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Autore: Il corsaro nero    16/05/2021    1 recensioni
La scuola di Hogwarts è famosa in tutta l'Inghilterra, soprattutto per le sue quattro Case, da cui sono usciti streghe e maghi famosi in tutto il mondo... ma ciò che molti non sanno, è che tra quelle mura, sono nascosti incredibili e affascinanti segreti che solo quattro prescelti hanno la possibilità e il dovere di conoscerli tutti... quattro prescelti legati in maniera indissolubile fin dalla nascita...
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Delphini Riddle, Harry Potter, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 43: Mai disturbare un Augurey

 

“Avvicinatevi con cautela, ma senza paura. I Kelpie addomesticati, se non si sentono minacciati, sono le creature più tranquille e servizievoli del mondo magico…” si raccomandò Alison Pemberton, prefetto di Tassorosso del sesto anno, oltre che essere la presidentessa del club dell’Ippogrifo, una giovane ragazza coi capelli a caschetto color caramello, indicando la creatura che sembrava un cavallo fatto d’alghe e con le pinne, la quale nuotava tranquillamente nella vasca della sede del club.

Alison prese un sacchetto contenente cibo per animali e ne diede un po’ al Kelpie, il quale, tutto contento, cominciò a nitrire e a saltare nell’acqua come un delfino.

Alison diede un’occhiata al sacchetto e con uno sbuffo, borbottò: “Abbiamo quasi finito il cibo… qualcuno potrebbe andare da Hagrid per prenderne dell’altro?”

“Me ne occupo io.” Annunciò una voce femminile, mentre una mano veniva alzata e una ragazzina del secondo anno coi capelli d’argento si faceva largo tra la folla.

“Torno subito.” Rassicurò Delphini, mettendosi lo zaino in spalla ed uscendo in fretta dalla sede del club.

Con un po’ di fortuna, mentre cercava Hagrid, poteva trovare un Thestral… un pelo di Thestral era l’ultimo ingrediente che le serviva per l’antidoto allo sguardo mortale del Basilisco e lei poteva vederli…

Non appena se ne fu andata, gli altri membri del Club continuarono a lavorare alle proprie pozioni, a prendersi cura dei funghi salterini o a tentare di fare previsioni con le sfere di cristallo disponibili dal club.

Oliver si piazzò davanti ad una sfera di cristallo e tentò di cercare di prevedere qualcosa da essa, ma i suoi occhi si dirigevano sempre verso una specifica Serpeverde coi capelli a caschetto biondi che, con la sua solita aria apatica, innaffiava i funghi col vecchio innaffiatoio.

“E’ carina…” sussurrò Elizabeth, anche lei intenta a guardare in una sfera di cristallo, mentre il suo sguardo era concentrato su Nat.

“Mi sembra assurdo che una creatura così perfetta sia potuta scendere in terra… dovrebbe stare in mezzo alle altre creature mitiche…” aggiunse Oliver, mentre la Corvonero meditava, come se avesse la testa tra le nuvole: “Non mi meraviglierebbe se i babbani del Medioevo si fossero ispirate a lei per la creazione delle donne angelo…”

Proprio in quel momento, Nat finì d’innaffiare le piante e appoggiò l’innaffiatoio vicino ad un albero, per poi mettersi a leggere un libro sotto ad un albero.

Veloce come un lampo, Oliver corse a prenderlo l’innaffiatoio e avvisò Alison, la quale era ancora intenta ad occuparsi del Kelpie: “Vado a prendere dell’acqua.”

“Ok, torna presto…”

“Tranquilla.” la rassicurò Oliver, salutando la ragazza e cominciando a dirigersi verso il Lago Nero.

Una volta arrivato, immerse l’innaffiatoio nell’acqua e, una volta che fu pieno, lo tirò fuori dall’acqua.

Stava per tornarsene al club, quando sentì un verso malinconico e rauco, come qualcuno con la gola tutta piena di catarro, provenire da un roveto proprio di fianco a lui.

Con leggera ansia, Oliver si avvicinò alla pianta e spostò leggermente i rovi, facendo attenzione alle spine e sperando, in cuor suo, di non trovare la carcassa di qualche animale là dentro…

Non appena ebbe spostato i rami si accorse di una sagoma all’interno del cespuglio che lo fece trasalire per lo spavento, ma, dopo qualche secondo di panico, riebbe il controllo e diede una seconda occhiata alla sagoma.

Con suo immenso stupore, si accorse che non solo la sagoma respirava, ma che sembrava un uccello spennato.

Gli bastò un’altra occhiata per capire la natura della creatura: quello era un Augurey, la fenice irlandese!

Ma cosa ci faceva in un cespuglio della Scozia, con un’aria spaventata?

Di colpo, tutto fu chiaro: una delle ali della povera creatura era storta in maniera innaturale, quindi, era rotta e non poteva volare, finendo alla mercé di innumerevoli predatori...

D’istinto, il Tassorosso allungò le braccia verso l’Augurey, ma l’animale, visibilmente spaventato, cominciò ad allontanarsi e a gracchiare di paura.

“No, no, no, non aver paura… non voglio farti niente… voglio solo aiutarti.” Tentò di rassicurarlo Oliver e l’animale si zittì, anche se continuò a guardarlo in maniera sospettosa.

Oliver mise una mano in tasca e prese un sacchetto di cibo per creature magiche e, una volta aperto, lo avvicinò all’Augurey ferito.

La creatura, inizialmente, osservò con sospetto il cibo, ma, alla fine, si avvicinò, saltellando, alla mano aperta e beccò un croccantino.

