Il ritorno
di Papillon
*
Capitolo 16
*
La
domenica mattina di solito era una giornata di festa e non c’era pranzo senza
la famiglia riunita, di entrambe le fazioni s’intende.
L’enorme
tavolo di mogano della sala da pranzo di casa Agreste, era sempre bandito a
festa e i bambini attendevano sempre con trepidante attesa l’arrivo dei nonni.
Già
i loro genitori li vedevano sfregarsi le mani quando si avvicinava la fatidica
ora aspettando che il campanello suonasse, li avrebbero accolti con baci ed
abbracci e loro li avrebbero ricoperti di doni.
Ma
non quella domenica.
Quella
era diversa.
Ne
i nonni Gabriel e Nathalie e ne i nonni Tom e Sabine avrebbero banchettato
assieme a loro.
Anzi,
con il clima che regnava in quella giornata piovosa non sapevano nemmeno se gli
sarebbe stato servito il pranzo almeno a loro tre.
Dalle
otto di mattina, sia Adrien che Marinette,
furono intrattenuti dagli avvocati al telefono.
Erano
le dieci, e i tre pargoli erano riusciti a contare quindici telefonate, prima
suonava il telefono della mamma e poi quello del papà, si alternavano così.
Nonna
Nathalie riposava ancora sedata nella sua stanza, troppo forte lo shock
dell’arresto del marito e il medico che l’aveva visitata quella notte dopo un
malore, per precauzione le aveva prescritto assoluto riposo con dose di
tranquillanti.
I
coniugi Agreste, si erano dimenticati di chiedere alla signora LaFleur se fosse disponibile a guardare i bambini e a
preparare qualcosa di commestibile da metter sotto i denti per loro tre.
Ma
per fortuna, potevano contare su Tom e Sabine, che fino al momento in cui nel
display del telefono di Marinette non era comparsa la
chiamata in arrivo della madre, non avevano pensato a loro.
“Mamma!”
“Finalmente
Marinette, è tutta la mattina che provo a chiamarvi”
Aveva detto apprensiva la signora Dupain.
“Lo
so mamma, ho appena visto i tuoi messaggi, siamo stati impegnati con gli
avvocati” Spiegò lasciandosi cadere sul divano di alcantara grigio.
“Cosa
dicono? Ci sono novità? Ancora non posso credere a quello che è successo!”
“Nemmeno
noi. Comunque nessuna novità, dicono che quel video sia autentico e che ci
siano poche possibilità di tirare fuori Gabriel di prigione.” Sospirò
portandosi una mano sulla fronte, la testa le doleva e a complicare tutto si
era messo anche il tempo, Marinette stava sempre male
quando la pressione atmosferica si abbassava.
“Possiamo
fare qualcosa tesoro mio? Avete bisogno che i bambini vengano qui?”
“Magari,
mamma. Sarebbe davvero di aiuto. Nathalie si è sentita male stanotte e sta
riposando”.
“Ma
è terribile! Prepara i bambini, mando papà a prenderli. Dormiranno da noi
questo fine settimana.”
“Ti
ringrazio mamma.” Disse con voce rotta dal pianto.
“Amore,
che cosa c’è? Non fare così!”
“Sono
una cattiva madre. Non so badare ai miei bambini” Singhiozzò asciugandosi le
lacrime con il dorso della mano.
“No,
non lo sei. Hai bisogno di staccare la spina un attimo. E lo sai che io e tuo
padre ti aiuteremo. Scaccia via quelle lacrime e prepara i miei nipoti.”
“Grazie
mamma. Ti voglio bene!”
“Anche
io tesoro”.
*
Marinette non fece a
tempo a chiudere la chiamata che il telefono squillò di nuovo.
Sbuffò
senza nemmeno guardare chi era, sicuramente l’ennesimo avvocato o giornalista
da strapazzo che voleva intervistarla.
Aveva
passato una decina di minuti a bloccare il numero di telefono dei reporter, non
aveva voglia di rispondere ancora e ancora no
comment, e poi riagganciare subito dopo.
Guardò
il display: era Alya e non poteva assolutamente
ignorare la telefonata.
