Capitolo
43: Mai disturbare
un Augurey
“Avvicinatevi
con cautela, ma
senza paura. I Kelpie addomesticati, se non si sentono minacciati, sono
le
creature più tranquille e servizievoli del mondo
magico…” si raccomandò Alison
Pemberton, prefetto di Tassorosso del sesto anno, oltre che essere la
presidentessa del club dell’Ippogrifo, una giovane ragazza
coi capelli a
caschetto color caramello, indicando la creatura che sembrava un
cavallo fatto
d’alghe e con le pinne, la quale nuotava tranquillamente
nella vasca della sede
del club.
Alison
prese un sacchetto
contenente cibo per animali e ne diede un po’ al Kelpie, il
quale, tutto
contento, cominciò a nitrire e a saltare
nell’acqua come un delfino.
Alison
diede un’occhiata al
sacchetto e con uno sbuffo, borbottò: “Abbiamo
quasi finito il cibo… qualcuno
potrebbe andare da Hagrid per prenderne dell’altro?”
“Me
ne occupo io.” Annunciò
una voce femminile, mentre una mano veniva alzata e una ragazzina del
secondo anno
coi capelli d’argento si faceva largo tra la folla.
“Torno
subito.” Rassicurò
Delphini, mettendosi lo zaino in spalla ed uscendo in fretta dalla sede
del
club.
Con
un po’ di fortuna, mentre
cercava Hagrid, poteva trovare un Thestral… un pelo di
Thestral era l’ultimo
ingrediente che le serviva per l’antidoto allo sguardo
mortale del Basilisco e
lei poteva vederli…
Non
appena se ne fu andata,
gli altri membri del Club continuarono a lavorare alle proprie pozioni,
a
prendersi cura dei funghi salterini o a tentare di fare previsioni con
le sfere
di cristallo disponibili dal club.
Oliver
si piazzò davanti ad
una sfera di cristallo e tentò di cercare di prevedere
qualcosa da essa, ma i
suoi occhi si dirigevano sempre verso una specifica Serpeverde coi
capelli a
caschetto biondi che, con la sua solita aria apatica, innaffiava i
funghi col
vecchio innaffiatoio.
“E’
carina…” sussurrò
Elizabeth, anche lei intenta a guardare in una sfera di cristallo,
mentre il
suo sguardo era concentrato su Nat.
“Mi
sembra assurdo che una
creatura così perfetta sia potuta scendere in
terra… dovrebbe stare in mezzo
alle altre creature mitiche…” aggiunse Oliver,
mentre la Corvonero meditava,
come se avesse la testa tra le nuvole: “Non mi
meraviglierebbe se i babbani del
Medioevo si fossero ispirate a lei per la creazione delle donne
angelo…”
Proprio
in quel momento, Nat
finì d’innaffiare le piante e appoggiò
l’innaffiatoio vicino ad un albero, per
poi mettersi a leggere un libro sotto ad un albero.
Veloce
come un lampo, Oliver
corse a prenderlo l’innaffiatoio e avvisò Alison,
la quale era ancora intenta
ad occuparsi del Kelpie: “Vado a prendere
dell’acqua.”
“Ok,
torna presto…”
“Tranquilla.”
la rassicurò
Oliver, salutando la ragazza e cominciando a dirigersi verso il Lago
Nero.
Una
volta arrivato, immerse
l’innaffiatoio nell’acqua e, una volta che fu
pieno, lo tirò fuori dall’acqua.
Stava
per tornarsene al club,
quando sentì un verso malinconico e rauco, come qualcuno con
la gola tutta
piena di catarro, provenire da un roveto proprio di fianco a lui.
Con
leggera ansia, Oliver si
avvicinò alla pianta e spostò leggermente i rovi,
facendo attenzione alle spine
e sperando, in cuor suo, di non trovare la carcassa di qualche animale
là
dentro…
Non
appena ebbe spostato i
rami si accorse di una sagoma all’interno del cespuglio che
lo fece trasalire
per lo spavento, ma, dopo qualche secondo di panico, riebbe il
controllo e
diede una seconda occhiata alla sagoma.
Con
suo immenso stupore, si
accorse che non solo la sagoma respirava, ma che sembrava un uccello
spennato.
Gli
bastò un’altra occhiata
per capire la natura della creatura: quello era un Augurey, la fenice
irlandese!
Ma
cosa ci faceva in un
cespuglio della Scozia, con un’aria spaventata?
Di
colpo, tutto fu chiaro:
una delle ali della povera creatura era storta in maniera innaturale,
quindi,
era rotta e non poteva volare, finendo alla mercé di
innumerevoli predatori...
D’istinto,
il Tassorosso
allungò le braccia verso l’Augurey, ma
l’animale, visibilmente spaventato,
cominciò ad allontanarsi e a gracchiare di paura.
“No,
no, no, non aver paura…
non voglio farti niente… voglio solo aiutarti.”
Tentò di rassicurarlo Oliver e
l’animale si zittì, anche se continuò a
guardarlo in maniera sospettosa.
Oliver
mise una mano in tasca
e prese un sacchetto di cibo per creature magiche e, una volta aperto,
lo
avvicinò all’Augurey ferito.
La
creatura, inizialmente,
osservò con sospetto il cibo, ma, alla fine, si
avvicinò, saltellando, alla
mano aperta e beccò un croccantino.
Dopo
essersi assicurato che
il cibo non fosse avvelenato, l’animale finì in
pochi secondi il cibo e, poi,
inaspettatamente, cominciò a strofinare il becco sulla mano
di Oliver, come se
volesse ringraziarlo.
“Grazie.”
Fece Oliver,
togliendosi il maglione, restando solo in camicia bianca e cravatta
nera e
gialla, e mettendolo attorno alla creatura, come una sorta di fagotto,
per poi
prenderlo in braccio.
