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Autore: Star_Rover    23/05/2021    7 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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20. Una lunga notte
 

C’era un passaggio che conduceva al tetto dell’edificio, Hans l’aveva adocchiato dal primo momento in cui aveva messo piede in quella casa. In caso di emergenza quella sarebbe stata una rapida via di fuga.
I gradini erano rovinati e sconnessi, la prima volta in cui aveva provato a salire al buio aveva rischiato di inciampare e ruzzolare giù dalle scale. Dopo quell’incidente aveva imparato ad evitare gli ostacoli, il che poteva sempre rivelarsi utile.
Alla sera, quando le ombre potevano facilmente nascondere la sua presenza dietro ai camini, il tenente si arrampicava sul tetto rivestito di piombo per contemplare il cielo stellato, meditando sulla sua situazione e pensando alla guerra.
Declan non gli aveva impedito di trascorrere del tempo lassù, ovviamente se le condizioni lo permettevano e sempre sotto al suo costante controllo. Hans non aveva dovuto insistere particolarmente per ottenere il suo consenso, forse anche il suo compagno soffriva per quella sorta prigionia, seppur fosse maggiormente abituato alla vita da latitante.
 
Declan rimase ad osservare la figura del tenente da una certa distanza. Poteva comprendere le ragioni per cui il suo compagno avesse desiderato ottenere quel momento di libertà, in fondo egli era un ufficiale della Luftwaffe, per lui era normale provare i brividi dell’altezza e della velocità del volo, non era fatto per restare chiuso tra quattro mura, lontano dall’azione.  
Sapeva di aver trasgredito alle regole permettendogli di esporsi e concedendogli fin troppa libertà. In realtà non credeva che la spia avrebbe tentato di fuggire, o che fosse sua intenzione ingannarlo, ormai non dubitava più della sua onestà. Aveva voluto donargli fiducia, e il tenente gli era stato grato per questo.
Declan sospirò, non poteva più ignorare quella consapevolezza, la presenza di Hans stava acquisendo sempre più importanza.
Il tedesco esercitava una forte influenza su di lui, nei suoi confronti si era scoperto fragile e vulnerabile in un modo che fino a quel momento non aveva mai ritenuto possibile. Per lui aveva messo in discussione i suoi ideali e perfino il suo rapporto con Charles. Aveva mentito al suo comandante per proteggerlo, ormai era troppo tardi per rinnegare la vera ragione dietro alle sue scelte, aveva già superato il punto di non ritorno.
Declan rivolse nuovamente lo sguardo all’orizzonte, provò un profondo sconforto nell’osservare il panorama di Dublino al crepuscolo. Era un’atmosfera suggestiva che alimentava le sensazioni di incertezza e inquietudine che ormai da tempo risiedevano nel suo animo tormentato.
 
Ad un tratto il giovane avvertì il rumore di alcuni passi che si stavano avvicinando. Fu costretto a trattenersi per non voltarsi con troppa impazienza.
Schneider lo raggiunse sedendosi al suo fianco.
Declan fu rassicurato dalla sua presenza, poteva avvertire il ritmo regolare del suo respiro e percepire ogni suo movimento attutito dalla stoffa del pesante pastrano.
Restarono a lungo in silenzio, immobili uno accanto all’altro.
All’improvviso Hans ebbe un sussulto, i suoi sensi si allertarono come se avesse avvertito un richiamo ancestrale e d’istinto alzò lo sguardo al cielo.
Dopo pochi istanti Declan avvertì un ronzio incerto, pian piano il rombo si fece sempre più forte. Un aereo sbucò dalle nubi, si trattava di un bombardiere tedesco, lo avvistarono soltanto per pochi istanti poiché era già in allontanamento.
Anche dopo il suo passaggio Schneider rimase a fissare il punto in cui il velivolo era sparito.
Declan scorse un velo di malinconia nel suo sguardo, non ebbe bisogno di ulteriori indizi per intuire i tuoi pensieri.
«Vuoi tornare lassù, vero?»
Hans sospirò: «so che il mio dovere è portare a termine questa missione, ma sono un pilota, non potrò mai rinunciare a questa parte di me»
L’irlandese ripensò a quando il tenente gli aveva rivelato le sue ambizioni militari.
«Pensi di completare il tuo corso di addestramento?»
Egli annuì, non aveva mai abbandonato il suo desiderio di diventare un pilota di Stuka.
Declan si lasciò suggestionare da quell’idea e provò a ritrarre il tenente nel suo ruolo di ufficiale della Luftwaffe. Non dovette sforzarsi per rappresentare il suo compagno in quel modo. Lo vide nella sua caratteristica posa rigida e composta, con il volto inespressivo e lo sguardo impenetrabile che scrutava l’orizzonte. Lo immaginò con una divisa da aviatore e il giubbotto di pelle, pronto a spiccare il volo come una giovane aquila.
Pensò che fosse quello il suo destino, Schneider doveva tornare a combattere nelle linee tedesche con i suoi commilitoni.
L’irlandese provò un’intensa fitta al petto, l’idea di quell’inevitabile separazione gli provocava una profonda tristezza, ma allo stesso tempo temeva che i sogni del suo compagno non avrebbero mai potuto realizzarsi.
 
