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Autore: Valentyna90    16/05/2021    1 recensioni
Alya Merope Black è la sorella gemella di Sirius. Ha vissuto con lui e con il fratellino Regulus gli anni dell'infanzia a Grimmauld Place, sotto la severa educazione impartita da Orion e Walburga Black, i loro inflessibili e orgogliosi genitori.
Sotto l'influenza dei rigidi dettami della sua famiglia, Alya Merope cresce come degna erede della Casata dei Black, fiera e vanitosa delle sue origini; tutto il contrario di suo fratello gemello Sirius, che le rigetta con disprezzo. Insieme, i due gemelli entreranno a Hogwarts, ma vivranno vite separate. Sirius sarà un Grifondoro, Alya Merope una Serpeverde. Un perenne velo di sdegno e indifferenza li separa.
Ma nella vita della giovane Black c'è dell'altro. Un potere arcano e sconosciuto, che nemmeno lei sa comprendere. La sua mente funziona diversamente rispetto a quella dei suoi coetanei. Soprattutto nei sogni. Qui, in questa parte sospesa dell'esistenza, dove tempo e spazio, realtà e finzione si confondono, la coscienza di Alya Merope viaggia, apprende, conosce. Ma sempre inconsapevole.
Quale sarà il destino della giovane maga?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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CASTIGO E VENDETTA

 

I volti di Lumacorno, Sirius e della professoressa McGonagall si girarono all’unisono verso Alya, le loro espressioni interdette.

Per poco Alya non si pentì di ciò che aveva appena affermato, vedendoli così orribilmente increduli. Eppure la vocina dentro di lei continuava a ripetere quella frase con assoluta sicurezza: era stata proprio Lily Evans a lanciare la fattura contro la compagna. E Alya ne capì immediatamente il motivo. Anzi, si diede persino della stupida per non essersene accorta prima.

“Che cosa hai detto, signorina Black?” sussurrò il professor Lumacorno, indignato; pareva volesse darle l’occasione di ritrattare quell’orribile sentenza. Ma Alya, a petto gonfio, non ritirò l’accusa.

“Ho detto che è stata Lily Evans. È stata lei a scagliare l’incantesimo contro McKinnon, o come si chiama!” ripeté accigliata.

“Tu sei pazza!” sbottò Sirius, che la guardava con gli stessi occhi inorriditi di quando l’aveva scoperta a parlare Serpentese.

Anche la professoressa McGonagall sembrava condividere lo stesso pensiero dello studente; tuttavia, ebbe il buon senso di non esternare apertamente la sua opinione. Si limitò, semplicemente, a stringere le labbra sottili più che poté, tanto da far pensare che stesse masticando un limone.

“Ciò che affermi è molto grave, signorina Black. Grave quanto inconsistente. La signorina Evans è un’eccellente studentessa di questa scuola, il cui comportamento si è sempre dimostrato maturo e degno di rispetto. Inoltre, è un Prefetto. Personalmente non credo proprio che avrebbe mai potuto compromettere la sua condotta con un atteggiamento così infantile. Hai per caso qualche prova che possa confermare ciò che hai appena asserito?” domandò la McGonagall con voce estremamente dura.

“Io...ehm...no, non ce l’ho... Ma sono convinta che sia stata lei!” la sicurezza di Alya cominciò a vacillare; non tanto nelle sue parole, quanto più riguardo nell’essere presa sul serio dai presenti. Entrambi i professori sembravano serbare per Lily Evans un’adorazione particolare. Difficilmente avrebbero creduto alla versione di Alya. E Sirius...be’, lui aveva smesso di ascoltare sua sorella da quando era appena un ragazzino.

“Non ti aspetterai che possa credere a questa teoria assurda, basata su una semplice...convinzione!” disse la professoressa McGonagall, contrariata, confermando in pieno i sospetti di Alya.

“Certo, perché le parole di una ragazza appartenente alla Casa di Serpeverde non valgono nulla se osano attaccare la sua preziosa e perfetta Lily Evans, studentessa modello di Grifondoro!” sbottò Alya, con un tono un po’ troppo canzonatorio.

