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Autore: EleAB98    20/05/2021    4 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
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[...]
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*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo V – Non sarà un’avventura
 
Giovedì
 

Continuavo a toccarmi le labbra come uno stupido, come se fossi una sciocca ragazzina in eccessivo fermento per aver ricevuto il primo bacio in bocca della sua vita. Non riuscivo a non richiamare costantemente quelle labbra, premute con dolcezza sulle mie. Così seducenti, così invitanti. Così morbide. Così...

Cacciai un sospiro. Era stato solo un bacio, diamine! Un bacio che aveva tanto scosso il mio corpo quanto la mia mente. Un bacio che non riuscivo proprio a dimenticare. Un bacio nato a seguito di uno scopo meramente protettivo. Un bacio che non era stato niente ma che, allo stesso tempo, era stato tutto. Il mio tutto.
E pensare che la sera prima avevo persino evitato di lavarmi i denti, di trangugiare le lasagne – da sempre, il mio piatto preferito –, di bere una semplice sorsata d'acqua. Tutto questo per non cancellare quel sapore che, per alcune ore, mi era rimasto impresso sulla punta della lingua.
Menta. Sapeva di menta. La sua bocca sapeva di menta.

Cazzo, Malcom! Devi riprenderti, cosa ti sta succedendo?

Mi passai la mano destra tra i capelli scuri. In quel momento, mi sembravo un ragazzino che tentava di mettere insieme parole sconnesse, aggiungendo sempre più particolari che potessero rimembrargli quanto accaduto il giorno precedente.
Peccato che io non fossi più un ragazzino da un pezzo. Ormai ero un uomo. Un quarantenne, per la precisione. Uno sciocco quarantenne che si stava arrovellando il cervello per un semplice avvenimento che gli aveva scombussolato il cuore, la mente e... le membra.

Tentai di scacciare il sorrisetto da pesce lesso che mi era comparso sul volto. Ero stato un idiota. Un perfetto idiota. Baciarla era stato a dir poco fatale. Senza contare che, una volta tornato a casa, avevo persino assaporato un paio di mentine – speravo, in sordina, che potessero rassomigliare al suo sapore che, purtroppo, stava scemando sempre di più – soltanto per rievocare all'infinito quel momento. Per tutta la notte.

Per qualche assurdo motivo, avevo saltellato per tutta casa in preda a una gioia profonda passando dalla cucina al bagno, e infine, avevo posato la testa sul mio cuscino con un sorriso a trentadue denti del tutto fuori luogo.
Io non avevo cuore per quelle cose. Non avevo cuore per le smancerie, non ero una donnicciola di quart'ordine che crede di aver trovato l'amore della sua vita. Perché l'amore non esiste. O meglio, per me era esistito fin dal momento in cui non avevo cominciato a saltare di seno in seno, a condurre una vita del tutto dissoluta che qualcuno avrebbe definito sin troppo sopra le righe.
Una vita che qualcuno avrebbe definito fuori dalla grazia divina. Ma io non credevo affatto in Dio. E questo, penso di averlo già affermato. Quello in cui credo, se proprio devo credere in qualcosa, non è altro che questo: sono un casanova e tale rimarrò. Per sempre.
Da sei anni a questa parte, in effetti, non avevo visto altro che andasse al di là della bellezza, della sensualità e dell'avvenenza di una donna. Eppure, quella Megan...

Scossi la testa. Io desideravo quella donna, volevo soltanto portarla nel mio letto. Il mio era soltanto uno stupido capriccio che, una volta soddisfatto, mi avrebbe liberato dalla tormentosa morsa che tuttora non mi faceva dormire.
Una volta raggiunta la splendida vetta, mi sarei comportato come al solito. Sarei sparito e non l'avrei mai più rivista. A dispetto di tutto e di tutti. A dispetto di me stesso. A dispetto della nostra collaborazione professionale che, a ogni modo, sarebbe stata comunque temporanea. Eppure, l'imponente desiderio fisico che nutrivo verso di lei non riusciva a regalarmi una soddisfazione che superasse di gran lunga il dispiacere che, a seguito di quel bacio, aveva pervaso il mio cuore.
Una sensazione contrastante che mi aveva accompagnato fino al ritorno a casa, quando rimembrai il fattaccio. Per l'ennesima volta.

