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Autore: _SbuffodiNuvola_    17/05/2021    2 recensioni
“-Va meglio adesso? -chiese.
-Sì. -rispose Keiji sedendosi sul secondo letto della stanza. -Ma non ho sonno.
-Vuoi che ti canto una ninna nanna? -propose il più grande. -Può sembrare imbarazzante, ma tutte le volte che ho degli incubi mia madre me ne canta una, la stessa di quando ero piccolo. E ha il potere di farmi dormire fino a tardi!”
Akaashi ha un incubo e Bokuto, intenzionato ad aiutarlo, si lascia scappare un piccolo segreto...
AMBIENTATA ALLA FINE DI HAIKYUU TO THE TOP
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Lullaby



Buio. Ecco cosa vedeva Keiji attorno a sé. Nessuna luce, nessun rumore. Nient’altro oltre a lui e il terreno sotto i suoi piedi. Ma non sapeva nemmeno cosa fosse, quel terreno: un prato fiorito? Un campo di pallavolo? Il pavimento della scuola? Non riusciva a definirlo. 

Però era di colore nero, questo lo poteva dire.

Keiji fece un giro su sé stesso, lentamente. Gli occhi attenti a qualsiasi dettaglio che potesse fargli trovare una via d’uscita a quella sottospecie di incubo.

-C’è... nessuno? -si azzardò a chiedere. La sua voce rimbombò tutto attorno a lui, sfumando man mano fino a far tornare il silenzio di prima.

Keiji si impose di rimanere calmo. Il buio era sempre stato una sua piccola fobia perché, come diceva da bambino, nascondeva le cose. E odiava non poter vedere cosa ci fosse lì, a poca distanza da lui. Era per quello che, a volte, andava a dormire senza neanche spegnere la luce sul comodino o senza chiudere del tutto le ante della finestra da cui entrava un pochino di luce dei lampioni. Un po’ si vergognava...

Il giovane alzatore fece un respiro profondo. Doveva solo tranquillizzarsi e pensare a qualcosa che lo distraesse da...

Una piccola luce in lontananza attirò la sua attenzione. Keiji fece qualche passo, senza staccare gli occhi da quella minuscola fonte di salvezza. Dopo pochi passi si mise a correre.

Si fermò solo quando la mano toccò una superficie dura. Una porta, dedusse Akaashi guardando la forma della luce di poco prima. Proveniva dalla serratura.

Cercò la maniglia e la abbassò. Per fortuna era aperta.

 

 

Gli ci volle un attimo per capire che quella che aveva davanti era la palestra dove si era tenuto il ritiro estivo dell’anno precedente. Keiji riuscì a distinguere i giocatori del Karasuno, quelli del Nekoma, del Fukurodani e delle altre due squadre di Tokyo parlare tra loro. 

Però c’era qualcosa che non andava. 

Per quanto la cercasse, Akaashi non riusciva a trovare una persona in particolare. Eppure la sua capigliatura era facilmente riconoscibile, considerando che era l’unica persona di sua conoscenza ad averla. 

Bokuto non c’era e l’alzatore non capiva perché. Fermò Kuroo, che gli stava passando di fianco proprio in quel momento insieme a Kenma:

-Dov’è Bokuto? -chiese. Kuroo lo squadrò un attimo.

-Chi? -domandò poi.

-Bokuto. Kōtaro Bokuto. -ripeté Akaashi. -Alto così, capelli neri e bianchi fissati in alto col gel, occhi gialli stile gufo... hai presente?

Kuroo aggrottò le sopracciglia: -Akaashi, di chi stai parlando?

-Del capitano della Fukurodani! -esclamò l’altro. Il capitano del Nekoma guardò Kenma, che gli restituì lo stesso sguardo dubbioso.

-Akaashi, stai bene? -fece poi. -Il caldo ti ha dato alla testa? 

Keiji sentì le gambe farsi molli. Perché Kuroo sosteneva di non conoscere Bokuto? Perché lui e Kenma lo consideravano pazzo?

-Kenma, chiama il coach. -ordinò Kuroo all’altro, che annuì e si allontanò. -Akaashi, stenditi. Sei pallido.