Il professor Lumacorno trasalì, ancora una volta, inorridito.

“Signorina Black, cosa sono questi toni irriverenti?” borbottò l’omone dai grossi baffi da tricheco, facendoli dondolare indignati al di sopra della sua bocca. Ma la professoressa McGonagall non si diede la pena di commentare. Anzi, il suo sguardo faceva pensare che non si aspettasse nient’altro da un’allieva di Serpeverde.

“Non ci sono prove che confermano ciò che dici. Tu stessa hai appena confessato di non averne.” asserì la docente, ignorando la frecciatina lanciata dalla giovane Black, la cui espressione diventava man mano più cupa e minacciosa.

“Inoltre, molti studenti che erano presenti, affermano di averti vista agitare la bacchetta poco prima dell’incidente.” proseguì la donna altera, con una vaga sfumatura di trionfo dipinta sul viso.

“Se è per questo anche Lily Evans aveva la bacchetta in mano nel momento dell’accaduto, ma i suoi testimoni - Grifondoro, guarda caso - si sono ben visti dall’informarla!” la rimbeccò subito Alya, sempre più in difficoltà a trattenere la rabbia. Era circondata da un branco di ciechi prevenuti.

“Signorina Black! Modera i toni, non voglio ripeterlo!” tuonò di nuovo Lumacorno, questa volta con voce un po’ più decisa e risoluta. Alya si morse un labbro.

“Se Evans avesse avuto un comportamento in qualche modo sospetto, sono certa che qualcuno dei miei allievi me lo avrebbe riferito.” rispose la McGonagall imperturbabile. Sirius scosse la testa accigliato.

“In poche parole, lei non mi crede! Crede che me lo stia inventando! Perché mai dovrei inventarmi una cosa simile?” replicò Alya, sull’orlo di mettersi a urlare. Ma la risposta pronta della docente fu anticipata dalla voce ringhiosa di Sirius.

“Perché sei marcia dentro! Hai affatturato Marlene solo per farmi un dispetto e adesso accusi Evans perché non la sopporti. E sappiamo tutti perché: non riesci a tollerare che qualcuno con le sue origini possa essere migliore di te in qualcosa. E guarda un po’ l’ironia della sorte. Lily Evans è una maga eccezionale e una persona splendida. Vale cento volte più di te, stupida snob ottusa! Lingua di serpente sputa veleno!”

“Qui l’unico stupido sei tu, che non capisci un accidente di quello che ti accade intorno!” sibilò Alya sprezzante. La professoressa McGonagall e Lumacorno rimasero momentaneamente in silenzio, facendo rimbalzare i loro sguardi preoccupati prima su una Black, poi sull’altro. Sembravano intenti a osservare con minuziosa attenzione una partita di tennis.

“Io capisco che sei patetica. E invidiosa.” Il tono di Sirius era calmo, ma l’odio racchiuso nelle sue parole fu palpabile.

“Invidiosa? Io? Di quella pupattola insulsa?” sbraitò Alya, con spocchiosa indignazione. Sirius non si prese la briga di replicare, ma lanciò un’occhiata significativa alla sua professoressa, come a voler dire visto-che-vi-dicevo?

“Basta così! Ne ho abbastanza dei tuoi modi, signorina Black! È chiaro che alla base delle tue – mi sento di affermare – false accuse, ci sono ragioni sciocche e immeritevoli di essere menzionate. Soprattutto in tempi come questi!” tuonò la professoressa McGonagall.

“Non sono false! Siete voi che…” provò a protestare Alya, ma la McGonagall la interruppe immediatamente.

“Horace, accompagna la tua allieva fuori dal mio ufficio. Mi aspetto che trovi una punizione adeguata a questo suo vergognoso temperamento. Io farò altrettanto con il mio studente.” concluse spiccia e con tono definitivo, guardando quasi con rimprovero il collega, il quale osservava Alya sempre più allibito.

“Ma certo, Minerva! Sono desolato...la signorina Black non aveva mai mostrato un comportamento simile...non so che dire...ma non rimarrà impunito. Coi tempi che corrono, certi discorsi e certe idee è meglio castigarle sul nascere!” convenne Lumacorno, con voce grave, annuendo con fermezza e sguardo serio.