“Alya” L’aveva chiamata più volte perché la sua amica non si
decideva di parlare, dall’altro capo del telefono sentiva singhiozzare e doveva
assolutamente saperne la causa.
Che
avesse litigato con Nino? Improbabile, in vent’anni non li aveva mai visti
arrabbiati, almeno in pubblico.
“M-ma-marinette!” Balbettò tirando su con il naso.
“Che
succede amica mia?” La corvina pensò che quella domenica era partita con il
piede sbagliato, le brutte notizie si susseguivano una dietro l’altra e lei
sarebbe crollata prima o poi.
Già
la notte l’aveva passata in bianco, anzi, erano più di una notte che
trascorreva così, ma doveva essere forte, soprattutto per i suoi figli e per Adrien.
Fece
un bel respiro profondo e si concentrò sulla sua migliore amica, ora era lei
che aveva bisogno d’aiuto.
“M-mi hanno licenziata!”
Marinette strabuzzò gli
occhi, la sua amica, la sua impeccabile giornalista sempre in prima linea,
quella che otteneva premi a destra e a manca, colei che in prima serata era
record di ascolti: licenziata.
Puff…gettata via come fosse
immondizia.
“Stai
scherzando spero!”
“No,
in redazione mi hanno dato il ben servito perché non ho pubblicato la notizia
di Gabriel.”
Marinette chiuse gli
occhi e fece una breve pausa, non sapeva cosa dire, in pratica era stata
licenziata a causa sua, per la loro amicizia.
Già
una volta aveva rischiato il posto per una cosa del genere, ma quella volta la
notizia non era rimbalzata su tutti i giornali, era più un pettegolezzo, una
voce falsa messa in piazza da una casa di moda concorrente e subito smentita
dalla stessa.
“Amica…mi dispiace! Ma lo sai che non dev…”
“Non
dirlo, ti prego. Vi voglio bene e non scriverei mai qualcosa che vi possa
danneggiare. Gabriel è innocente, lo so”
Marinette sospirò ancora
e strizzò gli occhi, odiava mentirle, odiava non poterle dire tutta la verità,
ma qui non si trattava di lei, ma bensì di un’altra persona.
Una
persona che in passato ha sbagliato, ma che si è pentita subito quando aveva
capito che stava perdendo un figlio, accecato da un amore perduto che non
riusciva a trovare la giusta consolazione.
“Grazie,
amica mia, il tuo sostegno significa molto per me. Ti prometto che quando
Gabriel verrà scagionato, quel grassone si pentirà amaramente di averti ferita
e capirà l’errore commesso nel licenziare una persona di valore come te.”
*
“Andremo
dai nonni, yuhuuuuu!” Esultò Hugo prendendo il
trolley a forma di gatto dal suo armadio riempiendolo di tane cose, ma non
quelle che servivano veramente, tipo cambi di abito e biancheria pulita.
“Hugo!
Staremo via solo un giorno, pendi la sacca più piccola” Lo rimbeccò il più
grande che si trovava sulla soglia della sua cameretta già pronto per andare, e
poco dopo lo raggiunse la piccola Emma con la sua valigia rosa pastello.
“Ehi!
Perché Emma ha la valigia grande e io devo prendere quella piccola?” Chiese
lagnandosi il piccolo Agreste.
“Perché
io sono una signora e devo essere sempre pronta ad ogni evenienza!” Gli rivolse
una linguaccia ed alzò il mento in segno di offesa.
Louis
alzò gli occhi al cielo, quello sarebbe stato un lungo week end.
“Andiamo
dai nonni, non a fare una vacanza. Ci servirà solo della biancheria pulita e il
pigiama.”
Emma
guardò il più grande torva “Beh! Se a te piace tenere lo stesso abito per più
di un giorno accomodati pure. Io sono una Agreste, e un Agreste deve essere
sempre impeccabile”.
“E
questa dove l’hai sentita?” Sbuffò per l’ennesima volta il più grande.
“Nonno
Gabriel” Rispose con semplicità incrociando le braccia sotto al seno.
