Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Enchalott    24/05/2021    6 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
**************************************************
Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il palazzo dei demoni
 
Yozora scrutò il suolo argilloso che scorreva sotto il ventre del vradak. Non aveva distinto l’azzurro del mare né la distesa placida di un lago né il corso sinuoso di un fiume. La terra di quel mondo era arida, la vegetazione rada, il verde del fogliame non interrompeva mai la linea polverosa dell’orizzonte.
Il caldo era aumentato, era sgusciata dal mantello di Rhenn e si era rinfrescata alla brezza generata dall’incedere del rapace: passare dall’inverno di Seera all’arsura di Mardan era spossante. Deglutì per confortare alla gola secca.
«Se vi offrissi da bere, vi nuocerebbe» la anticipò il principe.
«A tal proposito, ho compreso perché avete posto tanto riguardo alle clausole di sfruttamento delle nostre sorgenti. Vi manca l’acqua.»
«Diciamo che quella del sottosuolo è insufficiente.»
Yozora provò a immaginare quanto fosse ardua la vita delle persone comuni in quelle condizioni estreme, ove un sorso aveva lo stesso valore dell’oro.
«Allora è questa la causa.»
«Prego?»
«La ragione per cui i Khai muovono guerra. Si tratta di sopravvivenza.»
Rhenn aggrottò la fronte, spiazzato dal fatto che le importasse delle sue motivazioni.
«Principalmente» replicò brusco.
«Perché non avete dichiarato le vostre difficoltà?»
«Cosa?!»
«Se mio padre ne fosse stato a conoscenza, non avrebbe negato l’aiuto. I Salki sono generosi, avrebbero condiviso le risorse.»
Il demone scoppiò a ridere, ma in quel suono non c’era ilarità. Anzi, in lui divampò una rabbia feroce.
«Vent’anni fa non eravate nata, siete poco più che una bambina sbucata dalla bambagia! Dimenticate di citare fate e unicorni per arricchire la vostra fiabesca visione degli eventi!»
«L’uso della diplomazia vi è ignoto!» indispettì Yozora «Preferite aggredire, uccidere, schiavizzare! Il sangue vi inebria! La guerra è il vostro pane! Mancate di umiltà e non occorre un’età specifica per comprenderlo!»
«Lashra!» ribatté Rhenn adirato «Umiliazione, non umiltà!»
Si fermò come se gli fosse sfuggito qualcosa che non avrebbe dovuto rivelare.
«Vi è nota la risposta fornita da Entin?» continuò «L’avete letta nei vostri libri faziosi o è un dogma dell’Ariun
Yozora non rispose. Quella del nemico non era semplice irritazione, le rimostranze avevano stanato sentimenti più radicati di quelli trascinati dalle ostilità.
Intende che i Khai hanno inviato un’ambasceria prima che esplodesse il conflitto?
Non esserne al corrente incrinò le sicurezze.
«Mh, ho fatto centro» sferzò lui «Crogiolatevi nelle illusioni finché vi è concesso. Diverrete la donna di un Khai, scoprirete come il vostro ridicolo candore sia destinato a estinguersi.»
«Allora ditemi la verità, Rhenn. Cos’ha scritto mio padre?»
Il principe si accigliò. Le labbra della ragazza tremavano, il viso era sporco di polvere e lacrime, ma le dita artigliate al suo avambraccio non esprimevano pari sgomento.
«Usate l’onorifico quando pronunciate il mio nome!»
«Non avete risposto.»
All’orizzonte si stagliò la sagoma di un’imponente costruzione, isolata tra le rocce scabre che ne costituivano il basamento. In lontananza si distinguevano i fuochi vibrare sui torrioni. Il principe spronò e Delzhar planò ad ali tese sulla pianura.
Finalmente sono a casa. Le sciocchezze rimarranno confinate a oggi, compreso l’assurdo viaggio in compagnia di questa ragazzina petulante.
Avvertì il suo sguardo ostinato: attendeva il risultato del lancio di un sasso scagliato con troppa imprudenza. Nascondere la mano sarebbe stato vile.
«Venite a prenderla» scandì «E prima che osiate mettere in dubbio la mia parola, sappiate che conserviamo la missiva con il sigillo salki.»
 
Il vradak del principe della corona sfrecciò verso l’ala meridionale, sorvolando le possenti mura della capitale.
Rasalaje ammirò l’arco perfetto che precedeva l’atterraggio e sorrise confortata. Quando il seguito reale era rientrato senza di lui, nell’animo si era insinuata una fitta d’ansia: non al pensiero che avesse incontrato problemi, bensì all’idea di protrarre l’attesa. Si staccò dal loggiato, si spogliò della veste e s’immerse nella piscina di pietra posta al centro della lussuosa camera.