Dopo essersi assicurato che il cibo non fosse avvelenato, l’animale finì in pochi secondi il cibo e, poi, inaspettatamente, cominciò a strofinare il becco sulla mano di Oliver, come se volesse ringraziarlo.

“Grazie.” Fece Oliver, togliendosi il maglione, restando solo in camicia bianca e cravatta nera e gialla, e mettendolo attorno alla creatura, come una sorta di fagotto, per poi prenderlo in braccio.

Ovviamente, la creatura cominciò ad agitarsi e a gracchiare di nuovo per la paura, ma Oliver, prontamente, lo rassicurò, accarezzandogli le piume: “Sst, non aver paura, piccolo… non ti voglio fare niente. Ti porto solo da Hagrid, in modo che ti curi. Lui è un esperto di creature magiche e ti rimetterà in sesto, vedrai. E’ un po’ il corrispettivo di Madama Chips per le creature magiche…”

L’Augurey parve calmarsi e Oliver cominciò a correre verso la capanna.

Una volta davanti alla porta di legno, il giovane Tassorosso cominciò a battere con forza alla porta.

Pochi secondi dopo, la porta si aprì e apparve l’enorme faccione di Hagrid circondato dalla sua folta barba.

“Oliver, che succede?” domandò, leggermente preoccupato, il custode e il ragazzino alzando il fagotto con l’Augurey, spiegò: “Ho trovato quest’Augurey vicino al lago! Ha un’ala spezzata… ti prego, dimmi che puoi curarlo…”

Hagrid prese la creatura nelle sue enormi mani e, dopo aver osservato con attenzione l’ala rotta, esclamò: “Brutto affare, davvero brutto… qualcuno deve avergliela colpita con un incantesimo, rompendogliela. Che gente che c’è al giorno d’oggi… aggredire una povera creatura come questa…”

“Riuscirai a riparargliela, vero?”

“Ma certo! Fortunatamente non sembra nulla di grave… entro due settimane sarà di nuovo in grado di volare… però sono sorpreso di trovare un Augurey da queste parti… hai detto di averlo trovato vicino al lago?”

“Sì, e non c’era il suo caratteristico nido a forma di lacrima…”

“Di solito, fanno il nido in posti isolati… sai, sono uccelli molto timidi per natura… ci hanno paura degli altri… e non mi meraviglia, c’era gente in passato che credeva che il loro canto annunciasse la morte di qualcuno… gente matta, ecco quello che penso io. Ma guardalo, Oliver… è così carino e docile… una creatura così non farebbe mai del male a qualcuno…”

“Hai proprio ragione, Hagrid… io penso che gli animali sono creature meravigliose e che, a volte, siano migliori di noi umani…”

Hagrid annuì, convinto, poi si voltò verso l’animale, il quale continuava a gracchiare, visibilmente spaventato, e gli accarezzò dolcemente la testolina piumata.

Subito, l’Augurey si calmò e si mise a colpirlo dolcemente con la testa.

“Visto? E’ una creatura così dolce… sono quei matti che pensano che sarebbe pericoloso per il suo canto…”

“Già…”

 

Delphini camminava in mezzo alla radura, girandosi a guardare in tutte le direzioni, in cerca di Thestral, ma non vedeva neanche l’ombra di quelle creature.

L’unica persona che aveva incontrato, strada facendo, era stato Abel, il quale gli era sembrato molto nervoso e sul chi vive, ma non era una novità.

Da alcuni giorni, infatti, sembrava avere l’aria parecchio tesa e, secondo Kevin, il quale condivideva con lui il dormitorio, era perché, ultimamente, aveva la sensazione che qualcuno lo stesse spiando.

Addirittura, tre giorni prima, era trasalito e si era voltato di scatto puntando la bacchetta pronto a lanciare un incantesimo verso Lester Falwey, ‘colpevole’ di aver aperto bruscamente la porta del loro dormitorio, per poi scusarsi, massaggiandosi la fronte per calmarsi.

Abel non aveva mai mostrato simili tendenze paranoiche prima d’ora, quindi era evidente che qualcosa o qualcuno lo stesse tenendo d’occhio… e se neanche il suo amichetto invisibile poteva aiutarlo ad individuare lo spione, non c’era da stupirsi che fosse così sulle spine al minimo movimento sospetto…

La giovane fece un sospiro di rassegnazione.

Evidentemente, quel giorno non era destino…

Stava per andarsene alla capanna di Hagrid, quando sentì un nitrito roco.

Un nitrito che non sarebbe stato udito da molti, ma lei, che aveva visto e compreso la morte a pochi mesi, era perfettamente udibile.

Corse come una furia in direzione dei nitriti e, in pochi secondi, giunse in una radura, dove c’era un Thestral che tentava, disperatamente, di liberarsi di una tagliola.

Delphini era senza parole.

Cosa diavolo ci faceva quella roba nel parco?!

Sapeva per certo che Hagrid non avrebbe mai messo simili porcherie nel parco, con l’alto rischio di far del male ad una creatura magica…

La giovane Serpeverde si avvicinò al nero cavallo scheletrico e sussurrò, in maniera piuttosto goffa, dato che non era per niente abituata a rassicurare dolcemente qualcuno, di solito, infatti, preferiva un atteggiamento da duro, ma in quella situazione ciò avrebbe solo peggiorato le cose: “Ehi, ehi, calmati… andiamo, non fare così… se ti agiti, quella roba ti entrerà ancora di più nella carne…”

Alla fine, in maniera piuttosto imbranata e maldestra, Delphini riuscì a calmare il Thestral e, puntando la bacchetta di biancospino verso la tagliola, urlò: “Evanesco.”

