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Autore: _Blumenonfire_    22/05/2021    0 recensioni
Un viaggio a tappe nella psiche di un'anonima ragazza e dei suoi instabili rapporti con se stessa e con un ideale di Amore
(E piccola storia esorcizzante per la sua autrice)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Febbraio 2019

“Per essere un ristorante così costoso potrebbero permettersi un gin un po’ meno di merda” alla sua sinistra lo vide appoggiare i gomiti al parapetto e bere un sorso da un bicchiere, senza guardarla. Aveva i capelli un po’ più lunghi e una camicia blu che non gli aveva mai visto addosso.
“Ancora non so che ci faccio alla festa di laurea dei gemelli ricchi” gli rispose.
“Beh, sembra il ricevimento di un matrimonio. Secondo te in quanti siamo?”
“Claudia mi ha detto che hanno invitato cinquecento persone. Non so manco come facciano a conoscerle cinquecento persone”
“Saranno amici del padre, quello conosce tutti”
“E sempre papi gli avrà già fatto pulire il posto in ufficio alla Mercedes”
Lo sentì ridere, una risata singhiozzante che le fece pensare al rumore di perline che cadono su un pavimento di marmo.
“Non fare finta di essere invidiosa, non ci andresti mai a lavorare alla Mercedes nemmeno se ti ci portassero in braccio” le disse, trattenendo l’ultimo strascico di risata. Pensò che non faceva così ridere la sua battuta, ma si sentì comunque contagiata dall’umorismo.
“Ovvio che no, sai che depressione. Però pagano tanto e se c’è qualcosa che so è che i soldi fanno la felicità”
“Ed è per questo che studi Lettere?”
“Vaffanculo” gli lanciò un’occhiata di traverso, ma un sorrisetto la tradì. Tornò poi a fissarsi le nocche screpolate per il freddo. “Tu quando pensi di laurearti invece?” chiese in tono serio.
“Spero quest’anno”
“E dopo che fai?”
“Voglio fare domanda per lo stage in quell’agenzia pubblicitaria a Dublino, ti ricordi che ne parlavo tempo fa” fece una pausa, lasciando che il silenzio si addensasse nello spazio fra loro due “Vado a servire il capitalismo in terra estera” aggiunse poi con curata nonchalance, facendo tintinnare il ghiaccio contro il vetro.
Il sole all’orizzonte iniziava a tramontare in un’esplosione di arancio che si spargeva come sangue da una ferita aperta, divorando lentamente ogni angolo di cielo. Se ne stavano appoggiati alla ringhiera della terrazza, lontani dal caos della festa che continuava da ore dentro la grande villa bianca, tremanti per l’aria sempre più fredda che li investiva.
“Comunque sono contento tu stia meglio, avevo paura ce l’avessi con me” disse lui dopo un po’, girandosi a fissarla intensamente. Lo guardò anche lei, ritrovandosi un volto più sereno e placido, come investito da un moto di saggezza superiore.
Si chiese cosa vedesse lui in lei in quel momento, se stesse silenziosamente cercando prove di quel miglioramento. Forse qualcosa nel modo in cui si era truccata, o i capelli tagliati corti, le davano l’immagine di un personaggio che è arrivato alla fine del suo viaggio.
Pensò a quanto fosse assurdo il caso, che bene o male lasciava sempre che le loro strade si incrociassero. Si chiese se fosse davvero destino o solo l’ovvio prodotto dell’incrocio di infinite variabili, che inconsciamente studiavano entrambi per trovare e direzionare le loro scelte in maniera ottimale. C’era davvero una differenza?
“Ormai dovresti sapere che non è colpa tua” gli rispose infine, finendo in un sorso il suo vino. Vide una goccia scura caderle sulla manica della giacca e cristallizzarsi per il freddo.
“No, ma forse avrei dovuto lasciarti in pace prima. Sai che avevo solo paura di non vederti più” un’ombra del vecchio dubbio sconvolse la tranquillità dei suoi lineamenti. Lei sorrise, pensando che avrebbe voluto detestarlo, ma non poteva far altro che guardarlo come si guarda un bambino che ha trasformato buone intenzioni in un cattivo gesto.
“Lo so. Ma forse è proprio per questo che è meglio così”
Non rispose. Lei tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca e gliene offrì una. Rispose che aveva smesso e la lasciò a fumare da sola.
“Starai bene?” le chiese infine, dopo aver fatto un paio di passi indietro.
Lei gli sorrise e si rigirò la sigarette fra le dita, osservando la cenere incandescente che brillava nel buio sempre più denso. Da dietro qualcuno urlava nella loro direzione, ma non gli prestarono attenzione.
“Non meno di come starai tu”
Lui annuì, poi le voltò le spalle e tornò dentro il locale, chiamato per nome da qualcuno che se ne stava sulla soglia d’ingresso.
Vide la sua schiena rimpicciolirsi e sparire dietro la porta a vetri, in una direzione indefinita dove stavano tutti gli altri.
Lei rimase a finire di fumare, fissando gli ultimi angoli di città al limite della vista ancora illuminati dalla luce.
Sarebbe stata bene, perché era l’unica scelta che aveva: ricomporre i pezzi e accettare quel che ne veniva fuori.

   
 
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