Ovviamente,
la creatura
cominciò ad agitarsi e a gracchiare di nuovo per la paura,
ma Oliver,
prontamente, lo rassicurò, accarezzandogli le piume:
“Sst, non aver paura,
piccolo… non ti voglio fare niente. Ti porto solo da Hagrid,
in modo che ti
curi. Lui è un esperto di creature magiche e ti
rimetterà in sesto, vedrai. E’
un po’ il corrispettivo di Madama Chips per le creature
magiche…”
L’Augurey
parve calmarsi e
Oliver cominciò a correre verso la capanna.
Una
volta davanti alla porta
di legno, il giovane Tassorosso cominciò a battere con forza
alla porta.
Pochi
secondi dopo, la porta
si aprì e apparve l’enorme faccione di Hagrid
circondato dalla sua folta barba.
“Oliver,
che succede?”
domandò, leggermente preoccupato, il custode e il ragazzino
alzando il fagotto
con l’Augurey, spiegò: “Ho trovato
quest’Augurey vicino al lago! Ha un’ala
spezzata… ti prego, dimmi che puoi
curarlo…”
Hagrid
prese la creatura
nelle sue enormi mani e, dopo aver osservato con attenzione
l’ala rotta,
esclamò: “Brutto affare, davvero
brutto… qualcuno deve avergliela colpita con
un incantesimo, rompendogliela. Che gente che c’è
al giorno d’oggi… aggredire
una povera creatura come questa…”
“Riuscirai
a riparargliela,
vero?”
“Ma
certo! Fortunatamente non
sembra nulla di grave… entro due settimane sarà
di nuovo in grado di volare…
però sono sorpreso di trovare un Augurey da queste
parti… hai detto di averlo
trovato vicino al lago?”
“Sì,
e non c’era il suo
caratteristico nido a forma di lacrima…”
“Di
solito, fanno il nido in
posti isolati… sai, sono uccelli molto timidi per
natura… ci hanno paura degli
altri… e non mi meraviglia, c’era gente in passato
che credeva che il loro
canto annunciasse la morte di qualcuno… gente matta, ecco
quello che penso io.
Ma guardalo, Oliver… è così carino e
docile… una creatura così non farebbe mai
del male a qualcuno…”
“Hai
proprio ragione, Hagrid…
io penso che gli animali sono creature meravigliose e che, a volte,
siano
migliori di noi umani…”
Hagrid
annuì, convinto, poi
si voltò verso l’animale, il quale continuava a
gracchiare, visibilmente
spaventato, e gli accarezzò dolcemente la testolina piumata.
Subito,
l’Augurey si calmò e
si mise a colpirlo dolcemente con la testa.
“Visto?
E’ una creatura così
dolce… sono quei matti che pensano che sarebbe pericoloso
per il suo canto…”
“Già…”
Delphini
camminava in mezzo
alla radura, girandosi a guardare in tutte le direzioni, in cerca di
Thestral,
ma non vedeva neanche l’ombra di quelle creature.
L’unica
persona che aveva
incontrato, strada facendo, era stato Abel, il quale gli era sembrato
molto
nervoso e sul chi vive, ma non era una novità.
Da
alcuni giorni, infatti,
sembrava avere l’aria parecchio tesa e, secondo Kevin, il
quale condivideva con
lui il dormitorio, era perché, ultimamente, aveva la
sensazione che qualcuno lo
stesse spiando.
Addirittura,
tre giorni prima,
era trasalito e si era voltato di scatto puntando la bacchetta pronto a
lanciare un incantesimo verso Lester Falwey,
‘colpevole’ di aver aperto
bruscamente la porta del loro dormitorio, per poi scusarsi,
massaggiandosi la
fronte per calmarsi.
Abel
non aveva mai mostrato
simili tendenze paranoiche prima d’ora, quindi era evidente
che qualcosa o
qualcuno lo stesse tenendo d’occhio… e se neanche
il suo amichetto invisibile
poteva aiutarlo ad individuare lo spione, non c’era da
stupirsi che fosse così
sulle spine al minimo movimento sospetto…
La
giovane fece un sospiro di
rassegnazione.
Evidentemente,
quel giorno
non era destino…
Stava
per andarsene alla
capanna di Hagrid, quando sentì un nitrito roco.
Un
nitrito che non sarebbe
stato udito da molti, ma lei, che aveva visto e compreso la morte a
pochi mesi,
era perfettamente udibile.
Corse
come una furia in
direzione dei nitriti e, in pochi secondi, giunse in una radura, dove
c’era un
Thestral che tentava, disperatamente, di liberarsi di una tagliola.
Delphini
era senza parole.
Cosa
diavolo ci faceva quella
roba nel parco?!
Sapeva
per certo che Hagrid
non avrebbe mai messo simili porcherie nel parco, con l’alto
rischio di far del
male ad una creatura magica…
La
giovane Serpeverde si
avvicinò al nero cavallo scheletrico e sussurrò,
in maniera piuttosto goffa,
dato che non era per niente abituata a rassicurare dolcemente qualcuno,
di
solito, infatti, preferiva un atteggiamento da duro, ma in quella
situazione
ciò avrebbe solo peggiorato le cose: “Ehi, ehi,
calmati… andiamo, non fare
così… se ti agiti, quella roba ti
entrerà ancora di più nella
carne…”
Alla
fine, in maniera
piuttosto imbranata e maldestra, Delphini riuscì a calmare
il Thestral e,
puntando la bacchetta di biancospino verso la tagliola,
urlò: “Evanesco.”
In
un millesimo di secondo,
la tagliola scomparve e il cavallo fu libero, il quale, grato per la
liberazione cominciò a strofinare il muso sul viso della sua
salvatrice, la
quale puntò la bacchetta sulla zampa ferita del Thestral e
disse: “Ferula.”
