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Autore: Greenleaf    22/05/2021    4 recensioni
Sotto l’ombra degli alberi di Amon Hen giace il corpo di una ragazza di nome Eldihen. Quando riapre gli occhi ed incrocia lo sguardo di Legolas, entrambi avvertono una sensazione intensa, qualcosa di inspiegabile e ancestrale.
La storia di Eldihen però, prenderà forma attraverso delle scoperte che le indicheranno il percorso giusto da seguire e, tra intrighi e falsi nemici da combattere, si ritroverà a vivere momenti mai pensati. Stregata da parole, sguardi e mostri che in realtà non sono poi così crudeli come lei temeva.
Vivrà l’incanto di un amore minacciato dalla guerra. Sarà vittima di un nemico tanto incantevole quanto misterioso. La sua storia inizia ad occhi chiusi, e per giungere alla fine Eldihen dovrà imparare a camminare nel buio.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eowyn, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12
 
 
Non riuscì a spiegarsi come potevano delle semplici parole metterle addosso un tale sconforto. Eldihen immobile sgranò gli occhi, appigliandosi allo sguardo impenetrabile di Nihil. Non sentiva nulla dentro di sé sé, né angoscia, né avvilimento. Rimase in silenzio di fronte a quella rivelazione, ripensando alle persone che avevano perso la vita, ai sensi di colpa e a ciò che aveva patito per via di quell’attacco. Se non fosse stato per Legolas lei a quest’ora non sarebbe viva. Il dolore era troppo grande “Forse non ho capito bene” bofonchiò appoggiando la testa al muro. Il sangue le si gelò dentro le vene, i pensieri si bloccarono dentro gli occhi azzurri di Nihil che la guardava con rammarico.
 
“Invece hai sentito bene Eldihen. E’ stata opera mia!” era troppo tardi per rimangiarsi le sue stesse parole. Si drizzò curvando il volto, pronto a sfidare l’elfa, convito che da lì a breve avrebbe scatenato la sua furia contro lui. Si sentì in colpa, provando riluttanza per le sue stesse sensazioni. Non si allontanò, rimanendole accanto, immerso nelle tenebre di quella fredda e puzzolente cella.
 
“Io non ci voglio credere” profondamente sconvolta scosse il collo “Io non voglio crederti, sei troppo turbato, dici cose senza senso!” morse violentemente le labbra, guardando la sagoma di Nihil offuscata dalle lacrime. Strinse un pugno, colpì la parete causandosi un taglio alle mani, anche se il dolore dentro il suo cuore era maggiore, incurabile.
 
“Non sapevo che ci fossi anche tu!” tentò di allungare una mano, ma Eldihen agilmente lo bloccò, strisciando sulla parete. Si allontanò da lui, accovacciandosi in un angolo nero.
 
“Vuole essere una giustificazione?” la rabbia salì quando la sua mente metabolizzò ciò che aveva udito, ricollegando le scene di morte che aveva visto, al volto di Nihil. In effetti era stato strano l’attacco degli orchi quel giorno, la carovana aveva imboccato un sentiero sicuro ma si erano ritrovati circondati. Per tutto quel tempo si era incolpata, credendosi una codarda, anche se era semplicemente impaurita e lentamente era riuscita ad accettare l’evento, dando la colpa alla sorte ingrata. Non poteva ignorare il gesto di Nihil, aveva toccato il fondo. Le lacrime le coprirono il volto, bagnandole il collo ed il seno, sussultò serrando le palpebre. Si accasciò a terra, con le mani tra i capelli “Sono morti tutti quanti a causa tua!”
 
“Non c’è del buono in me!” ed era reale, lo pensava e si stava incolpando dei crimini che aveva commesso, meravigliandosi. Si inginocchiò a terra, guardando la ragazza piangere. I singhiozzi rotti lo fecero sentire ancora peggio.
 
“Sei un demone!” Si alzò da terra vedendolo vicino al suo corpo “Vattene via, non voglio vederti!”
“Non me ne andrò!” l’ombra lo avvolgeva completamente, intrappolando anche il suo cuore in pena. Dai suoi occhi fuoriuscirono calde lacrime di un nero intenso, più scuro della torre di Isengard.
 
“Spigami perché ti stai avvicinando? Non ti vergogni, ed io che pensavo che potessi essere migliore. Mi hai lanciato un maleficio, sarei potuta morire e non ti è interessato nulla. Hai sempre pensato a te stesso, ignorando il bisogno della tua gente e ti sei unito al male… hai fatto uccidere i miei compagni. Io non ti posso perdonare!” non si era mai sentita come in quel momento, sbraitò incollerita mentre piangeva, parlando con le mani tremanti. La pelle completamente bagnata le bruciò, mentre singhiozzava malinconicamente, cercando di inghiottire un boccone troppo amaro.
 
“Non chiedo il tuo perdono” si alzò dal suolo pulendo la polvere dalle sue ginocchia. La sua voce era un sussurro, fredda come una lama di spada.
 
“Ma come fai a parlare senza emozioni? Come riesci a guardarti allo specchio? Sei un assassino!” fuori controllo gli si avvicinò, con gli occhi ricolmi d’ira. Non aveva nulla da perdere, probabilmente sarebbe stata uccisa, sapeva benissimo che nessuno l’avrebbe salvata, sarebbe caduta in quella torre oscura, ma con onore. Non si sarebbe tirata indietro “Mi hai rapita solo per fare un torto a Legolas” non poté fare a meno di menzionarlo, l’amarezza più grande sarebbe stata quella di morire senza vederlo. In quel frangente rivolse il suo pensiero a lui, evocando con la mente i suoi occhi bellissimi.
 
“Come lui ha fatto a me” dichiarò drizzando le spalle, senza rinnegare la sua condotta. Sembrò che se ne volesse prendere la responsabilità, oscurando le sue intenzioni ad Eldihen. Era interamente offuscato dalla magia di Gandalf, in lotta con ciò che restava del male che gli aveva iniettato Saruman “Legolas se lo merita. Soffrirà vedendo coloro che ama morire!”
 
“Legolas è un forte guerriero, ed anche se mi hai separata da lui con i tuoi incantesimi e con la tua prepotenza, sappi che non ci sei riuscito. Io gli sono sempre vicina, il mio cuore è suo e non potrai far nulla per impedirmi di amarlo” sbottò prontamente portandosi in avanti con il busto.
 
Nihil curvò le labbra in un ghigno. Era stato colpito nel segno. Trattenne il respiro fino a che i suoi polmoni si ribellarono, richiedendogli ossigeno. Quella ragazzina non poteva prenderlo dal naso, evidenziando i suoi insuccessi. Non sbottò per quel dannatissimo e insensato senso di colpa che gli stringeva il cuore, evitando di prendersela con lei “E’ a causa di Legolas se io sono qui dentro” ringhiò convinto delle sue parole “Ho seguito Saruman solo perché lui mi ha cacciato dal regno”
 
“Non incolpare gli altri dei tuoi errori”
 
Si esonerò dal rispondere, celando la rabbia dietro il suo sguardo  “Sei tanto presa. Sciocca, lui starebbe bene solo sotto terra, altro che dentro al tuo cuore!” confessò non riuscendo a frenare il suo pensiero. La lingua si era mossa da sola, ed anche se priva di ossa, aveva causato in Eldihen un dolore forte da credere di aver ricevuto una gomitata nello stomaco.
 