-Ma io sto...

-Non stai bene. -il centrale lo fece sedere a terra, mentre tutti i ragazzi presenti nella palestra lo circondavano. 

-State indietro, ha bisogno d’aria. -ordinò qualcuno che Keiji non riuscì a identificare. 

-Ma Bokuto... -tentò di protestare Akaashi con un filo di voce. -Io non sto impazzendo! Lui...

-Portiamolo fuori. Qui fa troppo caldo. -decise Kuroo, inginocchiato accanto a lui insieme a Daichi Sawamura. Il capitano del Karasuno annuì, poi aiutò Kuroo a rimetterlo in piedi. 

Prima che Akaashi potesse fare o dire altro, tutto ciò che lo circondava divenne confuso. Non sentì più le braccia di Kuroo e Daichi che lo sostenevano, la palestra e i ragazzi delle varie squadre scomparvero e la scena cambiò.

Keiji era in un cimitero ora. Pioveva a dirotto, ma per fortuna lui aveva un ombrello. Ai suoi fianchi poté vedere Kuroo, Kenma e i suoi compagni di squadra. Tutti guardavano una lapide di fronte a loro.

Appena notò le lacrime sulle guance di Kuroo, Keiji capì. Non osò guardare il nome inciso sulla pietra che aveva di fronte. Sapeva che se ne sarebbe pentito non appena lo avesse fatto.

Una voce rimbombò tutto attorno a lui. Una voce che conosceva bene...

 

Solo perché è il mio ultimo torneo da liceale, non credo che le cose cambieranno d’ora in poi.

 

I ragazzi attorno a Keiji sparirono e l’alzatore rimase solo, ascoltando la voce di Bokuto che rimbombava come in una palestra completamente vuota. Ma la lapide era ancora lì... e Akaashi si rifiutava di leggere il nome inciso lì sopra. Non avrebbe retto, lo sapeva. 

In quei due anni Bokuto era entrato nella sua vita e l’aveva stravolta. Ricordava ancora i complimenti che l’asso della Fukurodani gli aveva fatto durante il primo anno in cui avevano giocato insieme...

 

Scommetto che rimpiangerò di non aver giocato abbastanza con voi!

 

Akaashi si mise le mani sulle orecchie e serrò gli occhi. In quell’incubo, Bokuto non c’era più. 

Keiji non riusciva a immaginare la sua vita senza di lui. Era parte della sua quotidianità ormai, esattamente come la scuola e la pallavolo...

 

Ho intenzione di vivere fino a 130 anni!

 

***

 

Keiji scattò a sedere sul letto dell’hotel. Il cuore gli batteva forte e il respiro era accelerato, come dopo una corsa. Nonostante a Tokyo facesse freddo in quel periodo dell’anno, era un bagno di sudore. 

Odiava gli incubi, soprattutto se gli facevano vivere le sue paure più profonde. 

Perché, ormai, lo aveva capito: perdere Bokuto era diventata una delle sue più grandi paure.

Dal letto accanto al suo udì un leggero russare e si impose di calmarsi. Non voleva che Bokuto si svegliasse a causa sua e che il giorno dopo, alla partita, non fosse abbastanza riposato. Se avessero perso, Keiji non se lo sarebbe mai perdonato. 

Ma in quel momento pensò solo a come calmare il respiro.

“Era solo un incubo” si disse. “Kōtaro sta bene. È qui con te e sta dormendo.”

Ma il caldo e il sudore si rifiutavano di lasciarlo in pace, così Akaashi si alzò piano dal materasso e infilò i piedi nelle pantofole bianche offerte dall’hotel dove la Fukurodani alloggiava durante i nazionali.

Sperando che la finestra non scricchiolasse (la prima volta che l’aveva aperta aveva fatto un salto per lo spavento), girò la maniglia e la aprì, facendo scorrere il vetro.

L’aria fredda della notte lo investì, dandogli sollievo. Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta in cui aveva sentito così tanto caldo, neanche durante il ritiro durante le vacanze estive.

