Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Red Saintia    18/05/2021    11 recensioni
Si dice che quando crediamo di aver perso una persona importante basti guardarla negli occhi per poterla ritrovare, per comprendere quello che si cela in fondo al suo cuore. Eppure non sempre lo sguardo che credevamo di conoscere riesce a dissipare i nostri dubbi, anzi... spesso vengono solo alimentate le nostre paure di dover ammettere a noi stessi che in fondo conoscere davvero qualcuno è solo una vana illusione.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mikasa Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Adesso, Mikasa!"

 Non avrei mai potuto udire chiaramente quella sua richiesta, se di richiesta si trattasse, perché suonava più come un ordine perentorio.

Il caos regnava sovrano in quella che fino a pochi attimi prima era una piazza accogliente e festosa. Sapevo che non ci sarebbe stato bisogno di sentire, poiché riuscii subito a percepire le sue parole. Come se tutti i miei sensi fossero in allerta attendendo quel momento. Era sempre stato così tra noi, io... riuscivo a sentirlo, riuscivo a percepire ogni suo stato d'animo, ogni sensazione, ogni paura. Il mio corpo scattava come una molla se solo avevo il sentore che lui fosse in pericolo. Era così anche in quel momento. Mentre ancora una volta ero avvolta da fumo e macerie, da polvere e cadaveri. Stavo compiendo il mio dovere, verso chi? Verso l'umanità, o solo in favore delle intenzioni di Eren?

Non era come le altre volte, come in passato, quando anche durante il furore della battaglia il nostro obbiettivo era comune e ci spronava ad andare avanti.

Le lance fulmine saettano nell'aria, il mio sguardo passa veloce dal gigante Martello a Eren, lui invece sembra non vedermi. In realtà sembra non vedere nessuno.

Non era così che immaginavo il nostro incontro dopo tutto quel tempo nel quale eravamo stati lontani. Riflettendoci, cosa mi aspettassi davvero non lo sapevo neppure io.

Eren ci aveva deliberatamente lasciati, aveva deciso di intraprendere un'altra strada. Forse aveva raggiunto quella consapevolezza ancora prima del nostro sbarco a Marley. Solo che si era guardato bene dal farlo trasparire. O forse è stata la mia vigliaccheria a fargli prendere quella decisione. Avrei dovuto essere dannatamente egoista, fregarmene di tutto e tutti e dirgli ciò che davvero provavo per lui. Se solo avessi compreso meglio i suoi silenzi, il suo sguardo perso verso un orizzonte che non aveva più la speranza di libertà, ma solo la certezza di nuove battaglie. Aveva senso in quel momento chiedersi se le cose sarebbero potute andare diversamente? Forse no. Il ragazzo che un tempo rappresentava la speranza dell'umanità sembrava aver smarrito la strada, o forse aveva semplicemente compreso una verità che a noi sfuggiva.

Il tempo era trascorso inesorabile per tutti noi, a volte le giornate sembravano infinite.

Le notti interminabili e silenziose, accompagnate solo da un dolore lancinante al petto che non accennava a scemare. Le nuove scoperte, le risorse apprese da Marley esaltavano la maggior parte dei miei compagni. A volte sembravano tornare bambini davanti a cose delle quali non comprendevano l'origine ma che calamitavano totalmente la loro attenzione.

Solo io mi sentivo sperduta, come se stessi in perenne apnea cercando di non toccare il fondo. Ero estranea e smarrita nell'affacciarmi a quel nuovo mondo di cui ignoravo l'esistenza. Mi sentivo scoperta e vulnerabile, sensazioni inusuali che non mi erano mai appartenute. Forse perché mancava colui dal quale io traevo la mia forza.

Neanche Armin, per quanto ci provasse, riusciva a rompere quel muro di silenzio e solitudine nel quale mi ero rintanata. Nei suoi occhi leggevo un dolore simile al mio, ma anche un segno di muta rassegnazione. Le notti insonni le trascorrevo di guardia ai nostri alloggi, cosa ci fosse da sorvegliare non era importante. I giganti erano scomparsi, e comunque ormai era chiaro che anche loro erano strumenti inconsapevoli di un odio che aveva origini antiche e aveva attecchito fin troppo in profondità per essere sradicato.

Nella solitudine che mi ero autoinflitta scoprii una presenza guardinga, costante e silenziosa quanto me. Capitava spesso di ritrovarmi alle spalle il capitano Levi con una tazza di tè fumante tra le mani. Mi porgeva semplicemente quel liquido caldo e familiare osservandomi in silenzio, poi... così com'era arrivato si dileguava nel nulla. Era l'ultima persona con la quale avrei instaurato una conversazione, eppure stranamente era quella con cui mi sentivo più in sintonia. Probabilmente per quel vincolo sottile che deriva dal cognome Ackerman che ci accomunava.