“Sei tu quello a dover marcire sotto terra” perse completamente il sennò, ripudiando le parole che aveva udito. Strinse i denti furiosa, sfoderando la spada di Gandalf con un movimento fluido che causo uno stridore metallico dentro la prigione. Impugnò l’elsa della spada, puntandola al collo di Nihil che deglutì a contatto con la lama gelida.
 
Guardò gli occhi di Eldihen, erano valorosi, non più smarriti come ricordava. Si stupì, fissandola con le labbra serrate. Non negò di aver timore di quella spada che diradava le ombre con il suo scintillio, ma in quel momento affrontò i suoi timori. Si avvicinò. Toccò la lama, puntandosela di sua iniziativa al petto. Esercitò una certa pressione, rigando il vestito di velluto “Colpiscimi…” la stupì con quella rivelazione, lanciandole un’occhiata penetrante “So che puoi farlo. Avanti” alzò il capo, sentendo nel petto lo scompiglio totale. Era distrutto “Feriscimi… poi dimmi che è finita!” nello sfiorare il filo appuntito, si tagliò un polpastrello. Eldihen notò che anche la goccia di sangue era nera. La spada sembrava fargli uno strano effetto, provocandogli delle emozioni assopite da tempo, quali il pentimento.
 
Nihil chiuse gli occhi, pronto ad essere infilzato da Eldihen. Non si allontanò, preferendo soccombere prima che il rimorso lo tormentasse. Era difficile combattere contro i suoi peccati, specie in quel momento che la magia di Gandalf stava iniziando a dare i suoi effetti.
 
“Lo farò” esclamò comprendendo che, il colpo più brutale sarebbe stato far impugnare a Nihil la spada stessa. Era cambiato, rivelando con rammarico i suoi crimini, tanto valeva tentare l’ultima carta. Agì velocemente, lasciandolo con gli occhi ben serrati. Afferrò la mano di Nihil e con coraggio e determinazione gli posò l’elsa della spada in mano, digrignando i denti, con il volto corrugato in un’espressione di timore.
 
L’elfo spalancò le palpebre, bruciato dal metallo dell’arma. Si piegò a terra.
 
Ritornarono a colpirlo le sensazioni che aveva avvertito quando aveva preso la spada ad Eldihen. Si strascinò a terra, incapace di tollerare quel dolore. Sentiva un fuoco, penetrargli dalla mano e lacerargli il cuore. Levò un grido strozzato, alzando una mano verso Eldihen. Una luce lo irradiò, mentre il suo animo ascoltava le parole di Gandalf che, lo ferirono maggiormente, frantumando le catene che Saruman aveva legato al suo cuore “Allontanala da me” supplicò Eldihen incapace di muoversi, inginocchiato a terra, in mezzo alla polvere, con il viso increspato, la fronte gocciolante e le mani che gli bruciavano.
 
La ragazza lo guardò, indecisa se assecondare la richiesta o rimanere immobile, fissandolo mentre si dimenava.
 
“Io ti prego!” la supplicò palesando il suo sgomento. Calde lacrime ricoprirono il suo viso, Nihil era svuotato, incapace di arrestare quel pianto oscuro, sentendo il male lasciare il suo corpo definitivamente, goccia dopo goccia.
 
Si precipitò a terra sgomentata. Era troppo, Eldihen destabilizzata dalla scena tolse la spada dalle mani dell’elfo che rimase incenerito a quel contatto. In quel momento di estrema confusione, l’ultima lacrima nera di Nihil scivolò dai suoi occhi e, gocciolando dal mento, ricadde sulla mano sinistra di Eldihen. La ragazza avvertì uno strano bruciore, come se qualcuno le avesse lanciato un carbone ardente, ma presa dall’agitazione non badò. La lacrima nera filtrò dentro la sua pelle, arrivando alle vene, al sangue. Una piccola cicatrice ricoprì  il dorso della mano della fanciulla, ma quando quest’ultima per riflesso alzò il braccio non vide nulla, poiché la piccola ferita sfumò, celandole l’ultimo e più oscuro incantesimo che era uscito dagli occhi di Nihil e che adesso dimorava dentro lei.
 
Anche l’atro elfo non si era accorto di quella goccia che per ironia del destino lo  abbandonò depositandosi su Eldihen. Si rialzò da terra con fatica, osservandola mentre indietreggiava impaurita, con gli occhi attenti ed i pugni serrati.
 
Era sfinito, privo di forze. Non parlò, respirando affannosamente. Considerò Eldihen rivolgendogli una lunga e penetrante occhiata di rimprovero, altalenando lo sguardo da lei alla spada che era finita in un angolo della cella. Richiuse le palpebre sentendo gli occhi bruciare a causa del pianto.
 
La studiò ancora una volta con smarrimento, avvertendo nel cuore una confusione tale da incasinargli i pensieri. Le voltò le spalle, aggrappandosi ad una sbarra di metallo. Uscì dalla cella richiudendo il cancello bruscamente, lasciandola sola, inconsapevole della nuova minaccia dentro al suo corpo.
 
 
 
Legolas sospirò. Davanti alla natura che tanto apprezzava, si trovò a disagio, tra le mani teneva il mantello di Eldihen. Dal suo viso non trapelò il suo sgomento, aveva imparato  nel corso degli anni a trattenere le emozioni, nascondendole nel profondo del cuore. Era fermo, con la schiena dritta, la mascella serrata, perso tra l’azzurro del cielo e dei suoi ricordi, legati agli occhi di Eldihen che erano chiari quanto il manto che gli ricopriva la testa. Cos’avrebbe dovuto fare?  Il suo sguardo scattò sulle rondini, per poi posarsi sulla stoffa del mantello che oscillava mossa dal vento.
 
“Torna indietro Gimli” Il principe si voltò fiero, mostrando tutta la sua maestosa figura. Non sembrava scalfito dal dolore, almeno da fuori non pareva, anche se il suo cuore era sovvertito.
 
“E tu dove pensi di andare?” Gimli inarcò le sopracciglia guardando gli occhi di Legolas muoversi lungo la superficie.
 
Era composto, alla ricerca di qualche informazione. Vigile e attento come un aquila reale, fiero  e forte come i grandi guerrieri elfici del passato.
 
“Vado da Eldihen. Qualcosa mi dice che Nihil ha a che fare con questa faccenda e…” lisciò le decorazioni rialzate presenti sul suo arco, assottigliando le palpebre “Stavolta non ci saranno seconde possibilità!”
 
“Legolas, dovresti accettare la scomparsa di Eldihen, anche se è difficile da superare, e lo so, lo è anche per me, ma è così”
 
“No invece!” ribatté sicuro del fatto suo, con un espressione esperta.
 
“Come no? Abbiamo cercato dappertutto e di lei non c’è traccia. Legolas… “ si bloccò alzando le mani. Il vento passò tra le sue dita, ed anche se aveva i guanti, rabbrividì, vedendo il prato muoversi.
 
“Il suo corpo non l’ho visto” si attaccò a quell’idea, cercando di razionalizzare l’evento, esponendo la sua saggezza e profonda riflessione. Una corazza che aveva fabbricato negli anni, inviolabile, come il suo cuore nobile. Mantenne i nervi saldi, apparendo alto e forte agli occhi di Gimli che, aveva percepito il dolore che si intravedeva dalle iridi del principe.
 
