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Autore: Enchalott    17/05/2021    5 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un altro mondo
 
Il dio del Buio si materializzò nell’opulenta sala del trono celeste.
«A disposizione, sommo Kalemi.»
Il sovrano del pantheon scosse la treccia corvina, che sfiorava il suolo e spiccava sugli abiti di seta avorio e argento.
«Pare che la guerra tra Salki e Khai sia giunta alla conclusione.»
Elkira occupò un sedile discosto dall’infilata di finestre ad arco, che filtrava la luce eterna in una sfumatura eburnea. Abbassò il cappuccio con una vena di nervosismo. A giudicare dall’inquietudine del supremo Immortale, la notizia non era positiva.
«Temete si tratti di una tregua fittizia?»
«Il varco tra i due mondi non si è chiuso. È la terza volta che accade.»
«Ritenete che Belker non sia soddisfatto del sangue versato o che l’evento esuli dalla sua volontà?»
«Non so rispondere, escludo la casualità.»
«Mi chiedete di indagare, dunque.»
«Te ne sarei grato. Comprendere l’ordine dei problemi è un punto di partenza.»
«Bisognerebbe catturare Belker. Pur rintracciandolo, da solo non sarei in grado di fronteggiarlo, se decidesse di non collaborare.»
«Esprimi la tua richiesta, Elkira.»
«Irkalla, maestà.»
Kalemi si voltò accigliato.
«No. Mio fratello Eenilal sarà lieto di affiancarti.»
«Con il vostro permesso» assentì l’altro ritirandosi nell’ombra.
Il dio del Tempo tornò a scrutare i mortali: la preghiera che gli era stata rivolta non sarebbe giaciuta inascoltata.
 
 
La trattativa era concentrata sullo sfruttamento delle sorgenti d’acqua salki. Rhenn lasciò che gli attendenti dibattessero, certo della loro pignoleria. Suo padre sarebbe stato soddisfatto, aggiungendo un’altra conquista alla gloria del suo seggio.
Magari mi concederà di scendere in battaglia, anziché prediligere Mahati.
Il suo ruolo di principe della corona consisteva nel salvaguardare la successione, ma desiderava invece compiere ciò per cui era nato. Combattere. Vincere. Dominare.
Emise il fiato, al limite della pazienza. Una volta re, avrebbe delegato l’insopportabile burocrazia per evitare di morire di noia. Scoccò l’ennesima occhiata alle principesse: quella designata quale sposa-ostaggio era attraente, qualunque maschio se la sarebbe portata a letto come passatempo transitorio. O come spiacevole onere. Si soffermò sulla minore, che se ne stava accomodata sui cuscini a non rispondere alle domande ansiose della sorella e alle insistenze del primo consigliere. Unica fonte di spasso in quel tedio.
“Siete voi a comandare, citate qualche norma khai.”
Non si capacitò che gli si fosse rivolta con simile impertinenza. Ben pochi shitai - sottomessi - osavano respirare al suo cospetto, figurarsi sollecitare la sua attenzione. La ragazzina possedeva le rare doti della temerarietà e dell’accortezza: in virtù di esse ne avrebbe ignorato l’insolenza.
Se la uccidessi, tornerei a Mardan a mani vuote e sarebbero altri fastidi.
Appose la firma sull’ultimo incartamento e si levò in piedi.
«Altre questioni?»
«No, altezza» garantì Entin «Solo l’affettuoso saluto di un padre.»
«A tal proposito, la vostra primogenita non è di mio gradimento. Voglio l’altra.»
La voce imperiosa risuonò nella sala. I Khai la accolsero indifferenti. Il sovrano salki trasecolò. La corte pietrificò. Hyrma sgranò gli occhi esterrefatta.
«Yozora, che hai fatto!?»
«Ti ho restituita a Hoshi. Desidero che tu sia felice.»
«C-che? Non puoi aver strappato un consenso del genere a quel demonio!»
«Promettimi che ti prenderai cura di papà.»
«Ti ha ingannata! Come avresti potuto…»
«Non consideri l’idea che io desideri seguirlo. Voglio conoscere il suo mondo, sapere come ragiona, qual è la sua legge.»
«Perché, in nome degli dei?!»
«Perché ti voglio bene.»
 
Rhenn avanzò senza remore di sorta. Gli ufficiali salki posero mano alle spade, fremendo d’indignazione.
«Non vi conviene.»
Stese la mano a mostrare gli artigli, preparandosi alla lotta.
«Giù le armi!»
L’esclamazione di Entin era più una preghiera che un ordine. Si avvicinò rispettoso, le labbra che tremavano e le mani strette al petto.
