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Autore: Angelika_Morgenstern    21/05/2021    0 recensioni
Zeno è uno scrittore tradito e abbandonato dalla moglie, alla quale pensa giorno e notte, sprofondato in un modus vivendi che lo porta ad aspettare la morte lontano da tutti, anche dalla sua amata macchina da scrivere.
Finché il mare rigetta quello che sembra il cadavere di una donna.
Quanto ciò influenzerà la sua vita?
Genere: Drammatico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Ricominciano -
 
E di nuovo se la ritrovò lì, di fronte alla sua porta il mattino dopo, che bussava sullo stipite a lui tanto caro e recava un caffè tra le mani.
La sua gentilezza mise Zeno di buon umore, nonostante si fosse presentata poco dopo la venuta del sole.
— Mi dispiace che tu mi veda in queste condizioni, mi sono appena alzato. – si scusò, quasi imbarazzato.
La ragazza fece cenno con le mani indicando il mare, voltandogli poi le spalle e dirigendosi verso il bagnasciuga con mani tese dietro la schiena a falciare il vento e un’innocente risata che rimbombava nell’aria umida.
Solo in quella l’uomo notò che non indossava calzature, cosa che lo preoccupò alquanto.
E se pestasse un vetro?
Dopo aver indossato abiti puliti, cercò un paio di scarpe femminili tra quelle della moglie, optando per dei tacchi molto bassi nella speranza che le sarebbero entrati, finché non udì un cane abbaiare e degli urli che lo portarono ad allarmarsi e affacciarsi sulla spiaggia.
E li vide: Martino il cornuto cercava di trattenerla vicino a sé per dirle qualcosa, tenendole un polso e impedendole di allontanarsi, atteggiamento che alla giovane non piaceva affatto a giudicare dal suo agitarsi. Era già sulla spiaggia quando la vide cadere a terra, improvvisamente libera nonostante l’uomo torreggiasse su di lei avvicinandosi.
Gli bastò un pugno bene assestato sullo zigomo per far sì che lo sfortunato compaesano gli si rivoltasse contro come un cane rabbioso.
— Tu! – ringhiò – Tu che te ne stavi rinchiuso in quelle quattro mura a leccarti le ferite, te che fino a ieri non sapevi neanche come si apriva la porta di casa, adesso addirittura ti accompagni a questa donna! Come ti si sono riaccesi presto i fuochi interni, eh?
In quella Calogero, avendo presumibilmente sentito il delirare del cornuto a causa del suo tono di voce, si rese conto della disputa che stava per nascere tra i due.
Corse verso di loro insieme ai pescatori, con Lorenzo che afferrò l’aggressore per il bavero della giacca al fine di riportarlo in sé anche grazie all’ausilio della forza.
— Basta bere a quest’ora, Martino. Ti fa male, vedi? Te lo dico sempre.
— Scusatelo, signorina. – disse Pietro, porgendo la mano a Maria, che però si portò le sue sulla testa chiudendosi a riccio, all’improvviso impaurita dal contatto umano.
Il pescatore più anziano sospirò — Vedi che hai fatto, ubriacone?
— Tutte uguali, tutte troie! – mugolò Martino, i bei lineamenti sconvolti dall’alcol che lo portò a sputare a terra, vicino alla ragazza che sobbalzò spaventata.
Il carabiniere scosse il capo, rivolgendosi a Zeno — Domani, domani.
— Una nottata al fresco, come ogni volta che si ubriaca. – continuò il Dottore.
La guardia annuì, salutandolo per seguire i due pescatori e prendere in custodia l’ubriaco, che lo seguì mugolando insulti a chiunque, e fu in quella che Zeno si voltò verso la ragazza.
— Sono andati via. – disse, chinandosi verso di lei poiché non dava cenni di volersi spostare.
Le poggiò una mano sulla testa e quella gli si gettò addosso come una bambina, accoccolandosi vicino a lui mentre il suo corpo veniva scosso dai singhiozzi. La resistenza opposta fu vana: colto di sorpresa, l’uomo cadde con la schiena sulla sabbia, senza per fortuna farsi male alcuno.
Egli pensò fosse il caso di farla sfogare, così lasciò andare la testa sulla sabbia, noncurante dei minuscoli granelli che s’infilarono tra i capelli, godendosi la vista del cielo e il calore di quel corpo minuto che gli pesava quanto un ramoscello d’ulivo.
Attese qualche secondo prima di rialzarsi, senza riuscirvi: la ragazza si era aggrappata al suo corpo con tenacia, rifiutando qualsiasi esortazione a riprendere la posizione eretta, tanto che Zeno dovette restare qualche altro minuto sistemato parallelamente al cielo, continuando a bearsi della tranquillità che gli trasmetteva.
Tentò nuovamente di muoversi dopo un paio di minuti, senza risultato anche in quel caso.
Abbandonò ogni speranza e chiuse gli occhi.
 