“E che intendi fare adesso? Non ti permetterò di spingerti oltre. Torniamo dagli altri” bloccò i suoi passi, ponendosi tra lui ed una roccia a terra. Sostenne il suo sguardo impugnando l’ascia vicino al suo petto. Gli dedicò l’espressione più cupa che gli riuscì in quel momento di tristezza, ma ciò non riuscì a bloccare Legolas, che lo superò a gran passi, scendendo dalla collina “Spero tu abbia ragione!” esclamò in pensiero per Eldihen. Una voragine si schiuse all’altezza del petto, era un dolore insopportabile, ed ogni volta che appariva sentiva il terreno mancargli da sotto i piedi. Si rattristì, guardando le spalle forzute del suo amico che si spostava agilmente lungo il terreno. Chissà quanto soffriva Legolas. Era bravo a non dimostrare nulla, ma da come si muoveva freneticamente, Gimli comprese tutta la sua agitazione. Non voleva perderla.
 
Lo seguì, sulle colline ondulante, sotto il sole cocente che picchiava contro il suo elmo. Tornarono nel punto di partenza, dove erano rimasti la sera scorsa. Si trattenerono per diversi istanti, impegnati a seguire delle strane tracce sul terreno. Legolas aveva scorto delle striature particolari al suolo, come se qualcuno avesse cancellato le proprie impronte con le mani visto il movimento ondulato della polvere. Si chinò sfregando tra i polpastrelli i granelli di terra. Gimli lo seguì, lanciandogli uno sguardo apprensivo.
 
“Come stai? Sei tutto d’un pezzo giovanotto, ma so che ti senti male!” asserì lanciandogli una pacca affettuosa sulla spalla. Erano alti uguali ora che Legolas si era inginocchiato a terra, con le mani tra l’erba ed il terriccio.
 
Si voltò per rispondergli, ma all’improvviso udì uno strano rumore in lontananza, seguito da un movimento repentino. Si alzò voltandosi in direzione della carovana diretta alla breccia di Rohan. Posò i suoi piedi su una roccia, lasciando Gimli incuriosito dal suo comportamento.
 
“Che c’è?” chiese il nano preoccupato guardando in direzione delle montagne.
 
Legolas non rispose, aguzzò la vista, scorgendo grazie alle virtù elfiche, un mannaro che correva parallelamente al gruppo. La figura sfumò, perdendosi nelle alture. Allarmato si voltò in direzione di Gimli, per fargli capire che qualcosa non andava. Lo percepiva, sotto i suoi piedi il terreno tremava, travolto da passi svelti.
 
“Dobbiamo tornare immediatamente indietro!” dovette abbandonare le tracce a terra. Era obbligato ad aiutare la gente di Rohan, i suoi amici, dedito alla sua missione. Rimandò  le ricerche, concentrandosi su qualcosa di pericoloso che li avrebbe colpiti a breve.
 
“Ma perché? Cos’hai visto?
 
“Non ne sono sicuro” prima di lanciarsi in una corsa sfrenata, sistemò la collana di Eldihen all’interno della sua tunica, al petto, sopra il cuore che batteva, mentre il mantello lo piegò tra le mani con cura. Ricacciò con forza i sentimenti che provava, non poteva permettersi di crollare. Guardò Gimli facendogli cenno di seguirlo “Presto corriamo. Dobbiamo raggiungere immediatamente Aragorn!”
 
Lo lasciò, muovendosi velocemente sul terreno, sui sassi. Gimli lo seguì a ruota preoccupato. Doveva trattarsi di qualcosa di importante, aveva abbandonato le sue idee, tornando indietro, mettendo un attimo da parte il desiderio di cercare Eldihen. E non era cosa da poco, Gimli lo sapeva.
 
Affaticato si lamentò non riuscendo a stragli dietro. Era troppo veloce Legolas, correva spinto dalla rabbia e dal dolore, come se volesse sfogarsi tramite quella corsa. Raggiunsero dopo un po’ Aragorn. Legolas si bloccò, facendosi largo tra i passanti ed i cavalli che avanzavano.
 
“Aragorn!” lo richiamò quando lo vide affianco ad Eowyn.
 
“Legolas” l’uomo si voltò  spiazzato dallo sguardo angosciato del compagno. Eowyn guardò l’elfo, sperando di ricevere buone notizie, sapeva che lui ci teneva ad Eldihen e di sicuro era tornato per comunicare qualcosa. Aragorn superò alla svelta gli uomini accanto a lui, raggiungendo Legolas nel punto in cui si era fermato.
 
“Trovato nulla?” chiese mentre guardava i suoi occhi cupi.
 
“Aragorn sono dovuto tornare indietro perché ho notato degli strani movimenti” confessò. Non avrebbe mai lasciato Eldihen, e di fatto attendeva solo di analizzare bene il territorio circostante, per poter tornare alla ricerca della ragazza. Riportò la sua occhiata ad Aragorn, notando l’espressione sul suo volto smarrito.
 
“Che movimenti?” dicendo ciò il suo sguardo fu attirato da un Gimli spossato che si muoveva goffamente. Il nano respirò affaticato, piegandosi sulle ginocchia.
 
“Penso si tratti di un gruppo di orchi. Presta attenzione, ma non allarmare la gente. Io vado a controllare meglio”
 
 
 
 
Attirata dai rumori sinistri provenienti dalla piccola finestra, Eldien si rialzò da terra. Fortunatamente non aveva né mani, né piedi legati, anche se sentiva il dolore delle corde bruciarle sulla sua pelle. Tastò la parete rugosa, lanciando uno sguardo fuori. Non riuscì a vedere granché. La finestra era troppo alta, dovette mettersi sulla punta dei piedi, ignorando il dolore lancinante causato dal taglio alla coscia.
 
Gli orchi si spostavano freneticamente, trasportando armi e corazze dentro dei carri. Eldihen li guardò con curiosità. Agitò la mano quando il fumo grigio le arrivò in faccia, allontanandosi dalla piccola apertura sul muro. Tossì, dandosi dei colpi leggeri al petto. Era stanca, sentiva le sue palpebre farsi pesanti. Si strascinò a terra e, stringendo l’elsa della sua spada, appoggiò la testa al muro, serrando le palpebre.
 
“Oh ma che bel visino!”
 
Una voce tetra la obbligò a spalancare gli occhi. Si voltò di poco, anche se aveva la schiena a pezzi e avvertiva dolori in tutto il corpo, per non parlare del disgusto causato dal fetore di quella piccola cella. Eldihen si strinse alla parete del muro e, guardando il viso mostruoso oltre le sbarre, desiderò con tutta sé stessa di plasmarsi al cemento, scomparendo tra i mattoni, per non subire attacchi che non avrebbe potuto reggere.
 
“Quasi quasi ti raggiungo. E’ da un po’ che non mangio la carne tenera di un elfo” piegò il suo viso, leccandosi il labbro superiore in modo disgustoso “Peccato che sei magrolina” si attaccò con le mani alle sbarre, ma rimase appeso. Qualcuno dietro di lui l’aveva trafitto con una spada. Eldihen rimase perplessa, si alzò da terra ricomponendosi. Non capiva chi fosse, probabilmente si trattava di un altro orco. Si, ne era certa. Si accucciò all’angolo della stanza, impugnando l’elsa della sua spada. Era spaventata a morte, ma avrebbe combattuto. Ringraziò mentalmente Eowyn per averla addestrata, non sapeva combattere bene, o meglio, non era molto brava, ma si sarebbe difesa.
 