Adesso tutto sembrava così lontano, distante un tempo infinito scandito da una pace fasulla mischiata al più sordido degli inganni. Ero tornata a combattere, a sterminare nemici, quello che da sempre mi riusciva meglio fare. Il bersaglio era stato centrato ma sembrava non aver risentito minimamente dei colpi ricevuti. Eren restava immobile al di sopra del suo gigante, guardando il nemico che gli si parava di fronte, sembrava valutare il da farsi.

"Eren..." mi avvicino a lui chiamandolo. Solo in quel momento si volta incrociando il mio sguardo. Una fitta insopportabile mi attraversa il petto mozzandomi il respiro  "... ti prego, torniamo a casa."

Mi sta guardando, ma la sua espressione resta immutata, vuota, spenta. Le lacrime premono per scendere implacabili dai miei occhi. Devo usare tutto l'autocontrollo che posseggo per non lasciarmi andare. Devo restare concentrata o moriremo entrambi. Mi guardo attorno e vedo superstiti correre spaventati cercando di mettersi in salvo. Sotto le macerie gli occhi vitrei di un bambino sembrano osservarmi, ed io mi chiedo se siamo davvero noi quelli nel giusto.

I "demoni di Eldia" così ci chiamano, e noi cosa stiamo facendo per smentire questo marchio che ci portiamo addosso, stiamo dichiarando guerra aperta al mondo intero. Ad Eren non sembra importare nulla di tutto questo. La compassione è l'empatia che provava un tempo per il prossimo sembrano essere svanite, come fossero state un fardello del quale liberarsi.

Quanto è grande il prezzo da pagare per essere liberi?

Forse lui si è già posto questa domanda trovando una sorta di giustificazione alle sue azioni. Ma io... sono davvero disposta a seguirlo e assecondarlo in ogni sua scelta?

Che cos'è Eren adesso. Il traditore degli eldiani o il salvatore del mondo?

Potrò mai ritrovare il mio Eren dietro quegli occhi assenti e privi di emozione?

Lo stringo a me mentre aziono il movimento tridimensionale che ci porta lontano dal suo gigante ormai inutilizzabile. Mi rendo conto di non avere la minima idea di cosa gli passi per la mente. Stiamo rischiando tutti la vita per lui, per riportarlo a casa. Senza sapere se per lui Paradis rappresenti ancora questo. 
Mi ordina di distrarre il nemico, di nuovo. Ancora una volta non mi tiro indietro, incurante di quante vite costerà questa mia decisione. Finirà mai questa spirale di odio e violenza.

Il mondo è davvero un luogo crudele o asseconda semplicemente la crudeltà degli esseri umani? Sono già lontana mentre formulo questo pensiero. Le spade sguainate arpionata al nemico.

Cosa sono io? Un soldato, un'arma, un sostegno, una schiava...

Pensare a questa parola mi provoca un brivido improvviso. Non so perché mi sia venuta in mente, né tanto meno perché mi disgusti tanto il solo pensarla. Eppure mi viene da chiedermi se la mia vita alla fine non si riduca solo a dover stroncare quelle degli altri.
D'improvviso la parvenza di serenità degli ultimi anni non mi sembra più così stonata e fuori luogo. Forse inconsciamente anch'io la desidero.

Chiudo gli occhi mentre le lame delle mie spade fendono il nemico. Nella mente un'immagine lontana, lo sguardo affilato e silenzioso di colui che mi ha accompagnato nelle lunghe notti trascorse in solitudine. Sembra quasi volermi dare una muta conferma di quel desiderio.

È solo che... non so ancora se sono disposta a pagare fino in fondo il prezzo di quella agogniata quotidianità.







Sono tornata, e ne sono molto felice. Perchè ciò significa che ho voglia e modo di raccontare di questi straordinari personaggi. In questa storia c'è il punto di vista di Mikasa a tutto tondo, perchè è proprio vero che gli occhi raccontano più di come facciano le parole. Questa giovane donna comincia lentamente a comprendere che le cose stanno cambiando, che lei sta cambiando, e per quanto la cosa la spaventi sa che è inevitabile. In questa one shot ho gettato le basi per un progetto che sto scrivendo, e che spero presto vedrà la luce. Spero quindi di avervi incuriosito abbastanza da invogliarvi a rimanere da queste parti. A presto...

   
 
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