Declan si sentiva responsabile per la sorte del tenente, e non soltanto per quel che riguardava la sua missione. Proteggere la spia tedesca non era più l’ordine di un suo superiore, non era un dovere, ma una questione personale. Aveva una promessa da mantenere, una promessa che non riguardava idealismi e patriottismi, ma che implicava valori di integrità e solidarietà.
Il tenente Schneider non era più uno sconosciuto o uno straniero di cui doveva diffidare. Egli aveva conquistato la sua fiducia, aveva dimostrato di essere un ufficiale leale ed onorevole, con dei valori e degli ideali che era disposto a difendere a costo della vita. Nella sua persona aveva riconosciuto la stessa volontà dei suoi commilitoni, sarebbe stato un ipocrita nel non considerare questa verità. Pian piano aveva smesso di considerare il tenente come un potenziale pericolo. Aveva conosciuto il suo animo sempre più a fondo e il loro rapporto era diventato sempre più intenso. E alla fine era nato anche dell’altro. Hans aveva smosso qualcosa dentro di lui, risvegliando sentimenti che non aveva mai provato fino a quel momento. Sapeva perfettamente che quell’attrazione era pericolosa e proibita, eppure non poteva negarla a se stesso. Il problema era che diventava sempre più difficile nascondere ciò che provava, ogni interazione con il tenente richiedeva uno sforzo immane da parte sua per non lasciar trasparire segnali compromettenti.
Sempre più spesso gli capitava di ripensare a quella fatidica notte, quando per le strade di Dublino si erano rannicchiati nell’oscurità, ritrovandosi l’uno stretto all’altro. Nel ricordare quelle sensazioni il suo cuore sobbalzava nel petto e come allora gli mancava il respiro.
Non era in grado di descrivere quelle emozioni, ma reprimerle era una terribile agonia.
 
***
 
La percezione del tempo era alterata dall’immobilità. I rumori della città giungevano lontani e ovattati, interrompendo ad intervalli irregolari la quiete della notte. Nessuno di questi suoni era allarmante, ogni tanto si avvertiva il rombo di un motore che si allontanava verso il centro, o il fruscio del vento che faceva ondeggiare le fronde degli olmi sul viale. Per qualche minuto si era udita anche l’allegra musica di un violino accompagnata dall’eco di qualche risata, probabilmente proveniente dalla finestra aperta di un pub.
Quando la via tornò avvolta dal silenzio Hans si accorse che qualcosa era cambiato nell’espressione del suo compagno. Il tenente percepì la sua inquietudine, questa volta era certo che non riguardasse soltanto il futuro incerto. Declan cercava di fare del suo meglio per dissimulare quella sua angoscia, era tipico del suo carattere non voler esternare il proprio dolore. Era troppo testardo e orgoglioso per ammettere le sue debolezze, e non era di certo quel genere di persona che cercava compassione, soprattutto da parte sua.
Ormai Hans conosceva abbastanza bene l’irlandese da capire che quell’atteggiamento era soltanto una forma di difesa, in fondo egli era ancora un ragazzo, e questo era il suo modo per affrontare la paura.
Schneider notò che il suo sguardo era rivolto verso il lato nord della città, ovvero nella direzione in cui avrebbe dovuto trovarsi il rifugio che avevano abbandonato. In quel momento intuì quale fosse la sua reale preoccupazione.
«Sono certo che il capitano Maguire sia al sicuro»
Declan si stupì nel sentire quelle parole: «come puoi saperlo?» 
«È un ufficiale esperto e competente, sono convinto che abbia ben programmato ogni mossa per sfuggire alle autorità»
Il giovane esternò il suo turbamento: «le retate sono sempre più frequenti, i servizi segreti sembrano intenzionati a ispezionare ogni angolo della città per arrestare i repubblicani. Charles non ha voluto nascondersi nelle campagne come altri comandanti, ha scelto di non fuggire da Dublino, ha detto che il suo posto è qui, nel cuore d’Irlanda»
«Maguire è un uomo d’onore» constatò il tedesco.
Egli annuì: «ha sempre anteposto il bene dell’IRA ad ogni cosa, non ha mai tradito la fiducia dei suoi uomini, per questo non vuole abbandonarli»
Schneider tentò di comprendere la sua condizione, ma per lui era difficile entrare in quel mondo. La sua guerra si combatteva alla luce del sole, faticava a concepire la realtà di una lotta clandestina.
Una parte di sé provò pietà per quei militanti, costretti a vivere nell’ombra, a nascondersi e fuggire nonostante dimostrassero di possedere forza, coraggio e integrità d’animo decisamente considerevoli. Per un nobile combattente doveva essere degradante affrontare il misero destino di un qualunque criminale.
Forse era proprio questo a rendere il loro sacrificio per la Patria ancor più meritevole di stima e ammirazione.
«Immagino che anche tu sia preoccupato per i tuoi compagni» continuò Declan, ridestando il tenente dalle sue riflessioni.
Hans ripensò ai suoi commilitoni, pur provando sincero affetto nei loro confronti non si lasciò trasportare dai sentimentalismi.
«Ogni pilota è consapevole del proprio destino, anche se…suppongo che sia normale temere per la sorte di coloro che combattono al tuo fianco»
Declan poté condividere quelle parole.
«Spero che i tuoi amici stiano bene» 
Schneider si limitò a un lieve cenno del capo. Il numero di piloti abbattuti o dispersi oltre la Manica era sempre maggiore, era logico ipotizzare che anche i suoi commilitoni fossero stati coinvolti in quei drammatici eventi. Nonostante ciò apprezzò il supporto dell’irlandese, che in modo ingenuo ma benevolo aveva tentato di confortarlo.
 