“Peccato, sei più squallido di quanto pensassi!” comparve da dietro quell’orripilante creatura, la sagoma asciutta di Nihil. Eldihen inarcò sorpresa le sopracciglia, guardandolo mentre si chinava a terra per perquisire il corpo dell’orco. Afferrò la chiave della cella, si rialzò svelto aprendo  l’uscio.
 
L’elfo spalancò il passaggio, entrando dentro la stanza. La guardò senza dir nulla.
 
Eldihen si voltò completamente, appoggiandosi al cancello che la intrappolava. Non riuscì a spiegarsi il motivo del suo ambiguo comportamento, ma il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalle due profonde occhiaie nere sotto le palpebre di Nihil.
 
La magia di Gandalf aveva estirpato tutto il maleficio di Saruman, ed anche se strano, Eldihen era riuscita a togliere su di lui la mano bianca dello stregone.
 
“Che sei venuto a fare? Fuori ci sono tanti orchi in movimento. Sembra che stiate andando in guerra!” commentò ironicamente, non distogliendo l’attenzione dal suo volto e dalla gemma chiara che portava al collo, l’unica luce presente in quella cella umida.
 
“Non sembra, è così!” allungò il suo braccio, lanciandole uno sguardo grave. La cacciò fuori dalla cella, spostando  il collo a destra e a sinistra. Sicuro di trovarsi solo, lasciò quel punto.
 
“Seguimi!” ordinò avanzando velocemente lungo il corridoio scuro e stretto, tanto piccolo da sentirsi stritolare dalle mura. Eldihen si dimenò retrocedendo, ma Nihil la trattene saldamente, trascinandola in avanti.
 
Non si fidava di lui, sicuramente le avrebbe fatto qualcosa di brutto. Raggiunsero la sala che portava alle scalinate a chiocciola. Nihil si fermò chinandosi sul pavimento, in seguito, dopo aver studiato la stanza, con un gesto deciso afferrò dalla parete una fiaccola, illuminando una larga piastrella impolverata a terra. Alzò il velo di polvere, per ricercare un piccolo foro, trovandolo vicino ai suoi piedi. Appoggiò le dita e con energia sollevò la mattonella, svelando agli occhi di Eldihen un passaggio segreto: era pieno di ragnatele e umidità. L’acqua filtrava dai muri, un’antica scala di cemento scendeva sottoterra, all’interno di una caverna ancora più antica. Eldihen si abbassò e spiazzata spalancò le labbra, inalando l’odore putrido che proveniva dal passaggio sottostante. Si coprì la bocca. L’olezzo era troppo forte.
 
“Svelta, vieni con me” Nihil velocemente superò i primi gradini, scendendo in quel cunicolo buio. Trascinò con una mano Eldihen ma si bloccò, voltandosi quando lei oppose resistenza.
 
“Ma dove mi vuoi portare?” chiese impaurita e confusa.
 
“Eldihen ti porterò via da qui” era serio, il suo sguardo sembrava sincero, tanto da stupire la ragazza.
 
Si era piegata sulle ginocchia, appoggiando le mani sul bordo della mattonella. Incredula piegò il viso, raggiungendo quello di Nihil che si era appoggiato alla parete umida per guardarla “Non ti credo”
 
“Eldihen muoviti prima che arrivi qualcuno” guardò la larga scalinata lontano da lui. Se non si fossero sbrigati sicuramente gli orchi li avrebbero raggiunti, stroncando tutti i suoi buoni propositi. Da quando aveva toccato l’elsa della spada di Eldihen dentro la cella, i suoi occhi avevano rigettato tutto il marciume che aveva dentro, prosciugandolo. Era rimasto ore a pensare a tutto ciò che aveva fatto, pentendosi delle sue azioni. Si trovò affranto e, cogliendo l’occasione aveva deciso di aiutare la ragazza “Eldihen” allungò la sua mano, avvertendo il lontananza dei passi farsi sempre più attigui.
 
“E va bene” si rialzò dal suolo, raggiunse il nascondiglio, percorrendo le scalinate inclinate insieme a Nihil. L’elfo richiuse la mattonella sulla sua testa velocemente, producendo un tonfo incredibile. Erano sottoterra, immersi dall’oscurità. Eldihen si girò, notando la presenza di alcune fiaccole in lontananza.
 
“Vieni” Nihil superò i gradini  aiutandola. I loro piedi si bagnarono a contatto con il suolo. Eldihen spalancò le palpebre, ascoltando il rumore dell’acqua a terra, che sgocciolava dalla sala sopra la sua testa.
 
“Dimmi cosa stai facendo!” lo bloccò, costringendolo a voltarsi verso di sé. Si trovavano in una camera scura, adiacente ad un lungo corridoio illuminato ad intermittenza da alcune fiaccole.
 
“Siamo sotto Isengard. E’ un passaggio segreto che userò per scortarti fuori da qui, per metterti in salvo. Ti ritroverai a Fangorn, lì potrai fuggire. Sei già stata dentro la foresta, sono sicuro che gli alberi non ti toccheranno. E’ l’unico modo per salvarti. Svelta andiamo!”
 
“E tu pensi che io ti creda? Dopo tutto quello che hai fatto non credo che mi aiuterai, anzi, probabilmente è una scusa per trarmi in trappola” disse ascoltando il rumore delle gocce che cadevano dentro l’acqua sotto i suoi piedi. Era scossa e scettica. Tentò di comprendere le intenzioni di Nihil, ma lui la sorprese, inchinandosi davanti ai suoi occhi, nell’acqua scura a terra.
 
“Eldihen. Tu hai usato una spada ma non mi hai trafitto la carne, ma il cuore, non con lama, ma attraverso una magia antica che ha scacciato da me ogni forma di male. Guarda i miei occhi, sono consumato, la vita degli Eldar mi sta lasciando. Non so se è stato per caso, ma tu oggi mi hai salvato combattendo senza versare del sangue” la sua voce vibrò e Nihil, chinato a terra sperò che Eldihen lo comprendesse, mentre sfregava sulle mani il liquido melmoso.
 
“Mi è difficile crederti” toccò l’elsa fredda “Ma credo a chi mi ha donato questa spada. Forse ciò che dici è vero, ma non hai la mia completa fiducia. Sono costretta a seguirti. In realtà non ho nulla da perdere” la sua voce era fredda. Dopo essere stata vessata più e più volte non si sentiva pronta ad aprirsi. Lo avrebbe seguito perché non aveva alternativa, sperando nel profondo del suo cuore che Nihil fosse cambiato, che il suo cuore fosse stato realmente purificato dalla spada.
 
Forse Gandalf era riuscito a fare qualcosa. Ricordò le sue parole. Le aveva detto che la spada le sarebbe servita per combattere la sua battaglia e lei, percependo l’effetto che aveva su Nihil, l’aveva usata come meglio poteva, per guarirlo dal male che aveva dentro. Aveva percepito la magia e l’aveva usata a modo suo, senza spargimento di sangue.
 
“Non cerco il tuo perdono, ma in questo momento di confusione ti ho guardata” si rialzò da terra, la sua tunica era impregnata dal liquido verdognolo “Vieni con me!”
 