Keiji si richiuse l’anta alle spalle, così che Kōtaro non sentisse né il freddo né i rumori esterni, poi si appoggiò alla ringhiera del balcone. 

Osservò la città notturna. Da quella stanza si poteva ammirare un panorama più che stupendo... e poi Tokyo ricoperta di neve gli era sempre piaciuta. Nonostante il periodo delle feste fosse terminato, infatti, i fiocchi bianchi donavano alla città un’atmosfera quasi magica, proprio come a Natale. 

L’alzatore cercò di sorridere, ma non ci riuscì. Le immagini dell’incubo che aveva appena avuto continuavano a tormentarlo e sentiva ancora la voce di Bokuto rimbombare attorno a sé.

 

Ho intenzione di vivere fino a 130 anni!

 

Akaashi strizzò gli occhi per impedire alle lacrime di uscire. Il respiro, che in qualche modo era riuscito a calmare, tornò ad essere veloce e tremante. 

-Idiota, piantala. -si disse ad alta voce. Piangere per un incubo che non era neppure vero: si sentiva ridicolo. 

Strinse i pugni sulla ringhiera fredda, mentre le lacrime, nonostante le palpebre serrate, iniziavano a scendere sulle guance. 

-Smettila. Sei ridicolo. -si disse di nuovo per poi lasciarsi sfuggire un singhiozzo. 

Poco dopo qualcuno gli mise qualcosa sulle spalle e subito l’alzatore avvertì una sensazione di calore.

-Ma insomma, prima mi dici di non sottovalutare gennaio e poi sei il primo a uscire senza felpa. -commentò Bokuto appoggiandosi con gli avambracci alla ringhiera proprio accanto a Keiji, che si asciugò le lacrime di nascosto. Non voleva farsi vedere in quel modo.

-Ti ho svegliato? Scusa... -cercò di nascondere la voce tremante, ma con scarsi risultati.

-Non preoccuparti, non stavo dormendo. -il sorriso di Kōtaro si trasformò in un’espressione dubbiosa. -Cioè, sì, stavo dormendo, ma allo stesso tempo no. Ero nel... come si dice?

-Dormiveglia? -suggerì Akaashi. Bokuto era adorabile quando si sforzava così tanto. E i capelli al naturale, senza gel, lo rendevano ancora più carino.

-Ecco, quello! -fece l’asso, entusiasta. -Poi ti ho sentito uscire e ho pensato che avessi freddo.

Keiji si sentì arrossire: -Grazie. -disse, timido. Appena i suoi occhi incrociarono quelli di Bokuto temette che il più grande potesse capire il suo stato d’animo (non era molto intelligente, ma era piuttosto bravo in queste cose), quindi abbassò lo sguardo sulle sue mani e si strinse nella felpa, troppo grande per essere sua. Kōtaro gli aveva prestato davvero la sua felpa per la seconda volta in meno di ventiquattr’ore?

-Agaasheee, va tutto bene? -chiese Bokuto.

Ahi, colpito e affondato...

Akaashi si sforzò di sembrare normale e rispose: -Sì, grazie, Bokuto-san. Avevo solo bisogno di un po’ d’aria.

Il capitano lo guardò per qualche secondo, in silenzio e l’alzatore si sentì un po’ a disagio.

-Mmmh... non mi sembra proprio. -disse l’asso mettendosi diritto. -Non ti credo sulla parte del “sì”. Ti va di dirmi cosa succede?

Kōtaro era un ragazzo particolare e Keiji faceva spesso fatica a capirlo. Nonostante i momenti in cui si comportava come un bambino, c’erano delle volte in cui rappresentava esattamente l’età che aveva. E in quelle volte diventava serio e paziente. 

L’unica cosa che non cambiava mai era la sua capacità di capire lo stato d’animo delle persone. Quando era nella sua versione “infantile”, appena notava che c’era qualcosa che non andava, cercava sempre di tirare su il morale a tutti sparando battute divertenti e mettendosi anche in ridicolo, se serviva. Quando era nei suoi momenti “responsabili”, ecco che diventava improvvisamente bravo a consolare la gente e il tono scherzoso lasciava spazio alla dolcezza.