«Non penserai di meritarti dei ringraziamenti soltanto perché mi hai protetta da quel Thompson!» aveva detto con fare sprezzante, cancellando l'aria turbata e interdetta che aveva increspato le sue labbra rosse e inondato i suoi occhi cerulei, dai quali intravidi lo scatenarsi di un violento maremoto.

Quella sprezzante affermazione mi aveva destabilizzato. Mi aveva ferito. Profondamente. Mai come in quel momento, mi ero sentito disprezzato. Rifiutato.
Non che quel bacio significasse amore eterno, per carità. Eppure... un alone di sentita tristezza mi aveva indotto a non proferire parola. E questo non mi era mai successo. Non ero abituato a ricevere un secco no. Non ero avvezzo ad affrontare questo tipo di ostacoli.

Doveva essere stato questo. Sì, avevo reagito male soltanto per questi motivi, non poteva esserci altra spiegazione. Con aria contrariata, tornai a quel momento.

«Allora! Avanti, non restare lì impalato! Abbiamo una missione da compiere, se n'è forse scordato?» aveva tuonato poi, la sua bocca piegata all'ingiù in un'espressione che palesava contrarietà, disprezzo e mille altri sentimenti negativi.

Il suo cipiglio severo non tradiva emozione di sorta. Mi ero davvero sbagliato, sul suo conto. Lei non aveva provato un accidente. Nemmeno la più piccola, microscopica emozione. Nel suo sguardo, non c'era alcun residuo di piacere o di felicità. Men che meno eccitazione.
Non c'era niente. Niente di niente. Così, ostentando una certa freddezza, avevo soltanto aperto la portiera della mia auto per poi finire dalla sua parte dichiarando, con estrema nonchalance un «Perfetto, possiamo andare a sputtanare quel Thompson, allora!»

Il perenne bussare della porta mi ridestò dalle mie riflessioni. Sapevo molto bene chi mi stesse cercando, soltanto che io non volevo vederla. Volevo stare solo. Completamente solo. Non avevo bisogno di lei. Avevo bisogno di processare un sentimento che non riuscivo tuttora a spiegarmi del tutto, un qualcosa che il mio cuore si ostinava a definire come unico, inimitabile. Irripetibile.
Eppure, un semplicissimo bacio in bocca poteva essere riprodotto in un'infinità di situazioni, se non un'infinità di volte; quell'evento così irripetibile, nella sua possibilissima riproducibilità, era stato... semplicemente splendido.
Proprio così, avevo provato un'emozione. Nel baciarla, avevo provato un qualcosa che, seppur contrastante, trascendeva dalla semplice attrazione fisica. Quel qualcosa che però, a parti invertite, non aveva significato niente.

Sospirai, mentre i colpi alla porta diventarono sempre più incessanti.Da qualche parte –­ forse nella tesi del mio carissimo fratello Jeffery, stimato fisico sperimentale – avevo letto che bastava un effimero battito d'ali di farfalla affinché si scatenasse un tornado o un qualcosa di simile. Era forse possibile che il bacio rifilato a Megan avesse provocato una profonda voragine all'interno del mio stomaco? Per quale motivo, pur desiderandola fisicamente, non riuscivo a non pensare al fatto che lei avesse disprezzato il mio bacio, nonché alla felicità che lo stesso mi aveva suscitato poco prima di cadere in depressione? Io volevo esplorare ogni parte del suo corpo, volevo che gridasse a tutta forza il mio nome, volevo regalarle piacere. Ma volevo anche qualcos'altro. Volevo costantemente la sua bocca sulla mia.

Cazzo, Malcom! Come diamine ti sei ridotto? Stai diventando un rimbambito!

Per l'ennesima volta, l'intervento non richiesto della mia coscienza mi spaventò. Volevo baciare una donna che mi aveva mostrato una glacialità senza pari. E volevo che lei mi desiderasse, ma non solo nel corpo. Volevo che lei mi facesse gli occhi dolci e che mi dicesse sì, sono tua. E a quel punto, mi sarei sciolto come neve al sole. Quelle splendide parole mi avrebbero acceso, ma... al tempo stesso, avrebbero scosso il mio cuore. E non capivo perché mai sarebbe dovuta accadere una cosa simile.
Non ero innamorato di lei, non ci conoscevamo per niente – io, tra l'altro, ero allergico all'amore. Ciononostante, la sua espressione di totale disinteresse mi aveva devastato. E dalla felicità più pura, mi ero ritrovato a maledire il giorno in cui l'avevo rivista. Perché io l'avevo già vista, quella donna. E mi trovavo...