In un millesimo di secondo, la tagliola scomparve e il cavallo fu libero, il quale, grato per la liberazione cominciò a strofinare il muso sul viso della sua salvatrice, la quale puntò la bacchetta sulla zampa ferita del Thestral e disse: “Ferula.”

Con sua enorme soddisfazione, dalla bacchetta apparve una benda che si attorcigliò attorno alla zampa, per poi formare un nodo parecchio rozzo e senza nemmeno il fiocco, ma considerando il fatto che fino a quel momento non era riuscita a far apparire nemmeno un centimetro di benda, il risultato non era poi così malaccio…

Facendo attenzione a non fare movimenti bruschi, Delphini afferrò in modo delicato, ma deciso una ciocca di peli del Thestral e, puntando la bacchetta sussurrò: “Diffindo.”

A differenza di Ferula, Delphini aveva molta più dimestichezza con l’incantesimo tagliente, forse perché l’inventrice di quell’incantesimo aveva un nome simile al suo, Delfina Crimp, in ogni caso, la giovane si trovò tra le mani un ciuffo di peli, perfetti per terminare il suo antidoto allo sguardo mortale dei Basilischi…

 

“Dici che stasera verrà fuori?” domandò, incuriosito, Gal osservando da vicino il suo uovo e Godric annuì: “Non ne sono certo, perché era Rowena quella che sapeva sempre tutto, ma direi di sì…”

“Un po’ mi scoccia perdermi un’altra festa di Halloween, ma sono troppo curioso di vedere cosa verrà fuori… scommetto che è un drago!”

“A me piacerebbe che fosse una Chimera perché sono le creature magiche che più si avvicinano ai leoni…”

“A te piacciono proprio i leoni, eh?”

“Sì, li trovo animali così orgogliosi e fieri… però amano molto dormire, come i gatti… per non parlare della criniera! Oh, è un peccato che qui in Inghilterra, non se ne trova neanche uno… e pensare che sono così maestosi dal vivo…”

“Ne hai visto uno dal vivo?”

“Una volta, a tredici anni. Io, Althea e gli altri facemmo un viaggio per conoscere a fondo lo stile magico africano e sapessi com’era grande e, soprattutto, caldo quel continente… i babbani d’Europa erano convinti che fosse piccolo… una strisciolina di terra dall’altra parte del Mar Mediterraneo! Esplorammo il deserto, camminammo seguendo il corso del Nilo, salimmo sulle più alte montagne del continente, visitammo le piramidi, i resti di antiche civiltà babbane, vari popoli e culture, sia babbani che maghi… per tutti e quattro fu un viaggio indimenticabile… Rowena era sempre lì a scrivere e a disegnare tutto quello che vedeva e scopriva di nuovo, le braccia erano così piene di rotoli di pergamena che essi cadevano in continuazione… Helga ammirava in continuazione la flora e la fauna dell’Africa e non vedeva l’ora d’imparare nuove terapie mediche, la sua preferita era quella di origine egiziana di annusare gli odori dei giardini per rilassarsi… mentre a Sal, l’unica cosa che importava era vedere i serpenti… almeno impediva che ci aggredissero… lo ammetto, dormivamo tutti sonni molto più tranquilli con quei rettili che ci facevano la guardia… non immagini quanti predoni hanno fatto scappare con la coda tra le gambe… erano più efficaci dei Protego di Helga, che sono i più potenti che si siano mai visti…”

“E qual è la cosa che a te è piaciuta di più del viaggio?”

“Il gusto dell’avventura! Ho scalato la piramide più alta di tutto l’Egitto e, una volta in cima, mi sono sentito così vivo e pieno d’energia dentro di me… mi sentivo un fuoco! Althea, in effetti, affermava che avevo un profondo legame col fuoco perché era il mio elemento… comunque, mi sono messo ad urlare per condividere le mie emozioni anche al resto del mondo… peccato che una volta che sceso, Sal si è messo ad urlarmi contro affermando che le mie urla si erano sentite in tutta l’Africa e che, come al solito, era stato molto vicino dal morire dalla vergogna grazie a me… sempre intrattabile, quello… era come se ce l’avesse sempre con me… però, il ricordo più bello è quando sono finito con la mia scopa su un Baobab per una sfida, solo che la scopa si era rotta e non sapevo come fare a scendere… Helga è subito corsa a cercare una scala, mentre quel cavaliere di Sal ha proposto di lasciarmi lassù, dato che non solo mi preferiva a quella distanza, ma c’erano anche ottime probabilità che non combinassi uno dei miei soliti cataclismi su quell’albero… fortunatamente, ci ha pensato Rowena a farmi scendere, grazie ai suoi…”

“Ehi, ho sentito qualcosa provenire dall’uovo!”

Sentendo quelle parole, Godric fermò immediatamente il suo monologo e si avvicinò, per quanto glielo consentisse il dipinto, per vedere l’uovo che, come aveva annunciato Gal, aveva cominciato a muoversi con energia finché non si fermò, bruscamente.

“Accidenti, speravo fosse la volta buona…” mugugnò il giovane, leggermente depresso “E’ tutta la settimana che continuava a fare così e non si schiude mai…”

“Probabilmente significa che sta per schiudersi… ma non chiedermi fra quanto. Era Rowena quella che sapeva queste cose… io, più che altro, ero lo scemo del villaggio.”