Akaashi sospirò: -Ho avuto un incubo dove la persona che... -esitò. -Che mi piace lasciava questo mondo e un altro in cui nessuno si ricordava di lei. So che è una cosa stupida e che dovrei smetterla di credere agli incubi, ma io... Io ho paura che possa succedere davvero, capisci?

Kōtaro non disse niente e a quel punto Keiji temette di aver parlato troppo. Ma poi il più grande gli prese le mani con le sue, che per qualche arcano motivo erano calde. L’alzatore alzò gli occhi sul viso dell’altro, che fissava le loro mani con aria quasi assente, immerso in chissà quali pensieri.

-È successo anche a me, più di una volta. -ammise. -Però poi il giorno dopo ti vedevo al nostro solito posto di ritrovo per andare a scuola insieme e mi dicevo che ero stato uno stupido a credere che fosse tutto vero. 

Akaashi rimase un attimo a bocca aperta: aveva sentito male o Bokuto aveva detto “ti”?

Vide le guance dell’asso diventare di un colore piuttosto simile alle divise del Nekoma. Era sicuro di avere più o meno lo stesso colore.

-Bokuto-san...

-L’ho detto davvero?

Avevano parlato all’unisono e la cosa li fece ridere. Sentire la risata del suo capitano fece passare l’agitazione ad Akaashi. La sentiva tutti i giorni, ma non si sarebbe mai stancato.

Quando Bokuto gli lasciò le mani, all’alzatore sembrò di sentire freddo, mentre l’altro incrociava le braccia e metteva il broncio.

-Uffa, io speravo di dirtelo in modo diverso però. -brontolò. -Mi ero preparato un bel discorso e Kuroo mi ha aiutato a trovare un posto adatto...

-Perché? Questo non lo è, Bokuto-san? -chiese Keiji indicando il panorama con la testa.

-No.

-No?

-Cioè, sì. Però no. Io... -l’asso si mise le mani nei capelli, scompigliandoseli, arrabbiato. -Argh! Non ce la farò mai!

Akaashi si coprì la bocca con una mano per nascondere il sorriso.

-Non ridere, Agaasheee! Non è divertente!

-Io non sto ridendo, Bokuto-san.

-E invece sì! Ti vedo che sorridi! -indicò il suo viso con fare accusatorio e arricciò il naso, mettendo il broncio. Poi, quando vide che Akaashi sorrideva, cambiò espressione e fece un sorriso timido.

-Però... sono felice di avertelo detto. Perché tu sei speciale per me... e non nel senso di “amico a cui tengo tanto”... capito? -disse grattandosi la nuca.

Keiji si sentiva le guance in fiamme, ma annuì. 

-So che ti piace qualcuno, ma ci tenevo a dirtelo, ecco. -continuò Bokuto, guardando altrove, timidamente. L’alzatore spalancò gli occhi, sorpreso. Successivamente si mise a ridere di gusto.

-Agaasheee? -lo chiamò Bokuto. Keiji capì dal tono che era rimasto sconvolto. In effetti aveva ragione, dato che ridere per lui era una cosa più unica che rara.

Ma in quel momento rise come non aveva mai fatto in vita sua. Forse più per la felicità immensa che stava provando quella notte, considerando che aveva scoperto di essere ricambiato dal ragazzo che amava. 

-Sei proprio incredibile, Bokuto-san. -disse Akaashi proprio quando il capitano stava iniziando a preoccuparsi seriamente. -Ogni volta riesci a sorprendermi. 

-Ed è una cosa bella?

Keiji, ancora con il sorriso sulle labbra, annuì: -Forse è per questo che... -si schiarì la voce, più imbarazzato che mai. -Forse è per questo che mi sono innamorato di te.

Bokuto strabuzzò gli occhi: -EEEEEEEEH? -esclamò. Il più piccolo si affrettò a fargli segno di fare piano.

-Oh, già... eeeeeeeeh? -ripeté l’altro a bassa voce. Al che Akaashi, che ormai era in preda ad attacchi di ridarella, scoppiò di nuovo a ridere. 