Lentamente la notte si addentrava nelle sue ore più buie, la luna era scomparsa dietro a una nuvola, le stelle brillavano di una luce fredda e distante.
Schneider rivolse uno sguardo furtivo al suo compagno. Inevitabilmente tornò a riflettere sul loro rapporto.
Poteva pensare di essersi affezionato a quel giovane a causa del suo ruolo di alleato. In fondo egli era il solo che aveva dimostrato di tenere davvero alla sua incolumità e di volerlo aiutare senza secondi fini. Forse era per questo che il suo istinto l’aveva indotto a provare simpatia e addirittura affetto nei suoi confronti.
Hans sospirò, sapeva che quelle erano soltanto scuse. La verità era che tra tutti gli imprevisti che aveva affrontato durante la sua missione l’incontro con Declan era l’unico che non poteva gestire in modo razionale.
Aveva infranto le regole decidendo di fidarsi di lui…ed ora che erano stati coinvolti sentimenti ancor più intensi e profondi doveva far fronte alle conseguenze.
Fino a quel momento aveva finto indifferenza, seppur con enorme difficoltà. Ricordava lo sguardo con cui il ragazzo l’aveva squadrato dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle linee del suo corpo. Nessuno l’aveva mai guardato in quel modo. L’episodio, seppur in modo più discreto, si era ripetuto anche in altre circostanze, e doveva ammettere che ogni volta aveva avvertito un brivido di eccitazione e la sua mente era stata tentata con pensieri che ben poco si addicevano a un dignitoso ufficiale. Era capitato che, senza nemmeno accorgersene, si fosse ritrovato a ripensare ai sottili lineamenti del suo volto e ai suoi intensi occhi verdi.
Ma ciò che sentiva nei confronti di quel ragazzo non era soltanto attrazione fisica. Declan era un soldato meritevole di stima e rispetto, rappresentava valori che condivideva e ammirava. Riconosceva il fatto che fossero simili in molti aspetti e che riuscissero a comprendersi profondamente. Poteva affermare che tra loro esistesse una forte affinità che nel tempo aveva permesso lo svilupparsi di un’ottima complicità.
Tutte queste ragioni avevano alimentato quell’intimo desiderio che era rimasto sepolto nel suo subconscio e che lentamente, ma inesorabilmente, era cresciuto dentro di sé.
 