Con
sua enorme soddisfazione,
dalla bacchetta apparve una benda che si attorcigliò attorno
alla zampa, per
poi formare un nodo parecchio rozzo e senza nemmeno il fiocco, ma
considerando
il fatto che fino a quel momento non era riuscita a far apparire
nemmeno un
centimetro di benda, il risultato non era poi così
malaccio…
Facendo
attenzione a non fare
movimenti bruschi, Delphini afferrò in modo delicato, ma
deciso una ciocca di
peli del Thestral e, puntando la bacchetta sussurrò:
“Diffindo.”
A
differenza di Ferula,
Delphini aveva molta più dimestichezza con
l’incantesimo tagliente, forse
perché l’inventrice di quell’incantesimo
aveva un nome simile al suo, Delfina
Crimp, in ogni caso, la giovane si trovò tra le mani un
ciuffo di peli,
perfetti per terminare il suo antidoto allo sguardo mortale dei
Basilischi…
“Dici
che stasera verrà
fuori?” domandò, incuriosito, Gal osservando da
vicino il suo uovo e Godric
annuì: “Non ne sono certo, perché era
Rowena quella che sapeva sempre tutto, ma
direi di sì…”
“Un
po’ mi scoccia perdermi
un’altra festa di Halloween, ma sono troppo curioso di vedere
cosa verrà fuori…
scommetto che è un drago!”
“A
me piacerebbe che fosse
una Chimera perché sono le creature magiche che
più si avvicinano ai leoni…”
“A
te piacciono proprio i
leoni, eh?”
“Sì,
li trovo animali così
orgogliosi e fieri… però amano molto dormire,
come i gatti… per non parlare
della criniera! Oh, è un peccato che qui in Inghilterra, non
se ne trova
neanche uno… e pensare che sono così maestosi dal
vivo…”
“Ne
hai visto uno dal vivo?”
“Una
volta, a tredici anni.
Io, Althea e gli altri facemmo un viaggio per conoscere a fondo lo
stile magico
africano e sapessi com’era grande e, soprattutto, caldo quel
continente… i
babbani d’Europa erano convinti che fosse piccolo…
una strisciolina di terra
dall’altra parte del Mar Mediterraneo! Esplorammo il deserto,
camminammo
seguendo il corso del Nilo, salimmo sulle più alte montagne
del continente,
visitammo le piramidi, i resti di antiche civiltà babbane,
vari popoli e
culture, sia babbani che maghi… per tutti e quattro fu un
viaggio
indimenticabile… Rowena era sempre lì a scrivere
e a disegnare tutto quello che
vedeva e scopriva di nuovo, le braccia erano così piene di
rotoli di pergamena
che essi cadevano in continuazione… Helga ammirava in
continuazione la flora e
la fauna dell’Africa e non vedeva l’ora
d’imparare nuove terapie mediche, la
sua preferita era quella di origine egiziana di annusare gli odori dei
giardini
per rilassarsi… mentre a Sal, l’unica cosa che
importava era vedere i serpenti…
almeno impediva che ci aggredissero… lo ammetto, dormivamo
tutti sonni molto
più tranquilli con quei rettili che ci facevano la
guardia… non immagini quanti
predoni hanno fatto scappare con la coda tra le gambe… erano
più efficaci dei
Protego di Helga, che sono i più potenti che si siano mai
visti…”
“E
qual è la cosa che a te è
piaciuta di più del viaggio?”
“Il
gusto dell’avventura! Ho
scalato la piramide più alta di tutto l’Egitto e,
una volta in cima, mi sono
sentito così vivo e pieno d’energia dentro di
me… mi sentivo un fuoco! Althea,
in effetti, affermava che avevo un profondo legame col fuoco
perché era il mio
elemento… comunque, mi sono messo ad urlare per condividere
le mie emozioni
anche al resto del mondo… peccato che una volta che sceso,
Sal si è messo ad
urlarmi contro affermando che le mie urla si erano sentite in tutta
l’Africa e
che, come al solito, era stato molto vicino dal morire dalla vergogna
grazie a
me… sempre intrattabile, quello… era come se ce
l’avesse sempre con me… però,
il ricordo più bello è quando sono finito con la
mia scopa su un Baobab per una
sfida, solo che la scopa si era rotta e non sapevo come fare a
scendere… Helga
è subito corsa a cercare una scala, mentre quel cavaliere di
Sal ha proposto di
lasciarmi lassù, dato che non solo mi preferiva a quella
distanza, ma c’erano
anche ottime probabilità che non combinassi uno dei miei
soliti cataclismi su
quell’albero… fortunatamente, ci ha pensato Rowena
a farmi scendere, grazie ai
suoi…”
“Ehi,
ho sentito qualcosa
provenire dall’uovo!”
Sentendo
quelle parole,
Godric fermò immediatamente il suo monologo e si
avvicinò, per quanto glielo
consentisse il dipinto, per vedere l’uovo che, come aveva
annunciato Gal, aveva
cominciato a muoversi con energia finché non si
fermò, bruscamente.
“Accidenti,
speravo fosse la
volta buona…” mugugnò il giovane,
leggermente depresso “E’ tutta la settimana
che continuava a fare così e non si schiude
mai…”
“Probabilmente
significa che
sta per schiudersi… ma non chiedermi fra quanto. Era Rowena
quella che sapeva
queste cose… io, più che altro, ero lo scemo del
villaggio.”
“Non
penso che tu fossi così
stupido… neanch’io sono la persona più
intelligente di questo posto, ma non
sono un idiota totale…”
“Beh,
grazie… sai, ci
conosciamo da quasi un mese, eppure mi sembra di essere tornato
bambino…”
“Ecco,
adesso dev’essere
pronta…” esclamò Delphini, togliendosi
il sudore dalla fronte col dorso della
mano, finendo di mescolare la pozione verde acido.