Eldihen cercò di riordinare le idee, ed anche se sfiduciata lo seguì, sperando che andasse tutto bene. Insieme raggiunsero un corridoio composto da mattonelle di due colori alternanti. Il tetto era ovale e gocciolante. L’acqua bagnò il naso di Eldihen che camminando girò intorno a sé stessa per osservare quel cunicolo: le mancò l’aria. Il passaggio era stretto e basso. Delle torce illuminavano il tragitto e l’acqua a terra, proveniente probabilmente dal fiume. Sul tetto notò una fitta muffa nera, l’odore era sgradevole, insopportabile per un elfo. Si tappò il naso, camminando dietro Nihil.
 
Era stanca ed infelice, si strinse le braccia, lisciando il velluto del suo vestito verde salvia. La sua mente fu assalita da mille dubbi. Nel guardare l’acqua ripensò a Legolas e a ciò che si erano detti. Si rattristì, gli mancava parecchio. Sicuramente lui si sarebbe arrabbiato ancora di più, considerandola avventata. Sperò che i suoi amici stessero bene. Voleva rivederli e quel desiderio la spinse a credere a Nihil, illudendosi per un secondo che sarebbe finito tutto per il meglio.
 
Superarono un intricato labirinto, composto da corridoi pieni di umidità e muffa. L’acqua arrivati verso la fine del passaggio, le bagnò le cosce e le punte dei capelli. Si dovette chinare perché il tetto sopra la sua testa era basso. Nihil fece lo stesso, avanzando lungo la galleria, senza voltarsi per scrutare la donna, troppo rabbuiato, stanco per ciò che era accaduto.
 
“E tu che farai?” chiese Eldihen vedendolo girarsi. Intravide la punta del suo naso, ingiallita dalla luce del fuoco dentro le torce. Le spalle fasciate dal velluto nero erano larghe, le sembrò un vero guerriero. Rimase incantata dai suoi movimenti fluidi, attendendo risposte.
 
 
“Si prospetta una guerra anche per Isengard. Epon mi ha informato dei movimenti degli alberi. Probabilmente starò a vedere che capita” rispose mestamente muovendosi nell’acqua.
 
“Sembri rassegnato” si stavano avvicinando alla fine di quel lungo e buio tunnel. Intravedeva una fievole luce in lontananza, proveniente dall’uscita. Era contenta, a breve si sarebbe allontanata dall’acqua e da Isengard.  Mentre camminava sotto i piedi percepiva del muschio melmoso, dovette stringere i denti per evitare di vomitare, non abbassò nemmeno il viso per vedere di cosa si trattasse, era già abbastanza nauseata dalla muffa ai lati delle mura.
 
“Vivo nell’ombra da tempo, è abitudine ormai!”
 
Giunsero alla fine del cunicolo. Eldihen superò tre ripidi scalini, uscendo fuori dal passaggio. Si ritrovò all’inizio della foresta di Fangorn, immersa da tronchi secchi ed impetuosi alberi che scorrevano uno dietro l’altro, nella fitta boscaglia in cui si nascondevano diverse specie di animali. Dietro le sue spalle  il passaggio era oscurato da alcune radici che formavano l’entrata di una caverna. Respirò l’aria fresca, alzò gli occhi al cielo, ammirando il sole pomeridiano. I dolori scomparvero quando il vento le accarezzò il viso, quasi come a darle il ben venuto.
 
“Nihil!” l’elfo si era fermato, attendendo l’arrivo di Epon. Aprì il braccio per accogliere il suo falco. Eldihen guardò il volatile, alzando la gonna per raggiungerlo “Mi hai realmente condotta fuori da Isengard”
 
“Si Eldihen, ma ti consiglio di non tornare al fosso di Helm, gli orchi entro stanotte attaccheranno re Thèoden, la distanza non è molta, arriveranno in poco tempo uccidendo tutti!”
 
“Non può essere” corrugò le sopracciglia, completamente turbata da quella rivelazione “Legolas!” disse impaurita. Non l’avrebbe perso, doveva andare da lui, desiderava stargli accanto, anche se sicuramente era arrabiato “Gimli, Eowyn, Aragorn… io non posso lasciarli” sentì le lacrime salire al solo pensiero di perderli.
 
“Io ti ho avvisato, ma se intendi tornare da Legolas, ti suggerisco di passare attraverso la foresta. Gli orchi hanno imboccato la strada lunga, per timore degli alberi, ma tu potrai raggiungere la breccia di Rohan senza problemi. Epon ti…” non concluse la frase poiché dalle fronde degli alberi spuntò una farfalla azzurra, dalle bellissime ali colorate. Era la farfalla di Gandalf. Si posò sulla mano di Eldihen sussurrandole alcuni ammonimenti da parte dello stregone. Lei stessa si stupì, sollevò il dito ammirando la bellezza di quella creatura che muoveva le sue zampette sulla sua pelle.
 
 
“Penso che potrò andarci benissimo da sola. Se è possibile vorrei avere un cavallo per raggiungere in fretta i miei compagni” gli mostrò la farfalla, apprendendo che Gandalf l’aveva inviata per guidarla. Era incredibile lo stregone sembrava aver previsto ogni cosa.
 
“Non ti preoccupare, ci avevo pensato anch’io, lo troverai legato dietro a quel tronco” indicò un alberello in lontananza.
 
“Grazie. Nihil” lo guardò profondamente, immersa nella natura aperta, tra fiori schiusi e il cielo azzurro sulla sua testa “Anche una stanza buia può trovare luce. Spalanca le finestre della tua anima, lascia entrare il sole, cambia aria e ritorna alla luce. C’è speranza anche per te, non lasciare che la solitudine ti avvolga, combatti e rialza la testa!” parlò col cuore in mano, fermando i suoi occhi dentro quelli dell’elfo che immobile sosteneva il suo sguardo
 
“Eldihen” l’elfo era consumato da mille dolori, si sentiva già morto dentro di sé. Sospirò e con un gesto improvviso tolse la collana dal suo collo, per lasciargliela nelle mani della fanciulla “Tieni, prendila per l’aiuto che mi hai dato. Quando andrai da Legolas, donagliela, vedrai che ti perdonerà. E’ un dono importante che mi ha offerto Thranduil anni fa” spiegò pacatamente appoggiandosi al tronco che aveva dietro di sé.
 
Eldihen sorpresa intrappolò tra le dita la gemma chiara di Nihil. La alzò, guardandola sotto la luce fievole del sole. Era una gemma trasparente e brillante. Le sembrò di aver già vissuto quella scena. Aggrottò le sopracciglia, ricordando il sogno che aveva avuto: aveva afferrato un pezzo di vetro a terra. Era trasparente e limpido come quella pietra.
 
Sorrise a Nihil, per poi percorrere la foresta di Fangorn guidata dalla farfalla di Gandalf. Era pomeriggio e la breccia di Rohan era vicina, ma ugualmente Eldihen iniziò a correre con il suo destriero tra gli alberi. Doveva arrivarci in fretta per raggiungere Legolas.
 
 
 
 
I soldati si spostavano avanti e indietro nella fortezza, allarmati per la guerra. Aragorn dopo l’attacco dei mannari li aveva avvisati dell’arrivo degli orchi e da allora il popolo di Rohan era in fermento. Gli uomini del re avevano condotto ragazzi in grado di lottare nell’armeria. Era giunta la sera, ed ancora si trovavano disarmati, impauriti, ma non potevano bloccarsi. Isengard li avrebbe attaccati a breve.
 