“Non penso che tu fossi così stupido… neanch’io sono la persona più intelligente di questo posto, ma non sono un idiota totale…”

“Beh, grazie… sai, ci conosciamo da quasi un mese, eppure mi sembra di essere tornato bambino…”

 

“Ecco, adesso dev’essere pronta…” esclamò Delphini, togliendosi il sudore dalla fronte col dorso della mano, finendo di mescolare la pozione verde acido.

Asmodeus si sporse a dare un’occhiata al risultato e subito dopo, si sistemò per terra e borbottò: “Alla buon’ora… finalmente posso farmi un pisolino…”

“Chi dice che i serpenti sono creature spietate e senza scrupoli è evidente che non ne ha mai avuto uno come animale domestico… siete le creature più pigre che si siano mai viste…”

“Noi serpenti abbiamo la digestione lenta, carina… comunque, datti una mossa a preparare quell’antidoto e lasciami dormire.”

“Pigrone.”

Una volta finita la pozione, Delphini la mise in una bocchetta e, dopo essersi assicurata che Asmodeus se ne stava ronfando sotto ad una coperta, corse ad aprire il passaggio segreto che conduceva alla stanza dove Scintilla e gli altri Basilischi vivevano.

Scese rapidamente le scale e chiamò: “Scintilla, credo di aver pronta la pozione!”

“Davvero?” domandò la creatura, strisciando velocemente, sempre tenendo gli occhi chiusi.

Una volta che le fu davanti, Delphini mostrò la boccetta ed esclamò: “Dovrebbe essere pronta… ho seguito le istruzioni alla lettera… te la senti?”

Il Basilisco rimase in silenzio un attimo, poi annuì: “Sì. La tua famiglia è stata riconosciuta come nostri padroni e signori, inoltre, sei l’unica umana che parla la nostra lingua, dopo il nostro benefattore… sarebbe un insulto nei tuoi confronti non obbedirti.”

“Va bene… allora preparati. Verserò due gocce di questa pozione sui tuoi occhi. Se ha funzionato, potrai guardarmi negli occhi, senza che io debba temere di tirare le cuoia.”

“E se la pozione non è corretta.”

Delphini fece le spallucce e dichiarò, con il tono più neutro che possedeva: “In tal caso, tirerò le cuoia.”

Il Basilisco restò un attimo in silenzio, un po’ scosso.

Era impressionante come quella ragazzina stesse parlando della sua alta probabilità di morire tra pochi secondi, con lo stesso tono con cui s’intendeva andare ad una gelateria a controllare se fosse aperto e, in caso contrario, tornarsene semplicemente a casa.

“Non hai paura di morire?” domandò Scintilla e la ragazzina rispose: “Per niente! Anzi, sono sicura che mezzo mondo sarebbe contento della mia dipartita: questo è l’unico lato positivo di essere figlia dei miei genitori e di non avere amici… se crepo, nessuno si dispererà troppo.”

“Se sparissi, la tua assenza solleverebbe comunque non poche domande…”

“Oh, ho già pensato a questo… se muoio, Asmodeus lascerà un biglietto scritto da me in Sala Comune in cui racconto che a scuola mi sentivo repressa, che i miei compagni erano dei completi zucconi e altre sciocchezze simili… quindi, ho deciso di fare un viaggio intorno al mondo per migliorarmi e un giorno tutti loro sentiranno parlare di me in ogni angolo della terra.”

“Lo sai che sei davvero un bel tipo, tu?”

“In questo mondo, si fa quel che si può… vogliamo iniziare?”

Lentamente, Scintilla abbassò la testa e con abilità, Delphini le mise due gocce della pozione che aveva in mano sugli occhi.

“Sento uno strano prurito agli occhi…” notò il serpente gigante e Delphini commentò: “Forse significa che sta facendo effetto… non appena il prurito sarà svanito, apri gli occhi.”

Dopo qualche minuto, Scintilla esclamò: “Ok, adesso apro gli occhi…”

“Ok, fallo.”

Lentamente, Scintilla aprì un occhio, rivelando una grossa iride di un giallo opaco o spento.

“Dato che non sono schiattata, puoi aprire l’altro.”

Una volta che Scintilla ebbe aperto entrambi gli occhi ed essersi assicurata che la pozione aveva funzionato, la creatura esultò, felice: “Ce l’hai fatta! Ci sei riuscita! Non ci posso credere… sei straordinaria, proprio come lui!”

“Grazie, grazie… anche se un artista non dovrebbe mai accettare i complimenti…” fece Delphini con un sorriso di vittoria e un tono tutt’altro che modesto.

In realtà, sentiva dentro di sé una strana sensazione… il piacere di aver fatto qualcosa di buono e di aver aiutato qualcuno… non era poi tanto male… la faceva stare leggermente in pace con sé stessa…

“Forza, al lavoro… abbiamo un sacco di Basilischi da liberare da una certa vista mortale…”

 

Se c’era una cosa che Oliver aveva odiato praticamente da sempre era finire sotto i riflettori.

Di solito, era abbastanza bravo a non farsi notare dagli altri, complice il fatto che era di aspetto assolutamente normale, quasi mediocre… di certo, nessuno faceva caso a lui, a parte i suoi amici, gli unici a cui importava di essere preso in considerazione.

Certo, se fosse stata Nat a notarlo, si sarebbe fatto bellissimo solo per lei, dato che meritava di stare accanto ad uno bellissimo… ma finché non sapeva nemmeno della sua esistenza, avrebbe continuato a comportarsi come se avesse sempre addosso un mantello dell’invisibilità.