Asmodeus
si sporse a dare
un’occhiata al risultato e subito dopo, si sistemò
per terra e borbottò: “Alla
buon’ora… finalmente posso farmi un
pisolino…”
“Chi
dice che i serpenti sono
creature spietate e senza scrupoli è evidente che non ne ha
mai avuto uno come
animale domestico… siete le creature più pigre
che si siano mai viste…”
“Noi
serpenti abbiamo la
digestione lenta, carina… comunque, datti una mossa a
preparare quell’antidoto
e lasciami dormire.”
“Pigrone.”
Una
volta finita la pozione,
Delphini la mise in una bocchetta e, dopo essersi assicurata che
Asmodeus se ne
stava ronfando sotto ad una coperta, corse ad aprire il passaggio
segreto che
conduceva alla stanza dove Scintilla e gli altri Basilischi vivevano.
Scese
rapidamente le scale e
chiamò: “Scintilla, credo di aver pronta la
pozione!”
“Davvero?”
domandò la
creatura, strisciando velocemente, sempre tenendo gli occhi chiusi.
Una
volta che le fu davanti,
Delphini mostrò la boccetta ed esclamò:
“Dovrebbe essere pronta… ho seguito le
istruzioni alla lettera… te la senti?”
Il
Basilisco rimase in
silenzio un attimo, poi annuì: “Sì. La
tua famiglia è stata riconosciuta come
nostri padroni e signori, inoltre, sei l’unica umana che
parla la nostra
lingua, dopo il nostro benefattore… sarebbe un insulto nei
tuoi confronti non
obbedirti.”
“Va
bene… allora preparati.
Verserò due gocce di questa pozione sui tuoi occhi. Se ha
funzionato, potrai
guardarmi negli occhi, senza che io debba temere di tirare le
cuoia.”
“E
se la pozione non è
corretta.”
Delphini
fece le spallucce e
dichiarò, con il tono più neutro che possedeva:
“In tal caso, tirerò le cuoia.”
Il
Basilisco restò un attimo
in silenzio, un po’ scosso.
Era
impressionante come
quella ragazzina stesse parlando della sua alta probabilità
di morire tra pochi
secondi, con lo stesso tono con cui s’intendeva andare ad una
gelateria a
controllare se fosse aperto e, in caso contrario, tornarsene
semplicemente a
casa.
“Non
hai paura di morire?”
domandò Scintilla e la ragazzina rispose: “Per
niente! Anzi, sono sicura che
mezzo mondo sarebbe contento della mia dipartita: questo è
l’unico lato
positivo di essere figlia dei miei genitori e di non avere
amici… se crepo,
nessuno si dispererà troppo.”
“Se
sparissi, la tua assenza
solleverebbe comunque non poche domande…”
“Oh,
ho già pensato a questo…
se muoio, Asmodeus lascerà un biglietto scritto da me in
Sala Comune in cui
racconto che a scuola mi sentivo repressa, che i miei compagni erano
dei
completi zucconi e altre sciocchezze simili… quindi, ho
deciso di fare un
viaggio intorno al mondo per migliorarmi e un giorno tutti loro
sentiranno
parlare di me in ogni angolo della terra.”
“Lo
sai che sei davvero un
bel tipo, tu?”
“In
questo mondo, si fa quel
che si può… vogliamo iniziare?”
Lentamente,
Scintilla abbassò
la testa e con abilità, Delphini le mise due gocce della
pozione che aveva in
mano sugli occhi.
“Sento
uno strano prurito
agli occhi…” notò il serpente gigante e
Delphini commentò: “Forse significa che
sta facendo effetto… non appena il prurito sarà
svanito, apri gli occhi.”
Dopo
qualche minuto,
Scintilla esclamò: “Ok, adesso apro gli
occhi…”
“Ok,
fallo.”
Lentamente,
Scintilla aprì un
occhio, rivelando una grossa iride di un giallo opaco o spento.
“Dato
che non sono
schiattata, puoi aprire l’altro.”
Una
volta che Scintilla ebbe
aperto entrambi gli occhi ed essersi assicurata che la pozione aveva
funzionato, la creatura esultò, felice: “Ce
l’hai fatta! Ci sei riuscita! Non
ci posso credere… sei straordinaria, proprio come
lui!”
“Grazie,
grazie… anche se un
artista non dovrebbe mai accettare i complimenti…”
fece Delphini con un sorriso
di vittoria e un tono tutt’altro che modesto.
In
realtà, sentiva dentro di
sé una strana sensazione… il piacere di aver
fatto qualcosa di buono e di aver
aiutato qualcuno… non era poi tanto male… la
faceva stare leggermente in pace
con sé stessa…
“Forza,
al lavoro… abbiamo un
sacco di Basilischi da liberare da una certa vista
mortale…”
Se
c’era una cosa che Oliver
aveva odiato praticamente da sempre era finire sotto i riflettori.
Di
solito, era abbastanza
bravo a non farsi notare dagli altri, complice il fatto che era di
aspetto
assolutamente normale, quasi mediocre… di certo, nessuno
faceva caso a lui, a
parte i suoi amici, gli unici a cui importava di essere preso in
considerazione.
Certo,
se fosse stata Nat a
notarlo, si sarebbe fatto bellissimo solo per lei, dato che meritava di
stare
accanto ad uno bellissimo… ma finché non sapeva
nemmeno della sua esistenza,
avrebbe continuato a comportarsi come se avesse sempre addosso un
mantello
dell’invisibilità.
Purtroppo,
in quel momento i
suoi buoni propositi d’invisibilità non stavano
funzionando tanto bene… questo
perché l’Augurey che aveva soccorso gli stava
appollaiato sul cappello a punta.
