta-Sej si stava avvicinando ed erano
sprovvisti di ogni cosa, non potevano rischiare di morire assiderati anche se
il loro fisico tollerava qualsiasi tipo di temperatura, e non sarebbe stato di
certo un po’ di freddo ad ucciderli.
“La
navicella è pronta, la tua amica dai capelli azzurri l’ha riparata!” Aveva
annunciato Bardack raggiungendo il figlio e rimanendo in piedi vicino a lui.
“Voglio
vedere la mia famiglia” Sembrava non aver sentito quello che gli aveva appena
detto, e ogni volta che ne aveva l’occasione chiedeva di loro.
“Ti
ho detto che…” Bardack svenne cadendo addosso al figlio prima di terminare la
frase.
“Papà…papà
stai bene?” Lo chiamò per la prima volta con quell’appellativo mentre lo
schiaffeggiava cercando di fargli ritornare i sensi.
“Ka..k..ka..roth”
Ansimò annaspando e sollevando un braccio.
“Che
cosa ti prende?” Gli chiese urlando scuotendolo con forza perché restasse
sveglio, ma ogni volta che provava a fare qualcosa sentiva il suo respiro farsi
sempre più pesante e gli occhi dilatarsi sempre di più finché non li chiuse del
tutto.
Goku
non aveva tempo da perdere, doveva subito portarlo in infermeria dove sarebbe
stato curato.
Lo
caricò sulle spalle senza nessuna fatica e dopo qualche falcata raggiunse il
palazzo e i sotterranei dove trovò Bulma intenta nella riparazione di una
scheda di memoria.
Riversò
il corpo di suo padre su una barella e questa di incrinò leggermente.
L’amica
si tolse il casco protettivo e spense la fiamma ossidrica.
“Che
succede?” Gli chiese prendendo uno stetoscopio per auscultare cuore e polmoni.
Bardack
respirava a fatica e il battito del cuore era accelerato, se fosse successo ad
un essere umano sarebbe sicuramente morto.
“Non
lo so, stavamo parlando ed è svenuto, l’ho portato qua!” Spiegò allargando le
braccia.
Bulma
e Goku realizzarono che era la prima volta che si vedevano da quando erano lì,
non dissero nulla, ma si limitarono a sorridere l’uno all’altro.
Loro
due potevano capirsi con uno solo sguardo, non servivano parole per esternare
la loro gioia nell’essersi trovati e nell’apprendere che stavano entrambi bene.
“Dobbiamo
attaccarlo ad un monitor” Nella fretta di sposarsi, Bulma urtò con il ventre lo
spigolo di un mobiletto d’acciaio, strizzò gli occhi dal dolore, poi guardò il
camice bianco che iniziava ad imbrattarsi di sangue e il panico l’assalì di
colpo.
“Oh
mio dio!” Esclamò Goku sorreggendo l’amica.
“Sto
bene, è solo un graffio per fortuna!”
Disse controllando meglio, lo spigolo del tavolino era appuntito e le
bastò poco per ferirsi.
Più
tardi si sarebbe fatta vedere, nel frattempo aveva tamponato il tutto con qualche
metro di garza sterile.
“Pensiamo
a tuo padre ora” Gli aveva detto indicando l’apparecchiatura posta dietro di
lui che consisteva in un monitor con diversi cavi attaccati, forse un aggeggio
che serviva a monitorare l’attività cardiaca e cerebrale.
Bulma
non era un’esperta in medicina, ma qualcosa all’università e nella forbita
biblioteca di casa, era riuscita ad imparare.
Un
po’ di anatomia umana l’aveva studiata, quel poco che bastava per riuscire a
rianimare una persona, insomma, le basi le sapeva, e sapeva anche usare un
defibrillatore se ne avesse avuto occasione.
Avendo
un saiyan in casa che si sottoponeva in passato ad allenamenti impossibili, era
stata costretta a seguire corsi di rianimazione e primo soccorso, sarebbe stato
più facile per lei aiutarlo in caso di bisogno, prima che riuscisse a costruire
la vasca di rianimazione sotto suo suggerimento, ma ogni volta che tentava di
collaudarla, falliva, lei e il dottor Brief, non erano riusciti a scoprire il
segreto di quella macchina salvavita, ma ora che nell’altro laboratorio ce
n’erano a disposizione sicuramente ne avrebbe rubato le funzionalità, e chissà
che non fosse riuscita a trovare i progetti in qualche cassetto.
Goku
stava per legarsi da solo con quel groviglio di fili mentre li passava
all’amica.
“Sta
fermo, altrimenti rischi di strozzarti” Lo schernì aiutandolo come meglio
poteva cercando di non sbattere la pancia a destra e sinistra.
“Ho
notato che stai molto attenta al tuo ventre, c’è qualcosa che mi devi dire?”
Assottigliò gli occhi.
“Santo
cielo Goku, ti sembra il momento per chiedermi una cosa del genere? E poi lo
hai visto anche tu che mi sono ferita, sto solo facendo attenzione a non farmi
più male.” Attaccò la spina alla presa e il sensori al petto e poi alle tempie.
Quando
il monitor si accese iniziò a suonare all’impazzata richiamando i medici che si
erano presi una piccola pausa.
Ne
arrivarono tre, di etnie diverse.
Quello
dal muso allungato simile ad un pterodattilo inveì contro Bulma dicendole che
dovevano essere avvertiti o portare Bardack nella sala adatta.
“Non
ho il pass, non me lo hanno ancora dato” Incrociò le braccia al petto in segno
di offesa.
“Forza,
dobbiamo portarlo di là, non c’è più molto tempo da perdere!” Disse uno
sbloccando il meccanismo della barella per trascinarlo con più facilità.
Una
corsa contro il tempo prima che per il capitano Bardack fosse la fine, aveva
bisogno di un’infusine immediata di staminali, i tre aprirono la porta e
passarono, anche Goku li seguì, Bulma invece si era accasciata a terra in
silenzio ansimando.
Si
tenne la pancia mentre il sangue continuava a fluire.
*
Goku
continuò invece la sua corsa nel lungo corridoio inseguendo i tre medici, non
si era accorto di aver perso la sua amica Bulma.
Spalancò
gli occhi quando arrivarono a destinazione e il suo viso fu illuminato da una
luce verdastra.
ro**
Continua
*
Angolo dell’Autrice: Buon sabato a tutti amanti del fandom.
Grazie per
essere arrivati fino a qui, lo so, vi ho lasciato con più interrogativi che
risposte, ma vi prometto che presto le avrete.
Abbiamo un
Radish che deve parlare con Vegeta…di cosa?
Bardack si sente
male e Goku che insegue i medici…che cosa avrà visto?
E non
dimentichiamo Bulma!
Io come al
solito vi do appuntamento al prossimo week end e con il titolo del prossimo capitolo:
Fuori uno.
Accetto
previsioni.
Buon fine
settimana, Erika