«Petali di rode ed essenza di ylsom» ordinò alle schiave «Voglio emanare i profumi più rari per accogliere mio marito, indosserò l’abito azzurro e scioglierò i capelli.»
«Rimarrà incantato, altezza.»
Rasalaje abbassò le ciglia sugli occhi color ghiaccio, abbandonandosi all’emozione. Davanti a Rhenn avrebbe dovuto mascherarla, un marcato coinvolgimento affettivo sarebbe stato inappropriato, soprattutto per lei che sarebbe divenuta regina dei Khai.
Quando non lo vide accedere agli appartamenti privati, domandò sue notizie.
«L’erede al trono ha condotto con sé una giovane salki e si è ritirato nelle stanze del sommo Mahati» riferì una dorei.
«L’ostaggio fa parte degli accordi, c’è altro?»
«Il principe l’ha trasportata in groppa a Delzhar» farfugliò la schiava.
La principessa si levò di scatto. Se pur si fosse trattato di una sacerdotessa o di una donna d’alto rango, non sarebbe stato sufficiente a spiegare la condotta di Rhenn, che in tanti anni di matrimonio non l’aveva mai invitata a montare il suo vradak.
Si sfiorò l’ombelico con rammarico, mentre le dorei le drappeggiavano l’abito sul corpo perfetto. Provò a darsi ragione dell’anomalia: se si era recato alle stanze del fratello, la straniera era un bottino di guerra o un ordine di Kaniša. Non aveva motivo di preoccuparsi.
«Preparate l’akacha» dispose «Stendete le lenzuola di seta. Non serve altro.»
 
Rhenn vuotò la coppa di vino e fece cenno alla schiava di levarsi dai piedi. Sbuffò, gettando un’occhiata agli appartamenti di Mahati: l’ordine perfetto era la sua firma.
Non lo vedeva da quando gli aveva dato il cambio a Salki: il tempo di fare il punto e poi il fratello era partito per Minkar, ove il conflitto si trascinava da mesi. Come se le sue sorti dipendessero dal titolo che Kaniša gli aveva trasmesso: Kharnot, stratega supremo. Sorrise amaro, scacciando la remota ambizione di ostentare la propria virtù guerriera.
Quanto ci mettono, dannazione!?
Che Mahati non fosse puntuale lo infastidiva quanto le sfaticate dorei che stavano agghindando la recalcitrante principessina salki. Scostò una ciocca altrettanto ribelle, ammirando la distesa rovente oltre il loggiato.
Non è una mocciosa. Inesperta, forse ingenua o idealista, non certo insensata. Capacissima di dare del filo da torcere a un principe khai, ubriacandolo di vaniloqui, facendogli passare la voglia di trastullarsi con lei. O cercando di sedurlo con insulsi complimenti. C’è una vena comica, a ben vedere. Solo perché mio padre desidera rendere l’anima a Reshkigal senza questioni dinastiche in sospeso, scongiurando il caos che lui stesso ha creato due secoli fa. Troppo tardi comunque.
Bevve d’un fiato un secondo bicchiere, ma non riuscì a inghiottire la collera.
Il rimuginare fu interrotto dalle schiave che si prostrarono al suo cospetto a precedere la prigioniera. Rhenn sollevò uno sguardo di seccata sufficienza e quasi lasciò cadere il calice: l’abito di seta verde era perfetto sull’incarnato chiaro della ragazza. Un’aderente stola dorata evidenziava il sottile punto vita, i fermagli luccicavano tra i capelli bruni, sciolti lungo la schiena. I bracciali tintinnarono al movimento repentino quando si ritrasse.
Yozora avvampò all’occhiata intensa. Si strinse nella veste, che metteva in eccessivo risalto le forme libere dalle costrizioni.
«N-non guardatemi così!» balbettò.
«Perché, vi metto in imbarazzo?» sogghignò lui impietoso.
«Non sono a mio agio con questo… questo!»
«A Mardan fa caldo per le palandrane cui siete abituata.»
«Vi state divertendo!? Non pretenderete che vada in giro così!»
Rhenn incrociò le braccia sul petto.
«Sì, per la prima questione e no per la seconda. Fuori da qui è conveniente un abbigliamento formale, ma fino alla cerimonia resterete nelle stanze riservate.»