«Mio signore, vi supplico! La mia Yozora è una bambina, qualunque cosa abbia detto o se per disgrazia vi ha offeso…»
«Vostra?»
Rhenn afferrò la ragazza e la caricò in spalla, ignorando la costernazione dell’uomo.
«Mia, intendete! Qualunque obiezione risulterà un’ingiuriosa infrazione allo yakuwa e verrà rimunerata con il sangue salki!»
«Lasciate che saluti mio padre e mia sorella!» implorò Yozora.
«Kaniša è vostro padre, i Khai i vostri fratelli, Mardan la vostra casa. Così, dopo aver stretto la mia destra!»
«Un abbraccio non è una violazione!»
Rhenn serrò la morsa, togliendole il fiato. Accostò le labbra al suo orecchio.
«Certo che no, è un’imposizione. Una legge khai, come suggerito. Apprenderete le altre sulla vostra pelle.»
Il vocio degli astanti increbbe, accompagnato dai singhiozzi di Hyrma. I passi di Rhenn rimbombarono per i corridoi, mentre la trascinava via da quanto le era caro, soddisfacendo la richiesta con inumana meticolosità. Sebbene il cuore battesse al ritmo del terrore per l’ignoto, Yozora non si pentì.
Il vento frizzante dell’inverno la sferzò non appena il principe straniero oltrepassò il portone. Smise di agitarsi e si perse nella contemplazione dell’adorata Salki.
«Risparmiate le energie per il viaggio?» ironizzò lui.
«Sto porgendo l’addio a tutto ciò che amo. Non è vostro uso?»
«No.»
«Questo perché l’arrogante certezza della vittoria annega l’idea che persino voi possiate non tornare a casa!»
«Sono pronto a incontrare la morte. È perché un Khai non ama.»
Yozora sgranò gli occhi. Si aggrappò alla sua casacca per osservarlo in volto. Alla luce naturale, l’incarnato flammeo emanava una vampa in grado di sciogliere la coltre di neve che imbiancava Seera. Il respiro si condensava in volute, i raggi del sole s’infrangevano sul diadema e sulle corna arcuate. Le iridi viola erano caldo velluto ed efferata asperità, la linea nera faceva risaltare le palpebre allungate con brutale intensità. Nessuna dolcezza, nessuna umanità.
I loro sguardi si incontrarono. Lungi dal mostrare fastidio, il demone sostenne la bizzarra vicinanza. Poi la depose a terra.
«Quanto stomaco vantate?»
«Come?»
Solo allora la ragazza realizzò di trovarsi sulla cinta muraria interna, l’unica intatta dopo l’assedio. Arretrò, colta da un subitaneo terrore.
Vradak!?
Le enormi creature alate erano appollaiate sulla merlatura, le unghie robuste piantate tra i mattoni, difese che avevano varcato in volo senza difficoltà o compassione. Sulle schiene possenti erano fissate le selle di cuoio e l’imbragatura raggiungeva i becchi adunchi. I versi acuti le diedero i brividi, rammentandole gli interminabili momenti d’orrore durante gli attacchi.
«Chla, Delzhar.»
Al comando del suo padrone, il rapace dalle piume nere piegò le zampe e abbassò il capo. Gli occhi di granato scintillarono torvi nelle orbite oblunghe. Il rostro aveva una gradazione grigio ferro e metteva addosso una paura infernale.
Yozora pietrificò. Il pensiero di montare quell’animale, capace di dilaniarla in un affondo, risucchiò ogni sicurezza.
«Deduco che vi attendeste quantomeno una carrozza» ironizzò Rhenn «Peccato, il vostro abito non è adatto all’arcione.»
Afferrò l’orlo e lo stracciò: due spacchi irregolari scoprirono le gambe della ragazza, la corrente ascensionale sollevò i lembi sfilacciati. Lei avvampò, cercando di sottrarsi agli sguardi dei presenti.
I guerrieri in groppa ai vradak eruppero in un mormorio di apprezzamento.
«Moke!» ringhiò il principe «Quanto a voi, non angustiatevi. A Mardan vi abbiglieremo in modo adeguato.»
«Non ho dubbi! Siete un sarto eccellente!»
I guerrieri abbassarono gli sguardi divertiti, onde evitare ritorsioni. Rhenn l’abbrancò alla vita e la piazzò in arcione con scarsa cortesia.
«Quando darete di stomaco abbandonando la spensieratezza, mi impegnerò a non lasciarvi precipitare.»
Il comando di volo risuonò come un colpo di frusta. Il rapace spalancò le ali immense e si gettò nel vuoto, poi aprì la coda, innalzandosi in una parabola ascendente.