Un uomo sentì bussare al portone in legno. Era appoggiato alle mura della roccaforte, guardando i suoi compagni correre. La confusione era incredibile. Continuò a rimanere immobile pensando che i rumori uditi fossero frutto della sua immaginazione ma i colpi sul legno lo richiamarono nuovamente, facendolo drizzare sorpreso. Si avvicinò al portone con due soldati a seguito.
 
“Chi è?” domandarono gli uomini del re guardando la porta.
 
“Aprite!” era la voce di una ragazza che bussava da fuori. Si lanciarono uno sguardo sorpreso. Era strano che una donna si trovasse all'esterno. Tolsero svelti le travi dalle porte tranquillizzando a parole la sconosciuta, aprirono il cancello insieme. Era troppo pesante e alto.
 
Da lì, estenuata, con il fiatone e un aspetto malconcio, spuntò Eldihen. Sbatté le ciglia, sentiva gli occhi chiudersi, si appoggiò con una mano ad una trave  che sosteneva la porta, guardando le armature metalliche dei tre uomini che le avevano aperto il passaggio. La farfalla che l’aveva condotta alla breccia di Rohan era andata via, volando nel cielo blu.
 
“Mia signora!” un soldato dalla barba rossastra la sostenne dalla schiena con un braccio, aiutandola ad entrare
 
“Sto bene!” rassicurò Eldihen sentendo le porte chiudersi dietro di lei. Si allontanò dal soldato ispezionando con ammirazione la fortezza: era immensa, con delle mura alte di roccia sporgente e delle larghe scalinate ricurve, ammassate da uomini. Al di là della recinzione in cemento sorgeva un reggia, nella quale erano collocati arcieri e altri soldati. Le persone erano silenziose, correvano armati da una parte e all’altra, imboccando le stradine spianate.
 
“Sire Aragorn?” chiese guardando i soldati alle sue spalle. Pensò che lui fosse conosciuto tra gli uomini, infatti i tre distinguendo il nome le indicarono la via, analizzando i suoi vestiti logori e la pelle sporca di polvere, ma ad Eldihen non interessò.
 
“Mia signora, percorrete questa scala e voltate a destra, lì troverete un‘altra scalinata, state attenta a non sbagliare, potreste perdervi, il trombatorrione si estende  da una parte all’altra della montagna. Sire Aragorn è lì, di fronte alla torre vedetta”
 
“Vi ringrazio” al pensiero di rincontrare i suoi compagni le tornò il buonumore. Sentì un’energia infuocarla dentro. In realtà avrebbe tanto voluto vedere Legolas, sperando che non fosse troppo arrabbiato con lei.
 
“Cercate di riguardarvi. Siete ferita!”
 
Eldihen sorrise al ragazzo. Era premuroso, ma non c’era bisogno di allarmarsi, ora che si trovava lì stava bene ”Grazie per l’interesse” corse via, superò i gradini respirando affannosamente. Gli uomini si girarono per guardarla, ma lei non dimostrò interesse, raggiungendo le scale che le avevano indicato. Guardò un gruppo di soldati scaldarsi vicino ad un fuoco quando trovò la torre della fortezza.
 
Ricercò con gli occhi Aragorn, camminando sulla balconata vicino alla reggia. La notte stava scendendo e gli uomini a causa del freddo si erano avvicinati ai fuochi vicino alle torce, creando confusione e chiasso. Si spostò, sgattaiolando in mezzo alla folla. Ricercò il ramingo scombussolata ed impaurita, trovandolo vicino allo spiazzo che dava all’entrata della torre.
 
“Aragorn” gridò con tutta la sua voce, alzò la gonna per correndogli incontro. La spada sfregò contro la pelle delle sue ginocchia, ma Eldihen disinteressata corse verso l’amico cogliendolo di sorpresa. Era emozionata, tremò, trattenendo le lacrime agli occhi. Non riuscì a focalizzare l’attenzione su un unico sentimento, era troppo provata.
 
L’uomo seduto alzò gli occhi quando udì il suo nome. Eldihen gli veniva incontro, non poteva crederci, rimase scioccato come se si trovasse davanti agli stessi Valar. Si rialzò da terra e, con uno scatto felino saltò i tre gradini che lo dividevano dall’elfa, con le labbra spalancate e gli occhi pieni di felicità. Era un sollievo vederla, gli sembrò che gli avessero tolto un macigno dal petto, credeva che lei fosse morta, non sperava di trovarla, soprattutto in quel momento tragico “Eldihen!” urlò felice accogliendola tra le braccia. La strinse tanto forte da percepire tutte le sue costole. La sollevò da terra, lisciando i suoi capelli bagnati. Era contento e curioso di sapere delle sue condizioni.
 
“Come stai? Mi hai fatto preoccupare, ma cos’è successo? Eravamo in pensiero per te” le accarezzò il volto allontanandole i capelli dietro le spalle.
 
“Bene” lo guardò, notando le ferite vicino le sue braccia “Mi hanno rapita Aragorn, mi hanno presa due orchi conducendomi ad Isengard. Nihil era lì, ma è stato lui ha farmi tornare indietro. Sono passata attraverso Fangorn, correndo per tutto il pomeriggio, non so come sono riuscita a raggiungervi ma ce l’ho fatta ed è bellissimo rivederti” parlò velocemente, la sua voce tremò alla fine e le lacrime le caddero dagli occhi. Abbracciò Aragorn stringendolo dal collo. L’uomo era sorpreso da quella rivelazione, ma comprendendo il suo turbamento ricambiò il gesto, consolandola come meglio poteva “Aragorn…” si allontanò all’improvviso scossa da chissà quale pensiero, i suoi occhi erano preoccupati e si guardava intorno con aria impaurita “Dov’è Legolas?” chiese cercando l’elfo con gli occhi. Non aveva chiesto nulla al suo amico, ignorando che anche lui aveva dovuto lottare per raggiungere il fosso di Helm, ma Aragorn comprese, sorridendole.
 
“Entra” le indicò la porta con un dito “Lui si trova dentro la sala. Sono sicuro che sarà felice di rivederti. Ti ha cercata a lungo. E’ stato costretto a tornare da noi perché siamo stati attaccati, ma  ha sofferto tanto per la tua scomparsa” confessò con gli occhi languidi.
 
“Aragorn, siete stati attaccati? Io ad Isengard ho visto degli orch…”
 
“Eldihen lo so, ma ne riparleremo meglio dopo stanotte. Dovresti raggiungere Legolas alla svelta” Conferì con un’espressione seria, come a farle capire che era necessario che lei si muovesse.
 
“Va bene” annuì, sorridendogli, lo lasciò seguendo il suo consiglio. Si avvicinò alla porta, chiedendo a due uomini di farla entrare. Voleva rivedere l’elfo, gli mancava così tanto che se fosse stato per lei, gli sarebbe corsa incontro abbracciandolo con tutto l’amore che le scaldava il petto. Le lacrime le inumidirono gli occhi al solo pensiero, sentiva un’emozione fortissima, un calore che le irradiava il petto al solo ricordo del volto del suo Legolas. Avvertì un brivido su tutta la pelle e il desiderio ardente di rivederlo la spinse ad addentrarsi all’interno di quella sala sconosciuta.
 