Non
poteva di certo biasimare
gli altri ragazzi per il fatto che lo stessero fissando… ma,
d’altronde, la
creatura si stava riprendendo e sembrava non vedesse l’ora di
fare un giro
della scuola, anche se, ad essere sinceri a mille, era stato lui a
saltargli
sulla testa…
E
adesso, era sotto lo
sguardo di tutti, dato che non si era mai visto qualcuno girare con un
Augurey
sulla testa…
“Bel
Augurey.” Commentò una
voce rilassante e pura come il corso di un piccolo fiume di montagna
alle sue
spalle, che lo fece sobbalzare per il nervosismo.
Sentendosi
il viso diventare
una fornace e il sudore cadere copioso dalla fronte come le cascate del
Niagara, Oliver si voltò e balbettò:
“Ah, ciao… grazie… è
carino… da parte
tua…”
“Prego.”
Bofonchiò Nat,
superandolo, così non si accorse che Oliver la stava
osservando con uno sguardo
sognante e un sorriso pieno d’amore, lasciandosi scappare un
profondo sospiro.
Se
avesse potuto volare, di
sicuro, si sarebbe ritrovato coi piedi a penzoloni nell’aria
in quel preciso
istante…
“Ah-ha!
Che ci fa
quell’uccellaccio, qui?!” strepitò una
voce tremendamente familiare.
Imbarazzato,
Oliver si voltò
e provò a spiegare: “I-io volevo solo fargli fare
un piccolo giretto, signor
Gazza… si sta riprendendo da una brutta frattura
all’ala e…”
“Non
mentirmi, ragazzino! So
cos’hai intenzione di fare… vuoi che
quell’uccellaccio sporchi in giro, così
sono io il povero sciocco che pulisce, eh? Beh, non
funzionerà! Adesso, tu e
quella bestiaccia andrete direttamente nel mio ufficio!
E…!”
Prima
che Gazza potesse
finire la sua minaccia, l’Augurey si alzò in aria
e sfrecciò in un corridoio
alle spalle del custode e dello studente.
Pochi
secondi dopo, si sentì
un urlo di dolore e, tra la sorpresa generale, apparve Pix, il quale
cercava di
ripararsi la testa con le mani dal becco dell’uccello, il
quale lo stava
beccando a tutta velocità, come un trapano elettrico.
“Cosa
diavolo…?” sussurrò
Gazza, mentre il poltergeist urlava: “Smettila! Piantala,
maledetto uccello
infernale!!! Ed io che speravo che te ne fossi andato per
sempre… ho capito, ho
capito… me ne vado!”
L’Augurey
smise di beccarlo e
Pix ne approfittò per scappare, con la mano che massaggiava
la testa dolorante.
L’uccello,
si appoggiò alla
spalla di Oliver, sempre tenendo d’occhio l’essere
dispettoso, per poi
gracchiare un semplice: “Cra!”, arruffando anche un
po’ le piume, come a
sfidarlo nel ritornare.
Gazza
rimase in silenzio un
attimo, poi, guardando l’Augurey con un improvviso rispetto,
borbottò: “Va
bene… per stavolta lascerò correre…
ah, senti, ragazzino… non è che potresti,
un giorno, prestarmi quel tuo uccello, se dovessi scacciare una volta
per tutte
Pix?”
“Certo…
ovviamente se è lui a
volerlo…” balbettò Oliver e il custode
grugnì, dato che era il suo modo
personale per acconsentire, e si allontanò velocemente,
seguito da Mrs Purr.
Notando
che tutti lo stavano
guardando, il povero Tassorosso, così rosso in viso da
sembrare un tifoso della
squadra di Grifondoro, corse a tutta birra nella Sala Grande, con
sempre
l’Augurey appollaiato alla spalla.
Una
volta arrivato, Oliver si
sedette di fianco a Teddy, il quale, con un sorriso,
esclamò: “Che carino! Dove
l’hai trovato?”
“Vicino
al lago. Pensa,
qualche… brutto idiota senza cervello, gli aveva spezzato
l’ala! Che razza di
gente che c’è nel mondo…”
Proprio
in quel momento,
l’uccello si alzò in volo e si diresse a tutta
velocità verso il tavolo dei
Serpeverde, dove si udirono, pochi secondi dopo, un colpo e
un’adirata voce
femminile che urlava: “Ma che cavolo…?!”
Immediatamente,
Oliver si
diresse verso la direzione delle urla e vide che l’Augurey si
era appollaiato
sulla spalla di Delphini e si stava strofinando sulla guancia e sul
collo della
ragazzina, come se fosse felice di rivederla, a differenza della
Serpeverde, la
quale, invece, se lo voleva levare al più presto dalle
spalle.
Non
appena notò Oliver e
Teddy, seguiti a loro volta da Victorie, la quale, non appena aveva
notato che
il Tassorosso coi capelli blu si era alzato dal tavolo della sua Casa,
non
aveva perso tempo a raggiungerlo, avvicinarsi a lei, Delphini fece
immediatamente due più due.
“E’
tuo quest’uccello?”
sibilò Delphini a Oliver, il quale, imbarazzato, ammise:
“Sì… sai è una storia
un po’ lunga…”
“Ripigliatelo
all’istante. Ma
guarda che roba… adesso devo stare attenta agli
uccelli?”
“Ehi,
ragazzi che succede?”
domandò una voce maschile frizzante e allegra.
Il
gruppo si voltò e vide Gal
con la sua solita aria ebete e la nuova fiammante divisa rossa della
squadra di
Grifondoro, che contrastava notevolmente col suo vecchio casco da
pilota
babbano.
A
quanto pareva, la scarsa
bravura scolastica di Gal veniva ampiamente recuperata con lo
sport… ma non
bastava, purtroppo, per migliore il suo stile.
Non
appena notò l’uccello
sulle spalle di Delphini, il rosso esclamò: “Ehi,
da dove salta fuori
quell’uccello?”
“E
che ne so? Chiedilo ad
Oliver, dato che l’animale è suo!”