“Ottimo, vedo che siamo d’accordo.” rispose burbera la McGonagall, mettendo definitivamente fine alla discussione, lasciando Alya balbettante di collera, con Lumacorno che la trascinava fuori dalla stanza. Prima di varcare la soglia, Alya lanciò un’ultima occhiata astiosa verso il fratello, il quale la ricambiò con un sorrisetto gelido, vittorioso. Stupido, non capisci proprio niente! pensò con rabbia. Uscì, poi, dallo studio, seguendo riluttante il suo insegnante di Pozioni.

Il professore e la studentessa di Serpeverde attraversarono i corridoi della scuola a gran falcate, raggiungendo in pochi minuti i sotterranei del castello.

L’ufficio di Lumacorno si trovava proprio a fianco alla lugubre aula di Pozioni, ma non poteva apparire più diversa: al posto dei banchi sgangherati e della fioca luce delle fiaccole che a malapena rischiaravano l’umida oscurità che permeava nella classe accanto, lo studio dell’insegnante sfoggiava una mobilia ricca e sfarzosa, messa in risalto da un’illuminazione tutt’altro che debole. Come suo solito, se Lumacorno aveva qualcosa da poter mettere in mostra, si prodigava affinché il risultato fosse enfatizzato a dovere.

Al centro della stanza vi era un’elegante scrivania, intagliata in legno pregiato – che spiccava ancora di più all’occhio, dopo lo stile sobrio e privo di fronzoli presente nello studio della McGonagall – e Alya notò subito la presenza di un largo bicchiere da Brandy e di una bottiglia di quello che sicuramente non doveva trattarsi di semplice succo di zucca, vuota già fino a metà. Appena raggiunto il tavolo, il professor Lumacorno la agguantò e si versò una manciata di liquore ambrato nel calice. Ne bevve un lungo sorso. Con silenzioso scherno, Alya si disse che quello non doveva essere il primo della giornata.

“Signorina Black, devo ammetterlo. Il tuo comportamento di oggi mi ha lasciato a dir poco esterrefatto.” esordì il docente, affranto. Si schiarì la voce, dondolando ancora una volta i suoi baffoni ben curati. “Onestamente, poco m’importa quali siano le opinioni sul prestigio di sangue che tu e la tua famiglia condividete, ma viviamo in tempi difficili ed esprimere simili idee, così apertamente in pubblico, a Hogwarts, davanti a un’insegnante integerrima come Minerva McGonagall, non è da considerarsi una mossa saggia.”

Un barlume di speranza riaffiorò nella mente calcolatrice di Alya: Lumacorno non era in collera con lei, era semplicemente preoccupato di salvare le apparenze. Se fosse riuscita a giocarsela bene, poteva ancora mettere in atto il suo piano per estorcergli informazioni sul G.U.F.O. di Pozioni.

“Ha ragione, professore. Mi rendo conto di aver esagerato. Non avrei dovuto esprimermi in quel modo. Sono davvero dispiaciuta, soprattutto per averla messa in imbarazzo…” si scusò Alya, con falso rammarico dipinto sul volto.

L’espressione di Lumacorno parve addolcirsi a quelle parole e Alya, con vittoriosa soddisfazione, rise dentro di sé per la facilità con cui l’insegnante si facesse abbindolare. Ma il suo trionfo non durò per molto.

“Sono lieto di sentirtelo dire. Ad ogni modo, non posso far finta di niente. Devi essere punita per quello che è successo. Minerva se lo aspetta…” proseguì pensieroso Lumacorno, pettinandosi con le dita i suoi grossi baffi da tricheco. Parlava più a se stesso che con la sua allieva. Per Alya, fu come ricevere un’improvvisa secchiata d’acqua gelata. Accigliata, prese subito a protestare animatamente.

“Ma professore, gliel’ho già spiegato. Io non ho fatto nulla. È mio fratello che si è immaginato tutto. Non sono stata io a colpire McKinnon. È stata Lily Eva…”

Lumacorno la interruppe all’istante, fulminandola con sguardo severo.