Purtroppo, in quel momento i suoi buoni propositi d’invisibilità non stavano funzionando tanto bene… questo perché l’Augurey che aveva soccorso gli stava appollaiato sul cappello a punta.

Non poteva di certo biasimare gli altri ragazzi per il fatto che lo stessero fissando… ma, d’altronde, la creatura si stava riprendendo e sembrava non vedesse l’ora di fare un giro della scuola, anche se, ad essere sinceri a mille, era stato lui a saltargli sulla testa…

E adesso, era sotto lo sguardo di tutti, dato che non si era mai visto qualcuno girare con un Augurey sulla testa…

“Bel Augurey.” Commentò una voce rilassante e pura come il corso di un piccolo fiume di montagna alle sue spalle, che lo fece sobbalzare per il nervosismo.

Sentendosi il viso diventare una fornace e il sudore cadere copioso dalla fronte come le cascate del Niagara, Oliver si voltò e balbettò: “Ah, ciao… grazie… è carino… da parte tua…”

“Prego.” Bofonchiò Nat, superandolo, così non si accorse che Oliver la stava osservando con uno sguardo sognante e un sorriso pieno d’amore, lasciandosi scappare un profondo sospiro.

Se avesse potuto volare, di sicuro, si sarebbe ritrovato coi piedi a penzoloni nell’aria in quel preciso istante…

“Ah-ha! Che ci fa quell’uccellaccio, qui?!” strepitò una voce tremendamente familiare.

Imbarazzato, Oliver si voltò e provò a spiegare: “I-io volevo solo fargli fare un piccolo giretto, signor Gazza… si sta riprendendo da una brutta frattura all’ala e…”

“Non mentirmi, ragazzino! So cos’hai intenzione di fare… vuoi che quell’uccellaccio sporchi in giro, così sono io il povero sciocco che pulisce, eh? Beh, non funzionerà! Adesso, tu e quella bestiaccia andrete direttamente nel mio ufficio! E…!”

Prima che Gazza potesse finire la sua minaccia, l’Augurey si alzò in aria e sfrecciò in un corridoio alle spalle del custode e dello studente.

Pochi secondi dopo, si sentì un urlo di dolore e, tra la sorpresa generale, apparve Pix, il quale cercava di ripararsi la testa con le mani dal becco dell’uccello, il quale lo stava beccando a tutta velocità, come un trapano elettrico.

“Cosa diavolo…?” sussurrò Gazza, mentre il poltergeist urlava: “Smettila! Piantala, maledetto uccello infernale!!! Ed io che speravo che te ne fossi andato per sempre… ho capito, ho capito… me ne vado!”

L’Augurey smise di beccarlo e Pix ne approfittò per scappare, con la mano che massaggiava la testa dolorante.

L’uccello, si appoggiò alla spalla di Oliver, sempre tenendo d’occhio l’essere dispettoso, per poi gracchiare un semplice: “Cra!”, arruffando anche un po’ le piume, come a sfidarlo nel ritornare.

Gazza rimase in silenzio un attimo, poi, guardando l’Augurey con un improvviso rispetto, borbottò: “Va bene… per stavolta lascerò correre… ah, senti, ragazzino… non è che potresti, un giorno, prestarmi quel tuo uccello, se dovessi scacciare una volta per tutte Pix?”

“Certo… ovviamente se è lui a volerlo…” balbettò Oliver e il custode grugnì, dato che era il suo modo personale per acconsentire, e si allontanò velocemente, seguito da Mrs Purr.

Notando che tutti lo stavano guardando, il povero Tassorosso, così rosso in viso da sembrare un tifoso della squadra di Grifondoro, corse a tutta birra nella Sala Grande, con sempre l’Augurey appollaiato alla spalla.

Una volta arrivato, Oliver si sedette di fianco a Teddy, il quale, con un sorriso, esclamò: “Che carino! Dove l’hai trovato?”

“Vicino al lago. Pensa, qualche… brutto idiota senza cervello, gli aveva spezzato l’ala! Che razza di gente che c’è nel mondo…”

Proprio in quel momento, l’uccello si alzò in volo e si diresse a tutta velocità verso il tavolo dei Serpeverde, dove si udirono, pochi secondi dopo, un colpo e un’adirata voce femminile che urlava: “Ma che cavolo…?!”

Immediatamente, Oliver si diresse verso la direzione delle urla e vide che l’Augurey si era appollaiato sulla spalla di Delphini e si stava strofinando sulla guancia e sul collo della ragazzina, come se fosse felice di rivederla, a differenza della Serpeverde, la quale, invece, se lo voleva levare al più presto dalle spalle.

Non appena notò Oliver e Teddy, seguiti a loro volta da Victorie, la quale, non appena aveva notato che il Tassorosso coi capelli blu si era alzato dal tavolo della sua Casa, non aveva perso tempo a raggiungerlo, avvicinarsi a lei, Delphini fece immediatamente due più due.

“E’ tuo quest’uccello?” sibilò Delphini a Oliver, il quale, imbarazzato, ammise: “Sì… sai è una storia un po’ lunga…”

“Ripigliatelo all’istante. Ma guarda che roba… adesso devo stare attenta agli uccelli?”

“Ehi, ragazzi che succede?” domandò una voce maschile frizzante e allegra.

Il gruppo si voltò e vide Gal con la sua solita aria ebete e la nuova fiammante divisa rossa della squadra di Grifondoro, che contrastava notevolmente col suo vecchio casco da pilota babbano.

A quanto pareva, la scarsa bravura scolastica di Gal veniva ampiamente recuperata con lo sport… ma non bastava, purtroppo, per migliore il suo stile.