Incuriosito
al massimo, Gal
prese l’Augurey tra le mani, togliendolo dalla spalla di
Delphini, in modo da
avvicinarlo al suo viso per guardarlo bene.
“Urca!
Che faccia buffa che
ha questo uccello!” esclamò,
all’improvviso, il rosso, ridendo divertito, ma
qualcuno non parve trovare l’affermazione divertente.
L’Augurey,
infatti, fece un
sonoro e seccato “Cra!” prima di afferrare col
becco il naso di Gal.
Mentre
il Grifondoro,
tentava, mugolando dal dolore, di staccare l’uccello
vendicatore dal suo naso,
Teddy, Oliver, Victorie, Kevin e anche Athena, la quale era entrata
proprio in
quel momento nella Sala Grande e, avendo notato il tafferuglio alla
tavola dei
Serpeverde, si era prontamente affrettata a raggiungere i suoi amici
per vedere
cosa stesse succedendo, mentre Delphini se ne restava seduta al suo
posto con
gli occhi chiusi e le braccia incrociate, con un’espressione
parecchio
infastidita e scocciata, mentre numerosi studenti di tutte le Case si
voltavano
nella direzione del baccano per vedere cosa stesse succedendo.
Finalmente,
il gruppo riuscì
a separare il naso di Gal dal becco dell’uccello, il quale se
ne volò su una
colonna, mentre il povero Grifondoro si massaggiava il naso dolorante e
rosso
come la renna che guidava il carro di Babbo Natale, borbottando un
doloroso: “Ouch…”
“Non
avresti dovuto
offenderlo…” commentò, con un sospiro
di disagio, Oliver.
“Scusa,
mi dispiace averti
offeso… comunque, da dove vieni?”
domandò, incuriosito, Gal all’Augurey, ma
quello, per tutta risposta, piegò la testa da un lato, come
se volesse
osservarlo da un’altra prospettiva e gracchiò:
“Cra!”
“Non
è di molte parole, eh?”
commentò Gal, indicandolo, voltandosi verso Oliver, il quale
raccontò: “L’ho
trovato qua fuori una settimana fa… a quanto pare, qualcuno
gli ha rotto un’ala
con un incantesimo…”
“Non
si era mai vista una
fenice irlandese da queste parti…”
esclamò Athena, osservando, con profondo
interesse, la creatura, la quale si era messa a pulirsi le piume
dell’ala col
becco.
“Fenice
irlandese?” domandò
il rosso e Athena, risistemandosi i grossi occhiali, spiegò:
“E’ il nome
alternativo degli Augurey.”
“Non
sapevo che venissero
dall’Irlanda…”
“All’inizio,
queste creature
si trovavano solo lì e in Gran Bretagna, ma poi si sono
diffuse nel resto del
nord Europa. Inoltre, ho sentito dire che la squadra nazionale di
Quidditich
del Liechtenstein ne ha uno come mascotte.”
“Beh,
in effetti, tolta
quell’aria triste e denutrita, non sono tanto
male… ma non è che sono parenti
delle fenici immortali che rinascono dalle proprie cenere, le cui
lacrime
guariscono tutti i dolori del mondo? Sai, con quel
nome…”
“Mmh…
dovrò fare qualche
ricerca…”
“Secondo
voi, scenderà
spontaneamente tra un po’ o dobbiamo lasciarlo
lì?” domandò Teddy e Delphini,
che fino a quel momento non aveva aperto bocca, sbottò:
“Lasciatelo perdere!
Perché non ce ne andiamo a far lezione,
piuttosto?”
“E
se causasse dei problemi?”
domandò Gal, ma Oliver lo tranquillizzò subito:
“Non preoccuparti, l’Augurey è
stato classificato dal Ministero della Magia come XX, ossia le creature
innocue
e che possono essere benissimo addomesticate. Non corriamo alcun
pericolo…”
Proprio
in quel momento,
un’improvvisa luce da terra illuminò
l’Augurey, il quale per lo spavento, si
librò subito in aria in uno svolazzo di piume, dirigendosi
verso Gal, il quale,
preoccupato, chiuse gli occhi e mise il braccio davanti al naso, come
se
volesse proteggerlo da un’altra beccata, ma,
inaspettatamente, la creatura, si
nascose dietro alle spalle di Gal.
“Che succede?!
Cos’era quella luce
improvvisa?!” domandò, spaventato, il rosso,
mentre l’Augurey faceva capolino
da dietro la spalla del Grifondoro, con i suoi grandi occhioni da
sembrare due
piattini da tazzine da caffè e facendo un semplice:
“Cra?”
La
spiegazione per quell’improvvisa
luce accecante fu spiegata, non appena il gruppo ebbe dato
un’occhiata
all’ingresso della Sala Grande, dove c’era una
ragazzina con indosso la divisa
di Grifondoro e una grossa macchina fotografica che Gal conosceva fin
troppo
bene.
“Monica?!
Sei stata tu a
spaventare quell’Augurey?” le domandò,
esasperato, Gal e la coetanea, con un
gran sorriso, ammise: “Beh, non ho saputo
resistere… un Augurey ad Hogwarts!
Però, mi dispiace… non era affatto mia intenzione
spaventarlo… speriamo che non
si metta a cantare…”
“Il
canto degli Augurey
annuncia soltanto quando sta per arrivare la pioggia, non la morte di
qualcuno.”
Spiegò, vagamente stizzito, Oliver, ma Monica si mise a
controllare la foto
nella galleria della sua macchina fotografica, sotto lo sguardo
distratto di
Delphini, la quale se ne stava a braccia incrociate.
“Beh,
comunque, è venuta
davvero bene. Non appena la farò stampare, la
invierò subito alla mia
famiglia.” Esultò Monica, dirigendosi, tutta
contenta, al tavolo dei
Grifondoro.