“Basta così! Non ho intenzione di ascoltare un’altra sola parola al riguardo. La professoressa McGonagall ha ragione. Le tue continue accuse verso Evans non sono tollerabili. Capisco che alla vostra età le ripicche dettate da gelosie e invidie siano all’ordine del giorno, ma mi aspettavo un comportamento più adulto da te, signorina Black. Ti prego di non insistere!” la voce del professore suonò improvvisamente più grave e autoritaria. Mettere in dubbio la buona condotta della sua studentessa prediletta sembrava rappresentare per lui un’offesa personale.

Alya volle ribattere, ma ancora una volta, Lumacorno bloccò le sue lamentele sul nascere.

“Credo che una bella lezione di umiltà sia proprio quello che ci vuole.” borbottò l’uomo, afferrando un piccolo foglio di pergamena sulla scrivania; il docente vi scribacchiò qualcosa velocemente.

“Da lunedì, signorina Black, dovrai presentarti qui accanto, nell’aula di Pozioni, ogni sera per tutta la settimana.” sentenziò, allungando il biglietto verso Alya.

“Che cosa? Perché devo essere punita per qualcosa che non ho fatto?” sbraitò Alya, furente, ignorando deliberatamente il pezzetto di carta.

“Non sei nella condizione di rifiutare. A meno che non desideri che mandi un gufo alla tua famiglia.”

Alya impallidì.

“Ma non può mettermi in punizione adesso. Ci sono gli esami e…”

“Sono certo che una studentessa del tuo livello abbia trovato il tempo di prepararsi agli esami a dovere nelle ultime settimane. Ti aspetto qui lunedì sera. Puntuale.” concluse definitivo Lumacorno. Alya voleva protestare, ma inghiottì le lamentele a malincuore: a cosa sarebbe servito? Rischiava solo di peggiorare la situazione. Con la rabbia che le avvolgeva il corpo come una pesante cotta di ferro, Alya afferrò rudemente il frammento di pergamena ancora teso verso di lei.

“Una buona giornata, signorina Black. Ti consiglio di approfittare di questo tempo per riflettere sulla tua condotta.” disse infine, con tono di rimprovero.

Alya uscì dalla stanza senza proferire parola, furiosa, oltraggiata. Corse immediatamente verso il dormitorio di Serpeverde. Desiderava solo rinchiudersi in camera, restare da sola. Non voleva vedere o parlare con nessuno. L’umiliazione subita le bruciava troppo. Tutta colpa di quell’insopportabile saputella Nata-Babbana di Grifondoro, Lily Evans. Era colpa sua se Sirius l’aveva aggredita. Era colpa sua se era stata punita così ingiustamente. E, soprattutto, era colpa sua se il suo piano per accaparrarsi le informazioni utili per non essere bocciata al G.U.F.O. di Pozioni era andato miserabilmente in fumo.

 

***

 

Primo giorno dei G.U.F.O., 1976. Hogwarts.

C’era un gran fermento in Sala Grande. Gli alunni del quinto anno erano avvolti da una cupa aura di tensione. Molti mangiavano a stento, rintanati in un rigido mutismo. Altri, cercavano di stemperare l’ansia parlando febbrilmente, recitando come ossessi formule magiche e le loro definizioni. Il salone sembrava improvvisamente invaso da numerosi manuali parlanti. Gli esami avrebbero avuto inizio quello stesso pomeriggio, con la prima prova, Incantesimi. Una volta terminata la colazione e svuotata la stanza, la Sala Grande sarebbe stata subito allestita per ospitare gli studenti da esaminare e la commissione esterna.

Alya, sebbene non fosse particolarmente preoccupata per la prova che la attendeva, non aveva dormito molto (i cupi pensieri di umiliazione e vendetta l’avevano assillata per tutta la notte) e sorseggiava con aria assonnata il suo abbondante calice di succo di zucca.

“E così stasera devi andare da Lumacorno, per quella stupida punizione?” chiese Philippa a bruciapelo. Per poco Alya non mandò di traverso un sorso.