Riuscì nell’impresa solo dopo poco più di un’ora, quando avvertì il corpo della naufraga rilassarsi, capendo di dover approfittare di quel momento. Ma questa volta non ricevette segnali di protesta, anzi, lei si alzò dietro di lui dirigendosi verso il mare, stupendolo quando vi entrò completamente vestita.
— Maria…?
Interdetto dalla confusione appena originatasi nella sua testa, Zeno rimase a guardarla finché non si accorse che continuava a puntare verso il largo, l’acqua ormai alle cosce e il vestito appiccicato alla carne come una seconda pelle.
Fu stupito anche lui dalla corsa spiccata all’inseguimento con l’intenzione di trattenerla lì.
Non seppe spiegare a sé stesso se voleva salvarla dal mare per paura di perderla, o semplicemente se non voleva che si allontanasse da lui e basta. Si limitò ad afferrarla con rinnovata forza per la vita, sollevandola per riportarla a riva con difficoltà grazie ai movimenti scomposti della ragazza, segno di una vivace protesta.
Sbilanciato da ciò, cadde sulla sabbia insieme a lei, che sembrò calmarsi e rimase con il viso verso il basso, coperto dalla folta chioma castana.
Zeno avvertì il fatto che si fosse arresa e approfittò del momento per far affluire nuovo ossigeno nei polmoni brucianti per lo sforzo, voltandosi poi lentamente, ammirando sconcertato quello spettacolo che sprizzava tristezza da tutti i pori: la naufraga se ne stava accucciata nella sabbia umida, un braccio semi disteso e le dita che si muovevano tra i granelli, come se stesse tentando di afferrare qualcosa.
Il volto nascosto tra i capelli celava qualsiasi espressione, anche se si capiva benissimo che fosse frustrata data la forza espressiva del suo corpo.
Sembrava un quadro bellissimo, potente e incredibilmente triste, reso ancor più tale dalle nuvole cariche di pioggia che stavano arrivando in quel momento dall’orizzonte, il che stupì l’uomo: sembrava quasi che la natura seguisse il filo del suo umore.
Rotolando su di un fianco le toccò una spalla, generando in lei un profondo sospiro, uno scatto.
Dopodiché, nulla.
 