Yozora trasalì. L’agitazione per il viaggio e la curiosità per quel mondo avevano distolto l’attenzione dal matrimonio combinato. Consapevolezza e nostalgia di casa le piombarono addosso a braccetto: si sentì sola e indifesa. Nessuno della sua famiglia avrebbe assistito alle nozze, sarebbe stata circondata da volti sconosciuti e ostili, sarebbe finita tra le braccia di un uomo che non amava, un Khai con cui avrebbe dovuto…
«Mi sposerete presto?»
«Siete promessa a mio fratello, queste sono le sue stanze.»
Yozora si sentì mancare. Rhenn era un nemico, ma non aveva macellato i Salki in prima persona né mutato in incubo ogni notte della sua vita. Invece Mahati era stato l’orco spaventoso delle fiabe, poi il gelido assassino della sua gente quando aveva acquisito la capacità di ragionare. Non esisteva nulla di positivo nella sua lontananza da corte, sarebbe sempre tornato lordo di sangue innocente. La pietosa scusa che aveva fornito a Hyrma si sgretolò. Legarsi a lui, obbedirgli, era uccidere una seconda volta chi le era caro. Il terrore la invase.
«N-non me lo avete detto.»
Rhenn strinse le palpebre.
Allora prova paura, finalmente. Quella vera e primordiale, quella indomabile che sgorga dal profondo e accieca. Ne percepisco l’odore. Inammissibile che a suscitarla fosse il nome di mio fratello.
«Ai fini dello yakuwa non è rilevante la sposa bensì il retaggio. Parole vostre.»
«S-sì, ma ho pensato…»
«Che l’unico erede al trono ambisse una moglie non appartenente ai clan guerrieri o un figlio mezzosangue? Quando avete escogitato la scusa volta a farmi ricusare vostra sorella, non lo avete considerato? O c’è altro?»
«Ho creduto che per voi fosse lecito prendere più di una sposa! Che sarei stata una concubina, una disprezzata seconda scelta, che mi avreste lasciata in pace!»
Rhenn ignorò la disperazione insita in quei termini: si staccò dal muro e l’afferrò per un braccio, costringendola a guardarlo.
«Ottima logica, mi congratulo! Come avete affermato, i vostri testi scrivono cumuli di sciocchezze e questa è la peggiore! Un Khai si lega a una sola donna! Sta all’integrità del singolo procurarsi una o dieci amanti, così come frequentare i serragli delle schiave, dei quali sono certo abbiate sentito parlare! Alla pari dei Salki, solo con minore ipocrisia. Vi unirete in matrimonio con Mahati e non sbaglio a pensare che la gioia da ambo le parti sarà identica!»
Lei non osò muoversi. L’ironia dell’ultima dichiarazione non contribuì a confortarla. Il silenzio si levò come un muro di cristallo.
Rhenn si concesse un istante per sbollire, interrogandosi sul motivo per cui avesse perso le staffe all’errore di una straniera, che non conosceva le regole o i piani di Kaniša. Si prefissò di rinviare i ragionamenti personali.
«Perché avreste fatto una cosa del genere?» domandò «Offrirvi come scaldaletto… l’affetto per vostra sorella non giustifica una scelta che rasenta la sconsideratezza.»
«Non sono affari vostri!»
Rhenn rise freddo, le zanne appuntite balenarono nella penombra. Allungò la mano e prese tra le dita una ciocca castana: un colore avvolgente, come terra ricca e fertile, che si ripeteva nei suoi occhi e che tra i Khai non esisteva.
«Ma sì» convenne sarcastico «Se risulterete piacevole, se divertirete Mahati quando sarà tra vostre le gambe, magari deciderà di non passare per un’altra porta.»
Yozora divenne paonazza. I capelli ricaddero sulla spalla quando li lasciò. Evitò una replica che le si sarebbe ritorta contro o avrebbe fornito ulteriori spunti di dileggio. Trattenne il dispiacere e si stupì che fosse dovuto alla delusione di non sposare Rhenn: per un inspiegabile motivo le trasmetteva una sensazione di fiducia.
Che idiozia! Mi ha trattata con decenza solo per non sciupare la festa al fratello!
«Vivrò con il mio futuro marito prima delle nozze?»
«È consuetudine, un’occasione per imparare.»
«Per me o per lui?»
Il Khai non replicò alla provocazione, attirato dal verso acuto di un vradak.
Fyratesh. Era ora.
«Discutetene con Mahati» ribatté puntando l’indice al cielo.