A quanto pareva, Philippa non voleva perdersi l’occasione di rigirare il coltello nella piaga, facendo ricordare ad Alya le spiacevoli ore che l’aspettavano quella sera. La compagna dai capelli biondi aveva ostentato una forzata indignazione quando Alya aveva raccontato alle amiche del castigo ricevuto ingiustamente, ma la giovane Black aveva notato che, in fondo, la sua amica non era del tutto dispiaciuta. Philippa aveva da sempre provato una silenziosa e subdola invidia verso la bellezza e il talento innati di cui godeva Alya. Perciò, i rari momenti in cui la compagna si trovava in difficoltà rappresentavano per Philippa un piacevole spettacolo.

Alya tentò di difendersi da quel gratuito attacco, cercando di ignorarla il più possibile. Continuò a trangugiare il suo succo, senza degnarla di una risposta.

Ma Philippa non mollò l’osso facilmente:

“Non riesco a crederci che ti abbiano punita! È davvero un’ingiustizia. In fondo, è stato tuo fratello che ti ha aggredita. E senza motivo, per giunta! Secondo me, è tutta colpa di quella rinsecchita della McGonagall! Ce l’ha con te, ne sono sicura. Non sopporta che un’allieva di Serpeverde possa superare i suoi allocchi di Grifondoro. Anche Melyssa e Beth sono d’accordo con me, vero?” aveva rimarcato Philippa, con voce fin troppo melliflua per sembrare sincera. Beth e Melyssa, dal canto loro, annuirono distratte, senza troppo trasporto, impegnate com'erano ad agitarsi per l’esame incombente. La bionda, intanto, scrutava con fare indagatore il volto di Alya, desiderosa di scorgere qualche segno di cedimento. Ma Alya era brava a mantenere un’espressione impassibile.

“Credo che sia inutile continuare a lambiccarcisi sopra. Tanto ogni protesta è inutile. Stasera dovrò recarmi alla punizione. Caso chiuso.” replicò Alya con tono annoiato.

“Credi che anche tuo fratello Sirius abbia ricevuto un castigo?” chiese Beth, con sincera curiosità.

“Immagino di sì. O almeno così ha detto la McGongall. Ma onestamente non è che me ne importi un granché di quel che succede a Sirius.” rispose Alya, con malcelato fastidio.

“Quindi è per questo che ti guarda in cagnesco. Non ha fatto altro che lanciarti occhiatacce da quando è entrato in Sala Grande!” esclamò Philippa, facendo segno con il mento verso il tavolo dei Grifondoro. Per quel che ne sapeva Alya, Sirius le lanciava occhiate sprezzanti sin dal loro primo giorno a Hogwarts, perciò non si trattava certo di una novità. In effetti, nemmeno si era accorta che suo fratello aveva fatto ingresso nella Sala. Alya aveva accuratamente evitato di guardare in direzione dei Grifondoro per tutto il tempo. Non ne aveva bisogno. Percepiva chiaramente il disprezzo condiviso con cui la squadravano gli alunni ornati da spille rosso-dorate, anche senza vederli. Sirius doveva sicuramente aver spifferato tutto ciò che era accaduto nell’ufficio della McGonagall e ora l’intera tavolata la considerava, ovviamente, una spregevole codarda che lanciava fatture alle spalle della gente e che accusava gli altri per discolparsi. Su una cosa Philippa aveva ragione: i Grifondoro erano solo un branco di allocchi. E primo fra tutti lo era Sirius, che non riusciva a comprendere la realtà dei fatti, nemmeno se gliela avessero servita su un piatto d’argento, con tanto di didascalia. Alya addentò la sua fetta di pane imburrato con ferocia, più per rabbia che per fame. Nel frattempo Philippa, constatando gli scarsi risultati dei suoi tentativi di far crollare la facciata di indifferenza ostentata da Alya, aveva dirottato il discorso sugli esami imminenti, sciorinando trafelata ogni sua ansia riguardo la prova di Incantesimi. Alya ne fu sollevata: fingersi interessata alle preoccupazioni dell’amica le risultava molto più facile che continuare a simulare disinteresse nei confronti di suo fratello e della punizione che le aveva causato.