***
 
Declan si strinse nella sua giacca, la stanchezza stava iniziando a farsi sentire. Avvertiva le palpebre pesanti, era quasi sul punto di cedere quando all’improvviso sentì una mano sulla sua spalla, l’ufficiale aveva una presa decisa e delicata. Il giovane rimase immobile, paralizzato, mentre Schneider l’avvicinò leggermente a sé per indicargli un punto all’orizzonte.
«Che cosa c’è laggiù?» chiese puntando con il dito alcune luci in lontananza.
Declan aguzzò la vista, cercando di non lasciarsi distrarre da quella pericolosa vicinanza fisica. Il braccio del tenente era poggiato sulle sue spalle, mentre con la testa sfiorava il suo petto, per lui sarebbe stato sufficiente ritrarsi all’indietro per lasciarsi avvolgere da quell’abbraccio. Invece il ragazzo si sporse nella direzione opposta per individuare meglio il suo obiettivo.
«È la zona portuale, in fondo c’è la baia» disse con voce tremante.
«E invece dov’è Baldonnel?» domandò Hans con vivo interesse.
L’irlandese sapeva per quale motivo il suo compagno avesse posto quella domanda, in ogni caso non trovò una valida ragione per non rispondere.
«Dall’altra parte, a sud della città»  
«Ed è molto distante?»
«No…ma si tratta di un’area militare» specificò il ragazzo per scoraggiarlo dal prendere in considerazione idee avventate.
Hans assunse un’aria assorta, quella volta non esternò i suoi pensieri. Non perché non si fidasse di Declan, ma perché egli stesso non aveva ancora preso alcuna decisione. Sapeva soltanto che presto avrebbe dovuto escogitare un piano di fuga, con o senza l’aiuto dell’IRA.
Senza la possibilità di contattare la base non aveva modo di organizzare nemmeno il suo rientro. Esistevano soltanto due modi per abbandonare l’Isola, con un aereo o con una nave. Nel primo caso poteva pensare di raggiungere l’aerodromo di Baldonnel, ma non aveva idea di come avrebbe potuto impadronirsi di un velivolo. Per di più nel mezzo della guerra attraversare incautamente il Mare d’Irlanda e il Canale della Manica era un’impresa che per certi aspetti sembrava ancora più assurda di quella del barone von Hünefeld [1]. Di certo ad attenderlo al campo di aviazione non avrebbe trovato il glorioso Bremen, e per quanto Declan fosse efficiente e collaborativo non era il capitano Fitzmaurice.
Hans scosse la testa, pur ritenendo affascinante e intrigante l’idea di volare intorno al mondo insieme al fedele compagno come i due leggendari aviatori non poteva perdersi in certe fantasie. Rapidamente tornò alla realtà.
La seconda opzione sembrava più semplice, almeno in teoria, ma in pratica era addirittura meno realizzabile. Avrebbe potuto imbarcarsi clandestinamente su un mercantile o un peschereccio, ma nessuna rotta regolare l’avrebbe condotto sulle coste della Bretagna o della Normandia. Ovviamente nessun marinaio era talmente folle da attraversare acque infestate da mine e U-boot, e costantemente sorvolate da bombardieri tedeschi.
Paradossalmente i suoi commilitoni sarebbero diventati inconsapevoli nemici.
La sua fuga era irrimediabilmente compromessa.
 
Hans si riprese da quelle considerazioni accorgendosi che il suo compagno aveva iniziato a tremare per il freddo.
«È meglio rientrare adesso»
Declan si rialzò con fin troppa fretta, sbilanciandosi sulle tegole scivolose rischiò di perdere l’equilibrio. Fu trattenuto dalla salda presa di Schneider, il quale l’afferrò prontamente per la giacca e l’attirò a sé. Il ragazzo si aggrappò a lui per ritrovare stabilità. Quella vicinanza lo fece trasalire, sobbalzò ritrovandosi improvvisamente legato al tenente, ma appena lo stupore iniziale si fu dissolto trovò conforto in quel contatto umano.
Schneider era certo che il giovane non avesse più bisogno del suo sostegno, eppure non allentò la stretta. Una parte di sé, quella che in quel momento aveva preso il sopravvento, non voleva lasciarlo andare.
Mentre si trovava al sicuro tra le sue braccia Declan sentì la necessità di esprimere la sua fedeltà al tedesco.
«Qualunque cosa accada voglio che tu sappia che resterò con te, non ho intenzione di abbandonarti»
Hans lo rassicurò: «lo so, non ho mai dubitato di te»
Il ragazzo fu lieto di sentire quelle parole, in realtà quella sua confessione aveva rivelato molto più al cuore del tenente.
I due si guardarono intensamente negli occhi, entrambi erano consapevoli dell’importanza del loro rapporto, in quel complesso e ingannevole gioco di interessi quel legame puro e sincero restava l’unica certezza.
A quel punto nessuno dei due riuscì più a trovare la forza per opporsi all’attrazione reciproca. Stretti in quell’abbraccio abbandonarono ogni resistenza, lasciandosi sopraffare dai sentimenti. Spinte dal desiderio le loro labbra si unirono febbrilmente in un bacio intenso e appassionato.
 
 
 
 
[1] Nel 1928 il barone von Hünefeld fu il primo ad effettuare la traversata atlantica in volo seguendo la rotta da Est a Ovest, ovvero la direzione opposta rispetto alla prima traversata effettuata l’anno precedente da Charles Lindbergh. Von Hünefeld volò con il suo Junker W 33, denominato Bremen in onore dell’ammiraglia SS Bremen. Facevano parte dell’equipaggio il capitano Hermann Köhl e l’aviatore irlandese James Fitzmaurice. Il Bremen decollò il 13 aprile 1928 dall’aerodromo di Baldonnel e atterrò a Greenly Island, in Canada. Nonostante la meta prefissata fosse New York la traversata dell’Atlantico fu compiuta con successo.
  
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