“Eccomi,
sono pronto!” Disse Hugo mettendo fine a quel piccolo litigio tra fratelli,
presentandosi con una sacca più piccola come ordinatogli dal fratello più
grande.
“Bene,
andiamo!” Louis aiutò Hugo portandogli la sacca.
Louis
ed Emma erano davanti a lui mentre attraversavano il corridoio e si accorsero
che mancava all’appello solo quando la biondina gli aveva chiesto se l’avrebbe
aiutata ad impastare i biscotti.
Si
fermarono anche loro e guardarono indietro.
Hugo
si trovava al centro del corridoio con lo sguardo rivolto al pavimento di legno
scuro, in mano stringeva il pupazzo di Chat Noir.
“Tutto
bene?” Gli aveva chiesto amorevolmente la sorella.
“Credi
che Lady Bug e Chat Noir aiuteranno il nonno Gabriel? Lui è innocente e non
merita di restare in prigione”.
Emma
gli sorrise abbassandosi alla sua altezza, sapeva che non avrebbero potuto
aiutarlo in alcun modo.
“Lady
Bug e Chat Noir non possono fare nulla per il nonno, ci penseranno mamma e papà
a lui.” Spiegò Louis in tono pacato anticipando Emma.
“Ma
loro non sono Lady Bug e Chat Noir” Piagnucolò battendo i piedi a terra.
Louis
deglutì, non voleva mentirgli, ma era anche consapevole che non avrebbe mai
mantenuto il segreto, era ancora troppo piccolo per capire certe cose.
“Lo
dovranno essere. Anche se non indossano maschere, mamma e papà sono e saranno
sempre i nostri super eroi, no?”
“Ben
detto Louis!” Annuì la biondina dandogli man forte e convincendo Hugo.
*
Lila
Rossi fu costretta a stare nel suo appartamento quel pomeriggio.
La
pioggia non accennava a placarsi e rendeva i suoi spostamenti difficili, anche
se le sarebbe bastato rimanere a casa per controllare le persone con le sue
farfalle nere e viola.
Ma
non poteva esporsi più di tanto, altrimenti Gabriel avrebbe avuto una possibilità
di uscire di prigione, non poteva permettere di esporsi più di tanto, già aveva
rischiato con l’akumizzazione del capo di quella
reporter odiosa, per lei.
La
castana era seduta sulla sedia di legno con le gambe sopra il tavolo, teneva in
mano una penna stilografica nera che agitava tra le dita.
Aveva
già spuntato quasi tutta la sua lista dal titolo “azioni malvagie”, ne mancava una, quella più importante.
Quella
che avrebbe finalmente cadere ai suoi piedi Adrien.
Picchiettò
la penna un paio di volte sul quel foglio e ne smangiucchiò il tappo pensando a
come attuare il suo piano.
Aveva
bisogno di Volpina, era l’unico modo per passare inosservata creando un
illusione dietro l’altro.
Si
alzò dalla sedia di legno e si stiracchiò, la camicia bianca che indossava si
era alzata leggermente scoprendole i glutei nudi, non indossava l’intimo.
Dopo
la sua breve avventura in solitaria si era scordata di metterle.
Afferrò
poi la bottiglia mezza piena di gin e ne bevve un sorso, poi un altro e un
altro ancora.
Lila
scosse leggermente la testa perché la vista per qualche istante le si era
annebbiata a causa dell’alcol, si avvicinò all’altra sponda del tavolo dove
teneva delle freccette.
Prese
tre di quegli oggetti appuntiti e le tirò sul muro andando a centrare perfettamente
le teste dei tre mocciosi, poi ne prese altre due e centrò il cuore dei
genitori ritratti ai lati.
Il
viso di Adrien era incorniciato da un cuore rosso,
mentre quello di Marinette era stato coperto da una X nera e marcata.
“Ancora
un po’ e staremo insieme amore mio” Gli soffiò un bacio con la mano.
Lila
fece una smorfia di disgusto e disapprovazione quando il suo cellulare squillò.
“Che
hai da rompere?”
“I
topini hanno appena lasciato la tana”.
“Perfetto…sai dove stanno andando?”
“A
casa Dupain”.
*
continua