Il pomeriggio arrivò, inghiottendo gli studenti del quinto anno di Hogwarts nel suo carico di prove. Alya superò egregiamente Incantesimi, dando dimostrazione di tutto il suo talento magico. L’esaminatore della commissione che assistette alla sua prova rimase piacevolmente colpito e la lodò senza reticenze. “Dopotutto, c’era da aspettarselo dalla figlia di Walburga e Orion Black.” lo aveva udito commentare Alya, con un’altra esaminatrice molto anziana, il cui viso era solcato da numerose e profonde rughe. Quest’ultima aveva annuito mostrandosi pienamente d’accordo. Con un sorrisetto compiaciuto e un rinnovato orgoglio, Alya uscì dalla Sala Grande dove si era tenuto l’esame, galvanizzata. Il suo umore si era risollevato rispetto alla cupa mattina che si era lasciata alle spalle, ma fu questione di pochi istanti. Alya si ricordò dell’ormai troppo vicino esame di Pozioni, diffidando dell’idea di ricevere altrettanti encomi. E, di conseguenza, anche di ciò che la aspettava da lì a poche ore. Un’aura grigia e pesante tornò ad avvolgerla come un’armatura ingombrante, fatta di frustrazione e rabbia.

 

***

 

Il banchetto serale fu pervaso da un febbrile fermento chiacchierino, con commenti entusiasti o delusi che svolazzavano vivaci nell’ampia Sala Grande, la quale aveva assunto nuovamente le sue consuete fattezze conviviali. Alya fu l’unica a consumare in religioso silenzio il suo pasto, ascoltando a malapena i racconti delle amiche sull’esame. Le voci delle compagne le risultavano alle orecchie come un brusio lontano, a stento comprensibile. Dopo il dolce, Alya si incamminò di malavoglia verso l’aula di Pozioni, abbozzando un freddo saluto a Philippa, Melyssa e Beth, le quali ricambiarono con un saluto compassionevole, continuando poi a chiacchierare allegramente tra di loro.

Il rumore dei tacchi di Alya, che schioccavano decisi sulla dura pietra del pavimento, echeggiava con una certa prepotenza nel vuoto dei corridoi, quasi deserti. Dopotutto, l’ansia per gli esami permeava ancora grave nell’aria e quasi tutti gli studenti andavano a rintanarsi nelle proprie sale comuni o in biblioteca per ripassare quanto più possibile per la prova dell’indomani. I sotterranei del castello apparivano ancora più lugubri in quelle angosciose ore da preesami.

Il cigolio della porta in legno dell’aula di Pozioni squarciò con i suoi rantoli stridenti il denso silenzio della sera. Il professor Lumacorno era dentro, con indosso ancora i vestiti della giornata, appollaiato su una massiccia sedia intarsiata con doviziosa maestria, sicuramente presa in prestito dal suo studio sfarzoso, il quale condivideva con l’aula di lezione solo un pezzetto di mura, ma niente dello stile. Le fiaccole illuminavano con timidi sfavilli l’ambiente, che si rivelava ancora più inquietante di quanto apparisse nelle ore diurne. Ad Alya sembrò di entrare di soppiatto nella caverna di un gigante, tanto che s’infilò nella stanzetta in punta di piedi, quasi a non voler svegliare chi vi dimorava. Ma il proprietario era già sveglio e l’accolse con tono gioviale, che stonava con la situazione.

“Signorina Black! Sei arrivata puntuale. Non c’è modo più maturo di affrontare un castigo.” esclamò allegramente Lumacorno. Alya ringraziò l’oscurità, che riusciva a nasconderle l’espressione di furente stizza che inesorabile le contorse il viso. Mugugnò a fatica un saluto di cortesia, ma l’insegnante sembrò non notare il fastidio della studentessa. O quantomeno, lo ignorò.