“Deve
proprio piacerle la
fotografia…” commentò Oliver, mentre
Gal sbuffava: “L’adora. Non vedeva l’ora
di venire ad Hogwarts solo per poter fotografare le creature magiche
che vivono
da queste parti…”
“Beh,
allora ha trovato il
posto giusto… Hagrid adora le creature… credo che
ce ne siano così tante a
scuola solo grazie a lui… manca solo un drago!”
“Magari
quello arriva fra poco…”
ridacchiò Gal, ma Delphini, insospettita da quella strana
affermazione, gli
domandò, con un tono così lento e scandendo per
bene le parole come il sibilo
di un serpente e con un’espressione vivamente infastidita e
insospettita: “Cosa
intendi con fra poco arriva un drago?”
Rendendosi
conto di aver
parlato troppo con la persona più sospettosa di tutta
Hogwarts, Gal cercò di
risolvere la situazione: “Ma niente… era tanto per
dire…”
Per
tutta risposta, Delphini
lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori
dalla Sala Grande, con
espressione furibonda, sibilando: “Tu vieni un attimo con
me… voglio fare una
bella chiacchierata con te… da donna a uomo.”
Contemporaneamente,
l’espressione del povero Gal si trasformò in un
misto di profondo terrore… lo
avrebbe ammazzato…
Delphini
lo condusse in uno
sgabuzzino e, non appena ebbe chiuso la porta, domandò:
“Hai combinato un altro
casino dei tuoi, vero?”
“Cosa
intendi?”
“Stai
per portare un drago a
scuola, vero?”
“No…”
“Dimmi
– la – verità.”
Quelle
tre semplici parole,
dette in maniera affilata e spaventosa come il coltello di un serial
killer,
fecero scucire la bocca a Gal: “N-non sono sicuro che si
tratta di un drago…”
“In
che senso non sei sicuro
che si tratta di un drago?”
“Beh,
ti ricordi l’incidente
che io, te e Kevin abbiamo avuto con la Metropolvere prima
dell’inizio della
scuola? In cui siamo finiti in una vecchia casa abbandonata, in cui
c’era Abel
che poi ha…”
“Va
dritto al punto!”
“Va
bene… ho trovato un uovo
in quel posto! Sembrava abbandonato, così l’ho
portato con me…”
Per
un attimo, nello
sgabuzzino, ci fu un silenzio di tomba, poi Delphini, indicò
con l’indice il
povero Gal e sibilò: “Fammi capire
bene… hai trovato un uovo sconosciuto in una
casa abbandonata, sede di gente poco raccomandabile… e
l’hai portato qui? In
una scuola?”
“Beh…
riassunto al massimo…
sì.”
“SEI
UN IDIOTA
PATENTATO!!!!!!!!”
L’urlo
di Delphini fu
talmente potente che spaventò gli uccelli fuori dalla
finestra e fece tappare
le orecchie al ragazzino.
“Io
ti ammazzo, Galahad
Sandlers!!!! Sarai anche l’Erede di Grifondoro, ma come
deficiente non ti batte
proprio nessuno! Se esistessero le Olimpiadi dei cretini, tu vinceresti
tutti i
premi possibili, razza di babbeo!!! Non hai pensato che la creatura
là dentro
potrebbe essere un grado XXXXX?!?! Una volta che si sarà
schiuso, come pensi di
tenerlo a bada?! Farà un macello, te lo dico io!!!! In una
scuola, poi! Perché
non hai consegnato quello stupido uovo al Ministero?!?!”
strillò la Serpeverde,
avvicinandosi pericolosamente al Grifondoro e mostrandogli un pugno,
come se
non vedesse l’ora di farglielo finire in testa.
Dal
canto suo, Gal provò a
difendersi: “Non mi è venuto in mente…
ma non preoccuparti, ho tutto sotto
controllo…”
“Tutto
sotto controllo un
corno! Sbarazzatene subito, razza d’idiota!”
“Non
posso, si sta per
schiudere…”
“Si
sta per schiudere?”
ripeté, con un’espressione sconvolta, Delphini,
per poi sibilare, mentre
assumeva un’espressione davvero arrabbiata e spaventosa:
“Non m’interessa come
ci riuscirai… ma sbarazzati di quell’uovo
infernale prima che si schiuda, o
proverai sulla tua pelle cosa significa farmi arrabbiare!”
Proprio
in quel momento, la
porta si aprì e voltandosi, Delphini notò che
erano appena apparsi Teddy,
Athena, Oliver e Victoire.
Evidentemente,
quei quattro
impiccioni non erano assolutamente in grado di farsi gli affari propri,
almeno
una volta nella vita…
“Cosa
ci fate voi qui?”
domandò col suo tono da ‘Cerco di essere educata,
ma sarai molto più felice se
spariste dalla mia vista’.
“Diciamo
che eravamo un po’
preoccupati per la sopravvivenza di Gal… e per sbaglio
abbiamo sentito tutto…”
spiegò Teddy, venendo interrotto dalla Serpeverde, la quale,
indicando con
l’indice Gal, sbottò: “E allora aiutami
a convincere questo stupido a liberarsi
di qualunque cosa uscirà da quello stupido uovo!”
“No!
Qualunque cosa uscirà da
lì, è pur sempre una creatura vivente e, come
tale, merita amore, rispetto e
comprensione! Inoltre, si sta avvicinando il momento decisivo della
nascita e,
pertanto, non bisognerebbe spostarlo.” tentò di
farla ragionare Oliver, sempre
pronto a difendere i diritti degli animali, ma Delphini era
irremovibile:
“Quella bestiaccia ammazzerà tutti quanti, non
appena sarà uscita! Ed io, se
permettete, vorrei campare qualche altro anno!”