Si trovò in una camera enorme, illuminata ad intermittenza da lampadari e da delle fiaccole poste su massicce colonne di pietra. Le sembrò che la struttura fosse stata ricavata da una caverna e probabilmente aveva ragione. Era semplice e lineare, molto spaziosa. Non c’erano molti soldati intorno a lei, la maggior parte si trovavano fuori. Camminò guardandosi intorno, alla ricerca di Legolas. Il cuore batteva all’impazzata. Lo cercò, sembrava preoccupata mentre si muoveva, infatti a causa dell’agitazione non si accorse che l’elfo l’aveva già notata. Si voltò come richiamata da un’antica melodia, ritrovandolo davanti ai suoi occhi, in mezzo alla stanza, a pochi passi da sé.
 
Rimasero entrambi immobili. Legolas l’aveva notata e le si era avvicinato incredulo. Il suo cuore batteva dalla felicità e dai suoi occhi fuorusciva tutto il sentimento che gli scaldava l’animo. Era sorpreso di rivederla, non immaginava fosse vero, ma gli occhi di Eldihen lo intrappolarono completamente, annullando ogni sofferenza. Fece per avvicinarsi con in viso un’espressione indecifrabile, ma Eldihen emozionata quanto lui, incrociò il suo sguardo, bloccandolo con un gesto della mano.
 
Distolse gli occhi dal volto di Legolas, il cuore batteva tanto forte da avvertire le pulsazioni sulla pelle, come se avesse dentro di sé un vento tiepido che inondava il suo animo d’amore. Guardò il petto forzuto di Legolas, le sue spalle, il collo e le sue labbra, pensando che sarebbe potuta anche morire. Lo aveva visto e, il suo cuore gioioso le donò coraggio.
 
“Aspetta!” mentre lo guardava comprese appieno il significato dell’amore, di ciò che sentiva al solo averlo vicino di fronte a sé. Era innamorata, lo sapeva. Non avrebbe mai scordato il suo profumo, i suoi occhi misteriosi e dolci, il suo cuore puro. Eldihen lo amava con tutta l’anima “Sarai arrabbiato, come hai detto tempo fa, mi caccio sempre nei guai ed hai ragione, sono maldestra, ma sappi che stavolta è stato bruttissimo perché credevo di non rivederti” si trattenne dal piangere, anche se la sua voce ed i suoi occhi limpidi la tradirono, facendo preoccupare Legolas che, le si avvicinò maggiormente, guardando il suo viso stanco “Al solo pensiero mi sentivo morire perché per me sei la persona più importante che ho in questo momento” troppo emozionata si bloccò, tremando. Una lacrima solitaria le bagnò la guancia. Legolas spiazzato ascoltò il suo discorso, pendendo dalle sue labbra. Eldihen lo amava probabilmente da quando lui le aveva salvato la vita “So che hai bisogno di tempo e che non riesci a perdonarmi per ciò che è accaduto, ed anche se ne soffro, ti capisco” lo amava per il suo cuore dolce “Perché ti ho fatto soffrire” lo amava per le sue attenzioni e per la premura che aveva verso gli altri “Ma anche io ci sono stata male credimi… io ho rubato il tuo arco, ma tu…” sollevò il viso dedicandogli i suoi occhi illuminati dalla luce che solo lui poteva accendere dentro di sé  “Tu mi hai rubato il cuore…”
 
Non concluse la frase, Legolas era rimasto per troppo tempo in silenzio ascoltandola ed avvertendo nel cuore un brivido intenso, capace di imprigionarlo totalmente. Abilmente le si avvicinò, posò le mani sul suo viso, accarezzandola ed annusando l’odore della sua pelle. Posò le sue labbra sulla sua bocca, baciandola con passione. Assaporò  le labbra carnose e leggermente umide, stringendola a sé. Voleva sentirla sua. Le loro bocche si incrociarono più e più volte. Erano morbide e smaniose. Legolas non la lasciò nemmeno per farle riprendere fiato, la stritolò tra le sue braccia, sfiorando con le mani la sua vita sottile, i suoi capelli. La baciò disinteressandosi della guerra, dell’arco, di tutti gli ostacoli che li avevano separati. Non avrebbe voluto negarsi quel momento, quella notte sarebbe stata difficile, doveva baciarla, se sarebbe morto non avrebbe avuto rimpianti. Sembrò di essere solo con lei, mentre il mondo  girava intorno a loro. Il suo cuore bruciò d’amore. Non riuscì a trattenersi, a tenere sotto controllo la vampata che gli bruciava dentro al petto. La baciò stringendo il suo labbro con i denti, sfiorò il suo naso, incrociando il suo respiro. Smanioso le sfiorò le labbra con la lingua, abbracciandola con amore, con tutto l’amore che nutriva nei suoi confronti “Melin le (ti amo)” non si era ancora saziato del lungo bacio che le aveva dato. La baciò ancora, sentendola schiacciata contro il suo torace.
 
 
“Amore mio” Eldihen gli carezzò i capelli, la pelle, baciandolo con trasporto. Legolas la strinse a sé, allontanando i capelli dal suo viso. L’accarezzò cullandola tra le sue braccia. Eldihen si accucciò sul suo petto mentre lui le carezzava la schiena “Non volevo farti preoccupare ti ho pensato per tutto il tempo”
 
“Che è successo?” le sussurrò dolcemente, accarezzandola come se avesse tra le mani il gioiello più prezioso di Arda. Era molto protettivo quanto abile durante le battaglie che affrontava. Le baciò la fronte, stringendola di più a sé. Non voleva turbarla.
 
“Mi hanno rapita due orchi. Sono stata ad Isengard. Nihil mi ha fatta scappare attraverso la foresta di Fangorn. Entro un paio d’ore ho raggiunto il fosso di Helm, ma ci sono tante cose da dire” si allontanò di poco dal suo petto per guardarlo negli occhi. Legolas al solo sentire menzionare Nihil si era irrigidito, continuando ad accarezzarla distrattamente “Non voglio vederti così” Eldihen sfiorò la sua guancia timidamente, sciogliendo il suo sguardo serio.
 
“Eldihen” la baciò stupendola. Eldihen arrossì godendosi il bacio “Mi hai fatto preoccupare moltissimo!” confessò intrappolandola tra le sue braccia. Non voleva perderla, l’avrebbe protetta. Approfittò del momento per coccolarla. Erano soli e Legolas desiderava vederla felice, a suo avviso erano stati per troppo tempo scontenti.
 
“Ho avuto paura anch’io” confessò ricordando per un attimo la fredda cella che l’aveva ospitata. Schiacciò il viso nel petto dell’elfo, annusando l’odore della sua divisa. Era morbida.
 
“Nessuno oserà sfiorarti, ci sono io con te” le sue braccia forti la consolarono. Le baciò la fronte, piegando il collo per raggiungere la guancia. Eldihen spostò poco il volto, rimanendo incollata al petto di Legolas. Ascoltò in quel momento di pace il battito del suo cuore, godendo del calore del suo corpo. Le infondeva energia “Però devi promettermi che mi dirai ogni cosa, non voglio più segreti. Ti devi fidare di me”
 
Eldihen lo guardò seguendo i movimenti delle sue labbra. La sua voce era tremendamente affascinante. Appoggiò la sua mano sul suo torace, Legolas la strinse, guardando i suoi occhi pieni di desiderio “Mi fido di te” rispose timidamente “Ci sarai sempre tu”
 
“Sempre” le accarezzò la testa con il dorso delle mani. I loro sguardi si scambiarono tutto il sentimento che nutrivano l’uno per l’altra.
 