“Bene, questa sera mi aiuterai a lucidare le ampolle presenti negli scaffali di questa parete. Contengono pozioni molto potenti, alcune assai pericolose, perciò c’è bisogno di mani ferme e delicate per maneggiarle. Un lavoro di concentrazione e precisione, non c’è che dire.” disse entusiasta il professore, come se stesse annunciando una piacevole scampagnata domenicale. Con svogliato e sdegnoso silenzio, Alya fece per sfilare la bacchetta dalla manica della divisa, ma Lumacorno intercettò le sue intenzioni e il suo tono diventò improvvisamente perentorio.

“No. Niente magia. Pulirai alla maniera dei Babbani. Un bell’allenamento di umiltà è quello che ci vuole. Sulla cattedra troverai tutto il necessario.” spiegò, indicando un vecchio strofinaccio logoro e una bacinella d’acqua. Alya agguantò lo straccio senza nascondere il disappunto.

“Puoi usare la scala per i ripiani più alti.” aggiunse Lumacorno, agitando soave la bacchetta. Una vecchia scala a pioli, di legno sfrecciò davanti alla ragazza, pronta per l’uso. Dopo essersi tirata su le maniche della divisa scolastica, Alya si arrampicò svogliata verso la cima della parete, afferrò la prima boccetta della fila e iniziò a strofinare energicamente. La polvere incrostata formava uno spesso strato appiccicoso, che si rifiutava ostinato di venir via. Sembrava essere vecchia di anni, di decenni, come se nessuno fino ad allora avesse mai provato a toglierla. Ci volle una bella manciata di minuti prima che la fredda superficie trasparente si rivelasse di nuovo nel suo splendore originale. Un lavoro faticoso, reso ancora più gravoso dall’instabilità nel trovarsi sospesa a un paio di metri su una scaletta di legno scadente, rosicchiata dai tarli. Ma Alya, ben decisa a non far trapelare nessun segno di debolezza, si aggrappò forte al suo innato orgoglio e continuò a strofinare e lucidare con impegno senza emettere alcun fiato. Compiaciuto, il professor Lumacorno la sorvegliava come una sentinella, dal basso della sua bella sedia ornata da eleganti decori, sorseggiando un calice di pregiato vino elfico del nord della Gran Bretagna, che aveva tutta l’aria di essere gustoso quanto caro. Un altro bel regalo da parte di qualche suo vecchio alunno devoto, probabilmente.

Dopo all’incirca un’ora di duro lavoro, i polsi di Alya cominciarono a cedere al dolore, intorpiditi dal movimento inusuale e prolungato. In compenso, la ragazza era scesa di un paio di livelli, anche se si prospettavano ancora numerose file di ampolle sudicie. Oltre ai polsi indolenziti, giunse presto la stanchezza: l’energia iniziale cominciò a scemare piano piano, rallentando il ritmo con cui Alya afferrava, strofinava e lucidava. Persino la presa delle dita divenne un poco più debole e per poco Alya non si fece scivolare dalle mani una boccetta dalla forma lunga e sottile, che terminava con un grazioso tappo dorato. Aveva un’aria familiare, Alya era sicura di averla già vista da qualche parte, anche se non si ricordava in quale occasione.

“Farei particolare attenzione con quella!” esclamò all’improvviso Lumacorno, con tono un po’ allarmato. “Non la riconosci? L’ho mostrata alla tua classe pochi giorni fa, ad una delle nostre ultime lezioni.”

Alya gli rispose con espressione interrogativa, senza abbandonare, tuttavia, il suo ostinato mutismo. Lieto di aver agganciato un barlume d’interesse nella studentessa, Lumacorno colse l’occasione di interrompere quei momenti di noioso silenzio, con un’esibizione del suo ampio sapere nella materia da lui insegnata.

“Quella, mia cara ragazza, contiene una pozione molto potente, la cui stessa preparazione richiede un talento che pochi pozionisti possono vantare. Non per sembrare privo di modestia, ma posso affermare di essere uno di quei pochi. Tant’è che anche il Ministero volge a me le sue richieste, soprattutto di questi tempi di crimini confusi, in cui si necessita far luce sulle reali volontà di coloro che li hanno eseguiti. Un siero capace di sciogliere le lingue più reticenti e svelare le intenzioni più segrete e intime.” spiegò con voce pomposa l’insegnante.