Quando tentò di prendere la strada verso la locanda di Anna, la ragazza piantò i piedi assumendo il carattere di un mulo, trasmettendo l’idea di non voler più entrare nell’entroterra. Continuò a mugolare con lo sguardo e un braccio rivolti ambedue verso il mare, che sembrava stranamente sempre più vicino.
La sensazione inquietò non poco Zeno, che alla fine concluse di dover assecondare la sua idea, lasciandola libera per vedere cos’avrebbe fatto, stupendosi quando questa prese a correre verso la sua casa non prime di essersi chinata per riprendere il cappello a tesa larga, ormai mezzo seppellito dalla sabbia.
Non aveva senso.
Nella sua nuova dimora la naufraga assunse nuovamente l’aria spensierata che aveva avuto fino a poche ore prima, curiosando nella sua nuova stanza e soprattutto ficcando il naso nell’armadio, poggiando il cappello sul letto come fosse la sua abitazione.
L’avere una figura femminile in giro per quella che era stata la sua tana fece uno strano effetto a Zeno, che aveva ormai realizzato di essere stato rapito ormai dalla sua innocenza.
Fu quella sua caratteristica a far cadere tutte le sue difese, cedendo così alla sua insistenza nel voler rimanere con lui. In fondo si trattava di una ragazza che il mare aveva restituito dopo una tempesta e di cui nessuno aveva voluto sapere nulla, limitandosi a osservarla e desiderando di tenerla per sé. Se n’era accorto dagli sguardi di Martino e degli altri compaesani: il desiderio di possederla li accomunava, ma fortunatamente erano tipi che sapevano tenere le mani a posto, altrimenti…
Altrimenti che?
Cos’avrei fatto, io?
Solo lui non aveva sentito questo desiderio, avvertendo però un’affinità improvvisa e molto forte con lei, attirato in prima battuta dal lungo osservare la sua macchina da scrivere durante la prima capatina nella sua casa.
Sapeva per quale motivo aveva carpito la sua attenzione: lei era diversa.
Conservava quell’innocenza tipica delle bambine piccole, forse il suo mutismo rendeva ancor di più favorendo questa concezione che l’uomo aveva di lei, e certamente attirava gli uomini a sé come mosche non solo per la sua straordinaria bellezza, anche se il corpo flessuoso e morbido rappresentava una tentazione carnale a cui gli esseri più passionali non avrebbero saputo resistere.
Quel viso pulito, il candore lunare della pelle, i ricci castani perfetti da impigliare tra le dita come reti da pesca ritirate al tramonto, e gli occhi, vividi, curiosi e così espressivi da sopperire alla mancanza della voce.
Riconosceva il richiamo che quella donna rappresentava per un uomo, ma lui non era interessato a quello.
La naufraga stava riportando nella sua vita un po’ di allegria con la sua buffa presenza.
In tutti quegli anni la consapevolezza di non essere più utile alla sua ex moglie gli aveva devastato l’anima, spogliandola di qualsiasi difesa per donarla alla sofferenza più nera.
Si era lasciato andare lentamente, come un’orchidea senz’acqua che perde i suoi splendidi fiori, senza alcuna voglia di riprendersi, senza motivazione per farlo.
Quella ragazza che si era insinuata con forza nella sua vita, che gli stava dimostrando di avere bisogno di lui, proprio lei, una perfetta sconosciuta, gli aveva donato un raggio di sole col quale squarciare il buio della sua esistenza.
Non l’avrebbe lasciata andare tanto facilmente, e forse in cuor suo era stato anche lui stesso a sperare che non volesse tornare da Anna.
Il tempo trascorso sdraiato sulla spiaggia l’aveva fatto riflettere, riportandogli alla mente sensazioni che non aveva provato per anni, dal calore umano alla consapevolezza di esistere per qualcuno che avesse bisogno di lui.
La sua vita aveva un senso, di nuovo.
Ed era così assorto nei suoi pensieri da far cadere il tuorlo direttamente sul piano cottura, mancando clamorosamente la padella posata sul fuoco.
— Accidenti.
In fretta ne aprì un secondo, centrando l’obiettivo e venendo raggiunto dalla nuova ospite che si affacciò dalle sue spalle per osservare quel che stava facendo.
Non lo conturbò il fatto di sentire un seno premuto sulla schiena, ma fu la sua sola presenza a fargli spuntare sul viso un sorriso di sollievo.
Non era più solo, finalmente.
 
Il pasto frugale venne consumato in silenzio e la donna attese che lui si alzasse per fare lo stesso e sistemarsi alla finestra, osservando il sole che lentamente proseguiva la sua discesa verso l’orizzonte, donando alla distesa d’acqua splendidi riflessi dorati, e a chiunque la sensazione di tranquillità che si vorrebbe avvertire dopo una giornata difficile.
La vide ammirare il quadretto con aria rilassata e la cosa gli piacque tanto da rivolgerle gli occhi più tempo del dovuto, al fine di fissare per bene l’immagine nella sua mente.
Zeno pensò di essere stato fortunato.
Nessuno gliel’avrebbe portata via, nessuno.
 