 
I passi del nuovo arrivato rimbombarono lungo la scala che s’inerpicava alla balconata, la stessa che aveva percorso con Rhenn qualche ora prima. Yozora percepì il serrarsi di una morsa opprimente e raggelò nonostante la temperatura.
Il Šarkumaar, il secondo principe, si stagliò nello specchio della porta, rivelando una figura slanciata e prestante. La luce dei soli si riflesse sulle bruniture e sulle gemme della tenuta da guerra.
«Sei in ritardo» commentò blando l’erede al trono.
Mahati sogghignò. Gli occhi, di una delicata sfumatura nocciola, risaltarono sotto il bistro nero che gli induriva lo sguardo. La chioma corta, talmente scura da restituire riflessi cobalto, gli scendeva sul collo impreziosita dai fermagli d’argento.
«A Minkar non si contano gli stolti che alzano la cresta» replicò beffardo.
«Fai attendere me e la nostra graziosa ospite piuttosto che delegare il tuo secondo?» si lamentò Rhenn con simulata animosità.
«Non vorrei che Eskandar si svagasse troppo.»
Volse l’attenzione alla futura sposa. Inarcò un sopracciglio e in quella posa sdegnosa la spiccata somiglianza con il fratello incrementò.
Yozora lo fissò a bocca aperta: se l’erede al trono era attraente, il secondogenito possedeva altrettanto fascino e l’uniforme non faceva che potenziarlo. Le catenelle intrecciate alle corna risuonarono quando lasciò scivolare a terra il mantello. Le fiamme tatuate sul petto occhieggiarono attraverso lo scollo della casacca di pelle nera, che aderiva al corpo e ingaggiava duello con l’incarnato rossastro. Un mietitore di vite terribilmente virile, un’immagine pericolosa di forza e bellezza.
A sua volta Mahati la sondò con taciturno interesse, nessuna emozione evidente.
«È muta?» domandò infastidito.
«Purtroppo no» sogghignò il primogenito.
La principessa reagì al commento sminuente. Si presentò in lingua khai con una riverenza appena accennata, suscitando la meraviglia dell’interlocutore.
«Mi introduco da sola grazie alla linguistica e all’educazione» sottolineò piccata.
«Te l’ho detto» mormorò Rhenn con un gesto arrendevole.
Mahati borbottò qualcosa di incomprensibile e prese il calice già approntato.
«Mi avevano riferito che era bionda, schiva e terrorizzata.»
«Cambio di programma. La primogenita di Entin era tanto insignificante che ho preso l’altra: mora, impudente ma parimenti atterrita, se non altro da te. Spero che una su tre sia sufficiente.»
«Fate pure come se non ci fossi!» protestò Yozora.
«Ridimensioneremo la seconda caratteristica» considerò Mahati.
«Ah, non guardare me. Rasalaje non mi ha mai contraddetto.»
«Non tutti sono fortunati» sancì il più giovane.
Negli occhi di Rhenn sfrecciò un lampo di collera. Riempì una terza coppa.
«Prego, altezza. Rimedio alla scarsa creanza» formulò caustico «Dedichiamo la libagione alle nozze o allo yakuwa
Lei esitò. I due affascinanti principi khai la fissarono impassibili, causandole una potente tachicardia. Nelle iridi viola di Rhenn non c’era cruccio, in quelle del futuro marito non lesse che fretta e insoddisfazione.
«Allo iwatha.»
«Per l’Arco di Belker!» imprecò Mahati tra i denti.
Comunque bevve e così fece l’erede al trono, impegnandosi a non strozzarsi per l’ilarità. Invocare l’armonia portava male o, per chi non era superstizioso, era segno di viltà. Lei non poteva saperlo. O forse sì ed era l’augurio adatto al suo concetto di futuro.
Yozora tossì appena il vino le sfiorò la gola. Aveva un sapore diverso da quello che aveva assaggiato ai banchetti di Seera. Si sforzò di inghiottirlo.
«Non è tagliato con miele o spezie» osservò il principe della corona, godendosi lo spettacolo «Niente orpelli, siamo Khai.»
«Mi abituerò.»
«Buon per voi. Con questo vi lascio alla reciproca conoscenza. Ci vediamo stanotte al solito posto, Mahati.»
«C-come? Ve ne andate già?» esalò lei con una vena d’ansia.
«Con rammarico. Sono chiamato a ben più spiacevoli impellenze. Mio fratello saprà mostrarsi altrettanto accogliente. Neppure lui vi mangerà.»
«Lo so, sono troppo magra» borbottò scoraggiata Yozora.
«No» replicò Rhenn con uno sguardo eloquente «Troppo piccante.»
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Enchalott