Veritaserum.” mormorò Alya, scrutando con improvviso interesse la boccetta che teneva fra le dita. Scavando nella memoria, ricordò come Lumacorno l’aveva esibita nell’ultima lezione, quasi fosse stata un trofeo personale vinto chissà dove.

“Esattamente. Veritaserum. Poche gocce di tale pozione mescolate alla tua bevanda serale e non avremmo bisogno di castighi come questi per capire cosa sia effettivamente successo alla povera McKinnon. O sul perché ti ostini ad accusare Evans a tal proposito.” disse Lumacorno con tono più lugubre e grave, osservando Alya serio, per osservare quali effetti provocasse nella ragazza l’idea di una tale possibilità. Ma Alya non mostrò alcuna preoccupazione. Anzi, sembrò quasi ricambiare il professore con un’occhiata di fervido interesse.

“Tuttavia, l’utilizzo del Veritaserum sugli studenti è altamente vietata dal Codice Etico emanato dal Ministero dell’Alta Istruzione Magica, al quale noi insegnanti ci dobbiamo attenere fedelmente. Puoi dormire sonni tranquilli e goderti i tuoi pasti, signorina Black. I tuoi segreti sono al sicuro qui ad Hogwarts.” concluse Lumacorno, con una strizzatina d’occhio, che rivelava in parte l’idea che il professore s’era fatto della sua allieva. Ma Alya non ci fece caso. La sua attenzione era totalmente attratta dalla piccola ed elegante ampolla che le scintillava, ormai lucida e libera dalla spessa coltre di polvere, davanti agli occhi. Il suo cervello calcolatore lavorava veloce, elaborando ogni informazione che Lumacorno le aveva appena fornito. Ed ecco che le giunse improvvisa un’ispirazione. Le pupille immerse nel grigio di quegli occhi astuti e luminosi, il marchio di fabbrica dei Black, studiarono ogni singolo particolare del piccolo contenitore di vetro, quasi a volerne imprimere le fattezze in modo indelebile nella mente astuta di Alya. Solo quando fu sicura di aver fatto sua l’immagine della boccetta, la ragazza la ripose al suo posto. Con rinnovata energia, Alya continuò il suo lavoro di lucidatura forzata, il quale le parve d’improvviso meno faticoso.

Passata un’altra mezz’ora, il silenzio della stanza fu interrotto nuovamente da un sonoro ed ampio sbadiglio da parte di Lumacorno.

“Si è fatto tardi, temo. Credo proprio che per oggi possa bastare. Dopotutto, gli esami sono appena incominciati ed è giusto che tu abbia il tempo di riposare.” esordì il professore, in tono comprensivo.

“Spero che l’attività di stasera ti abbia dato l’opportunità di riflettere sui tuoi comportamenti, signorina Black.” aggiunse, fissando Alya severo.

“Certo, professore! Mi ha fornito ottimi spunti di riflessione.” rispose Alya sincera, alludendo, tuttavia, a qualcosa di diverso rispetto a ciò cui pensava Lumacorno.

“Ne sono lieto. Allora ci rivediamo qui domani sera, stessa ora. Buona notte, signorina Black.” concluse l’insegnante, sbrigativo. La stanchezza aveva colto anche lui ed ora desiderava più ritirarsi nelle proprie stanze, piuttosto che impartir lezioni di condotta. Alya ricambiò il congedo con garbata educazione, prima di sgusciare fuori dall’aula. Con umore totalmente diverso rispetto al pomeriggio, Alya si immerse ancora una volta nel silenzio degli oscuri sotterranei, con animo galvanizzato da una nuova ispirazione, che le regalava un vibrante entusiasmo. Alya sapeva bene che non avrebbe riposato, né dormito quella notte. L’adrenalina di un nuovo piano, questa volta di vendetta, l’avrebbe tenuta sveglia.

Un sorriso fatto di perfidia s’increspò crudele sulle belle labbra di Alya, mentre i suoi passi rimbombavano implacabili e minacciosi negli oscuri sotterranei di Hogwarts.

 

   
 
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