“Legolas” incrociò le braccia dietro il suo collo, piegò il viso e strinse una ciocca bionda tra le dita.
 
Legolas la guardò con curiosità, era arrossita “Dimmi” le passò una mano tra i capelli, sentendola tremare sotto le sue dita.
 
“Puoi baciarmi ancora, come prima?” chiese timidamente avvicinandosi al suo viso. Legolas curvò un sorriso soddisfatto, esaudendo la richiesta di Eldihen.
 
Abbassò il viso e la baciò “E’ un piacere” sussurrò distaccandosi di poco dalle sue labbra per poi sfiorarle, intrappolandola in un nuovo bacio pieno di passione. Il suo cuore iniziò a battere violentemente, accecato dal vortice della passione le accarezzò il viso. Quando la bocca di Eldihen si schiuse, Legolas sfiorò con la lingua la sua, baciandola con più trasporto. L’abbracciò con entrambe le braccia dalla vita. Eldihen sollevò la punta dei piedi per rispondere al suo bacio, stingendolo a sè con le braccia intorno al suo collo.
 
In quel momento in cui i due elfi si scambiavano effusioni, passò Gimli. Aragorn gli aveva detto di Eldihen. Era corso per cercarla, contento della notizia. Si bloccò dietro ad un pilastro, osservando stupito i due elfi che si stringevano, baciandosi con foga. Rimase spiazzato dalla scena, sbatté le ciglia, scuotendo la testa. Sorrise sapendo che prima o poi Eldihen e Legolas si sarebbero trovati. Li lasciò. Non avrebbe voluto rubargli un solo momento. Gli bastava sapere che Eldihen era tornata e che con Legolas era tutto apposto. Se ne andò felice, senza che loro si rendessero conto di nulla.
 
Eldihen aprì gli occhi, leggermente imbarazzata si grattò la punta del naso, distogliendo lo sguardo da Legolas. Il suo cuore le sarebbe esploso da quanto le batteva forte.
 
“Che c’è?” Legolas teneramente le toccò le labbra con le dita, accarezzandole.
 
“E’ che non mi sembra vero, dopo quello che ho passato… forse sto sognando” emozionata abbassò lo sguardo, sorridendo.
 
Legolas quasi intenerito dalla sua espressione ingenua la baciò di nuovo sulla bocca  accarezzandole la pelle sottile del collo“Miqula amin (baciami)”
 
Eldihen non perse tempo, baciandolo più e più volte. Accarezzò i suoi capelli, stringendolo a sé, come se non volesse farlo andare via. Pregò che il tempo si fermasse, che la guerra non incombesse suoi loro destini. Impaurita da ciò che sarebbe accaduto lo abbracciò con più vigore, nascondendosi nel suo torace per non rivelargli il suo volto triste. Le lacrime l’avevano raggiunta anche in quel momento di gioia. Non lo diede a vedere, anche se Legolas sollevò il suo viso con le mani, dimostrandosi dispiaciuto. Il suo sguardo le chiedeva cosa fosse accaduto. Eldihen strinse le labbra, accarezzando le braccia di Legolas.
 
“Ho paura per la guerra. Non voglio perderti, il solo pensiero mi terrorizza. Non puoi immaginare quanto tenga a te, mi manca l’aria!” confessò agitata, asciugando svelta gli occhi.
 
Legolas la osservò  con apprensione, tenendole il volto con entrambe le mani. La guardò infondendole coraggio. Non doveva sentirsi triste, lui ci sarebbe stato, combattendo il male per lei “Non accadrà nulla, anch’io tengo a te. Combatterò per rivederti, ma tu non devi rattristirti, sai che non lo sopporto” appoggiò la sua fronte a quella di Eldihen, sentendo il suo respiro sulla pelle. L’abbracciò, lasciando che lei si appoggiasse sulla spalla. Sentì la tensione del suo corpo affievolirsi ad ogni carezza. Le baciò i capelli amorevolmente, cullandola tra le braccia.
 
“Ti amo tantissimo” Eldihen si voltò osservando la pelle del collo di Legolas, lo baciò, lasciandogli un brivido.
 
“Anch’io” la guardò impaziente di assaporare di nuovo le sue labbra, non ne avrebbe mai avuto abbastanza, sfiorò la pelle del suo volto, la bocca, il collo. Chiusero gli occhi entrambi, ascoltando il rumore provocato dalle loro bocche e i battiti dei loro cuori in delirio. Si allontanò da Eldihen solo per guardarla negli occhi. Era giunto il momento di assicurarle un posto, lontano dal massacro che lo avrebbe costretto a separarsi da lei. Sapeva che gli orchi sarebbero arrivati, anche se quando stringeva Eldihen il male sembrava lontano, ma purtroppo non era così “Voglio conoscere bene ciò che ti è successo. Ogni cosa, ma stanotte ti dovrai nascondere nelle grotte con le donne e i bambini, promettendomi di stare buona!” proferì con voce un po’ più seria, accarezzandole la guancia. Avrebbe voluto conoscere ogni cosa riguardante la sua scomparsa, ma in quel momento di pace preferì baciarla, amandola come desiderava.
 
“Non voglio andarmene” incrociò le braccia dietro le spalle di Legolas, mostrandosi riluttante all’idea di lasciarlo.
 
“Eldihen devi capire che sono molto preoccupato e che ti voglio sapere al sicuro per combattere bene senza distrazioni!” le disse concedendole ogni sorta di attenzione: l’accarezzò come se avesse tra le mani un dono prezioso, di inestimabile valore. La guardò con sentimento, abbracciandola per sentirla vicina. La strinse, percependo il corpo di Eldihen schiacciato contro il suo.
 
“Va bene” accettò alla fine. Non avrebbe voluto farlo impensierire.
 
Legolas la condusse fuori, tenendola per mano. Superò le scalinate e le stradine, scortandola fino alle porte delle grotte. Prima di lasciarla si bloccò, trascinandola a sé con la mano.
 
“Ci vediamo domani” la guardò notando la sua insicurezza. Eldihen lo abbracciò, non avrebbe voluto entrare in quella grotta, era in ansia ed impensierita per Legolas.
 
“Torna da me” si baciarono prima di lasciarsi, davanti all’entrata delle grotte.


 
Note autrice:
Che capitolo xD
Ok mi ero scordata di alcune scene e devo ammettere che ho sorriso troppo in certi punti, specie ala fine… va bene il bacio ma ho speso tipo due pagine… si vede che sono una fan girl? Beh dopo questa parte penso proprio di si. Dunque, ricapitolando: Eldihen se ne andata da Isengard, ha spezzato l’incantesimo di Nihil ma una lacrima si trova dentro il suo corpo quindi… guai… ancora guai! E già, ma in compenso si sono baciati con Legolas.
Vi è piaciuto?? Ditemi di si e che non è stato troppo sdolcinato xD ditemi che anche voi siete delle fan girl come me.
Come sempre vi ringrazio per il sostegno e vi mando un grosso bacione ma prima di salutarvi vi informo sull’uscita del prossimo cap.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è sempre di sabato.
Detto ciò vi saluto alla prossima ;)
   
 
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