D'improvviso, due prosperosi seni svettarono dinanzi a me. No, non si trattava affatto di un sogno.

«Oddio, Melanie! Che cosa... che cosa stai facendo?»
Gli occhi sbarrati, il fiato corto. La voce roca. La voce roca? Stavo forse per piangere? Stavo forse per eccitarmi con il pensiero com'era accaduto soltanto due sere prima? Pregai tutti i santi del paradiso che il mio aspetto fosse normale.

«Mi sto spogliando», ridacchiò lei, senza alcun pudore. «Non si vede, forse?»

Mi alzai di scatto dalla scrivania. «Certo che lo vedo... ma la domanda è: perché lo staresti facendo? Nel mio ufficio, poi!» Spalancai la bocca alle mie stesse parole. Mi stavo davvero comportando come un uomo di chiesa che si scompone soltanto vedendo un bel paio di seni davanti a sé? Mi stavo davvero sconvolgendo per così poco? Avevo sempre avuto rapporti con quella donna, non avrei certo dovuto sorprendermi per un simile... scenario.

«Be', visto che non ti decidevi a farmi entrare e che il tuo sguardo era fisso nel vuoto... ho pensato che vedermi così ti avrebbe dato una bella scossa!»

«E me l'hai data, infatti!» mormorai, incredulo. Quella Melanie era piombata nel mio ufficio e si stava spogliando davanti a me per... per farmi rinvenire? E io me ne ero avveduto soltanto alla fine? Mi ero davvero rincitrullito, non c'era altra spiegazione. Ma la cosa più scioccante... non era certo questa. La presenza di quella donna mi infastidiva. «Si può sapere perché sei entrata senza mio esplicito permesso?»

«Non mi sembra che tu ti sia mai fatto problemi ad accogliermi qui mezza nuda!» replicò l'altra, alzando un sopracciglio. «Cosa c'è, quella Megan ti ha già prosciugato tutte le energie? A tal proposito... com'è stato andarci a letto, eh?»

Ribollii di rabbia a quell'insinuazione. «Non ci sono andato a letto!» mormorai, a denti stretti. Purtroppo, aggiunse maliziosa la mia coscienza.

«Ah no? Non posso credere che un casanova come te non ci abbia neanche provato con lei!» esalò la bionda, esponendo senza ritegno la sua mercanzia.

Feci una smorfia. «Avanti, rivestiti subito ed esci immediatamente da quest'ufficio. Ho del lavoro da sbrigare.»

«Come, prego?» domandò l'altra, incrociando le braccia. «Due giorni fa siamo stati interrotti dalla nuova arrivata e non abbiamo rispettato il nostro patto. Cosa ci sarebbe di sbagliato nel lasciarci andare oggi?»

NienteProprio niente.

«Tutto! Melanie, ascolta... non è proprio il momento.»

L'altra tornò a mostrarsi in tutta la sua magnificenza e io rimasi fermo lì, dinanzi a lei, come un perfetto stoccafisso. Non potevo crederci. Il casanova che era in me si sarebbe eccitato immediatamente a quella vista, non avrebbe mai respinto una donna alla ricerca di sesso facile!

«Avanti, non dirmi che adesso hai paura che—»

«Potrebbero sentirti, non è affatto il luogo adatto per—»

«Farsi una stupida scopata? D'accordo, ho capito, non è giornata. Ma fammi un fischio, quando avrai deciso di tornare in te! Anzi, sai che ti dico? Va' al diavolo!»

Melanie richiuse la porta dopo essersi rivestita completamente, non mancando di riservarmi un'occhiataccia. Mi accasciai di peso sulla scrivania e mi allentai la cravatta. Mi diedi dello stupido. Avevo appena rinunciato a un bell'orgasmo. E soprattutto, avevo appena rinunciato a rimarcare quanto fossi stronzo e insensibile con le donne. Quanto fossi insaziabile, egoista, quanto bramassi di raggiungere il mio piacere senza risparmiare nessuna preda sul mio cammino. E qualcosa mi diceva che, tra non molto, me ne sarei amaramente pentito.

«Maledetta Megan», mugugnai, sbattendo il pugno sul tavolo. «E maledetto te, Malcom Brian Stone.»

 

*Non Sarà Un'Avventura: brano del cantautore Lucio Battisti (1969)

   
 
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