Yozora fu invasa dalla nausea. Cercò di respirare, mentre la corsa sfrenata verso il cielo acquisiva velocità. Serrò le palpebre, investita dal ronzio gelido dell’aria. Avrebbe voluto guardare fino all’ultimo il luogo in cui era cresciuta, ma non poté muovere un muscolo. Riaprì gli occhi, che si velarono di lacrime: il vradak sfrecciò attraverso le nubi, fendendo con possenti colpi d’ala la coltre lattea del mattino inoltrato. Quando assunse l’assetto orizzontale la rapidità increbbe, provocandole gli sgradevoli conati che prima era riuscita a controllare. Tossì e inspirò nel tentativo di bloccare la natura. Si sporse, percepì la presa del demone farsi più salda, alle spalle lo schiocco del suo mantello. Gli si avvinghiò. Non rigettò, ma la testa prese a girarle per la carenza d’ossigeno. L’universo divenne bianco. Perse i sensi.
 
Il principe khai attraversò il prasma con la celerità di un dardo, spingendo al massimo la cavalcatura, tallonato dal suo seguito. La densità iridescente del varco gli pizzicò l’epidermide, guidandolo verso l’accesso opposto.
Sbucò nel suo mondo alla stregua di un’apparizione, materializzandosi nel cielo dall’evanescenza citrina. Moderò l’infervorata frenesia di Delzhar e segnalò a uno dei suoi di avvicinarsi.
«Precedetemi» ordinò.
Quello aggrottò la fronte: superare un signore khai in volo era ingiurioso, giungere a palazzo senza il principe alla testa della formazione era un’aleatoria provocazione. Non azzardò esprimere contrarietà, limitandosi a scoccare un’occhiata alla ragazzina riversa contro la spalla dell’erede al trono: con ogni probabilità era già cadavere. Si inchinò con deferenza e spronò.
Rhenn ridusse la velocità. Il vradak si abbassò, planando a rasentare le cime arrotondate. L’aria calda lo lambì con una carezza ardita, costringendolo a slacciarsi il mantello. Inalò gli aromi familiari e sollevò lo sguardo: le pupille divennero fenditure picee nel viola intenso. I tre Soli di Mardan bruciavano nel cielo di mezzogiorno: al loro bacio rovente, la principessa avrebbe recuperato le forze e forse non sarebbe morta assiderata.
Aveva bramato impartirle una lezione edificante, volta a ridimensionare la portata della sua lingua, ma ne aveva sottovalutato la fragilità, dacché non le si erano rigirate le budella e non aveva preso a piagnucolare. La rispostaccia relativa alle doti di sarto lo punzecchiava ancora. Nella solitudine del volo, liberò un sorriso. A Mardan non erano molte le occasioni di divertimento. Ma quando ve ne fossero state, la mente sarebbe rimasta lontano, i pensieri discosti, gli oneri ponderosi, soprattutto da quando suo padre si era ammalato.
Quando mostro le zanne, è per dar prova di me.
La ragazza si mosse, fornendo l’atteso segnale di vita. Escludendo l’aspetto provato, non sembrava sull’orlo di rendere l’anima al divino Reshkigal.
«Avete dormito bene?»
Yozora udì la domanda come ovattata. Non realizzò dove si trovasse, il timore custodì la contezza in un buco nero. Sentiva un cerchio alla testa, il corpo era pesante, le sembrava di fluttuare nell’acqua. Eppure stava respirando. Si focalizzò sulle percezioni primarie: il calore di un abbraccio, il battito ritmato di un cuore.
«Mamma…»
Il Khai inarcò un sopracciglio. Annodò le redini al polso e le riservò una scrollata poco garbata.
«Comprendo che i vostri diciott’anni contro i miei duecentocinquanta siano esigui, ma non siete troppo cresciuta per invocare il nome di chi vi ha messo al mondo? O i criteri di maturità salki risultano più patetici del previsto?»
Yozora spalancò gli occhi con gli eventi che riaffluivano alla memoria. Il demone era intento a osservarla, il volto imbronciato diviso tra la curiosità e l’ironia: il piacevole calore proveniva dalle sue membra. Arrossì, si divincolò, lui serrò la presa.
«Riprovateci e vi lascio cadere.»
Il suolo era brullo, screpolature simili a ferite spaccavano la terra rossastra, i rilievi arrotondati avevano la sfumatura del croco. Persino il cielo mostrava una tinta ambrata. Contemplò incantata il Sole Trigemino di cui aveva sentito parlare.
«Siamo a Mardan?»
«La raggiungeremo presto, godetevi questo lo idilliaco del mio regno.»
