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Autore: justalexie9    23/05/2021    0 recensioni
Londra, sul finire dell'età vittoriana.
James è il secondogenito del marchese Louis De Bethencourt e desidera ardentemente diventare un artista, ma il suo sogno viene ostacolato dal genitore, il quale la considera un'aspirazione futile ed infantile. Una sera, durante un ricevimento dell'alta società, incontra il Conte William Borthwick, un artista molto rinomato in Scozia, il quale gli propone uno scambio vantaggioso che non può assolutamente rifiutare: se James acconsentirà di posare come modello per i suoi ritratti, in cambio, William gli impartirà delle lezioni di arte.
Il giovane Lord, però, non è consapevole delle strane voci che circolano nei salotti inglesi sul suo conto.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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L’ATELIER DELL’ARTISTA



 

Quando era in casa, James trascorreva spesso gran parte del suo tempo in biblioteca.
Amava immergersi in profonde letture di fronte al caminetto acceso.
Shakespeare era uno dei suoi autori preferiti: aveva riletto svariate volte molte delle sue opere teatrali più degne di nota.
La mobilia della biblioteca di casa De Bethencourt era in mogano e le poltrone, rigorosamente con i braccioli poiché conferivano maggiore comodità, di colore bordeaux, mentre il parquet era ricoperto da ampi tappeti che riprendevano il colore della tappezzeria in verde delle pareti.
Il giovane Lord era comodamente seduto su una delle pregiate poltrone, preso per l’ennesima volta nella lettura di Amleto.
Uno dei suoi passi preferiti era il famoso monologo “ To be or not to be” e si dilettava spesso nel tentativo di recitarlo a gran voce, come se fosse un attore di teatro.
« Essere, o non essere, questo è il problema: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire… nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci riflettere. Questo è lo scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga. Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo, gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge, l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo che il mento paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso potrebbe darsi quiete con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione. »
James rimase in silenzio, riflettendo per l’ennesima volta su quel monologo.
Amleto, riferendosi a tutta l’umanità, ragiona su quelli che sono i vantaggi e gli svantaggi della vita, ritenendo questi ultimi decisamente in netta superiorità rispetto ai primi.
Il desiderio di morte è perseguibile, purché non sia attraverso il suicidio.
Secondo Amleto, la morte non è altro che un sonno e non possiamo controllare i nostri sogni, perciò l’ignoto di ciò che ci aspetta dopo la morte non ci garantisce che sia meglio del presente e che possa realmente porre fine a tutte le nostre sofferenze.
Un viaggio senza ritorno, una volta oltrepassato un confine dal quale non si può più tornare indietro, non può che spaventare.
James non temeva particolarmente la morte, forse proprio perché sembrava avere davanti a sé tutta una serie di esperienze ancora da poter sperimentare; temeva, piuttosto, la possibilità che essa potesse sopraggiungere precocemente, prima che fosse riuscito a realizzare qualcosa ed a vivere pienamente la sua vita come avrebbe voluto.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dall’ingresso in biblioteca del valletto, il quale si era palesato nella sala soltanto dopo aver ottenuto il consenso del giovane Lord.
« Perdonate l’intrusione, Lord De Bethencourt. Avete visite. »
« Di chi si tratta? », chiese, chiudendo il libro che stava leggendo poc’anzi e riponendolo in uno degli scaffali della libreria.
« Si tratta di Lord Borthwick. »
Il braccio di James, per una breve frazione di secondi, rimase sospeso in aria, tra il suo corpo e lo scaffale in cui aveva appena riposto il libro, poi assunse di nuovo una postura adeguata e si rivolse al valletto.
« Ditegli che può accomodarsi. Lo riceverò qui nella biblioteca. »
« In realtà, mio signore… Lord Borthwick ha insistito perché vi dicessi che vi attende nella sua carrozza. Mi ha riferito che voi avrete sicuramente ricordato il vostro impegno. »
L’insolenza del conte infastidiva non poco il giovane Lord, ma d’altronde aveva preso effettivamente un impegno e non era affatto nella sua indole non mantenere fede alla parola data.
« Va bene. Prepara il mio soprabito. »
« Con permesso. »
Il valletto si congedò con un inchino, tornando poco dopo con il suo soprabito, aiutandolo ad indossarlo; poi lo scortò fino all’esterno della villa, dove vi era ad attenderlo la carrozza del conte.
Il cocchiere gli aprì la porta e lo fece accomodare all’interno della vettura.
James prese posto di fronte a Lord Borthwick, scrutandolo per qualche istante, prima di avviare una conversazione.
« Vi avevo dato la mia parola che avrei fatto visita al vostro atelier, ma non credevo che vi sareste presentato qui di punto in bianco. »
L’uomo sorrise per via dell’espressione scocciata dell’altro.
« So che siete un uomo di parola, ma ho pensato che fosse meglio non temporeggiare. Non vi piacciono le persone che hanno spirito di iniziativa? »
« Non ho affermato questo. Ho soltanto espresso il desiderio di essere avvisato con anticipo la prossima volta. »
Il conte assunse un’espressione compiaciuta: che il riluttante Lord De Bethencourt avesse accettato non solo di seguirlo fino al suo atelier, ma che avesse persino menzionato la possibilità che ci sarebbe stata un’altra volta, aumentava enormemente la speranza che avrebbe accettato di posare come modello per lui.
L’andamento della carrozza era costante e James, che era solito osservare il paesaggio ogni volta che viaggiava e non aveva un libro con sé, era totalmente assorto da quello urbano della città.
Londra era suddivisa in differenti quartieri: quelli di lusso, quelli della classe media, quelli commerciali ed infine quelli poveri.
In particolar modo, uno tra questi ultimi, Whitechapel, durante il periodo adolescenziale di James, era diventato piuttosto famoso per i macabri omicidi conseguiti da Jack lo squartatore.
Anche in casa De Bethencourt, nonostante questa si trovasse in uno dei maggiori quartieri di lusso londinesi, giunsero notizie legate a quegli inquietanti delitti.
Anche se si trattava di una realtà completamente distante dalla sua, James non poteva che sentirsi indignato e sconvolto, ripensando a quei terribili eventi.
Ogni volta che venisse ancora menzionato quel quartiere degradato e maleodorante, gli si formava un nodo alla gola.
Era in momenti come questo che si rendeva conto di quanto fosse fortunato e privilegiato a dover sottostare a quell’etichetta che tanto gli andava stretta.
I quartieri di lusso avevano un aspetto oltremodo differente: erano caratterizzati da parchi e case eleganti, le ville includevano un curato giardino ed ogni residente aveva a disposizione tutte le strade più rinomate di Londra.