Non appena notò l’uccello sulle spalle di Delphini, il rosso esclamò: “Ehi, da dove salta fuori quell’uccello?”

“E che ne so? Chiedilo ad Oliver, dato che l’animale è suo!”

Incuriosito al massimo, Gal prese l’Augurey tra le mani, togliendolo dalla spalla di Delphini, in modo da avvicinarlo al suo viso per guardarlo bene.

“Urca! Che faccia buffa che ha questo uccello!” esclamò, all’improvviso, il rosso, ridendo divertito, ma qualcuno non parve trovare l’affermazione divertente.

L’Augurey, infatti, fece un sonoro e seccato “Cra!” prima di afferrare col becco il naso di Gal.

Mentre il Grifondoro, tentava, mugolando dal dolore, di staccare l’uccello vendicatore dal suo naso, Teddy, Oliver, Victorie, Kevin e anche Athena, la quale era entrata proprio in quel momento nella Sala Grande e, avendo notato il tafferuglio alla tavola dei Serpeverde, si era prontamente affrettata a raggiungere i suoi amici per vedere cosa stesse succedendo, mentre Delphini se ne restava seduta al suo posto con gli occhi chiusi e le braccia incrociate, con un’espressione parecchio infastidita e scocciata, mentre numerosi studenti di tutte le Case si voltavano nella direzione del baccano per vedere cosa stesse succedendo.

Finalmente, il gruppo riuscì a separare il naso di Gal dal becco dell’uccello, il quale se ne volò su una colonna, mentre il povero Grifondoro si massaggiava il naso dolorante e rosso come la renna che guidava il carro di Babbo Natale, borbottando un doloroso: “Ouch…”

“Non avresti dovuto offenderlo…” commentò, con un sospiro di disagio, Oliver.

“Scusa, mi dispiace averti offeso… comunque, da dove vieni?” domandò, incuriosito, Gal all’Augurey, ma quello, per tutta risposta, piegò la testa da un lato, come se volesse osservarlo da un’altra prospettiva e gracchiò: “Cra!”

“Non è di molte parole, eh?” commentò Gal, indicandolo, voltandosi verso Oliver, il quale raccontò: “L’ho trovato qua fuori una settimana fa… a quanto pare, qualcuno gli ha rotto un’ala con un incantesimo…”

“Non si era mai vista una fenice irlandese da queste parti…” esclamò Athena, osservando, con profondo interesse, la creatura, la quale si era messa a pulirsi le piume dell’ala col becco.

“Fenice irlandese?” domandò il rosso e Athena, risistemandosi i grossi occhiali, spiegò: “E’ il nome alternativo degli Augurey.”

“Non sapevo che venissero dall’Irlanda…”

“All’inizio, queste creature si trovavano solo lì e in Gran Bretagna, ma poi si sono diffuse nel resto del nord Europa. Inoltre, ho sentito dire che la squadra nazionale di Quidditich del Liechtenstein ne ha uno come mascotte.”

“Beh, in effetti, tolta quell’aria triste e denutrita, non sono tanto male… ma non è che sono parenti delle fenici immortali che rinascono dalle proprie cenere, le cui lacrime guariscono tutti i dolori del mondo? Sai, con quel nome…”

“Mmh… dovrò fare qualche ricerca…”

“Secondo voi, scenderà spontaneamente tra un po’ o dobbiamo lasciarlo lì?” domandò Teddy e Delphini, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, sbottò: “Lasciatelo perdere! Perché non ce ne andiamo a far lezione, piuttosto?”

“E se causasse dei problemi?” domandò Gal, ma Oliver lo tranquillizzò subito: “Non preoccuparti, l’Augurey è stato classificato dal Ministero della Magia come XX, ossia le creature innocue e che possono essere benissimo addomesticate. Non corriamo alcun pericolo…”

Proprio in quel momento, un’improvvisa luce da terra illuminò l’Augurey, il quale per lo spavento, si librò subito in aria in uno svolazzo di piume, dirigendosi verso Gal, il quale, preoccupato, chiuse gli occhi e mise il braccio davanti al naso, come se volesse proteggerlo da un’altra beccata, ma, inaspettatamente, la creatura, si nascose dietro alle spalle di Gal.

 “Che succede?! Cos’era quella luce improvvisa?!” domandò, spaventato, il rosso, mentre l’Augurey faceva capolino da dietro la spalla del Grifondoro, con i suoi grandi occhioni da sembrare due piattini da tazzine da caffè e facendo un semplice: “Cra?”

La spiegazione per quell’improvvisa luce accecante fu spiegata, non appena il gruppo ebbe dato un’occhiata all’ingresso della Sala Grande, dove c’era una ragazzina con indosso la divisa di Grifondoro e una grossa macchina fotografica che Gal conosceva fin troppo bene.

“Monica?! Sei stata tu a spaventare quell’Augurey?” le domandò, esasperato, Gal e la coetanea, con un gran sorriso, ammise: “Beh, non ho saputo resistere… un Augurey ad Hogwarts! Però, mi dispiace… non era affatto mia intenzione spaventarlo… speriamo che non si metta a cantare…”

“Il canto degli Augurey annuncia soltanto quando sta per arrivare la pioggia, non la morte di qualcuno.” Spiegò, vagamente stizzito, Oliver, ma Monica si mise a controllare la foto nella galleria della sua macchina fotografica, sotto lo sguardo distratto di Delphini, la quale se ne stava a braccia incrociate.