-Davvero, Agaasheee? -chiese Kōtaro.

-Davvero, Bokuto-san.

-Davvero davvero?

-Davvero davvero.

-Davvero davvero da... -ma Bokuto non poté finire la frase, perché Akaashi, con un coraggio trovato chissà dove, lo baciò sulle labbra.

Keiji non si era mai immaginato un bacio con Kōtaro. Mai. Perché? Non lo sapeva con esattezza, ma forse perché aveva paura di aspettarsi qualcosa che non sarebbe mai avvenuto per davvero.

In quel momento capì quanto fosse stato stupido.

Quando si separò dal suo capitano, aprì gli occhi con cautela. E se Kōtaro lo avesse respinto? D’altronde non aveva reagito in alcun modo e Keiji non poteva dire se il bacio gli fosse piaciuto.

L’alzatore cambiò idea quando vide l’espressione stupita dell’altro, che lo fissava con bocca e occhi aperti. No, non se lo aspettava proprio.

-Bokuto-san? -lo chiamò, preoccupato. Il diretto interessato, per tutta risposta, lo abbracciò stretto. Al contrario del suo alzatore, l’asso della Fukurodani non era bravo con le parole, perciò dimostrava il suo affetto con i gesti. 

Akaashi, allora, ricambiò l’abbraccio, esitante. Strinse Bokuto a sé, anche se era molto più grosso di lui e non fu facile. Sentì il profumo che tanto amava e scoprì che non gli dispiaceva esserne completamente avvolto. Chiuse gli occhi, seppellì il viso nell’incavo del collo di Kōtaro e inspirò a pieni polmoni, rilassandosi.

-Non c’è bisogno di chiamarmi per cognome, ‘Ji. -gli sussurrò l’asso. -Non più.

Keiji annuì, senza dire una parola. Sarebbe rimasto così per sempre, ma il suo neo-ragazzo gli fece notare che erano le due di notte e che di lì a poche ore sarebbero dovuti scendere a colazione e poi giocare due partite (si sperava) per i quarti di finale delle nazionali, quindi si separò a malincuore da lui.

Rientrarono nella stanza e chiusero la finestra. Bokuto si sedette sul suo letto e gli sorrise.

-Va meglio adesso? -chiese.

-Sì. -rispose Keiji sedendosi sul secondo letto della stanza. -Ma non ho sonno.

-Vuoi che ti canto una ninna nanna? -propose il più grande. -Può sembrare imbarazzante, ma tutte le volte che ho degli incubi mia madre me ne canta una, la stessa di quando ero piccolo. E ha il potere di farmi dormire fino a tardi!

L’alzatore era dubbioso, ma accettò. Kōtaro gli fece segno di sdraiarsi con lui, poi lo coprì con le lenzuola e spense la luce del comodino che aveva acceso poco prima. 

-Grazie. -gli sussurrò Keiji.

-Ma non ho ancora iniziato.

-Se poi mi addormento come faccio a ringraziarti? -si rannicchiò e chiuse gli occhi. 

-Hai ragione. 

Dopo qualche secondo di silenzio, Akaashi sentì un tocco dolce sulla fronte: Bokuto gli stava spostando i capelli, dolcemente. E infine iniziò a cantare.

 

 

Rimase una tradizione per loro due, anche dopo l’università e il matrimonio: tutte le volte che Keiji non riusciva a dormire, Kōtaro cantava. Al contrario di quello che Akaashi pensava, era veramente bravo.

E un paio di anni dopo il fatidico “sì”, Kōtaro, di ritorno dagli allenamenti serali, rimase ad ascoltare Keiji cantare quella melodia alla loro bambina.







*angolo autrice*
E ovviamente Bokuaka = fluff.
Sono la mia ship preferita 😍 cioè, quanto possono essere carini?
Ho scritto questa one shot dopo aver ascoltato una canzone di cui vi lascio il link qui sotto! Spero vi sia piaciuta ❤️

Ecco il link:


https://youtu.be/vL_8vJ85FXk 

   
 
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