Il principe appariva rilassato come dopo una licenza e non di ritorno da una guerra ventennale. La casacca priva di maniche si incollava al torace per la pressione del vento e delineava il fisico snello e muscoloso. La chioma ondeggiava alle sue spalle come un nastro di seta. L’espressione impenetrabile non le consentì di sondarlo.
«Mancate da molto?»
«No, non ho partecipato alle ostilità, Mahati non necessita d’appoggio per piegare un avversario.»
«La delusione che esprimete per aver mancato l’occasione di massacrare la mia gente denota un’assoluta carenza di sensibilità!»
«Se Entin si fosse arreso, avrebbe risparmiato ai Salki ciò che mi state rinfacciando. La sua futile ostinazione ha ottenuto l’annunciata sconfitta, transitando per una lenta carneficina. I Khai non negano la battaglia a chi la invoca.»
«Avremmo dovuto sottometterci senza difenderci? Che assurdo modo di ragionare!»
«Assomiglia al vostro.»
«Cosa!?»
Rhenn sollevò la destra. Il bracciale che portava al polso rifletté i raggi impietosi.
«Avete stretto con me uno yakuwa per salvare vostra sorella. In altre parole vi siete rimessa alla mia clemenza, rinunciando a opporvi alla mia decisione poiché avete distinto l’inutilità e la pericolosità dell’atto. Diversamente mi avreste sfidato a duello, cioè avreste assunto la medesima, ottusa iniziativa di vostro padre. Invece vi siete dimostrata saggia e realista.»
Yozora lo fissò a bocca aperta.
Come ha fatto a rigirare così le mie intenzioni?
Ebbe la sensazione che stessero parlando lingue diverse e che la comprensione reciproca, in cui aveva sperato, fosse inattuabile.
«Mi avete fraintesa. Hyrma non era in grado di sopportare tutto questo. Le voglio bene, farei qualunque cosa per risparmiarle una sofferenza… capite?»
Gli occhi viola del demone si infissero nei suoi con l’acutezza di un punteruolo.
«Alla perfezione. Entin ha scelto di non evitare al suo popolo l’afflizione e la morte. A differenza vostra, non si è sacrificato per ciò che chiamate bene comune. Traendo le debite conclusioni, non è stato solidale con i suoi sudditi.»
«Come osate tagliare giudizi!? Mio padre ama i Salki, ha cercato di tutelarli dalle vostre pretese! Li ha ritenuti tanto valorosi da sopportare una guerra! Io stessa, se fossi in grado di combattere, vi avrei sfidato!»
«Tsk! Se fosse vero, avreste selezionato un guerriero affinché ingaggiasse duello a vostro nome, la storia salki è zeppa di simili espedienti. Invece avete puntualizzato la volontà di un iwatha. Non lasciate che l’orgoglio distorca i propositi pacifici, avete addirittura mentito per convincermi!»
«Non ho fatto nulla del genere!» enfatizzò Yozora, rossa fino alla radice dei capelli.
Rhenn mosse il polso e Delzhar s’inclinò, piegando a est. Lei trasalì, aggrappandosi ai suoi abiti.
«Davvero? Da come la guardava, suppongo che il generale Hoshi sia lo spasimante di vostra sorella, che tuttavia non attende nessun figlio.»
«Come lo sapete?»
«L’istinto di un Khai è sviluppato. Vi metto in guardia: non trattatemi da imbecille. È lo stesso rimprovero che avete mosso ai vostri amici in merito alla mia intelligenza.»
«Anche l’udito non è male» bofonchiò la principessa al culmine dell’imbarazzo.
«Mh, leggo le labbra. Non esageriamo.»
«Per quale motivo vi siete interessato alle mie?»
La bocca sensuale di Rhenn si piegò verso l’alto.
«In verità miravo a intendere qualcosa di vostra sorella. Poi voi – che parole avete adoperato? – ah sì, avete detto che ero bello da morire e all’improvviso la mia attenzione è stata calamitata altrove.»
Yozora sentì il cuore sobbalzare per la vergogna.
«S-scusate, io non…»
«Un’altra colorita fandonia volta a scongiurare l’indegna ritrosia della prescelta?»
«N-no, l’ho pensato ed è così… sconveniente!»
«Lo è. Vi siete riferita a una dote fisica, non al mio valore guerriero. Per noi il fascino risiede in altre virtù.»
«Perciò quando avete sentenziato che sono troppo magra è stata un’offesa mirata?»
Rhenn si concentrò sulle forme femminili che percepiva sotto le dita: il corsetto che le imprigionava si era allentato.
«Una svista» sogghignò.
   
 
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