Le stranezze della ragazza non stupirono l’uomo nei giorni a seguire.
Il suo posto preferito era la seggiola di fronte alla finestra, grazie alla quale poteva ammirare l’orizzonte da cui era venuta tutte le volte che voleva durante il giorno, muta, rilassata, ma con una vaga malinconia che col tempo iniziò a farsi sempre più strada nei suoi occhi.
Quando un mattino Zeno si alzò per la consueta passeggiata all’alba, la trovò già in piedi, pronta sui piedi scalzi che gli sorrideva col corpo verso la porta, come un cagnolino che vuole uscire a passeggio.
— Vuoi respirare anche tu un po’ d’aria di mare, eh? Come darti torto.
L’uomo aprì la porta e lei scattò, correndo verso il bagnasciuga. La vide giocare con l’acqua, andare incontro alla risacca e fuggire via quando quella si avvicinava, inginocchiarsi per stampare l’impronta delle sue mani sulla sabbia umida, incurante che il vestito si bagnasse.
Scavò anche una buca rimanendo ferma sul posto, con l’acqua che le arrivava fino alle caviglie, e fu questo il particolare che lo stupì: a quell’ora del mattino la temperatura era sgradevolmente pungente, eppure lei sembrava non accusare né l’aria frizzante, né l’acqua gelida.
— Maria, ti raffredderai…
Ma lei non lo sentiva.
Continuò coi suoi giochi, finché all’improvviso non prese la rincorsa e si tuffò tra le onde come un pesce, senza riemergere.
Zeno si spaventò e le andò dietro, scavalcando a fatica l’acqua che gli si opponeva spingendolo a riva, come se lo allontanasse volutamente dalla ragazza svanita tra i flutti.
Con la mente preda dell’ansia la cercò, l’acqua ormai alla vita e gli occhi che schizzavano a destra e a manca, preoccupati, illustrazione dell’improvvisa paura di rimanere solo.
Perché?
Sono sempre stato solo, ho scelto di esserlo da quando lei se n’è andata.
Perché adesso ne ho timore?
Perse l’equilibrio e cadde a faccia in avanti, fendendo dolorosamente l’acqua col petto, ingoiando liquido dal naso, tanto da dover tossire copiosamente una volta in piedi nel violento tentativo di riprendere fiato.
Mentre si tirava indietro i capelli la vide di fronte a lui.
Rideva come una bambina schernendolo con un dito, senza curarsi del fatto che l’abito bagnato aveva messo in risalto il suo corpo e risvegliato in Zeno istinti che credeva ormai sopiti per l’eternità.
L’uomo li ignorò con ostinazione, afferrandola per un braccio al fine di trascinarla fuori dall’acqua, seppur a fatica. Stavolta la giovane non oppose resistenza, continuando comunque a tirare calci nell’acqua per schizzarlo.
— Mi hai spaventato. – disse con tono grave, tanto che la ragazza si acquietò come se il peso della colpa gravasse sulla sua testa, che abbassò.
Lo seguì docile in casa, dove fece una doccia prima di prendere il suo posto di fronte alla finestra per ammirare la bellezza del mare quieto.
Quando Zeno fece il suo ingresso nella stanza pettinando all’indietro i capelli bagnati, si rese conto dello sguardo innamorato con il quale la donna fissava l’orizzonte, scorgendovi un velo di malinconia, come se quel luogo infinito le appartenesse e viceversa.
Si voltò di scatto verso la vecchia macchina da scrivere, ancora coperta di polvere a differenza del resto della casa, ormai ripulita.
Mosse un passo nella sua direzione.
Un altro.
Vi si trovò di fronte e la sfiorò con le dita, la stessa delicatezza che avrebbe certamente riservato a un’amante. Un brivido percorse il braccio come una scossa elettrica fino al cervello, generando pelle d’oca che non avvertiva più da anni.
Sedette di fronte alla macchina lentamente, quasi con reverenziale timore, guardandola come se fosse la prima volta, alzando le mani per caricare il foglio.
In quella uno straccetto a mezz’aria spuntò nel suo campo visivo, offerto da Maria.
L’espressione incoraggiante sul suo volto e l’empatia dimostrata verso di lui fecero in modo che Zeno accettasse l’invito, prendendo quel lembo di stoffa che gli permise di tirare a lucido la sua vecchia amica, l’unica vera compagna che aveva avuto nel corso della sua vita.
Come ho potuto snobbarla in nome di una persona che non meritava tanta considerazione?
Sono stato uno stolto.
Non si accorse che Maria, tornata al suo posto, lo stava guardando sorridendo prima di puntare nuovamente lo sguardo all’orizzonte.



*** Angolino dell'autrice ***
Ciao a tutti, come state? Spero bene, visto che siamo in bocca al weekend.
Io benissimo, sia benedetto chi ha inventato la pausa del fine settimana!
In realtà aveva pronosticato l'aggiornamento per lunedì o martedì, solo che mi sono accorta di avere i Gb agli sgoccioli, quindi ho preferito attendere il rinnovo mensile visto che in campagna non abbiamo il wifi.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto: qui abbiamo visto il rapport tra Maria e Zeno saldarsi, senza però che i sentimenti di lui siano animati da secondi fini.
Ci ho tenuto a rimarcare questa cosa, in quanto non ci sarebbe stato il tempo necessario per sviluppare una tresca amorosa, inoltre Maria non è una donna qualsiasi.
Anzi, in realtà non è nemmeno propriamente donna, ma questo è un particolare che viene svelato alla fine, senza dare nemmeno tante spiegazioni.
Eh già, il prossimo capitolo sarà proprio il finale.
Dispiace molto anche a me, ma d'altra parte non vedo l'ora! Così posso dedicarmi all'altra songfiction, sempre dei Pooh ovviamente.
Forse la conoscete, si chiama L'ultima notte di caccia ed è da sempre una delle mie canzoni preferite.
La stesura è già iniziata, ma l'ho interrotta subito: devo trovare qualche informazione sugli indiani d'America prima di andare avanti. Non posso toccare un popolo intero inventando i draghi, non esiste.
Detto ciò, vi saluto a tutti!
Ci vediamo per il finale!

- A.


 
   
 
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