“Ma
potrebbe non essere una
creatura di grado XXXXX… potrebbe essere solo di grado X e,
in quel caso,
avremo solo fatto tanto rumore per nulla…”
“E’
una possibilità del 50%
ed è una quotazione troppo azzardata per rischiare di
tenercelo.”
“Beh,
mettiamola ai voti.”
Propose, proprio in quel momento, Athena “Chi ottiene la
maggioranza dei voti
vince e decide cosa farsene dell’uovo.”
“Io
voto per Gal!” dichiarò
subito Oliver, mentre Delphini si voltava verso Teddy e gli disse, col
suo
sorrisetto furbastro: “Teddy, mio caro, capisco che tu
voteresti per Gal perché
sei grande amico di quel cretino e di Oliver e questo tuo atto di
fedeltà e
lealtà ti rende onore, davvero… ma, dimmi,
davvero saresti disposto a mettere a
repentaglio la vita di tanti studenti, compresi quelli del primo anno,
solo per
essere fedele ai tuoi amici?”
L’espressione
dubbiosa e
imbarazzata del ragazzo, fecero capire alla ragazzina di aver fatto
centro.
“Ehi,
guarda che stai
giocando sporco!” protestò Gal, risentito, ma la
Serpeverde ribatté,
prontamente: “Siamo in guerra, cocco di mamma. Se si vuole
vincere, si deve
usare tutti gli assi nella manica! Avanti, Teddy… dammi il
tuo voto!”
Non
aveva tempo da perdere,
doveva al più presto ottenere il voto di Teddy
perché, in quel caso,
contemporaneamente avrebbe avuto anche quello di Victoire e sarebbe
passata in
vantaggio.
Si
rendeva conto che era un
piano un po’ troppo azzardato, non sapeva se la biondina
l’avrebbe davvero
votata… ma a casi estremi, estremi rimedi.
Purtroppo,
quel babbeo di
Teddy non sembrava assolutamente disposto a collaborare.
Infatti,
continuava a
mordicchiarsi le labbra, mentre i suoi capelli stavano diventando di
tutti i
colori possibili.
A
quanto pareva, la lealtà di
quel fesso era proprio tosta…
“Non
preoccuparti, Teddy.
Vota pure per Delphini.” Disse, all’improvviso e
con la sua solita voce pacata,
Oliver, facendo stupire tutti.
Quando
vide che tutti lo
stavano fissando, il Tassorosso dall’animo gentile disse al
suo migliore amico:
“Vota pure quello che ritieni giusto e non
preoccuparti.”
“M-ma…
io non vorrei…”
borbottò Teddy, mentre Oliver finiva la frase:
“…Offendermi? E per quale
motivo? Solo perché noi due abbiamo opinioni diverse? Teddy,
un vero amico non
bada a queste quisquilie. Trovare un punto di contatto nella propria
diversità
e in pensieri differenti è sintomo di grande
maturità e comprensione. Quindi,
non aver paura di essere te stesso e di votare ciò che
preferisci.”
Non
appena finì il suo grande
e saggio discorso, Oliver notò che tutti lo stavano fissando
allibiti e,
immediatamente, arrossì per l’imbarazzo e si
coprì la faccia incandescente con
le mani.
“Beh,
allora se va bene… voto
per Delphini.” Dichiarò Teddy, mentre Victorie,
immediatamente, urlava: “Io
voto quello che ha votato Teddy!”
“Come
volevasi dimostrare…”
sogghignò Delphini, mentre Athena esclamava: “Io,
invece, voto per Gal e per la
creatura dell’uovo.”
“Dunque…
se Oliver ed Athena
hanno votato per me, mentre Teddy e Victorie per
Delphi…” si mise a ragionare
Gal, guardando le sue dita “Questo significa… che
siamo pari! E adesso che
facciamo?”
“A
questo punto, dovremo
risolvere la cosa alla vecchia maniera…”
sbottò Delphini e Gal, preoccupato,
esclamò: “Non mi vorrai mica sfidare a
duello!”
“Certo
che no, baccalà. Una
sfida a morra cinese, solo io e te. E chi vince, ha l’ultima
parola.”
“Allora
è meglio se ti
prepari, perché io, modestamente, sono un campione a morra
cinese… nel
quartiere dove vivo, mi chiamano il drago della bufera.”
“Secondo
me volevano solo
avvisare tutti, con belle parole, che dovunque vai scateni un
pandemonio…”
Proprio
in quel momento, la
campanella suonò e Delphini impallidì di colpo e
si mise ad urlare, come se
fosse in preda al panico: “Dannazione!!! Devo correre
all’aula di Pozioni entro
cinque minuti, prima che arrivi Lumacorno!!!”
“Andiamo,
non fare così… in
fondo, anche se arrivi un po’ in ritardo non succede
niente…” tentò di
rassicurarla Teddy, ma la Serpeverde lo incenerì con lo
sguardo e sibilò:
“Forse per te non succede niente… ma io
l’anno scorso, sono sempre stata
presente e puntuale a tutte le lezioni e gradirei mantenere questo mio
record
personale, chiaro?”
Più
veloce del lampo,
Delphini si fiondò alla porta, guardando
l’orologio e calcolando: “Per correre
al dormitorio da qui e prendere lo zaino ci vogliono massimo tra i due
e i tre
minuti facendo la strada di corsa… e per raggiungere
l’aula, almeno altri due…
fortunatamente, oggi ho Pozioni e l’aula è vicina
al Sotterraneo di Serpeverde…
tutto dipende da quanto corro veloce… speriamo solo di non
incontrare Gazza… ci
mancherebbe solo lui…”
Mentre
la ragazzina correva
come una furia nei corridoi, sempre controllando ogni due secondi
l’orologio,
Teddy la osservò in silenzio, per poi commentare:
“Non ha alcun problema ad
affrontare nemici o situazioni pericolose… ma entra nel
panico più totale alla
prospettiva di arrivare in ritardo a lezione…”