“Beh, comunque, è venuta davvero bene. Non appena la farò stampare, la invierò subito alla mia famiglia.” Esultò Monica, dirigendosi, tutta contenta, al tavolo dei Grifondoro.

“Deve proprio piacerle la fotografia…” commentò Oliver, mentre Gal sbuffava: “L’adora. Non vedeva l’ora di venire ad Hogwarts solo per poter fotografare le creature magiche che vivono da queste parti…”

“Beh, allora ha trovato il posto giusto… Hagrid adora le creature… credo che ce ne siano così tante a scuola solo grazie a lui… manca solo un drago!”

“Magari quello arriva fra poco…” ridacchiò Gal, ma Delphini, insospettita da quella strana affermazione, gli domandò, con un tono così lento e scandendo per bene le parole come il sibilo di un serpente e con un’espressione vivamente infastidita e insospettita: “Cosa intendi con fra poco arriva un drago?”

Rendendosi conto di aver parlato troppo con la persona più sospettosa di tutta Hogwarts, Gal cercò di risolvere la situazione: “Ma niente… era tanto per dire…”

Per tutta risposta, Delphini lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dalla Sala Grande, con espressione furibonda, sibilando: “Tu vieni un attimo con me… voglio fare una bella chiacchierata con te… da donna a uomo.”

Contemporaneamente, l’espressione del povero Gal si trasformò in un misto di profondo terrore… lo avrebbe ammazzato…

Delphini lo condusse in uno sgabuzzino e, non appena ebbe chiuso la porta, domandò: “Hai combinato un altro casino dei tuoi, vero?”

“Cosa intendi?”

“Stai per portare un drago a scuola, vero?”

“No…”

“Dimmi – la – verità.”

Quelle tre semplici parole, dette in maniera affilata e spaventosa come il coltello di un serial killer, fecero scucire la bocca a Gal: “N-non sono sicuro che si tratta di un drago…”

“In che senso non sei sicuro che si tratta di un drago?”

“Beh, ti ricordi l’incidente che io, te e Kevin abbiamo avuto con la Metropolvere prima dell’inizio della scuola? In cui siamo finiti in una vecchia casa abbandonata, in cui c’era Abel che poi ha…”

“Va dritto al punto!”

“Va bene… ho trovato un uovo in quel posto! Sembrava abbandonato, così l’ho portato con me…”

Per un attimo, nello sgabuzzino, ci fu un silenzio di tomba, poi Delphini, indicò con l’indice il povero Gal e sibilò: “Fammi capire bene… hai trovato un uovo sconosciuto in una casa abbandonata, sede di gente poco raccomandabile… e l’hai portato qui? In una scuola?”

“Beh… riassunto al massimo… sì.”

“SEI UN IDIOTA PATENTATO!!!!!!!!”

L’urlo di Delphini fu talmente potente che spaventò gli uccelli fuori dalla finestra e fece tappare le orecchie al ragazzino.

“Io ti ammazzo, Galahad Sandlers!!!! Sarai anche l’Erede di Grifondoro, ma come deficiente non ti batte proprio nessuno! Se esistessero le Olimpiadi dei cretini, tu vinceresti tutti i premi possibili, razza di babbeo!!! Non hai pensato che la creatura là dentro potrebbe essere un grado XXXXX?!?! Una volta che si sarà schiuso, come pensi di tenerlo a bada?! Farà un macello, te lo dico io!!!! In una scuola, poi! Perché non hai consegnato quello stupido uovo al Ministero?!?!” strillò la Serpeverde, avvicinandosi pericolosamente al Grifondoro e mostrandogli un pugno, come se non vedesse l’ora di farglielo finire in testa.

Dal canto suo, Gal provò a difendersi: “Non mi è venuto in mente… ma non preoccuparti, ho tutto sotto controllo…”

“Tutto sotto controllo un corno! Sbarazzatene subito, razza d’idiota!”

“Non posso, si sta per schiudere…”

“Si sta per schiudere?” ripeté, con un’espressione sconvolta, Delphini, per poi sibilare, mentre assumeva un’espressione davvero arrabbiata e spaventosa: “Non m’interessa come ci riuscirai… ma sbarazzati di quell’uovo infernale prima che si schiuda, o proverai sulla tua pelle cosa significa farmi arrabbiare!”

Proprio in quel momento, la porta si aprì e voltandosi, Delphini notò che erano appena apparsi Teddy, Athena, Oliver e Victoire.

Evidentemente, quei quattro impiccioni non erano assolutamente in grado di farsi gli affari propri, almeno una volta nella vita…

“Cosa ci fate voi qui?” domandò col suo tono da ‘Cerco di essere educata, ma sarai molto più felice se spariste dalla mia vista’.

“Diciamo che eravamo un po’ preoccupati per la sopravvivenza di Gal… e per sbaglio abbiamo sentito tutto…” spiegò Teddy, venendo interrotto dalla Serpeverde, la quale, indicando con l’indice Gal, sbottò: “E allora aiutami a convincere questo stupido a liberarsi di qualunque cosa uscirà da quello stupido uovo!”

“No! Qualunque cosa uscirà da lì, è pur sempre una creatura vivente e, come tale, merita amore, rispetto e comprensione! Inoltre, si sta avvicinando il momento decisivo della nascita e, pertanto, non bisognerebbe spostarlo.” tentò di farla ragionare Oliver, sempre pronto a difendere i diritti degli animali, ma Delphini era irremovibile: “Quella bestiaccia ammazzerà tutti quanti, non appena sarà uscita! Ed io, se permettete, vorrei campare qualche altro anno!”