Improvvisamente la carrozza si fermò ed il cocchiere corse ad aprire loro la porta.
James dedusse che fossero giunti a destinazione.
Era piuttosto curioso di sapere dove alloggiasse l’uomo durante il suo soggiorno a Londra.
Non era affatto stupito di vedere che il conte risiedesse in una delle ville più belle e prestigiose di Chelsea, uno dei quartieri di lusso più famosi della città.
Il giovane Lord seguì il conte all’interno della sua villa, scortati dal maggiordomo dei Borthwick, finché non giunsero di fronte alla porta di accesso ad un’area della casa che era stata allestita come atelier personale del padrone di casa.
« Fai in modo che nessuno venga a disturbarci. », gli raccomandò, attendendo che il domestico si congedasse per entrare nel suo luogo di lavoro insieme all’altro.
Gran parte dello studio era occupato da numerose tele, dalle dimensioni più disparate e disposte in maniera confusa in tutti gli angoli della camera.
L’illuminazione dell’ambiente era garantita dalla presenza di un ampio finestrone e da quella di un lucernario.
Vi erano anche una sezione allestita per dipingere in comodità ed un grosso divano sul quale sicuramente il conte era solito riposare o mettere in ordine i suoi pensieri.
L’attenzione di James fu immediatamente catturata dai diversi soggetti esposti sulla tela.
Il tratto di Lord Borthwick era decisamente sapiente e deciso.
Rispecchiava abilmente la sua personalità ed era stata utilizzata una tecnica davvero particolare, che non aveva ancora mai avuto modo di sperimentare o conoscere.
Il soggetto prediletto dell’uomo era sicuramente il paesaggio notturno.
Ad esso aveva dedicato diversi quadri, in ognuno rappresentato con condizioni atmosferiche ed illuminazioni differenti rispetto agli altri.
Lo sguardo di James scorreva entusiasta da un dipinto all’altro, apprezzando in particolar modo l’incurvatura delle pennellate ed i giochi cromatici usati per rappresentare le stelle.
« A giudicare dal vostro interesse, credo proprio che siano di vostro gradimento. »
James si schiarì la voce ed assunse nuovamente un atteggiamento composto.
« Devo ammettere che non sono affatto male. »
William sorrise divertito, scuotendo leggermente il capo, rassegnato di fronte al fatto che l’altro non gli avrebbe mai dato alcuna soddisfazione.
« Allora perché non giudicate anche qualcuno dei miei ritratti? Vorrei posaste per me proprio per realizzarne un paio. Se la nostra collaborazione dovesse funzionare e mi sentissi adeguatamente ispirato, vorrei cimentarmi anche in altre sperimentazioni. »
« Fossi in voi, Lord Borthwick, non darei subito per scontato che io accetti la vostra proposta, però sono interessato ad osservare più da vicino anche i vostri ritratti. »
Il giovane Lord si avvicinò ad una delle numerose pile di tele confinate negli angoli della stanza e ne studiò attentamente il contenuto.
Erano numerosi i volti di chi le solcava e le pennellate dell’artista erano così verosimili che i soggetti sembravano quasi voler saltare fuori dal quadro.
Lo colpì molto il primo piano di una donna bellissima.
I suoi occhi vagarono a lungo sulla tela, analizzando ogni dettaglio e domandandosi chi potesse essere quella donna misteriosa: era certo che se fosse appartenuta all’alta nobiltà, l’avrebbe sicuramente riconosciuta.
Forse si trattava di una giovane borghese oppure di qualche nobildonna scozzese.
« Chi è questa bellissima donna? Non l’ho mai vista da nessuna parte prima d’ora. »
« Non mi sorprende, Lord De Bethencourt. Non avete affatto l’aspetto di un assiduo frequentatore di un bordello. »
James sussultò sorpreso sul posto, voltandosi a guardarlo.
« Volete dire che la donna raffigurata nel dipinto sia una prostituta? »
« Esattamente. Mi piace ritrarre soggetti provenienti da differenti classi sociali. »
Il giovane Lord annuì, tornando a posare lo sguardo sul maestoso ritratto.
« Dunque qual è la vostra risposta? »
« Mi avete convinto, Lord Borthwick. Vi farò da modello, ma in cambio dovrete insegnarmi a dipingere le stelle come voi. »


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