“Ma potrebbe non essere una creatura di grado XXXXX… potrebbe essere solo di grado X e, in quel caso, avremo solo fatto tanto rumore per nulla…”

“E’ una possibilità del 50% ed è una quotazione troppo azzardata per rischiare di tenercelo.”

“Beh, mettiamola ai voti.” Propose, proprio in quel momento, Athena “Chi ottiene la maggioranza dei voti vince e decide cosa farsene dell’uovo.”

“Io voto per Gal!” dichiarò subito Oliver, mentre Delphini si voltava verso Teddy e gli disse, col suo sorrisetto furbastro: “Teddy, mio caro, capisco che tu voteresti per Gal perché sei grande amico di quel cretino e di Oliver e questo tuo atto di fedeltà e lealtà ti rende onore, davvero… ma, dimmi, davvero saresti disposto a mettere a repentaglio la vita di tanti studenti, compresi quelli del primo anno, solo per essere fedele ai tuoi amici?”

L’espressione dubbiosa e imbarazzata del ragazzo, fecero capire alla ragazzina di aver fatto centro.

“Ehi, guarda che stai giocando sporco!” protestò Gal, risentito, ma la Serpeverde ribatté, prontamente: “Siamo in guerra, cocco di mamma. Se si vuole vincere, si deve usare tutti gli assi nella manica! Avanti, Teddy… dammi il tuo voto!”

Non aveva tempo da perdere, doveva al più presto ottenere il voto di Teddy perché, in quel caso, contemporaneamente avrebbe avuto anche quello di Victoire e sarebbe passata in vantaggio.

Si rendeva conto che era un piano un po’ troppo azzardato, non sapeva se la biondina l’avrebbe davvero votata… ma a casi estremi, estremi rimedi.

Purtroppo, quel babbeo di Teddy non sembrava assolutamente disposto a collaborare.

Infatti, continuava a mordicchiarsi le labbra, mentre i suoi capelli stavano diventando di tutti i colori possibili.

A quanto pareva, la lealtà di quel fesso era proprio tosta…

“Non preoccuparti, Teddy. Vota pure per Delphini.” Disse, all’improvviso e con la sua solita voce pacata, Oliver, facendo stupire tutti.

Quando vide che tutti lo stavano fissando, il Tassorosso dall’animo gentile disse al suo migliore amico: “Vota pure quello che ritieni giusto e non preoccuparti.”

“M-ma… io non vorrei…” borbottò Teddy, mentre Oliver finiva la frase: “…Offendermi? E per quale motivo? Solo perché noi due abbiamo opinioni diverse? Teddy, un vero amico non bada a queste quisquilie. Trovare un punto di contatto nella propria diversità e in pensieri differenti è sintomo di grande maturità e comprensione. Quindi, non aver paura di essere te stesso e di votare ciò che preferisci.”

Non appena finì il suo grande e saggio discorso, Oliver notò che tutti lo stavano fissando allibiti e, immediatamente, arrossì per l’imbarazzo e si coprì la faccia incandescente con le mani.

“Beh, allora se va bene… voto per Delphini.” Dichiarò Teddy, mentre Victorie, immediatamente, urlava: “Io voto quello che ha votato Teddy!”

“Come volevasi dimostrare…” sogghignò Delphini, mentre Athena esclamava: “Io, invece, voto per Gal e per la creatura dell’uovo.”

“Dunque… se Oliver ed Athena hanno votato per me, mentre Teddy e Victorie per Delphi…” si mise a ragionare Gal, guardando le sue dita “Questo significa… che siamo pari! E adesso che facciamo?”

“A questo punto, dovremo risolvere la cosa alla vecchia maniera…” sbottò Delphini e Gal, preoccupato, esclamò: “Non mi vorrai mica sfidare a duello!”

“Certo che no, baccalà. Una sfida a morra cinese, solo io e te. E chi vince, ha l’ultima parola.”

“Allora è meglio se ti prepari, perché io, modestamente, sono un campione a morra cinese… nel quartiere dove vivo, mi chiamano il drago della bufera.”

“Secondo me volevano solo avvisare tutti, con belle parole, che dovunque vai scateni un pandemonio…”

Proprio in quel momento, la campanella suonò e Delphini impallidì di colpo e si mise ad urlare, come se fosse in preda al panico: “Dannazione!!! Devo correre all’aula di Pozioni entro cinque minuti, prima che arrivi Lumacorno!!!”

“Andiamo, non fare così… in fondo, anche se arrivi un po’ in ritardo non succede niente…” tentò di rassicurarla Teddy, ma la Serpeverde lo incenerì con lo sguardo e sibilò: “Forse per te non succede niente… ma io l’anno scorso, sono sempre stata presente e puntuale a tutte le lezioni e gradirei mantenere questo mio record personale, chiaro?”

Più veloce del lampo, Delphini si fiondò alla porta, guardando l’orologio e calcolando: “Per correre al dormitorio da qui e prendere lo zaino ci vogliono massimo tra i due e i tre minuti facendo la strada di corsa… e per raggiungere l’aula, almeno altri due… fortunatamente, oggi ho Pozioni e l’aula è vicina al Sotterraneo di Serpeverde… tutto dipende da quanto corro veloce… speriamo solo di non incontrare Gazza… ci mancherebbe solo lui…”

Mentre la ragazzina correva come una furia nei corridoi, sempre controllando ogni due secondi l’orologio, Teddy la osservò in silenzio, per poi commentare: “Non ha alcun problema ad affrontare nemici o situazioni pericolose… ma entra nel panico più totale alla prospettiva di arrivare in ritardo a lezione…”

   
 
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